Parrocchia san Giovanni Battista - Borno

Archivio Cüntómela

cuntomela Natale 2013

Natale 2013

Editoriale
Il mistero e il fascino del Natale
Come il Padre ha mandato me... La lettera del Vescovo
Il nostro Natale
“Gaudium et Spes” I documenti del Concilio Vaticano II
Un santo al giorno…
Rinnovamento nello Spirito:la mia esperienza personale
Immagini della fede
Dall’anno del Rosario all’anno della Fede:10 anni della Cappellina di Lova
Tulipani, zoccoli e mulini a vento
S. Cresima a Borno
Camposcuola per i ragazzi delle medie
Estate a tempo di Grest
Una bella settimana con Davide
Vacanza al mare: un’esperienza da vivere
Hanno ricevuto il Battesimo
Chi sono io per voi?
Everybody: Grest Ossimo 2013
Un corpo per amare
Anniversari matrimoni
20° Anniversario dell’Operazione Sorriso
Il Cimitero Napoleonico di Ossimo Inferiore (Sec. XIX)
Hanno ricevuto il Battesimo
Il restauro del nostro organo
Rintocchi dalla Torre campanaria dei SS. Gervasio e Protasio
In ricordo di Don Mario Bassi SACERDOTE SALESIANO Cogno di Ossimo 30/10/1915 – Arese 5/7/2013
Chi pratica la misericordia non teme la morte
Pellegrinaggio autunnale a Verona
Feste a Lozio
Chiamati alla vita eterna
Attività di animazione in Casa Albergo
Le 100 candeline di Nonna Pierina
I morti e la morte: gli anziani rispondono
Natale con i nonni
Grazie per la bellissima festa
Non lasciatemi solo
Padre Giacomo diventa parroco
Il grido degli esclusi
Inaugurazione di CASA SARA
Verso le periferie
Affido familiare
Diffondere la cultura del dono
La laurea di don Ilario
Sulle note del Nabucco


Editoriale

L’amicizia è il desiderio di stare insieme, la ricerca di senso e punti di riferimento per la propria vita, l’ascolto e la riflessione su ciò che viviamo ogni giorno, il bisogno di offrire e ricevere solidarietà, la sete di giustizia, far memoria del passato, trovare quotidianamente la forza e la speranza per superare o anche solo sopportare problemi e difficoltà, aggrapparsi ad una sana devozione verso Maria e i santi...

Possono essere molte e diverse le modalità mediante le quali viviamo ed esprimiamo la fede e, ancora una volta, le pagine di Cüntòmela vorrebbero essere una semplice sottolineatura di questa varietà presente nei giovani, negli adulti, negli anziani, nelle famiglie delle nostre parrocchie, nei sacerdoti e missionari che operano o che sono partiti dai nostri paesi. Non di rado, però, la diversità nei modi di vivere e di pensare ci spaventa e siamo tentati di preferire l’uniformità che può far apparire tutto più semplice, sicuro, ordinato. Ecco quindi che possono sorgere rimpianti e nostalgie per regole e consuetudini passate condivise da tutti; ecco allora che è possibile sentire l’esigenza di stare solo con chi la pensa come noi, di innalzare muri in nome della stessa fede ridotta a pura ideologia.

Ma il Natale è la festa di quel Dio che, in Gesù, ha voluto nascere fra gli uomini, entrare in ogni esperienza umana, per farci uscire dalle paure dell’egoismo e condurci verso la gratuità del suo amore. Un amore che, come ci ricorda e testimonia Papa Francesco, invita ognuno di noi ad abbattere i muri dell’inimicizia e della diffidenza, per farci prossimo, per incontrare l’altro, nel dialogo e nella reciproca accoglienza.

Buona Natale a tutti!

La redazione



cüntòmela per riflettere

Il mistero e il fascino del Natale

Natale ritorna puntuale anche quest’anno in tutta la sua bellezza e con l’intensità di sentimenti, di ricordi e di propositi che sempre porta con sé, nonostante i problemi e le ansie che attanagliano il mondo. Anche in un tempo dominato dalla secolarizzazione come il nostro, il Natale continua ad esercitare il suo fascino e rappresenta uno dei momenti più belli dell’annata, tra quelli che potremmo definire caratteristici di una civiltà che ha radici cristiane.

Anche i lontani dalla pratica religiosa sono sensibili alla sua attrattiva, perché nel Natale si sommano numerosi valori nei quali siamo in molti a riconoscerci e sono rievocati ricordi che stimolano a riflettere sulle ragioni del nostro vivere.

Nel periodo natalizio è diffusa un’atmosfera di serenità e di gioia irripetibile. Nessun altro giorno dell’anno la conosce. Natale risveglia in ogni persona la parte migliore e fa sentire in fondo all’anima il desiderio di essere più buoni, meno chiusi nel proprio egoismo, meno duri nel proprio orgoglio, più aperti agli altri: in una parola, più cristiani. Le festività natalizie col loro incanto fanno nascere nel cuore la nostalgia di una vita più pulita e suscitano propositi di ripresa, di bontà e di bene. Ma il Natale non è soltanto poesia che tocca i sentimenti che ci legano alla famiglia e agli anni della fanciullezza. Natale è richiamo ai valori di una più autentica umanità e, a un livello più profondo, rimanda ad un evento che costituisce il centro e il cuore della storia umana: la venuta del Figlio di Dio su questa terra.

Quel Dio che i cieli, per quanto immensi, non possono contenere si è fatto uomo; è venuto a noi per via della generazione umana, si è fatto piccolo bambino ed ha camminato per le strade di questo mondo, percorrendo le polverose vie della Palestina del suo tempo. Dio eterno, a Natale, è entrato nella storia umana, facendola diventare storia di salvezza.

La nascita di Gesù Cristo è l’evento più alto e più importante della storia del mondo. Se è importante il giorno in cui sulla terra è apparso il primo uomo e la prima donna (la scienza colloca sempre più lontano nei secoli e nei millenni questa fatto), ancora più importante è il giorno in cui Dio si è fatto uomo.

È l’avvenimento che ha mutato le sorti dell’umanità e il corso degli anni e dei secoli. Da esso quasi tutti i popoli del mondo contano gli anni, riconoscendo così, magari senza avvedersene, la storica centralità di quel bambino che è nato a Betlemme. La novità inaudita del Natale non è tanto che Egli sia venuto da povero, invece che da ricco; che sia venuto da “uomo dei dolori”, invece che da “uomo dei successi”; da povero bambino fragile, invece che in potenza e maestà.

La vera novità del Natale sta nel fatto che sia venuto a noi da vero uomo. Non ha vestito l’umanità come si indossa un soprabito, ma si è fatto vero uomo: ha condiviso la nostra condizione umana, unendosi così, in un certo senso, ad ogni uomo e ad ogni donna di ogni tempo. Egli si è fatto uomo per dare a noi uomini la possibilità di diventare figli di Dio. (Sant’Agostino ha al riguardo una pagina bellissima).

Il Natale pone a tutti la questione del rapporto con Dio e della ricerca di Dio. Il vero problema del nostro tempo è l’attenuarsi della fede in Dio o addirittura la sua perdita a causa dei tanti venti contrari del nostro tempo. Ma col venir meno della luce che viene da Dio mediante la fede, l’umanità rimane senza orientamento e non riesce più a trovarsi d’accordo sui valori sui quali costruire il futuro.

Qui sta la radice della tante crisi e problemi della nostra società. Dai problemi e dai disordini che si sono creati sotto il cielo è possibile uscirne soltanto se si torna a guardare al cielo. Bisogna che gli uomini e le donne tornino a trovare in Dio il riferimento della propria vita: in quel Dio che dall’alto segue la nostra vita e che un giorno ci giudicherà.

Dobbiamo restituire al Natale il senso religioso. La celebrazione del Natale non si fermi alle belle luci colorate, ai doni, alle deliziose musiche e al pranzo natalizio... (certo, anche il pranzo in famiglia ha la sua importanza, ma non basta).

Natale col suo messaggio risveglia la nostalgia di un mondo diverso, dove siano bandite le ingiustizie, gli egoismi, i conflitti, i desideri di rivalsa, e si promuova la riconciliazione, l’aiuto reciproco e la solidarietà. C’è bisogno di non mettere al centro gli interessi personali o del proprio gruppo, ma di dare la priorità al bene di tutti.

Dal Natale dobbiamo attingere luce, forza e speranza per una ripresa spirituale nel cammino della nostra vita e per fare fronte con saggezza alle difficoltà e alle sfide dell’ora presente, invocando l’aiuto che viene dall’alto. Celebrare il Natale è incontrarsi con Cristo, che viene a bussare alla porta del nostro cuore. Egli ci parla di amore. Amore verso Dio, ma amore anche verso il prossimo. Cristo ha predicato la grande legge dell’amore. Se tale legge fosse osservata, cambierebbe il volto della storia e del mondo. La nostra vita sarebbe più bella e felice.

Per tradizione vi è attorno al Natale una serie di gentili espressioni di amicizia, di solidarietà e di attenzione agli altri. Tra i doni di Natale non manchi quello di donare amicizia e affetto.

Buon Natale a tutti. Il Natale illumini la nostra vita e dia senso e valore alla nostra esistenza.

Card, Giovanni Battista Re



cüntòmela per riflettere

Come il Padre ha mandato me... La lettera del Vescovo

Mandarci a fare che cosa? Vien da chiedersi. Noi, che siamo così lontani dal mondo in cui ha vissuto Gesù, così lontani nel tempo e nello spazio, che investitura possiamo avere, quale mandato? “Dio ha tanto amato il mondo da dare suo Figlio Unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”, dice Gesù parlando con Nicodemo. Sono poche parole, ma potenti dentro le quali è racchiuso il significato della nostra missione e su di esse si snoda la riflessione del vescovo Monari in questa lettera apostolica.

Adamo ed Eva peccano nel giardino dell’Eden, scelgono di bastare a loro stessi, scioccamente credono di essere schiavi di Dio e si ribellano peccando. E solo dopo si accorgono di aver sbagliato. Dio ne dà loro la percezione. E nell’accorgersi di aver sbagliato, scoprono il perdono di Dio e quindi la loro salvezza. Dio opera “per amore dell’uomo”, per salvarlo da se stesso. Per questo per il mondo non c’è salvezza se non in relazione con il Creatore; per questo ha mandato suo figlio: perché il mondo possa vedere in lui, attraverso le sue opere, l’amore eterno di Dio.

Fondamentale è, in questo mandato, il legame fra Dio e Gesù. Gesù nel mondo ha senso in quanto in continua relazione con il Padre, la sua vita lo testimonia di continuo: pensiamo ai miracoli, o quando Maria e Giuseppe lo ritrovano nel tempio e Lui dice “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio”, o ancora presso l’orto del Getsemani, quando l’ora della sua morte si avvicina, ed Egli pregava Dio dicendo: “Abbà Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice! Però non ciò che io voglio ma ciò che vuoi tu”. La missione di Gesù nel mondo è testimoniare l’amore di Dio per l’uomo. Ma deve essere chiaro, ci spiega il vescovo, che in questo Gesù non è un mero burattino nella mani di Dio.

In realtà Dio ha costituito suo Figlio uomo, dandogli la libertà di scegliere, esattamente come ha fatto con noi. Ma con suo Figlio ha voluto dimostrare come l’avere percezione dell’amore infinito di Dio (e Gesù ne ha percezione) lo porti a vivere come ha vissuto. In effetti, se ci pensiamo, poteva scendere dalla croce, poteva scappare: non lo ha fatto perché, forte dell’amore di Dio suo Padre, sapeva di dover a sua volta dare testimonianza all’uomo di questo amore. Quello stesso amore per cui Egli è nato, per cui ha resuscitato Lazzaro, ha assolto la Maddalena; Dio ha dato significato all’esistenza dell’uomo attraverso l’amore per suo Figlio. L’uomo senza l’amore di Dio è poca cosa.

I discepoli, non solo sono stati diretti testimoni di tutto questo – e di molto altro, evidentemente – ma hanno percepito l’amore che ha mosso le parole e le opere di Cristo. Per questo essi sono il miglior “strumento” per rendere “compiuta” nella sua interezza la missione del Figlio di Dio: testimoniare l’amore in ogni luogo e in ogni tempo. Così la missione dei discepoli è la continuazione coerente della missione di Gesù.

Ecco allora l’esortazione di Gesù ai discepoli, pronunciata dopo essere risuscitato e che il vescovo ha scelto come titolo alla sua lettera pastorale: “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”. Non è un caso che pronunci queste parole dopo essere risorto: per comunicare cüntòmela per riflettere un amore eterno ed universale Gesù doveva superare, per così dire, le dimensioni “finite” del mondo. Infatti risorgendo è entrato in una condizione permanente di vita, superando lo spazio e il tempo, diventando ”capace di interpellare, illuminare, orientare ogni uomo ”.

Già, ma la Risurrezione non è un concetto facile da far comprendere; non lo era ai tempi di Gesù, pervaso dalle pratiche pagane dove era necessario far passare prima il concetto di un Dio unico, creatore del mondo, e non lo è oggi dove al posto degli dei pagani si sono sostituiti il benessere a tutti i costi consumando tutto il consumabile, calpestando i diritti basilari dell’uomo e della donna. Come fare breccia, si chiede il Vescovo, come diventare noi, a nostra volta come già i discepoli, testimoni in questo nostro tempo, con la globalizzazione imperante che pare voglia appiattire ogni cosa, con l’incontro delle diverse culture e religioni, con il primato dell’approccio scientifico alla realtà, con le nuove forme di comunicazione. Rispetto a tutto ciò, afferma Monari, c’è chi si perde nella paura di perdere i parametri a cui era abituato e chi, al contrario, desidera affrancare il passato, come se ripartire da zero fosse la panacea a tutti i mali del mondo. Sia in un caso che nell’altro ne derivano frammentazione e confusione, si alimentano ancora di più le differenze e le distanze diventano infinite. Ecco che allora diventa determinante tenere saldi i valori del vangelo, che rappresenta il nostro collegamento con l’opera di Cristo nel mondo e la guida per vivere il tempo degli uomini nella storia. Va infatti sottolineato che esso è eterno e non muta con il cambiamento delle culture nel corso dei secoli poiché è pervaso dall’eternità dell’amore di Dio per tutti gli uomini.

Pensiamo, ad esempio, al vangelo di Giovanni. Durante l’ultima cena Gesù dice ai suoi discepoli: “Vi do un comandamento nuovo. Che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avrete amore gli uni per gli altri”. Poi dice: “Come Tu Padre sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che Tu mi hai mandato”. Amore ed unità sono dunque le parole chiave per testimoniare Dio. Cosa intende Gesù quando parla di amore? Dice: “Amerai il prossimo tuo come te stesso”.

In effetti, amare se stesso è l’impulso naturale dell’uomo, è insito nella sua natura. Ciò che è importante, però, è farlo in modo corretto sapendo distinguere i beni reali – quelli che ci rendono migliori - da quelli apparenti, che ci attirano ma che anziché renderci migliori ci danneggiano (pensiamo all’abuso di alcool, alle droghe, alla mancanza di sincerità nei rapporti, al desiderio di far prevalere il nostro benessere su quello degli altri). Compreso questo, non si tratta altro che di dilatare queste scelte sul nostro prossimo. Ancora di più: non ci si deve limitare al presente, ma è importante allargare lo sguardo pensando alle generazioni future: se lasciamo testimonianze di bene – ad esempio rispettando il creato, arricchendo i contesti cultuale e sociale – i nostri figli, godendo dei frutti di questo bene, lo testimonieranno a loro volta nell’ottica che si diceva prima dell’universalità dell’amore di Dio. Certo il prezzo da pagare non è poco: si tratta di negare a noi stessi, oggi, qualche privilegio, ma solo così “si può contribuire a edificare un’umanità nuova”. Dice san Giovanni: “In questo abbiamo conosciuto l’amore, nel fatto che Egli ha dato la sua vita per noi: quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli”. Come non pensare a Madre Teresa di Calcutta: quando ci si trova davanti ad un amore di quella qualità, ci si trova davanti a qualcosa che viene da Dio. Ecco, questa è la nostra missione, questo il nostro mandato!

Gesù poi arricchisce questo amore con il concetto di unità, quella che “si costruisce e si manifesta nel dono reciproco tra ciò che è l’altro”, afferma Monari. Perché, al contrario, esiste anche l’unità di tipo verticalistico, per cui tutto è riunito sotto uno solo, annientando le differenze, le diverse idee, riducendo gli altri ad un’unica ragione, ad un unico potere. È la forma di unità che prefigura il progetto imperialistico del governo del mondo, e abbiamo visto nella storia dell’uomo a quali brutture e tragedie ha portato! Diversamente l’unità che intende Gesù è quello che Lo unisce al Padre per cui l’identificazione l’uno nell’altro non porta alla rinuncia di se stessi, anzi: il dono reciproco arricchisce e contraddistingue l’atto di amore. L’esempio più semplice ed immediato che incarna l’unione dell’amore e dell’unità è il matrimonio: l’uomo e la donna che si amano si uniscono nelle loro differenze in un vincolo capace di esprimere dedizione, fedeltà, progetti comuni, accoglienza. Non è un caso che alla base dei contratti sociali ci sia per l’appunto la famiglia che è poi l’estensione di ciò che dovrebbe accadere nella società nella quale ciascuno contribuisce con le sue conoscenze e capacità al bene di tutti.

Grazie alle sue parole il Vescovo ci ha illuminato sul significato del nostro mandato. Dice: «I credenti non debbono diventare necessariamente predicatori del Vangelo, ma devono essere testimoni della trasformazione che il Vangelo (cioè l’amore di Dio attraverso il Vangelo) opera nell’esistenza dell’uomo. Viviamo nel mondo insieme a tutti; condividiamo con tutti l’impegno a rendere il mondo più umano; con semplicità vogliamo dire a tutti che il vangelo ci ha resi migliori. Non diciamo di essere migliori degli altri; diciamo di essere migliori di quello che saremmo senza Gesù Cristo e senza il vangelo. Per questo offriamo agli altri la nostra testimonianza: forse Dio vuole chiamare altri a seguirlo insieme con noi. […]. Siamo convinti che la salute del mondo sta nel suo essere effettivamente aperto all’amore del mondo e che la pienezza della gioia e dell’umanità sarà quando saranno sconfitte le forze di egoismo e di orgoglio che operano nel mondo, quando sarà sconfitta l’ultima potenza che è la morte e Dio di potrà essere “tutto in tutti”. Questo speriamo e per questo desideriamo vivere».

Emilia Pennacchio



cüntòmela per riflettere

Il nostro Natale

Gira e rigira… siamo di nuovo a Natale! Come sarà questa volta il Natale? Si narra che nell’antico Egitto esistesse un saggio che sapeva risolvere anche gli enigmi più difficili. Un giovane che non credeva nel dono della saggezza,  decise di metterlo alla prova. Si presentò al saggio tenendo chiuso in un pugno un uccellino e nascondendolo dietro la schiena. Chiese al saggio: “L’uccellino che ho in pugno, è vivo o è morto?”

Il giovane pensava che se il saggio avesse risposto che era vivo, lui avrebbe stretto il pugno e avrebbe mostrato il povero uccellino morto, oppure se il saggio avesse risposto che era morto, lui lo avrebbe presentato vivo. Ma il saggio che era veramente saggio rispose: “L’uccellino è come lo vuoi tu!” Allora se avessimo chiesto al saggio “come sarà il prossimo Natale per noi?”, certamente ci darebbe la stessa risposta! Il Natale è come lo vuoi tu! Il Natale sarà come lo avremo preparato noi. Se avremo pensato  al Natale solo come una magnifica occasione per trascorrere una vacanza all’insegna del divertimento, allora il Natale non produrrà una nuova nascita per noi, un cambiamento che ci aiuterebbe a migliorare nella nostra generosità, nel nostro impegno quotidiano, nel saper essere accoglienti verso Gesù che chiede posto nella nostra vita, nei nostri cuori. Il Natale sarebbe una banalità che passa come l’acqua sulla pietra, e noi saremo peggiori di prima, più aridi, più vuoti, più egoisti.

Ma se invece prepareremo il Natale imparando a guardarci dentro, a confrontarci con Gesù che sta per arrivare, allora anche le nostre fatiche, le nostre sofferenze e le nostre paure, troveranno nel Natale la fonte della gioia della consolazione e della pace sicura. Questi sono i doni di Gesù che nasce nei nostri cuori.

L’Avvento è una occasione meravigliosa,  un dono prezioso con tutti i suoi momenti preziosi di preghiera per preparare bene un Natale come lo vogliamo veramente noi.

Buon Natale!

Don Mauro



cüntòmela per riflettere

“Gaudium et Spes” I documenti del Concilio Vaticano II

Siamo arrivati all’ultima tappa del nostro percorso di presentazione dei documenti fondamentali del Concilio Vaticano II. Affrontiamo la Costituzione Pastorale che fu promulgata da Papa Paolo VI l’ultimo giorno di Concilio: l’8 dicembre 1965.

Il nome Gaudium et Spes deriva dalle prime parole latine del testo, che significano la gioia e la speranza. Il documento è strutturato in questo modo:
• il Proemio (n. 1-3), nel quale si sottolineache il Concilio è rivolto a tutti gli uominie si pone in atteggiamento di dialogo conl’intera famiglia umana;
• l’Introduzione (n. 4-10), nella quale si fail punto sulla condizione dell’uomo nelmondo contemporaneo;
• la Parte Prima (n. 11-45), dove, a partireda una visione antropologica cristiana, la Chiesa si pone a servizio della comunitàdegli uomini nella realizzazione di unafraternità universale che permetta ad ogniuomo di seguire la propria vocazione;
• la Parte Seconda (n.46-90), in cui vengonoaffrontati alcuni problemi della societàdefiniti “più urgenti”.
• la Conclusione (n. 91-93).

C’è una novità fondamentale in questa Costituzione: la Chiesa non si pone davanti al mondo come mater et magistra, ma si sente intimamente legata con il genere umano e la sua storia. Quindi siamo di fronte a una Chiesa che sa di essere pienamente inserita in un mondo che è cambiato, che non pone al primo posto il giudizio e il rimprovero, ma che con serena sincerità vuole porsi al servizio di tutta l’umanità. “… è dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo”. Anche se la Gaudium et Spes è stata scritta cinquant’anni fa e ovviamente la lettura che fa del mondo è legata a quei tempi, le riflessioni fatte sono molto profonde e attuali.

Un altro elemento fondamentale della Costituzione è la centralità dell’uomo visto come immagine di Dio. I Padri conciliari compiono un percorso completo e attento alla singolarità e presentano un’immagine di persona molto positiva che non nasconde le domande, ma che evidenzia le potenzialità di ogni singolo. Si sottolinea inoltre che tutti gli uomini devono cooperare per il bene comune.

Nella Seconda Parte della Costituzione pastorale, i capitoli dedicati alla dignità della famiglia (Cap. I), al progresso e alla cultura (Cap. II), alla vita economico-sociale (Cap. III), alla Politica (cap. IV) e alla Pace (cap. V), vogliono indicare gli aspetti fondamentali della vita umana nei confronti dei quali la Chiesa doveva, deve e dovrà avere sempre parole significative e propositive, senza mai giudicare o mettere in discussione il dialogo col mondo.

Al temine di questo nostro percorso insieme, in cui ho cercato di presentare in modo breve le quattro Costituzioni conciliari, ribadisco l’importanza di trovare un po’ di tempo per leggere integralmente tutti i 16 documenti(si possono trovare facilmente sul sito della Santa Sede).

Grazie a questi articoli io ho avuto la possibilità di rileggermeli e sono convinto che, nonostante siano trascorsi cinquant’anni, il Concilio Vaticano II abbia ancora molto da insegnarci.

Luca Dalla Palma



cüntòmela per riflettere

Un santo al giorno…

“Cercate ogni giorno il volto dei santi
per trovare conforto nei loro discorsi”.

È l’invito contenuto nell’antico testo cristiano della Didaché (Dottrina dei dodici apostoli); un invito che troppo spesso viene eluso dalle comunità cristiane e dai singoli credenti.
Soprattutto all’interno delle nuove generazioni, ma anche tra chi è più su di età, le figure dei Santi non trovano più molto spazio all’interno delle riflessioni, delle invocazioni e delle preghiere, non costituiscono più fonti di stimolo ed esempio, eccezion fatta per pochi di loro, di recente canonizzazione.
Se ne è perso in parte anche il valore in termini di cultura e di tradizione popolare.
Molti di noi non solo non conoscono quali siano state le vicende terrene del proprio santo protettore, ma non ne conoscono neanche l’esistenza, non ne festeggiano l’onomastico; nell’atto di fede dichiariamo di credere nella Comunione dei Santi, ma spesso non ci è nemmeno ben chiaro cosa si intenda per “santo”.
A tal proposito ci può essere d’aiuto l’Angelus di Papa Francesco che, in occasione della Solennità di Tutti i Santi, così ben descriveva la santità.

“I Santi non sono superuomini, né sono nati perfetti. Sono come noi, come ognuno di noi, sono persone che prima di raggiungere la gloria del cielo hanno vissuto una vita normale, con gioie e dolori, fatiche e speranze. Ma cosa ha cambiato la loro vita? Quando hanno conosciuto l’amore di Dio, lo hanno seguito con tutto il cuore, senza condizioni e ipocrisie; hanno speso la loro vita al servizio degli altri, hanno sopportato sofferenze e avversità senza odiare e rispondendo al male con il bene, diffondendo gioia e pace. Questa è la vita dei Santi: persone che per amore di Dio nella loro vita non hanno posto condizioni a Lui; non sono stati ipocriti; hanno speso la loro vita al servizio degli altri per servire il prossimo; hanno sofferto tante avversità, ma senza odiare. I Santi non hanno mai odiato. Capite bene questo: l’amore è di Dio, ma l’odio da chi viene? L’odio non viene da Dio, ma dal diavolo! E i Santi si sono allontanati dal diavolo; i Santi sono uomini e donne che hanno la gioia nel cuore e la trasmettono agli altri. Mai odiare, ma servire gli altri, i più bisognosi; pregare e vivere nella gioia; questa è la strada della santità!”

Queste poche parole, nel consueto linguaggio semplice e chiaro, ci invitano a prendere esempio dai santi e per poter fare è necessario conoscerne la vita e le opere. Proprio per favorire, all’interno delle comunità della nostra Unione Pastorale, un maggiore e rinnovato interesse verso le figure dei Santi, la redazione di Cüntòmela, a partire da questo numero, ha deciso di istituire una sorta di rubrica nella quale verrà presentata la vita di un santo, le sue opere, i suoi scritti, i suoi eventuali legami con le nostre comunità. La volontà non è chiaramente quella di offrire una trattazione esaustiva sulla singola figura, ma di offrire degli spunti che ne favoriscano la conoscenza e ne stimolino l’esempio. Qualsiasi suggerimento sulla trattazione di un santo in particolare sarà ben accetto dalla redazione.

SAN MARTINO DI TOURS - Visto il legame con la Comunità di Borno la cui Parrocchia è a lui intitolata, nonché l’influenza del suo culto su tutto il cattolicesimo camuno fin dall’età longobarda, si è pensato di iniziare questa rubrica con la presentazione di San Martino di Tours, vescovo.
Martino nasce nel 316 d.C. in Pannonia, nell’attuale Ungheria, nella città di Sabaria, avamposto dell’impero romano, in una famiglia di pagani. Viene istruito sulla dottrina cristiana ma non viene battezzato. Figlio di un tribuno delle legione romana, viene chiamato Martinus in onore di Marte, dio romano della guerra.
Trasferitosi presto a Pavia con la famiglia, passa l’intera infanzia in Italia per poi entrare nell’esercito a 15 anni, come avviene di prassi nel caso di figli di militari. Anche grazie all’importante ruolo esercitato dal padre, viene subito promosso al grado di “circitor” ed inviato in Gallia, presso la città di Amiens.
Il ruolo del "circitor" prevede tra i propri compiti la ronda di notte, l'ispezione dei posti di guardia e la sorveglianza notturna delle guarnigioni. Durante una di queste ronde avviene quello che si potrebbe definire l’episodio risolutivo della vita del santo. Martino incontra un mendicante coperto da pochi stracci e, volendolo aiutare, taglia in due il suo mantello militare e lo condivide con il mendicante. La notte seguente Gesù appare in sogno a Martino, con addosso la metà del suo mantello, mentre indica Martino ai suoi angeli quale il soldato romano che lo aveva vestito. Al risveglio il mantello è integro (sarà conservato come reliquia).
Alla luce di quanto avvenuto, Martino decide di battezzarsi e lo fa nel giorno di Pasqua.
Martino rimane ufficiale dell'esercito per una ventina d'anni raggiungendo il grado di ufficiale nelle alae scolares (un corpo scelto). Giunto all'età di circa quarant'anni, lascia l'esercito e dà inizio alla seconda parte della sua vita, impegnandosi fin da subito nella battaglia contro l’eresia ariana. Proprio per questa sua lotta contro l’arianesimo viene anche frustato (nella nativa Pannonia) e cacciato, prima dalla Francia e poi da Milano, dove erano stati eletti vescovi ariani.
Nel 357 si reca quindi nell'Isola Gallinara, ad Albenga, in provincia di Savona, dove conduce quattro anni di vita eremitica, per poi tornare a Poitiers, al rientro del vescovo cattolico; diviene monaco e, in breve tempo, fonda uno dei primi monasteri d'occidente, a Ligugé, sotto la protezione del vescovo Ilario e con la collaborazione di diversi compagni.
Nel 371 gli abitanti della cittadina di Tours chiedono e ottengono che Martino divenga il loro nuovo vescovo, nonostante le resistenze di una parte degli esponenti del mondo clericale dell’epoca che non vedono di buon occhio la sua ascesa a causa delle sue origini plebee e del suo aspetto trasandato.
Anche questa critiche non incidono sulla personalità di Martino che, da vescovo, continua ad abitare nella sua semplice casa di monaco e prosegue la sua missione di propagatore della fede, creando nel territorio nuove piccole comunità di monaci, lottando contro l'eresia ariana e il paganesimo rurale, dimostrando sempre e comunque compassione e misericordia verso chiunque.
Proprio per il suo modo di essere e per questa sua apertura e disponibilità verso tutti diventa molto noto nelle comunità cristiana dove opera. Martino è un “pastore” diverso dagli altri, spesso di abitudini cittadine e quindi poco conoscitori della campagna e dei suoi abitanti; lui percorre personalmente i centri abitati dai servi agricoltori, dedicando particolare attenzione all'evangelizzazione delle campagne.
Nel 375 fonda a Tours un monastero, a poca distanza dalle mura, che diviene, per qualche tempo, la sua residenza.
Martino muore l'8 novembre 397 a Candes-Saint-Martin, dove si era recato per mettere pace tra il clero locale (viene ricordato l’11 novembre, giorno della sua sepoltura).
Sulle circostanze della sua morte così scrive, nelle sue «Lettere», Sulpicio Severo, uno dei primi discepoli di Martino:

Martino povero e umile.
Martino previde molto tempo prima il giorno della sua morte. Avvertì quindi i fratelli che ben presto avrebbe cessato di vivere. Nel frattempo un caso di particolare gravità lo chiamò a visitare la diocesi di Candes. I chierici di quella chiesa non andavano d'accordo tra loro e Martino, ben sapendo che ben poco gli restava da vivere, desiderando di ristabilire la pace, non ricusò di mettersi in viaggio per una così nobile causa. Pensava infatti che se fosse riuscito a rimettere l'armonia in quella chiesa avrebbe degnamente coronato la sua vita tutta orientata sulla via del bene. Si trattenne quindi per qualche tempo in quel villaggio o chiesa dove si era recato finché la pace non fu ristabilita. Ma quando già pensava di far ritorno al monastero, sentì improvvisamente che le forze del corpo, lo abbandonavano. Chiamati perciò a sé i fratelli, li avvertì della morte ormai imminente. Tutti si rattristarono allora grandemente, e tra le lacrime, come se fosse uno solo a parlare, dicevano: «Perché, o Padre, ci abbandoni? A chi ci lasci, desolati come siamo? Lupi rapaci assaliranno il tuo gregge e chi ci difenderà dai loro morsi, una volta colpito il pastore? Sappiamo bene che tu desideri di essere con cristo; ma il tuo premio é al sicuro. Se sarà rimandato non diminuirà. Muoviti piuttosto a compassione di coloro che lasci quaggiù». Commosso da queste lacrime, egli che, ricco dello spirito di Dio, si muoveva sempre facilmente a compassione, si associò al loro pianto e, rivolgendosi al Signore, così parlò dinanzi a quelli che piangevano: Signore, se sono ancora necessario al tuo popolo, non ricuso la fatica: sia fatta la tua volontà.
O uomo grande oltre ogni dire, invito nella fatica, invincibile di fronte alla morte! Egli non fece alcuna scelta per sé. Non ebbe paura di morire e non si rifiutò di vivere. Intanto sempre rivolto con gli occhi e con le mani al cielo, non rallentava l'intensità della sua preghiera. I sacerdoti che erano accorsi intorno a lui, lo pregavano di sollevare un poco il suo povero corpo mettendosi di fianco. Egli però rispose: Lasciate, fratelli, lasciate che io guardi il cielo, piuttosto che la terra, perché il mio spirito, che sta per salire al Signore, si trovi già sul retto cammino. Detto questo si accorse che il diavolo gli stava vicino. Gli disse allora: Che fai qui, bestia sanguinaria? Non troverai nulla in me, sciagurato! Il seno di Abramo mi accoglie. Nel dire queste parole rese la sua anima a Dio. Martino sale felicemente verso Abramo. Martino povero e umile entra ricco in paradiso.

cippo san MartinoIl culto di San Martino, iniziato fin dopo la sua morte, è molto diffuso: solo in Francia sono a lui dedicate circa quattromila chiese e il suo nome è stato dato a migliaia di paesi e villaggi. Egli è considerato dalla Chiesa quale protettore dei militari, dei mendicanti e dei pellegrini.

La festa di San Martino è stata in passato considerata, in gran parte dell’Europa, una sorta di capodanno: in Italia, fino al secolo scorso, l’11 novembre cominciavano le attività dei tribunali, delle scuole e dei parlamenti; si tenevano elezioni e in alcune zone scadevano i contratti agricoli e di affitto. Tuttora in molti luoghi si dice “far San Martino” all’atto di traslocare o sgomberare, perché era proprio in questo periodo che si cambiava tradizionalmente casa: praticamente tutti i cambiamenti si facevano per San Martino.

cippo san MartinoCome ben descritto nel testo “La chiesa Parrocchiale di Borno – Storia e Arte”: “l’antica dedicazione della parrocchiale sottolinea l’influenza avuta nel corso del Medioevo in questi luoghi dal monastero francese di Marmoutier di Tours, fondato dal vescovo San Martino nel 375. All’importante entità monastica il re dei Franchi Carlo Magno infeudò nel 774 una serie di possedimenti, Valle Camonica inclusa… A seguito della donazione ebbe notevole fortuna il culto verso San Martino, già tuttavia presente in età longobarda nelle regioni del nord dell’Italia, dove si era diffuso nel quadro della lotta scatenatasi tra i cattolici e i convertiti alla dilagante eresia ariana che aveva contagiato molte popolazioni barbare, tra cui i longobardi”.

San Martino è infine ricordato nel nostro territorio per una delle tante leggende che accompagnano la sua figura, la quale viene ben riassunta nel cippo presente lungo la strada verso il Santuario dell’Annunciata, che così recita:

Questo cippo fatto erigere da Padre Venanzio cappuccino e dal Comm. Giu.ppe Bertani per tramandare ai posteri l’antica leggenda de i pé de San Martì...
Qui San Martino di ritorno da dura battaglia col suo cavallo ferito e stanco satana incontrò...
“L’anima tua e dei viandanti mi prenderò se con quel cavallo a sole tre gambe saltare non saprai la stretta valle”...
San Martino da Dio ispirato e per punire satana spiccò il salto e sull’altro ciglio si trovò...
A sua volta il diavlo vi tentò e nel profondo orrido precipitò...
A testimon della singolar tenzone la valle da cuel di diavolo si chiamò e le impronte dei tre zoccoli lasciate sulla roccia dal fido destrier San Martino cancellate non senza rimpianto delle mine di Padre Crispino cappuccino propugnatore e realizzatore di questa grande strada nell’anno del Signore 1964.

A cura di Valerio Arici



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Rinnovamento nello Spirito:la mia esperienza personale

Sono passati circa otto anni dalla prima volta che ho sentito parlare del Rinnovamento nello Spirito e non avrei mai potuto immaginare, allora, che un giorno avrei scelto con tanta consapevolezza di entrare a farne parte. Se guardo indietro posso certamente dire che il buon Gesù mi ha presa per mano e, con la sua caratteristica infinita pazienza, mi ha guidata fino qui.

Era il 2005 e stavo seguendo, a Bienno, il corso di preparazione ai centri di ascolto della Parola; un corso della durata di tre anni che mi prendeva parecchio tempo tra gli incontri del lunedì sera e qualche seminario, al terzo anno, nei fine settimana. Inoltre, ovviamente, c'era il lavoro, la famiglia, la vita sociale in genere. Pensare di impegnarmi in qualcos'altro era davvero troppo. Ma quel lunedì sera non sarebbe mai più uscito dalla mia mente. Renzo gironzolava per la sala distribuendo volantini gialli stampati a caratteri neri: Rinnovamento nello Spirito. Incontri a Capo di Ponte. Tutti i martedì sera, per quattro martedì al mese. Ogni volta una serata diversa: il primo martedì del mese la Santa Messa o la preghiera di Lode, il secondo la preghiera di lode e di ringraziamento, il terzo la preghiera di adorazione davanti al Santissimo Sacramento, il quarto la preghiera di intercessione per i malati e il quinto (quando capita) la preghiera di lode a intonazione mariana. Fin da subito un desiderio grande di saparne di più. Ma dove trovare il tempo? Come conciliare un impegno praticamente settimanale con tutto il resto?

Ho deciso che non era fattibile ed ho accantonato l'idea. Ma nostro Signore, come ormai ho imparato bene, ha le sue vie e se decide di farti percorrere una strada piuttosto che un altra... “non c'è n’è per nessuno”. Ho varcato per la prima volta la soglia della piccola chiesetta di Capo di Ponte che ospita il gruppo del Rinnovamento "Cenacolo di Gesù Risorto" nel giugno del 2011 e da allora il mio cammino di fede ha goduto di una incredibile sferzata di energia. Uso questo termine per cercare di dire un'insieme di sensazioni molto forti che non è affatto facile trasmettere con le parole ma che, in definitiva, mi hanno portato a crescere un poco di più nel mio cammino di conversione.

Nei sette anni che hanno preceduto il mio incontro con il Rinnovamento cercavo il modo per maturare, attraverso diverse esperienze (esperienze spirituali ma anche semplicemente di vita quotidiana) il mio rapporto con la fede e con la necessità, per me sempre più impellente, di vivere il più possibile concretamente gli insegnamenti di Gesù nella vita di tutti i giorni. Nel mio camminare ricco, come per tutti ovviamente, di tante gioie e di altrettante spine, ogni "tre per due" lo Spirito Santo mi ricordava che a capo di Ponte qualcuno mi stava aspettando. Fino appunto al giugno del 2011. Durante un viaggio in auto che sarebbe durato un paio d'ore accendo la radio proprio mentre Salvatore Martinez (che ovviamente non avevo la più pallida idea di chi fosse) sta facendo il suo discorso al congresso che il Rinnovamento nello Spirito tiene ogni anno a Rimini. Sapevo del congresso perchè don Francesco, che era giunto a Borno da pochi mesi, aveva organizzato il viaggio e un gruppetto di Borno aveva aderito. Io come sempre avevo i miei casini lavorativi: la maggior parte dei più bei momenti di incontro spirituali e non solo si organizzano solitamente nei ponti o nei fine settimana e ovviamente la sottoscritta, come buona parte di bornesi, nei ponti e nei fine settimana spera in chi i ponti se li può godere.

Ma il buon Gesù aveva proprio deciso che in qualche modo questo Martinez lo dovevo ascoltare. Più sentivo parlare quest'uomo e più pensavo che non poteva che essere lui. Non citò mai Rimini nè direttamente il Rinnovamento, tanto che non posso dire con certezza che fosse proprio Martinez, ma non smise un attimo di parlare dello Spirito Santo e dell'importanza, per i cristiani, di viverlo e percepirlo nella quotidianità. Uno e trino Gesù è salito al cielo affinchè lo Spirito Santo potesse dimorare con noi (e noi con Lui) tutti i giorni, fino alla fine dei tempi, e insegnarci tutte le cose. Queste parole mi risuonarono nelle orecchie per parecchi giorni e l'entusiasmo che la voce di quell'uomo alla radio trasmetteva aveva risvegliato in me, in modo stavolta davvero impellente, il desiderio di partecipare a quei martedì che da troppo tempo stavo in tutti i modi rimandando.

Pochi giorni dopo una coppia di amici che non rivedevo da mesi viene a casa mia per una visita e scopro così che per ben dieci anni avevano fatto parte di un gruppo del Rinnovamento a Brescia: il passo è stato breve anzi brevissimo. Il martedì successivo ero a Capo di Ponte.Tralascio qui di raccontare le emozioni e le sensazioni vissute in questi ultimi due anni perchè sono ormai ben consapevole del fatto che ognuno di noi vive in maniera personalissima il suo rapporto con Gesù. Egli infatti, da buon pastore, sa che nessuna delle sue pecore è uguale all'altra e per ognuno di noi, proprio come un Padre per i suoi figli, ha un trattamento tutto speciale, oserei dire "ad hoc". Voglio però racconatarvi, il più concretamente possibile, il mio cammino di questi due anni con il Rinnovamento. Il mio desiderio impellente consisteva anzitutto nel percepire come concreto e vero il mio rapporto con Gesù e di conseguenza il mio impegno con Lui e per Lui.

Il mondo in cui viviamo è un mondo fatto essenzialmente di cose concrete, cose che si toccano e si vedono. Gesù non lo vedi e non lo tocchi (bendetto San Tommaso!) o almeno non nel modo che questo mondo ci insegna. E questo modo di vivere rende tutto molto più difficile, soprattutto per una persona "cerebrale" come me. Tuttavia Gesù, per mezzo di Giovanni, ci ha detto: "..voi non siete del mondo ma io vi ho scelti dal mondo..." (Gv 15,19) e poi ancora.."Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza; e anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio”. (Gv 15, 26-27)

Tra le molte Parole con cui Gesù mi ha guidato sin qui proprio queste sono quelle che sento più vere e che, allo stesso tempo, mi hanno spinta con insistenza, in questi anni, a cercare il modo per discernere, nel mio cuore, ciò che è vero da ciò che non lo è. Queste Parole mi hanno spinta sempre più avanti, mi hanno dato fiducia, mi hanno aiutata a credere che, anche se pare impensabile in questo nostro tempo vivere come Gesù ci insegna, in realtà non lo è affatto anzi, a volte pare addiruttura molto più semplice di quanto possa sembrare.

Il primo anno al Rinnovamento è stato un susseguirsi di conferme, di abbracci, di affetto. Ogni serata inizia con il segno di croce e con una preghiera di lode che, chiunque nel gruppo, può liberamente innalzare a Gesù. Con canti e musica e lodi invochiamo quindi lo Spirito Santo e chiediamo, con tutta la fede che i nostri poveri cuori possono contenere, che lo Spirito ci guidi all'ascolto della Parola.

Apriamo quindi la Bibbia e ascoltiamo la Parola del Signore. Se don Francesco è con noi approfittiamo della sua presenza per farci aiutare a discernere ancora meglio ciò che la Parola insegna, altrimenti, nella preghiera, ci affidiamo al Signore perchè ci sostenga e affidiamo a Lui, in una preghiera di intercessione comunitaria o personale, tutti quelli che portiamo nel cuore o che ci hanno chiesto di pregare per loro.

Questo in generale lo svolgersi della serata che dura circa un'ora e mezza e che prevede poi, a seconda delle volte, un momento di adorazione o la Santa Messa.

Chi lo desidera poi, dopo un periodo di tempo più o meno lungo di partecipazione al gruppo e dopo una catechesi apposita che dura circa nove mesi, può decidere di vivere un momento molto particolare che è chiamato "Effusione" o anche "Battesimo nello Spirito Santo".

In pratica un rinnovo delle promesse battesimali. Come ben si sa, infatti, noi oggi viviamo il battesimo per il tramite dei nostri genitori i quali, per noi, scelgono l’adesione alla fede cristiana. Nelle prime comunità cristiane invece il battesimo era una pratica che si sceglieva di compiere in età adulta e veniva quindi vissuto in modo consapevole.

Io ho vissuto il mio “battesimo consapevole” il 2 giugno del 2013: il cammino di preparazione è stato lungo, molto intenso e molto gratificante. È importante avere un appoggio spirituale durante tutto il tempo della preparazione e il gruppo affianca ad ogni "effusionando" un padrino o una madrina ma, secondo me, è molto importante anche essere seguiti dal prioprio parroco o dal proprio padre spirituale.

La cerimonia si è svolta a Brescia, nella chiesa di San Luigi Gonzaga. Due giorni intensi che hanno previsto una serata dedicata alle confessioni e una intera giornata dedicata alla preghiera, alla lode, alla Santa Messa e quindi all'effusione.

Il giorno dell'effusione è molto particolare e anche qui le emozioni sono personalissime e soggettive: quindi sono da vivere, non da raccontare. Una cosa però è stata per me davvero toccante: durante tutto il tempo si respira in chiesa un clima di vero amore, di fraternità, di condivisione che accompagna il gruppo per molti giorni a seguire e che, per quanto mi riguarda, ti lascia dentro come una sorgente. In qualsiasi momento del mio vivere io ora so che questa sorgente è qui, dentro il mio cuore. "L'importante è che abbiate sempre sete" ci aveva detto una sera, durante la catechesi di preparazione, una delle catechiste. Ora so esattamente cosa intendesse dire.

Termino comunicando a tutti voi che, nel frattempo, don Francesco ci ha fatto un grande dono: dallo scorso anno infatti è attivo anche a Borno un gruppo di preghiera del Rinnovamento nello Spirito. Tutti i lunedì sera, estate compresa, è possibile dunque vivere questa bella esperienza di preghiera anche qui nella nostra parrocchia. Per chi volesse invece semplicemente saperne di più può dare un’occhiata al sito internet del gruppo di Capo di Ponte: www.cenacolorns.it. Sul sito è anche possibile chiedere la preghiera di interecssione per sè o per chi si vuole.

Anna Maria



cüntòmela per riflettere

Immagini della fede

Come inizio delle attività pastorali anche quest'anno, dal 29 settembre al 6 ottobre, abbiamo vissuto la “Settimana Mariana”. In particolare giovedì sera in oratorio don Tiberio Cantaboni – curato di Lovere già conosciuto sia in un passato incontro dei catechisti, sia come predicatore degli esercizi spirituali nella Quaresima del 2012 – ha presentato sempre ai catechisti delle nostre comunità di Borno, Ossimo e Lozio la prima Enciclica di Papa Francesco ereditata da Benedetto XVI e alla quale, come si legge nella sua introduzione, l'attuale Vescovo di Roma ha aggiunto alcuni suoi contributi e posto la sua firma.

Ricordato che i documenti del magistero costituiscono una guida sicura insieme alla Parola di Dio contenuta nella Bibbia e che anche questa Enciclica fin dal titolo, “Lumen fidei” preso dal Vangelo di Giovanni, non fa altro che attingere alla stessa Sacra Scrittura per aiutarci a vivere l'amore illuminato dalla fede e sostenuto dalla speranza, don Tiberio non ci ha offerto un riassunto o una dotta trattazione che, come lui stesso ha sottolineato, rischiava di essere più pesante della stessa Enciclica. Ci ha fornito, invece, alcuni spunti partendo dai quali è possibile leggere o rileggere con frutto il documento del Papa.

Come tutte le realtà che non sono materiali (amore, amicizia, simpatia, odio ecc.) anche la fede ha bisogno di mediazioni, di immagini per essere espressa e, in qualche modo, resa visibile ai nostri occhi, presente e concreta nella nostra vita. Pensando al nucleo centrale dell'Antico Testamento costituito dall'alleanza fra Dio e il popolo d'Israele e dalla liberazione di questo dalla schiavitù d'Egitto, don Tiberio ha fatto notare come Mosè sia stato appunto l'immagine, la figura che ha rappresentato tale alleanza e liberazione. Così come nei Vangeli l'angelo che ha annunciato a Maria la nascita di Gesù è stato segno, simbolo dell'intervento di Dio affinché una ragazza che “non conosceva uomo” potesse rimanere incinta e, con il suo “sì”, collaborare alla salvezza e redenzione di tutto il genere umano.

In entrambi gli episodi, faceva notare sempre don Tiberio, ad un certo punto però l'immagine è dovuta scomparire per non rischiare di essere scambiata o sovrapposta alle meraviglie che solo Dio può operare. Mosè, infatti, non entrò nella terra promessa e l'annuncio a Maria si concluse con l'angelo che si allontanò da lei. Questo per evidenziare come le immagini, le figure, gli uomini stessi nei quali pur si incarna la provvidenza del Signore, alla fine possono essere soltanto frecce, indicatori che incoraggiano a guardare oltre l'orizzonte visibile e immediato. Solo in Dio possiamo riporre piena fiducia, solo in Lui possiamo trovare vera luce per il nostro cammino.

A parte la leggera forzatura del testo biblico – se non ricordo male Mosè non poté entrare nella terra promessa anche per la sua mancanza di fede (tanto per rimanere in tema) nell'episodio poco chiaro dell'acqua scaturita dalla roccia (Nm. 20,1-13) – l'argomento delle immagini che possono provocare e tener viva la luce della fede ha avuto successo fra noi catechisti. Giudicando anche da alcuni interventi a conclusione dell'incontro, credo che molti di noi abbiano avuto modo di ripensare alle persone e agli avvenimenti che hanno reso davvero presente Gesù Cristo nella nostra vita, quegli eventi verticali, come gli ha definiti don Cantaboni, che si innestano nello scorrere apparentemente solo orizzontale della quotidianità.

Penso che proponendoci le immagini come mediazione don Tiberio abbia voluto esemplificare uno dei punti fondamentali dell'Enciclica: la fede non è una luce illusoria, una realtà oscura o in contrasto con la ragione, ma un'esperienza che deve incarnarsi e risaltare nel vissuto concreto, pur andando oltre.

Il termine immagine, però, ha risvegliato in me alcune suggestioni e interrogativi. Una delle definizioni dell'attuale è proprio quella di essere la società dell'immagine: video, fotografie e simboli grafici che troviamo ovunque sono più intuitivi e immediati della solo scrittura o linguaggio verbale. Le stesse interfacce grafiche hanno reso più facile, più amichevole l'uso di computer e altri dispositivi elettronici.

Le immagini, tuttavia, sono solo una rappresentazione, una raffigurazione, non di rado superficiale, di ciò che esiste e, a volte, la loro spettacolarizzazione può oscurare le realtà a cui dovrebbero rimandare. Uno degli stessi comandamenti ci mette in guardia da questo pericolo – “Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo, né di quanto è quaggiù sulla terra, né di quanto è nelle acque sotto la terra” - e forse ci sarebbe molto da discutere su certe devozioni a immagini di santi e madonnine che piangono, si illuminano o che vengono considerati distributori automatici di grazie mediante i gettoni dei rosari.

Sia in questa Enciclica sia in altre occasioni Papa Francesco non si stanca di ricordarci che possiamo davvero conoscere e crescere nella fede in Gesù Cristo solo vivendo e impegnandoci nella comunità, nella Chiesa, nella città degli uomini in attesa di quella futura. Se non sbaglio anche la lettera del nostro Vescovo Luciano è un invito alla missionarietà, a farci prossimi e testimoni, pur con il nostro peccato, gli uni per gli altri.

Resta da chiederci se il nostro essere stati creati ad immagine e somiglianza di Dio, come ci ricorda la Genesi, ci rende solo una mera icona del desktop del regno di Dio, una raffigurazione effimera o un riflesso vivo ed eterno dell'amore che Lui ha acceso nei nostri cuori?

Franco



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Dall’anno del Rosario all’anno della Fede:10 anni della Cappellina di Lova

Cappellina LovaUna processione di gente sale al Lago di Lova sotto la pioggerella del fresco pomeriggio di una domenica settembrina. Il tempo sembrerebbe voler far desistere le persone, ma il richiamo è forte; il richiamo della montagna, il richiamo della tradizione, il richiamo della fede.

Domenica 15 settembre 2013. Si celebra il decennale dell’inaugurazione della cappella dedicata a Santa Maria Bambina, la “cappellina” di Lova. E la voglia di partecipare, come dieci anni fa, è tanta.

Al lago, località amata dai Bornesi, ma anche da tutti coloro che si trovano a soggiornare o a passare per Borno, mancava un luogo sacro, di preghiera. Per questo motivo, dieci anni fa, un gruppo di amici, accomunati dal grande amore per il luogo, ha deciso di costruire un’edicola votiva dedicata alla Natività di Maria. Questa è diventata subito un angolo amato di Lova e, dall’anno di inaugurazione, il 2003, anno del Rosario, i Bornesi hanno sempre chiesto che, una volta all’anno, vi venisse celebrata una Santa Messa.

Quest’anno la ricorrenza era particolare ed importante: si sono celebrati i dieci anni dall’inaugurazione, proprio nell’anno che l’ormai emerito Santo Padre Benedetto XVI ha dedicato alla Fede.

Cappellina LovaPer ricordare adeguatamente il primo compleanno significativo della nostra cappellina, gli amici di Lova, quegli stessi amici che ne avevano voluta e realizzata la costruzione, hanno deciso di invitare per la celebrazione i sacerdoti che erano presenti all’inaugurazione e che si sono poi succeduti a Borno per il loro mandato pastorale.

La Santa Messa, dunque, è stata presieduta da Don Simone e concelebrata da Don Alberto. Come dieci anni fa, inoltre, è stato invitato anche il Coro Amici del Canto che ha accompagnato la celebrazione in un continuum storico e musicale.

La bellezza di Lova, la musica e la partecipazione sentita della gente presente hanno reso questa giornata bellissima e hanno dimostrato, ancora una volta, lo stretto legame tra montagna e spiritualità, tra fede e natura, musica e condivisione, manifestazioni tutte dell’amore di Dio.

Francesca



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Tulipani, zoccoli e mulini a vento

Da parecchi anni ormai la fine dell’estate per noi bornesi è sinonimo di gita parrocchiale. Quest’anno la scelta è caduta sull’Olanda e, don Francesco in testa, un drappello nutrito di gitanti è partito alla volta di Amsterdam. Lungo il cammino ci siamo fermati a Bruxelles dove ci siamo meravigliati della grandezza dell’Atomium (103 mt.) e della bellezza della Grand Place, mentre ci ha strappato un sorriso il “bimbo che fa pipì” nella fontana  e che è diventato il simbolo della città. Apprendiamo anche che è ritenuta da molti la favoleggiata “fonte dell’eterna giovinezza” e non ci costa nulla credere che sia proprio vero.

Gita in Olanda
C’è chi vuol stare sempre con due piedi nello stesso zoccolo e chi si accontenta di infilarne solo uno.

Gita in Olanda
Zoccolo duro o zoccolo gaudente?

Dopo aver saccheggiato le famose cioccolaterie andiamo ad Anversa per una breve visita. La cattedrale di Notre-Dame è di una bellezza strabiliante, soprattutto l’interno lascia senza fiato per la maestosità della sua architettura e per le meraviglie ivi custodite, fra queste i dipinti di straordinaria bellezza e intensità emotiva di P.P. Rubens, maestro del barocco fiammingo.

In serata arriviamo ad Amsterdam, la Venezia del nord, bellissima città non c’è che dire, ma da qui a definirla Venezia ne corre un bel po’, almeno secondo me. Amsterdam che fa della tolleranza la sua bandiera non è, ad esempio, tollerante verso i poveri pedoni che rischiano di esseri investiti ad ogni passo poiché i milioni di ciclisti sono i veri padroni incontrastati delle strade, le loro biciclette il più delle volte non hanno né campanello, né freni e solo per grazia divina nessuno di noi è finito al pronto soccorso.

Al mattino la nostra pittoresca guida Faustina ci porta a visitare il Rijksmuseum dove ci incantiamo ad ammirare tele meravigliose, fra queste la “Ronda di notte” di Rembrandt e un autoritratto di Van Gogh. Nel pomeriggio abbiamo un cambio della guida e Faustina ci consegna a Nicoletta che ci conduce a visitare le tipiche architetture del “Secolo d’Oro” olandese e a fare un piacevole giro in battello lungo i canali di Amsterdam.

Il giorno dopo ci dirigiamo verso l’Olanda del nord: Zaandam con i caratteristici mulini a vento ci saluta, con un’atmosfera nebbiosa che dona un sapore d’altri tempi alla nostra visita. Qui ci diverte apprendere come si fabbricano i famosi zoccoli e i deliziosi formaggi olandesi.

Nell’antico mulino chiamato “De Kat” scopro che è proprio qui che si fabbricano i preziosi pigmenti da secoli usati dai pittori in tutto il mondo e avrei proprio voluto fermarmi un po’ più a lungo ma le cose da vedere sono ancora tante. Si va perciò alla Grande Diga che il genio di un italiano (guarda caso) ha ideato, poi a Volendam che è un antico e grazioso villaggio di pescatori e a Marken dove tutti indossano costumi con le gonne lunghe, le cuffie e si fa fatica a distinguere i maschi dalle femmine.

Dopo cena poiché è la nostra ultima sera ad Amsterdam tutti, ma proprio tutti, siamo andati a visitare il quartiere a luci rosse dove ci sono le donne in vetrina (non pensate chissà che!). Le bellissime ragazze sono sì in vetrina ma vestite in graziosi costumi da bagno come si vedono in tutte le spiagge del mondo! Non fanno neppure gesti osceni, tanto che persino le scolaresche delle elementari potrebbero venire qui in gita. È proprio vero che la malizia sta negli occhi di chi guarda!

Al mattino si parte per il Lussemburgo, il tempo è bruttino e la visita al Granducato piuttosto breve. Proseguiamo verso Strasburgo dove giungiamo quando la luce calda del sole al tramonto bagna di luce dorata le guglie della stupenda, immensa cattedrale. Dopo cena ci meravigliamo col naso all’insù degli straordinari giochi di luce che danzano sulle travolgenti note del Bolero di Ravel creando uno spettacolo straordinariamente bello sulla facciata della stessa.

Con negli occhi tutta quella meraviglia ci addormentiamo placidamente ma un po’ tristi perchè la nostra vacanza è ormai terminata. Dopo aver caricato i nostri bagagli ci attende una simpatica e preparatissima guida per la visita a Strasburgo e scopriamo che... è di Ossimo! Com’è piccolo il mondo! Con la visita alla capitale politica d’Europa in quanto sede permanente del Parlamento europeo, si conclude la nostra bella gita e già pensiamo a quella dell’anno prossimo. Dove andremo non so, ma sarà sicuramente un gran bel posto.

In questi tempi si parla tanto di Unità Pastorale, noi su quel bus la stiamo sperimentando da diversi anni, con alcuni siamo ormai diventati quasi parenti, con altri stentiamo a fare amicizia, certe persone ci stordiscono di chiacchiere e altre non “spiccicano” parola. Comunque sia, dato che a bordo insieme alle valigie portiamo tutta la nostra umanità, dovremmo cercare (io per prima) di sopportare anche le persone che ci infastidiscono un po’, tanto poi una volta scesi da lì torniamo alle nostre case, alle nostre vite col nostro fardello di pregi e difetti che non possiamo certo né lasciare, né dimenticare sul bus.

Dely

Gita in Olanda



cüntòmela a Borno

S. Cresima a Borno

cresime Borno

Novembre 2013



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Camposcuola per i ragazzi delle medie

27 giugno – 4 luglio. Destinazione Trentino - Alto Adige. La carovana è partita da Borno con circa una trentina di ragazzi delle medie, accompagnati da provetti animatori e due esperte cuoche, Antonella e Ivana. La casa immersa nel verde, con una bella piscina, è stata la cornice fantastica di questa esperienza. Come per i ragazzi delle elementari, anche quelli delle medie hanno riflettuto sulla figura del re Davide, seppur da punti di vista diversi e con attività più approfondite. Le giornate sono state scandite da preghiera, riflessione, giochi, tuffi in piscina, passeggiate in mezzo al verde, serate di musica e balli. Sono stati otto giorni belli! Provare per credere!!!



cüntòmela a Borno

Estate a tempo di Grest

Grest 2013

Grest 2013Dall’8 luglio al 2 agosto si è rinnovato l’appuntamento con il Grest, che ha avuto per tema: “EVERYBODY. Un corpo mi hai preparato”. Proprio così! Il corpo ci ha guidato in queste quattro settimane di animazione estiva. Il corpo come dono grande offertoci da Dio. Il corpo reso bello e buono grazie all’Incarnazione, a Gesù, Figlio di Dio, che ha voluto farsi uomo come noi. Abbiamo capito lungo il percorso che siamo fortunati ad avere un corpo e ciascuno deve amarlo e rispettarlo; e quanto facciamo con il nostro corpo (gesti, parole…) è un dono grande che offriamo a chi cista vicino.

Le quattro settimane di Grest sono state molto intense: hanno partecipato poco più di duecento ragazzi, anche villeggianti; hanno dato la loro preziosa collaborazione una quarantina di animatori adolescenti; una decina di mamme si sono alternate nella preparazione delle merende e alcune hanno seguito il gruppo dei piccolissimi; abbiamo partecipato al Grestinsieme presso il Graffiti-Park di Capodiponte; ci siamo rinfrescati nelle acque dei parchi acquatici; abbiamo compiuto un safari in mezzo ad animali feroci. Ma quello che conta maggiormente è che ci siamo divertiti, siamo riusciti a creare un buon clima di festa e di gioia, tra animatori e tra ragazzi; abbiamo pregato e cantato bene e abbiamo trascorso quattro settimane con grande entusiasmo, pronti per la prossima esperienza.

Grazie a tutti quanti hanno collaborato!!!

Grest 2013



cüntòmela a Borno

Una bella settimana con Davide

Dal 15 al 22 giugno si è svolto il Campo-scuola delle elementari. Un gruppo di animatori, capitanati da don Simone e assistiti da eccellenti cuoche, ha portato a Malonno una ventina di bambini, per fare un’esperienza ricca di divertimento oltre che formativa.

In questi giorni ci ha accompagnato la figura di Davide, il grande re d’Israele. Tutti insieme abbiamo conosciuto meglio questo straordinario personaggio e, partendo dagli eventi più significativi della sua vita, abbiamo cercato di riflettere un po’ sulla nostra di vita. Questo lavoro di riflessione è stato condotto grazie ad attività varie, come giochi, laboratori di manualità e tanto altro. E ovviamente non è mai mancata la preghiera, che culminava sempre nella Santa Messa.

È stata una bella settimana, in cui tutti siamo cresciuti nell’amicizia.

Elena



cüntòmela a Borno

Vacanza al mare: un’esperienza da vivere

Vacanza mare 2013

Anche quest’anno l’Oratorio “Arcobaleno” della nostra parrocchia ha proposto la vacanza per gli adolescenti che si è tenuta a Igea Marina dal 30 agosto all’8 settembre, presso la casa vacanza “La Perla”.

Il folto gruppo di partecipanti, quasi cinquanta, ha trascorso un’intera settimana immerso nello svago e nel divertimento, favoriti dalla vicinanza della spiaggia e dalla possibilità di utilizzare una grande piscina privata. Le giornate iniziavano sempre con un bel momento di preghiera e continuavano tra passeggiate lungo la battigia, partite a beach volley, giochi organizzati, tuffi mozzafiato nelle acque dell’Adriatico o in piscina; e si concludevano sempre con la preghiera della “buonanotte”.

È stato grazie agli animatori e a don Simone se tutti noi abbiamo trascorso giorni indimenticabili! Degne di nota sono state le mangiate stratosferiche di bomboloni alla crema e al cioccolato, le dolorose ma divertenti spanciate in acqua, la visita a san Marino e l’intera giornata trascorsa a Mirabilandia.

Non da meno sono state le serate passate in compagnia a Bellaria, Rimini e Torre Pedrera, così come la festa tutta musica organizzata dal nostro gruppo al “Beky Bay”, bar discoteca allestito in riva al mare.

Per capire come questa esperienza sia stata bella, è necessario viverla. Per questo diamo appuntamento a tutti per la prossima estate.

Francesco e Martina



Cüntòmela a Borno

Hanno ricevuto il Battesimo

battesimo Borno
Isabel Arici
di Luca e Chiara Rivadossi
battezzata l'11 agosto 2013

battesimo Borno
Camilla Zandalini
di Roberto e Alice Rovadossi
battezzata il 25 agosto 2013

battesimo Borno
Silvia Andreoli
di Luca e Emanuela Sarna
battezzata il 1 settembre 2013

battesimo Borno
Nadia Maffi
di Marco e Roberta Gheza
battezzata il 15 settembre 2013

battesimo Borno
Beatrice Maugeri
di Alberto e Sonia Fedrighi
battezzata il 6 ottobre 2013

battesimo Borno
Daniel Zerla
di Sergio e Moira Guarinoni
battezzato il 6 ottobre 2013

battesimo Borno
Alberto Conca
di Emiliano e Cristina Veneziano
battezzato il 1 novembre 2013

battesimo Borno
Riccardo Conca
di Emiliano e Cristina Veneziano
battezzato il 1 novembre 2013

battesimo Borno
Manuel Lazzaro Savoldelli
di Maicol e Daniela Magnolini


Chiamati all'amore sponsale

matrimonio borno
Gloria Fedrighi e William Belingheri
Paline 20 luglio 2013

matrimonio borno
Silvia Rivadossi e Giampietro Mori
Borno 21 settembre 2013

Anniversari

anniversario matrimonio borno
40° di Matrimonio auguri vivissimi a
Mimma Branchi a Luciano Belotti

anniversario matrimonio borno
50° di Matrimonio auguri vivissimi a
Lina Sarna e Sergio Landi

anniversario matrimonio borno
50° di Matrimonio auguri vivissimi a
Delfina Mognetti e Pietro Sarna


Chiamati alla vita eterna

defunto borno
Padre Gabrielangelo Tenni
2.5.1932 + 14.6.2013

defunto borno
Giordano Cresci
25.10.1945 + 10.8.2013 Annunciata

defunto borno
Antonietta Ducci
4.1.1923 + 16.8.2013

defunto borno
Lucia Re
8.5.1937 + 31.8.2013 Ghedi

defunto borno
Elsa Zerbini
23.10.1920 + 9.9.2013

defunto borno
Francesca Peci
16.5.1922 + 11.9.2013

defunto borno
Rita Resconi
16.5.1948 + 24.9.2013

defunto borno
Piera Rivadossi
20.9.1935 + 26.9.2013

defunto borno
Adele Magnolini
15.12.1926 + 26.9.2013

defunto borno
Domenica Palmira Valbusa
9.4.1931 + 5.10.2013

defunto borno
Bonomo Corbelli
19.12.1927 + 6.10.2013

defunto borno
Marisa Fiora
16.3.1939 + 22.10.2013

defunto borno
Giorgio Gadioli
21.2.1929 + 30.10.2013

defunto borno
Gianni Romelli
25.7.1952 + 5.11.2013

defunto borno
Caterina Baisini
27.10.1914 + 22.11.2013

defunto borno
Ada Papotti
16.12.1923 + 24.11.2013

defunto borno
Pietro Mensi
14.4.1945 + 4.12.2013

defunto borno
Jolanda Tagliabue
22.3.1926 + 7.12.2013



cüntòmela a Ossimo Inferiore

Chi sono io per voi?

Abbiamo iniziato anche quest’anno, il nuovo cammino catechistico 2013 – 2014 con i nostri ragazzi che insieme a tutti i loro amici desiderano prepararsi a vivere da buoni cristiani, e in particolare il nostro gruppo, si sta preparando a ricevere per la prima volta, il sacramento della Riconciliazione, con tanta gioia ed entusiasmo.

Al primo incontro abbiamo letto la Parola di Gesù secondo l’evangelista Marco al capitolo 8, dove Gesù mentre camminava per strada con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarea, chiedeva loro: “la gente, chi dice che io sia?” e dopo aver ascoltato le loro risposte, Gesù chiese di nuovo “Ma voi chi dite che io sia?”

Sono domande che Gesù oggi rivolge anche a noi tutti, a noi che ci stiamo preparando per la nostra prima esperienza della misericordia di Gesù attraverso il sacramento della Confessione e che, nell’Avvento, ci prepariamo a vivere il Natale.

Dalle risposte che diamo, dipenderà anche il nostro comportamento verso Gesù in persona che viene incontro a noi nel mistero del suo Natale, e che incontriamo anche in ogni persona che passa nella nostra quotidianità. Abbiamo pensato allora di realizzare una intervista, come ha fatto Gesù con i suoi discepoli chiedendo ad alcune persone, partendo dai nostri genitori fratelli e sorelle, “Chi è Gesù per te?” e poi ce lo siamo chiesti anche noi.

Ecco le nostre risposte:

- Secondo me Gesù Cristo ci insegna le cose buone e la religione. (Andrea Zani)
- Gesù è molto generoso ed è morto per noi, dopo tre giorni è resuscitato per salvarci ed è nostro amico. (Nicola Maggiori)
- Gesù è il Salvatore di tutti noi, l’amico che ci invita a non avere paura nelle difficoltà, perché è sempre con noi. (Riccardo Luise)
- Per me Gesù è un amico e un esempio da seguire. (Giulia Franzoni)
- Per me Gesù è una persona che mi sta sempre accanto. (Giulia Zerla)
- Gesù per me è un esempio da seguire e ci manda un messaggio: l’amore per il prossimo. (Alice Maggiori)
- Io penso che Gesù sia il nostro modello da imitare. (Francesca Franzoni)
- Per me Gesù è una persona onesta, generosa e un nostro amico. (Edoardo Fanti)
- Per me Gesù è un nostro amico che ci protegge e ci vuole bene. (Zeudi Zendra)
- Per me Gesù mi vuole tanto bene e vuole bene a tutti. (Irene Bonfadini)
- Per me Gesù mi aiuta a fare le cose giuste e mi guida. (Gianluca Muriano)
- Gesù per me è un amico. (Davide Mora)
- Gesù è il Figlio di Dio fatto uomo e mandato fra gli uomini a diffondere la parola di Dio, è la Via, la Verità e la Vita. (Simone Fiorini)
- Gesù è bravo e generoso, ci fa tanta compagnia. (Antonio Franzoni)
- Per me Gesù è una persona molto gentile ed è un vero amico. (Elisa Odeni)
- Per me Gesù è buonissimo e un mio caro amico. (Nicolas Sgraffetto)
- Gesù per me è una persona gentile, generosa e povera. (Gabriele Bettineschi)

Mentre anche noi camminiamo verso il Natale di Gesù e insieme impariamo a conoscerlo meglio al catechismo, lo preghiamo e lo ringraziamo per tutto quello che ci fa capire di Lui, per l’amore che ha per noi e perché possiamo imitarlo in tutto ciò che ci insegna.

Auguriamo a tutti di poter rispondere alla domanda che sempre ogni giorno ci rivolge: “chi sono io per te?” magari incontrandolo nel suo santo Natale e vivendo bene l’incontro con lui nell’Eucrestia della domenica e nella Santa Confessione. Buon Natale!

Le catechista Gabriella, Elena
e i ragazzi della Prima Confessione



cüntòmela a Ossimo Inferiore

Everybody: Grest Ossimo 2013

Grest Ossimo Inf 2013

Purtroppo anche quest’anno il nostro grest è finito! Posso dire a nome di tutti che è stata un’esperienza bellissima sia per noi animatori, che per i nostri bambini! Come suggerisce il nome, il tema di quest’anno era incentrato sul corpo come mezzo per relazionarci con gli altri e con la realtà che ci sta intorno.

Quest’anno però c’era una novità: è stato il primo con Don Mauro, che ogni giorno tirava fuori sempre un’idea in più per farci divertire! Ciò che per fortuna non è cambiato dall’anno scorso è stato il prezioso aiuto del seminarista Alex, che nel ruolo di “capo degli animatori”, ci ha sostenuti, ascoltati… e anche sopportati!

All’inizio di ogni giornata, i bambini si riunivano tutti sotto la tettoia per ascoltare la preghiera e la storia del grest, per poi impegnarsi a giocare, divisi in 4 squadre, per portare la vittoria alla propria. E sono stati tutti bravissimi!

Grest Ossimo Inf 2013
Con il seminarista Alex, Don Mauro a Ceratello

Durante il grest, che è durato 3 settimane, siamo andati a 4 gite: la prima settimana al Grestinsieme a Capo di Ponte, assieme ai nostri amici di Borno; la seconda settimana siamo andati alla piscina Acquaplanet di Darfo; la terza alle piscine Le Vele, nella bassa bresciana, e alla nostra gita a sorpresa (anche per gli animatori!) a Ceratello, frazione di Costa Volpino, dove c’era una piccola piscina immersa nel verde della pineta circostante.

L’ultimo giorno ovviamente c’è stata la nostra fantastica festa finale, in cui abbiamo raccontato ai genitori cosa abbiamo fatto e li abbiamo coinvolti in alcuni bellissimi giochi! È stata una serata molto bella e anche un po’ triste, perché nessuno voleva che finisse questa meravigliosa esperienza!

Abbiamo tutti imparato qualcosa, e l’anno prossimo saremo ancora più entusiasti nell’organizzare il gret, quindi… arrivederci!

Luciana



cüntòmela a Ossimo Inferiore

Un corpo per amare

Grest Ossimo Inf 2013
Tutti riuniti per la preghiera

Anche quest’anno la nostra Unità Pastorale ha vissuto l’esperienza estiva del Grest. Il tema scelto per questa estate 2013 è il corpo: dono di Dio e mezzo per comunicare e relazionarsi con ogni fratello e sorella. Il titolo dato è Everybody, che, tradotto significa “tutti quanti”, ma, se letto staccato (every - body), può significare “ogni corpo”.

È stata un’intuizione geniale, a mio modo di vedere, inserire il tema del corpo quest’anno, dopo il tema della parola dell’anno scorso, in quanto proprio oggi, nell’era dell’immagine, il corpo viene visto sempre più unicamente come mezzo per mettersi in mostra e crearsi una propria immagine di sé, modificando il proprio corpo a piacere, invece che accoglierlo come dono e amarlo come è. Perciò, questa opportunità dataci dal tema del Grest può diventare occasione di riflessione e di insegnamento sul rapporto con il corpo.

Inoltre, secondo me, l’idea più interessante di questo Grest è che attraverso il corpo, che è dono di Dio, l’uomo può relazionarsi con l’altro uomo e con Dio, promuovendo la libertà. Infatti, con la testa, con le mani, con le gambe, con i piedi… possiamo aiutare il nostro fratello che ha bisogno, possiamo abbracciarlo, possiamo amarlo in tanti modi; ma possiamo anche odiarlo, picchiarlo, calciarlo, insultarlo… la differenza sta nell’uso diverso che facciamo del nostro corpo e nell’intenzione con cui lo facciamo: qui si inserisce tutta la nostra libertà. Io posso decidere liberamente di amare il fratello che mi è vicino, anche se un po’ antipatico, se scelgo di abbracciarlo invece che di allontanarlo!

Un esempio mirabile di questo utilizzo del corpo come libertà si può vedere in San Francesco, che scelse liberamente di non allontanarsi dal lebbroso che gli era vicino, ma di abbracciarlo e di baciarlo. Certamente in questo contesto, si inserisce anche l’amore a Dio: infatti, se faccio tale sforzo non per cercare ammirazione tra gli uomini, ma per servire Dio, ecco che trovo perfetta sintonia con l’ideale evangelico dell’amore a Dio, attraverso il prossimo, per mezzo del corpo.

“  Entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: Ecco, io vengo - poiché di me sta scritto nel rotolo del libro - per fare, o Dio, la tua volontà.” (Eb.10,5-7).

Non si tratta più allora di belle idee, ma campate in aria: si tratta invece di imparare, a piccoli passi, partendo già dall’esperienza del Grest, ad amare il proprio vicino nelle piccole cose, per poter amare Dio in modo concreto.

Alex



cüntòmela a Ossimo Inferiore

Anniversari matrimoni

Anniversari matrimoni Ossimo 2013

Domenica 29 settembre abbiamo celebrato la giornata dei santi patroni della parrocchia di Ossimo inferiore, Cosma e Damiano, e in quella occasione abbiamo invitato tutte le coppie di sposi per il rinnovo delle loro promesse matrimoniali.

Un gesto importante attraverso cui si esprime la fede nel sacramento del matrimonio cristiano e quindi la convinzione che la vita matrimoniale non poggia unicamente sulla volontà dei coniugi, ma è garantita dalla grazia del Signore, così come gli sposi dicono il giorno del loro matrimonio: “…Con l’aiuto della grazia di Dio prometto di esserti fedele...” . Celebrando la santa Messa, abbiamo ringraziato insieme il Signore per il dono delle famiglia cristiana, che attraverso la perseveranza dei coniugi e la loro testimonianza edificano in modo esemplare la comunità parrocchiale e incoraggiano le giovani coppie di fidanzati a pronunciare il loro sì per sempre.

Aver rinnovato le promesse matrimoniali proprio nella festa patronale, ha voluto significare che si crede ancora nell’intercessione potente dei Santi presso Dio per ottenere le grazie necessarie alla continuazione della vita a due, soprattutto nei momenti difficili. La partecipazione è stata buona, hanno preso parte alla funzione una quarantina di coppie sposate che hanno celebrato vari anniversari, dai primi ai sessant’anni di vita matrimoniale, e sicuramente nel momento del rinnovo delle promesse, queste sono state pronunciate con la gioia e l’entusiasmo del giorno delle loro nozze.

A questo proposito riporto un simpatico racconto orientale.
Un giorno il Creatore si svegliò un po’ annoiato della propria solitudine. Pensò bene di creare l’uomo. Prese allora un po di argilla e la plasmò a sua immagine, gli soffiò dentro lo spirito vitale, ed ecco l’uomo. Subito però si accorse nella sua intelligenza che qualcosa non andava. Pensò allora di creare la donna, ma non aveva argilla a sufficienza. Così con la sua stupenda fantasia, prese un po’ dello splendore del sole, delle fasi della luna, del luccichio delle stelle, della soavità delle colline, dell’incanto del cielo, del fascino della notte, ed ancora volle aggiungere della gazzella le dolci movenze, del cavallo le fluenti chiome, delle viole il soffice velluto, della rosa e del giacinto l’inebriante profumo, dell’acqua la limpida freschezza, del fuoco il calore, dell’aria la leggerezza, della terra il segreto della vita e della luce i colori, mescolò tutto con tanta cura ed ecco la donna. Soddisfatto del suo lavoro, chiamò a sé l’uomo e gli disse: “guardala!” L’uomo osservò stupito ed estasiato. Vista la sua sorpresa e la sua gioia, il Creatore gli disse: “Prendila è tua” L’uomo prese sotto braccio la donna e senza nemmeno un sussurrato grazie, la portò via con sé. Dopo qualche tempo, il creatore vide tornare da chi sa quale luogo, l’uomo e la donna stanchi e tristi. Davanti camminava l’uomo a capo chino e dietro a distanza di qualche metro la donna sconsolata. Il creatore chiese: “Cosa succede?” L’uomo rispose: “Potrei dirvi una cosa… senza offesa?” Il creatore rispose “Dì pure, uomo!” L’uomo riprese: “la donna che mi avete regalato… Ve la potreste riprendere?” Il Creatore sorridendo senza aggiungere altre parole la riprese con sé. Trascorse dell’altro tempo quando l’uomo ritornò ancora più stanco e più triste, sulla strada dove stava solitamente il Creatore. Quando il creatore lo vide gli chiese: “Cosa è successo ancora?” L’uomo rispose: “Potrei chiedervi ancora una cosa, sempre senza offesa?” Il creatore disse: “Dì pure uomo!” L’uomo riprese: “Potrei riavere quella donna? Con lei non è sempre facile convivere, ma senza di lei è impossibile vivere!” Il Creatore sorrise e mentre li osservava allontanarsi vide l’uomo voltarsi indietro e lo udì sussurrare “Grazie!”

La celebrazione si è conclusa con un momento di convivialità che è sempre prezioso per rinsaldare i vincoli di amicizia e di fraternità fra le varie famiglie che compongono la comunità parrocchiale. Cogliamo l’occasione per ringraziare tutti coloro che hanno partecipato o che avrebbero partecipato se fosse stato loro possibile, e coloro che si sono adoperati per la buona riuscita dell’iniziativa.

Don Mauro



cüntòmela a Ossimo Inferiore

20° Anniversario dell’Operazione Sorriso

Alpini Ossimo 2013A venti anni dalla costruzione dell’asilo per i bambini di Rossosch, alcune Penne Nere di Ossimo, hanno orgogliosamente rappresentato la valle, in un commovente viaggio nella storia, tra “tanto sgomento, rancore, impotenza, ma anche misericordia, fede e fiducia”.

Le impressioni di un nostro concittadino Ci sono segrete speranze che si crogiolano da sempre in ogni cuore alpino, che batte nel ricordo della sua gloriosa storia. C’è forse uno di noi che non abbia mai sognato di poter visitare quei luoghi lontani che hanno visto il valore e la sofferenza di tante giovani vite, che vivono nel ricordo ad ogni nostra commemorazione?

Certamente si, ma poi si devono fare i conti con il quotidiano e le alterne vicende della vita e così questi bei sogni, il più delle volte, finiscono per restare tali. Ma a volte no. Capita così che l’occasione buona, che in cuor mio aspettavo da tempo, si è concretizzata in una fredda serata d’inverno leggendo di un viaggio nella memoria per il ventesimo anniversario delle costruzione dell’asilo per i bambini di Rossosch. Asilo sorto, grazie al volontariato alpino, come segno di fratellanza tra i popoli, proprio sulle macerie di quella che fu la palazzina che ospitò il Comando del Corpo d’Armata Alpino nelle tragiche vicende della ritirata di Russia sul gelido Don.

Avendone parlato al Gruppo non è stato difficile coinvolgere nell’avventura l’amico alpino Bortolo Zendra, scoprendo poi che nella comitiva camuna hanno finito per trovarsi anche Valerio Franzoni, un socio aggregato e due mie colleghe (Donadoni Ornella di Cerveno e Sanzogni Patrizia di Borno), oltre ad altri tre Alpini, due dei quali (Enzo Botticchio di Ossimo accompagnato dalla moglie Orietta ed Antonioli Mario Capogruppo di Gianico) avevano partecipato, vent’anni fa, proprio all’operazione Sorriso per la realizzazione dell’Asilo; con loro Mazzoli Bortolo di Artogne. Insomma, una piccola, ma simbolica, rappresentanza della Sezione Camuna.

Non dei semplici turisti, perché, anche se ognuno di noi aveva la sua spinta interiore, chi per uno zio od un parente disperso, chi per ricordare il padre che aveva vissuto la ritirata di Russia o chi, come chi scrive, che, per la giovane età, ha raccolto testimonianze solo attraverso scritti di chi ha narrato quelle dolorose vicende, in comune, tutti noi, avevamo il desiderio morale di visitare quelle terre lontane.

Terre dove tanti giovani hanno perso la vita, per testimoniare loro che non abbiamo dimenticato il loro sacrificio e, rivolgendo oggi al cielo una preghiera sulle sponde del Don, vogliamo esprimere la nostra vicinanza ed il nostro affetto per tutti questi giovani che si sono trovati sugli opposti schieramenti a vivere, in prima persona, una delle pagine più tragiche della storia recente. Al nostro arrivo a Mosca, dopo una giornata dedicata alla visita alla città, ci siamo trasferiti a Rossosch in treno, viaggiando di notte.

Alpini Ossimo 2013Il viaggio è durato ben 14 ore nella immensa steppa russa, solo a tratti coltivata e così lontana dagli sfarzi della capitale. Una trasferta lunghissima, nella quale ognuno di noi, nel buio della notte, rimanendo solo con i suoi pensieri, “cullato dai binari” e insonne per lo sferragliare del treno, finisce inevitabilmente per provare quella tenera malinconia che ti fa pensare agli affetti lontani.

Malinconia subito sopraffatta dalla profonda emozione per l’avventura che ci aspettava il giorno seguente. All’arrivo abbiamo trovato gente povera e magari meno “calda e rumorosa” di noi italiani, ma con espressioni ben salde di dignità e fierezza. Quanto a Rossosch è una tranquilla cittadina collocata a sud-ovest di Mosca, vicina al confine Ucraino. L’età media della popolazione è di circa 40 anni e il clima, a metà settembre, è decisamente di fine autunno e, a parte un vento veramente freddo, le condizioni meteorologiche, che abbiamo trovato, sono state per lo più variabili.

Arrivati in stazione di primo mattino, venerdì 20 settembre, abbiamo modo di incontrare altri 400 Alpini giunti da tutta Italia per l’occasione. A rappresentare la Sezione ANA di Valle Camonica non siamo in tanti, ma ci siamo e siamo orgogliosi di esserci in rappresentanza della nostra Terra. Si festeggia, infatti, il 20° anno dalla costruzione dell’Asilo, idea che era nata all’inizio degli anni 90.

Alpini Ossimo 2013I protagonisti di allora sono tanti e, anche citandoli tutti, si incorrerebbe nel rischio di ometterne qualcuno. Voglio solo ricordare, per la parte italiana, l’allora Vice Presidente Nazionale dell’ANA Panazza, il Presidente Caprioli e la Commissione che seguì il Progetto (Favero, Chies, Busnardo, Poncato) e, per la parte russa, il Professor Morozov che durante l’invasione tedesca prima e italiana poi, della cittadina di Rossosch aveva 12 anni; la mediatrice culturale/interprete Valsecchi, e gli Amministratori locali del tempo (Sindaco Ivanov, Ass. ai Lavori Pubblici Jakusheva), ma soprattutto dobbiamo essere grati a tutte quelle 700 penne nere che, arrivando sin qui da ogni angolo d’Italia, fra il 1992-93 hanno realizzato questo “Monumento alla Vita” in una terra dove, solo 70 anni prima, vi era distruzione e miseria per una guerra che molti di noi conoscono solo per quanto scritto sui libri di storia.

L’Edificio, eretto dai nostri volontari, sorge, con un alto valore simbolico, dove un tempo vi erano le macerie della sede del Comando del Corpo d’Armata Alpino. Ma oggi è un giorno di Festa. Si celebra la “Vita” e la collaborazione fra due popoli un tempo contrapposti. L’Amministrazione Comunale e la gente comune ci hanno accolto calorosamente. Viene celebrata la S. Messa, da Don Bruno Fasani, nel piazzale sul retro dell’Asilo con i tanti Vessilli Sezionali e i tanti Gagliardetti, orgogliosamente portati dai molti Alpini accompagnati dai loro famigliari giunti per la commemorazione del 21 settembre. In bella mostra il Labaro Nazionale, con il Presidente Favero che, in prima persona ha seguito l’operazione Sorriso, era collocato a lato dell’Altare mentre dall’alto sventolavano sia il Tricolore che la Bandiera Russa.

A seguire l’Alzabandiera, i discorsi ufficiali delle Autorità locali, del Presidente Favero, del Professor Morozov e della Direttrice dell’Asilo. Commoventi le tante testimonianze di riconoscenza di chi, ora adulte e madri di famiglia, ha avuto modo di frequentare la struttura voluta dalle Penne Nere e che, davanti a tutti, hanno espresso, con parole semplici, quanto toccanti, la loro gratitudine per il dono fatto alla Comunità di Rossosch.

Un dono concreto, una importante struttura didattica, che ancora oggi accoglie tanti bambini, educandoli alla pace fra i popoli perché non si commettano gli errori del passato.

La cerimonia è proseguita con una visita guidata ai locali dove, ad accoglierci con emozionanti spettacoli preparati per l’occasione, c’erano tanti bambini festanti e chiassosi nei loro costumi tradizionali. Nel seminterrato il Professor Morozov ha allestito un Museo dedicato alla “Guerra nei territori del Medio Don”, di cui è Direttore. Abbiamo visitato, con sacra riverenza, la stanza dedicata proprio al ricordo degli Alpini che hanno partecipato a questo tragico conflitto.

Abbiamo potuto vedere immagini, armi, munizioni, piastrine e tutto quanto è stato ritrovato sui campi di battaglia. A testimonianza di quanto affetto si abbia per noi Alpini abbiamo scoperto che ci sono anche dei locali che consentono sia ai Membri della Commissione ANA, che ai volontari italiani, che garantiscono la manutenzione e conservazione dell’edificio, di soggiornare durante le periodiche visite a questo giardino d’infanzia. Non manca nemmeno una sala dove la Professoressa Valsecchi tiene corsi di Italiano.

Alpini Ossimo 2013

A conclusione della giornata il Sindaco e l’Amministrazione civica ci hanno ospitato presso il Teatro cittadino offrendoci un gradevolissimo spettacolo con gran sfoggio di costumi tipici e canti della tradizione locale. Sul palco ha avuto modo di esibirsi il Coro ANA di Trento omaggiando il pubblico con un repertorio tipico della tradizione Alpina.

Insomma, emozioni su emozioni. Ma quanta gratitudine dobbiamo a chi ha proposto, ideato e realizzato questo “Monumento Vivente”. Queste persone, con la loro riconoscenza, ci rendono ulteriormente orgogliosi di appartenere alla famiglia degli Alpini, espressioni di amore, di solidarietà, di pace per i popoli.

E’ questo il nostro credo e il nostro spirito. Il nostro fine ultimo. Nel lasciare a malincuore quelle terre ci consola il fatto che anche chi ha sacrificato la sua giovinezza e i suoi sogni, in queste lande lontane, troverà ora un pezzo d’Italia a testimoniare il fatto che non solo non li abbiamo abbandonati e che non ci siamo dimenticati di loro, ma che abbiamo dimostrato, con i fatti, che gli Italiani sono gente amica e pronta a collaborare per la pace tra uomini. Nei due giorni successivi, abbiamo ripercorso alcuni punti chiave di appostamento delle Truppe Alpine e della successiva ritirata. Siamo transitati da “Quota Pisello”, una collina alta circa 200 m s.l.m., punto strategico e quindi sede di numerose battaglie. A testimoniarlo un monumento con i nomi di 200 soldati russi che qui persero la vita.

Il fiume Don sulle cui rive erano disposte per chilometri la Cuneense, la Julia e la Tridentina a difesa delle retrovie, fino al momento in cui, in seguito all’Operazione “Piccolo Saturno”, furono accerchiate dall’esercito russo che era riuscito a fare breccia fra le linee. A questi fatti seguì la tragica Ritirata che tutti conosciamo. Momenti di riflessione, di preghiera collettiva ed individuale. Lancio di mazzi di fiori avvolti nel tricolore e tanta, tanta commozione.

Alpini Ossimo 2013Scorgiamo da lontano le candide rocce del“Monte Bianco”, così identificato ai tempi per conformazione territoriale dal nostro esercito e descritto nei libri e nei racconti dei reduci. Il Professor Morozov, affiancato dal traduttore, illustra con impressionante lucidità gli appostamenti di allora e le manovre delle nostre Truppe aiutandoci così a rivivere in parte e meglio comprendere quei tragici giorni. Non è mancata qualche lacrima nemmeno a Nikolajewka (oggi Livenka), dove, nei pressi del Cippo Monumentale, posto a ridosso di una fossa comune, dove moltissimi soldati italiani hanno trovato indegna sepoltura, è stata concelebrata la S. Messa da tre Sacerdoti Italiani, attorniati da tante penne nere strette a ricordo di questi nostri giovani caduti.

Il silenzio tutt’intorno era rotto solo dal fruscio degli alberi e dal mesto canto del Coro ANA di Trento. Tanto sgomento, rancore, impotenza, ma anche misericordia, fede e fiducia. Una prece anche al sottopasso ferroviario di Nikolajewka, teatro dell’eccidio e punto d’inizio della storica ritirata, un varco che fu aperto dagli Alpini della brigata Tridentina e che rappresenta uno dei momenti più tragici ed eroici della storia italiana del ‘900. Qui molti videro la fine di una misera esistenza o forse l’inizio di una ritrovata pace.

A tutti loro va il nostro ricordo e il dovere di tramandare alle nuove generazioni, attraverso le nostre manifestazioni e celebrazioni, che quanto è accaduto è successo realmente e non deve più ripetersi. Rientriamo in Italia toccando terra alle 22 di lunedì 23 settembre… sicuramente stanchi ma arricchiti dentro. Non posso che consigliare a tutti questo meraviglioso bagno nella nostra storia. Un vero “Viaggio nella Memoria”.

Zani Pierfranco Capo Gruppo Alpini di Ossimo Inferiore



cüntòmela a Ossimo Inferiore

Il Cimitero Napoleonico di Ossimo Inferiore (Sec. XIX)

LE ORIGINI - Le origini del “Cimitero Vecchio” risalgono all’Editto napoleonico di Saint Cloud, del 12 giugno 1804, che, per motivi igienico-sanitari, dispose che tutte le sepolture venissero poste fuori le mura cittadine, in luoghi soleggiati ed arieggiati, con inumazioni tutte uguali, onde evitare discriminazioni tra i defunti di ceto diverso. Solo per gli scomparsi illustri poteva essere concesso un epitaffio sulla tomba.

cimitero napoleonico Ossimo Inf.

L’EDIFICAZIONE - Prima dell’editto napoleonico era usanza seppellire i defunti sul sagrato o all’interno della chiesa dei Santi Cosma e Damiano che, all’epoca, era più piccola dell’attuale parrocchiale. Altro sito di sepoltura è stato rinvenuto al prato “rotondo”, proprio nel luogo ove ora sorge l’edificio della Scuola Materna S. Giuseppe.
Questo lo sappiamo per la testimonianza giunta fino a noi di don Raffaele Giudici (1878-1962), l’allora Rettore di Ossimo Inferiore che, assistendo allo scavo per le fondamenta dell’Asilo, annotava: “Molte furono le salme ritrovate negli scavi specialmente dove si cavò la sabbia ossia sotto l’attuale refettorio e sulla buca della calce. Le vidi io medesimo, tutte voltate verso levante, le assi erano consumate. Si trovarono anche in altri luoghi, nessuna trovata sotto il Monumento.” Le inumazioni del tempo erano per lo più precarie e, specie nei mesi invernali, la fossa non sempre era abbastanza profonda per garantire dal pericolo di infezioni. Le fonti storiche riportano che ci vollero ben 5 anni per superare le rivalità, già allora esistenti fra le due frazioni, per trovare il luogo ove far sorgere il Campo Santo.

cimitero napoleonico Ossimo Inf.L’INAUGURAZIONE - L’evento ha una datazione certa perché presso l’Archivio Parrocchiale di Ossimo Inferiore è conservato il Registro N.19 del “Libro dei Morti per la Chiesa dei SS. Cosma e Damiano di Ossimo di Sotto 1740” (dal 1740 al 1864), dove a pagina 145 si può ancora oggi leggere: “Adi 3 Xbre 1811 Oggi mattina dopo il canto della messa processionalmente siamo andati a benedire il Nuovo Cimitero detto campo Santo coll’intervento di tutto il popolo il quale ha assistito con molta devozione e raccoglimento dietro la delegazione do Mons. Gabrio Maria Nava nostro vig.mo Vescovo accennatoci dal Sig. Sindaco Francesco Sarna con suo ordine in novembre scaduto. Prete Gio. Bontempo Franzoni Curato” Da questa  data il Campo Santo iniziò il suo utilizzo secondo le norme emanate da Napoleone. * don Giovanni Bontempo Franzoni (Ossimo 1759 – 1819) Rettore di Ossimo dal 1783 al 1819.

GLI ANNI DEL SUO UTILIZZO - Il “Cimitero Vecchio” venne utilizzato per 129 anni, dal dicembre 1811 sino al gennaio 1940. Il numero dei defunti, che qui trovarono sepoltura, si aggira intorno ai 1920. Ad incrementare il numero di decessi ci furono anche alcune epidemie e la prima guerra mondiale. In particolare le cronache riportano che:
– nel 1817 ci fu una forte epidemia di tifo petecchiale;
– nel 1867 una infezione di colera;
– nel 1887 una epidemia di morbillo, colera, vaiolo, tisi, scorbuto e pellagra;
– nel 1918 una pandemia influenzale detta “Spagnola”;
– nel 1919 la Prima Guerra Mondiale.

IL PERCHÉ SI DECISE DI COSTRUIRE UN NUOVO CIMITERO - Alla fine degli anni 30 del secolo scorso il “Cimitero Vecchio” risultò piccolo e inadeguato alle necessità cittadine. Si costruì allora l’attuale Campo Santo, più ampio, appena fuori paese, a margine della strada che conduce al Convento dell’Annunciata. I primi ad esservi tumulati, il 3 marzo 1940, furono tre concittadini vittime della miniera di Pola.

GLI ANNI DEL RICORDO - Per anni il “Cimitero Vecchio” venne conservato, curato e pulito, rendendolo agibile alle persone che si recavano a far visita ai propri cari defunti.

IL DEGRADO - Con il passare degli anni anche questo luogo, tanto caro alla pietà popolare, conobbe il declino e i segni del tempo non mancarono di farsi sentire sulla stabilità delle sue strutture murarie, mentre la vegetazione spontanea si impadroniva dei suoi spazi interni fino a renderlo impraticabile.

LA RINASCITA - Nonostante il sostanziale stato di abbandono, con conseguente degrado dell’esistente, in passato furono fatti alcuni tentativi di recupero caldeggiati ora da privati, ora dalle Amministrazioni Comunali, ma nulla come l’attuale impegno profuso sia dall’Amministrazione Comunale, che dal Gruppo Alpini di Ossimo Inferiore, con i suoi molti volontari impegnati da anni per ridare lustro e vivibilità a questa opera. I lusinghieri risultati raggiunti sono sotto gli occhi di tutti e là dove regnava il degrado ora si intravede la possibilità concreta di restituire alla popo lazione questo importante manufatto. Come è a tutti noto, la situazione era degenerata a tal punto che le mura di cinta erano corrose e pericolanti, a causa delle continue infiltrazioni d’acqua nelle crepe, di anno in anno sempre più vistose e invase dalle radici, mentre alcune lapidi funerarie erano andate in pezzi e giacevano abbandonate a terra. Per fortuna a supportare tanto lavoro gratuito sono arrivati alcuni modesti contributi di varie enti, che hanno consentito fin ora di coprire le spese vive come l’acquisto del materiale per i vari ripristini svolti ed in atto per salvare e riassettare la cinta muraria e altre opere che si sono rese necessarie per mettere in sicurezza il luogo.

ORA, UN ULTIMO SFORZO PER TERMINARE L’OPERA - Per terminare i lavori manca veramente poco e il “Cimitero Vecchio” potrebbe essere, a breve, riconsegnato alla cittadinanza e alla pietà popolare, a perenne memoria delle nostre radici. Ma per continuare ed ultimare i lavori è necessario chiedere un impegno attivo a chi può permetterselo. È per questo che chiediamo alla nostra gente anche un piccolo contributo economico per terminare il lavoro iniziato.

IL FUTURO - È giusto che, ad opera finita, si debba pensare anche al futuro di questo “monumento storico” perché si preservi intatto, anche a nostro ricordo, per le generazioni a venire. All’uopo si potrebbe pensare ad  istituire una commissione o un gruppo che si prenda in carico le criticità di questa nostra “perla d’arte”. Ossimo non potrà che essere perennemente grata a chi, con il proprio sostegno economico, permetterà al Gruppo Alpini e ai volontari di portare a termine questo grande impegno. Chi fosse interessato a lasciare un contributo contatti Zani Pierfranco, Capo Gruppo degli Aplini di Ossimo Inferiore Cell. 3397336182

Omar Zani



Cüntòmela a Ossimo Inferiore

Hanno ricevuto il Battesimo

battesimo Ossimo Inf
Stefano Miorini
di Sergio e Miriam Damioli
battezzato il 20 luglio 2013

battesimo Ossimo Inf
Gabriele Zaccarini
di Sergio e Giada Franzoni
battezzato il 17 novembre 2013


Chiamati alla vita eterna

defunto Ossimo Inf.
Innocenza Bassi
13.10.1937 + 20.7.2013

defunto Ossimo Inf.
Lorenzo Zani
27.5.1935 + 18.10.2013

defunto Ossimo Inf.
Pietro Antonio Bassi (Pierino)
22.8.1944 + 2.12.2013



cüntòmela a Ossimo Superiore

Il restauro del nostro organo

organo Ossimo Sup.

Giovanni Bossi 1787 – Bossi 1810 e Manzoni 1881” Chiesa Parrocchiale SS Gervasio e Protasio. Così scriveva l’organaro G. Manzoni di Bergamo nel Novembre del 1880, sottoponendo il suo progetto di restauro ed ampliamento dell’Organo della nostra Chiesa Parrocchiale alla Rispettabile Fabbriceria; invitandola poi, al punto successivo delle condizioni di contratto di cui abbiamo inserito qui sopra uno scorcio, alla sottoposizione di rigorosa visita o collaudo da parte di “qualsivoglia Maestro Organista”, certo ovviamente della bontà del suo intervento!

Nelle scorse settimane, ho effettuato una ulteriore visita al laboratorio del restauratore Formentelli. I lavori procedono spediti, da ormai oltre un anno. Pertanto se non vi saranno imprevisti nella prossima primavera potremo sentirlo nuovamente riempire le volte della nostra bella Chiesa con la sua voce ritrovata, dopo decenni di inutilizzo.

Nelle foto che seguono è possibile vedere alcuni lavori effettuati ed in corso: alcune micro saldature sul “piede” delle canne di piombo della facciata, appartenente al registro di “Principale”; la rimessa in funzione delle grosse pompe per il caricamento dell’aria del mantice ed infine le riparature sulle canne in legno del registro di “Contrabbasso”.

organo Ossimo Sup.

organo Ossimo Sup.

organo Ossimo Sup.

Vorremmo dare a questo evento un adeguato peso; l’inaugurazione del nostro organo “ritrovato” infatti ci farà vivere un momento importante della vita religiosa e culturale della nostra comunità parrocchiale. Vogliamo quanto prima che suoni nelle principali celebrazioni liturgiche; facendo in modo che accompagni tutti i momenti salienti della comunità! Questo per rendere anche un ringraziamento ai nostri avi che nel lontano 1787 hanno deciso di installarlo, nel 1810 l’hanno riparato interamente dopo che il fulmine lo aveva quasi distrutto ed infine nel 1881 “riformato” secondo i nuovi canoni dell’epoca per renderlo ancora più ricco di strumenti e di nuovi suoni in un insieme ampliato e rispettoso delle sue sonorità originarie! (Ho voluto di proposito non citare alcuni altri interventi non particolarmente “lungimiranti” effettuati più di recente - nel 1957 per esempio, dopo l’installazione dell’elettroventilatore per il caricamento automatico dei mantici è stato eliminato l’ antico sistema di azionamento manuale delle pompe dell’aria; ed ancora altri ignoti interventi che hanno avuto effetti piuttosto negativi sullo strumento, essendo state asportate diverse canne e registri importanti, come ad esempio i Campanelli Soprani alla tastiera, il Corno Inglese, ed altre ancora.

Tutte verranno comunque recuperate in sede di restauro). Grazie al preziosissimo appoggio della Regione Lombardia, della CEI (Conf. Episcopale Italiana), della Fondazione della Comunità Bresciana e soprattutto ai tanti preziosi aiuti privati stiamo facendo fronte alla copertura della maggior parte dell’investimento. Per questa ragione vorremmo che tutti i nostri benefattori possano “dare una mano all’arte e contribuire al restauro di una canna”, magari per se stessi, per la propria famiglia oppure alla memoria di una persona cara.

Raccoglieremo tutte le generose offerte inserendole in una Pergamena che poi trasferiremo direttamente sulla Cantoria dell’organo ed anche in un registro che verrà conservato e tramandato, all’interno dell’archivio parrocchiale. In attesa della fine di questo prezioso restauro voglio ringraziare ancora tutte le persone che ci stanno sostenendo, che l’hanno fatto in passato e che ancora lo faranno nei prossimi mesi.

Luca Bardoni



cüntòmela a Ossimo Superiore

Rintocchi dalla Torre campanaria dei SS. Gervasio e Protasio

campane Ossimo Sup.Accolgo con piacere l’invito di Omar Zani, che nel precedente “Cuntòmela” aveva chiesto di raccontare un po’ di storia dei campanili delle Parrocchie dell’unità pastorale.

Stando agli scritti storici, tra cui quello del noto storico francescano Padre Gregorio Brunelli (Canè di Vione 1644 - Treviso 1713), la nostra Chiesa Parrocchiale sarebbe stata edificata e poi ampliata sui resti di un antico castello, ai margini del piano che ospita il paese in luogo già oggetto di lavori di fortificazione per la protezione dell’abitato. Scrive infatti il noto cronista nel 1698: “Nel rivolgersi verso il piano della Valle, piegando alquanto a mattina per la strada, ch’è la più comoda di molte altre, e la più battuta per venir a Borno, s’incontrano di due Ossimi, superiore et inferiore; il prima già rimarcato d’un castello nel sito dove hora è situata la Chiesa parochiale de’ Santi Gervasio, e Protasio, del quale appaiono tutt’ohora vestiugie di grosse mura, balestriere, archi, fosse et una gran porta, che fu atterrata col occasione della fabrica della chiesa sodetta”.

Sicuramente le pietre provenienti da una buona parte di queste fortificazioni sono state impiegate per la costruzione dell’edificio sacro.

La torre campanaria della nostra Chiesa è posta sul lato Sud della Parrocchiale; si tratta di un notevole esempio di architettura del primo Seicento. Il manufatto è in pietra grigia con massi a bugne negli spigoli con la cordonatura che divide lo zoccolo della base dalla canna. La cella è costituita da quattro lesene tuscaniche agli angoli che racchiudono aperture con archi a pieno centro con cornicione molto aggettato su cui si imposta una lanterna ottagonale con finestrelle su ogni lato anche’ esse a otto lati. Cupolino in rame (sostituito alla fine dello scorso secolo in occasione della ristrutturazione della costruzione) con pinnacolo a croce.

campane Ossimo Sup.Il campanile ospita un concerto di 5 campane (Nel tono di Re Maggiore) del peso complessivo di circa 4 tonnellate. La loro storia. Nel mese di Maggio 1877 gli abitanti della frazione superiore iniziano una raccolta pubblica di offerte per la fusione delle nuove campane al posto delle 4 già esistenti. Il contratto per la fusione dei nuovi bronzi viene stipulato con la stimata ditta Giorgio Pruneri di Grosio (oggi gli esperti e studiosi di campanologia considerano la storia e la produzione di questa fonderia come una tappa fondamentale dell’arte campanaria italiana. La ditta, attiva fino alla prima metà dello scorso secolo, viene considerata ai vertici qualitativi della produzione di campane, raggiungendo livelli elevati di bellezza e qualità sonora ancora non superati da alcun fonditore in Italia!). Nel mese di Luglio del 1877, viene confermato l’incarico ed il giorno 26 la ditta procede alla pesatura delle vecchie 4 campane (circa 12,5 quintali).

campane Ossimo Sup.Il 14 Agosto 1877 sono fuse le nuove 5 campane che, con aggiunta di nuovo bronzo, raggiunto il peso complessivo di circa 40 quintali. Sappiamo che fu proprio alla vigilia di Natale, alle ore 21 del 24 Dicembre dell’anno 1877 esse suonarono per la prima volta. Il suono di una campana è strettamente legato ad un complesso equilibrio di spessori che determinano il profilo della campana. Gli spessori formano, assieme alla nota fondamentale ed ai suoni toni parziali, il suono della campana. La nota, invece, è determinata dal volume del vaso sonoro: più grande è la campana più grave sarà la nota; più piccola è la campana e più acuta sarà la nota. La bravura del fonditore sta proprio nella creazione di bronzi che possano con buona precisione replicare le note della scala musicale, le campane suonando nella posizione “a bicchiere” infatti rintoccano formando diverse melodie.

Durante i battesimi o di mattina, suonando “in allegrezza” vengono eseguite l’Ave Maria e altre musiche orecchiabili.

Nel 1919 la campana più grossa subisce una crepatura che rende il suono non più armonioso. Gli Ossimesi all’indomani della rottura si mobilitano per porvi rimedio. Già l’anno successivo infatti viene rifusa la nuova Campana (da parte della Premiata Fonderia Ottolina di Seregno) utilizzando il bronzo e la sagoma della precedente; la dedica ripresa anche nella foto “Togni Parroco, Dabeni Parroco, Popolazione di Ossimo Superiore”. La foto sopra riportata, originale del 1920 in bianco e nero, ritrae la campana appena scaricata dal treno, presso la stazione ferroviaria di Cogno.

Da qui verrà recuperata da volontari, caricata su carri trainati da buoi e trasportata lungo i ripidi tornanti della strada delle “vigne”.

campane Ossimo Sup.Nella foto: particolare del medaglione ornato con la crocifissione, posto sul lato frontale del Campanone ( peso circa di 14 quintali, diametro alla bocca di circa Mt 1,4 ed un’altezza di Mt 1,15). Sotto l’incisione “ A PESTE, FAME, BELLI ET IGNE, LIBERA NOS DOMINE” .

Spesso nella civiltà rurale le campane venivano suonate all’arrivo dei grossi temporali o della grandine, nella speranza di allontanarli e quindi di salvare i raccolti; nelle tante preghiere scritte sopra le campane si trovano spesso queste formule. Ognuna delle 5 campane riporta incisioni sacre, con formule latine e dediche ai Santi.

Il 25 Giugno del 1943 le due più grosse vengono destinate ad “usi bellici”, staccate dalla loro inceppatura e caricate su appositi carri. Fortunatamente a guerra ormai finita i due bronzi si salvano dalla fusione e vengono recuperate con ingenti sacrifici della popolazione e riportate al loro posto. L’attuale carpenteria di sostegno, completamente in ghisa è stata installata nel dopoguerra, ad opera della ditta “F.lli Filippi di Chiari”.

Ancora oggi, dopo 136 anni, scandiscono i momenti della giornata attraverso il battito delle ore, ed il richiamo ad ogni funzione religiosa. Vorrei anche ricordare in questa occasione anche l’anziano Sacrista, Botticchio Battista (“Batistì”) che per tantissimi anni ha tirato le corde delle nostre campane, insegnando a noi ragazzini a “chiamare” la campana giusta… noi ascoltavamo, ed a volte restavamo appesi o ci facevamo trascinare fino al soffitto della stanza dalla risalita della fune!! Oggi questo “sforzo” viene fatto dai motori elettrici.

Luca Bardoni



cüntòmela a Ossimo Superiore

In ricordo di Don Mario Bassi
SACERDOTE SALESIANO Cogno di Ossimo 30/10/1915 – Arese 5/7/2013

don mario bassi Ossimo Sup.Il 9 Luglio 2013 venivano celebrate a Milano nella Basilica di S. Agostino le esequie di Don Mario Bassi, sacerdote salesiano di Don Bosco, sacerdote Camuno.

Per ricordarlo alcune brevi parole pronunciate da un suo confratello durante l’omelia: “Caro Don Mario quante volte l’abbiamo incontrata mentre, con passo sicuro e pacato, passeggiava in cortile, oppure si recava in chiesa per la Santa Messa e il Breviario con devota fedeltà fino all’ultimo giorno della sua vita. Quante volte, con lo steso passo sicuro e pacato, ha accompagnato i suoi allievi, i confratelli, i collaboratori laici e gli amici nel cammino della vita. Ogni volta però il suo volto, fermo e risoluto perché tutto teso al generoso compimento dei propri doveri, si apriva al sorriso affabile e sereno non appena qualcuno richiamava la sua attenzione, anche solo per un saluto cordiale e schietto.

Sono queste le caratteristiche che lei ha ricevuto in dono dalla sua famiglia, da mamma Lucia (Bettineschi) e papà Bernardo, dalla terra forte e laboriosa che ha accolto il suo primo respiro di vita il 30 ottobre del 1915 in quel di Cogno di Ossimo, nella bella e amata Val Camonica. Un dono prima custodito, e poi trafficato con evangelica intraprendenza per la sua lunga vita. Già, come possiamo raccogliere 97 anni di gioie e sofferenze, di lavoro e affetti, di servizio alla Congregazione e ai Giovani in poche righe...”

…”grazie per la testimonianza fedele di una vita interamente consegnata ai Giovani per amore di Dio e attraverso le fragili mediazioni umane della Congregazione Salesiana. Grazie per questo cammino lungo 97 anni, fatto, a volte con passo fermo e risoluto, altre volte incerto e stanco a causa della malattia e della fatica degli anni, ma sempre dietro a nostro Signore Gesù Cristo, incontrato ripercorrendo le orme che furono del nostro amato padre Don Bosco, dalla verdi montagne della Val Camonica fino al corridoio della “Don Quadrio” di Arese. Solo il buon Dio conosce quali tratti di strada sono stati più faticosi e quali ha percorso con gioia e allegria. Ma ne siamo certi, sempre ed ovunque è stata la Grazio e la Misericordia di nostro Signore Gesù Cristo a darle la forza di rialzarsi e ricominciare fino all’incontro finale nella Gerusalemme del Cielo! A presto caro don Bassi….”

Luca



Cüntòmela a Ossimo Superiore

Hanno ricevuto il Battesimo

battesimo Ossimo Sup
Letizia Lazzaroni
di Fabio e Annalisa Gheza
battezzata il 21 luglio 2013

battesimo Ossimo Sup
Diana Zanaglio
di Francesco e Valeria Gualeni
battezzata il 29 settembre 2013

battesimo Ossimo Sup
Riccardo Rigali
di Emanuele e Eleonora Brigatti
battezzato il 16 novembre 2013


Chiamati all'amore sponsale

matrimonio Ossimo Sup
Annalisa Gheza e Fabio Lazzaroni
31 agosto 2013


Chiamato alla vita eterna

defunto Ossimo Sup.
Domenico Bettineschi
17.2.1928 + 10.10.2013



cüntòmela a Lozio

Chi pratica la misericordia non teme la morte

Mi ha colpito questa affermazione di Papa Francesco in una delle sue ultime catechesi di novembre, perché riguardo alla morte molte persone sono bloccate, impotenti, terrorizzate, anche se all’esterno sembrano non dare a vedere il loro problema. Questo modo di affrontare la morte tocca anche molti credenti e questo è il sintomo di una fede indebolita e non più capace di rendere ragione della speranza che è in noi. La ragione di ciò è l’abbandono della pratica della fede, la frequenza sporadica alla Messa, il non seguire più i comandamenti come regola di vita.

Questa purtroppo è la realtà anche nei nostri piccoli paesini di montagna dove sussiste una religiosità costruita su misura, che pretende i segni sacramentali del battesimo, della comunione e della cresima, del matrimonio ed il funerale, ma ritiene non sia necessario praticarli dopo averli ricevuti. Questa è una opinione tutta sbagliata della fede che induce poi a comportamenti che distruggono la vita personale, delle famiglie e delle comunità a cui apparteniamo.

Se non abbiamo le fette di salame sugli occhi vedremo chiaramente che tanti dolori che ci feriscono sono provocati proprio dall’aver abbandonato Dio ed il suo insegnamento morale, perché laddove lasciamo Dio entra il suo avversario. Riguardo alla morte intesa come “fine di tutto” essa, quando ci tocca, provoca una rassegnazione estremamente negativa di fronte alla vita, che pure dobbiamo continuare a vivere ed il terrore di dover fare ancora, indirettamente o proprio noi stessi, quell’esperienza straziante.

Questo modo di pensare alla morte è tipico della filosofia atea che pensa la vita come il trovarsi casualmente nel mondo, riempiendo come capita il tempo, mentre camminiamo inesorabilmente verso il nulla. Ma c’è poi un ateismo pratico e superstizioso, che fa vivere anche tanti credenti solo per le cose terrene, per i propri interessi e dove la morte è vista come una intrusione che distrugge questa ascesa, tutta immersa nelle cose del mondo. Quando essa arriva distrugge tutte le certezze e resta solo il vago e sentimentale ricordo di chi non c’è più, ma nella assenza totale di una speranza di vita oltre la morte. Non resta altro che cercare di esorcizzare la morte, di occultarla alla vista dei bambini, di far finta che non verrà, di negarla a sé stessi banalizzandola perché faccia meno paura ed è quello che fanno moltissime persone.

Fa scuola in questo senso la scempiaggine di tanti genitori che anche da noi favoriscono la festa pagana di Halloween e quelle manifestazioni di genere macabro ed irriverente proprio verso coloro che con un lutto reale hanno avuto a che fare. Su tutto questo la fede cristiana non si straccia le vesti, ma ha invece qualcosa da ricordare soprattutto a chi è battezzato e da dire soprattutto a chi vive la fede da troppo tempo lontano dal Signore. Il cuore dell’uomo, e ancora di più del credente, si ribella alla risposta atea della morte. È proprio nel momento in cui per altri “tutto finisce” che la fede ha l’audacia di annunciare la Resurrezione di Gesù Cristo il Figlio di Dio.

Questo non solo dà la certezza della vita oltre la morte, ma indica anche la maniera di entrare nella vita eterna, la vita nuova dei risorti, dei vivi in cielo. Se la vita è stata un cammino con il Signore, un cammino di fiducia e misericordia, noi non abbiamo nulla da temere ed anche la fine di questo cammino sarà un abbandono confidente nella mani del Padre. Gesù ci chiede di essere pronti in questa maniera, vigilanti sempre, sapendo che la vita in questo mondo ci è data per preparare la vita nell’altro mondo, quella col Padre Celeste.

Nella parabola del giudizio finale in cui i capri verranno separati dalle pecore ed ognuno riceverà ciò che ha meritato, è espresso il modo di prepararsi a quell’incontro col Signore. È la pratica dell’amore fraterno, della misericordia verso i piccoli, i deboli, i malati, i bisognosi: questo ci salverà. Per loro viviamo, preghiamo, usiamo le mani e, come dice un canto, saranno piene di quel bene che aprirà anche a noi le porte del cielo. Chi pratica la misericordia non teme la morte perché Dio è buono. Ditelo anche ai vostri figli ed insegnate ai vostri nipoti a fidarsi del Signore piuttosto che di maghetti, streghe, fantasmi e pipistrelli che di certo non ci salvano la vita.

Don Francesco



cüntòmela a Lozio

Pellegrinaggio autunnale a Verona

pellegrinaggio verona

Unità pastorale vuol dire lavorare insieme nelle cose che riguardano la vita e fede delle nostre parrocchie, ma significa anche occasioni di fraternità e svago come in una grande famiglia. In questa luce abbiamo vissuto il pellegrinaggio autunnale di tutte le Parrocchie dell’Altopiano del Sole e lo scopo direi che è perfettamente riuscito nella visita al Duomo di Verona lo scorso mercoledì 13 novembre 2013 in un clima di meravigliosa armonia ed amicizia.

Partiti alle ore 7,00 da Borno, pensando di essere in anticipo sui tempi, ci siamo invece ritrovati a Verona in leggero ritardo per la celebrazione della S. Messa. La proverbiale capacità di adattamento delle popolazioni camune ha fatto si che volgessimo a nostro favore il piccolo intoppo. Così abbiamo fatto prima la visita guidata del complesso del duomo con la guida che ci ha parlato meravigliosamente di come è nata questa parte della città antica e di quale importanza ha avuto la fede nel fare di Verona una bellissima città, ricca di storia e vivibile anche oggi.

Battistero Brioloto“Battistero” di S. Giovanni in Fonte. Fonte ottagonale ricavato da un unico blocco marmoreo con scolpito ai lati scene partendo dall’Annunciazione e terminando con il Battesimo di Cristo (Brioloto sec. XIII).

Abbiamo visto il complesso di S. Elena dove abbiamo celebrato poi la Messa, il Battistero così originalmente scolpito da un unico blocco di marmo, le cui statue in bassorilievo raccontano l’infanzia di Gesù fino al Battesimo al Giordano e poi il duomo di S. Maria Assunta, anticamente chiamato Santa Maria Matricolare, straordinariamente decorato di affreschi che raccontando una storia di secoli, emana una dolcissima armonia nell’equilibrio degli elementi che lo abbelliscono. Direi che entrare in questi antichi luoghi della fede ha significato poter incontrare una vera ricchezza artistica ed architettonica con valenza storica culturale e religiosa che ha riempito i nostri cuori di bellezza e insieme ha dato spessore religioso al nostro pellegrinaggio.

Velocemente abbiamo dovuto poi lasciare Verona, verso mezzogiorno, perché ci attendeva il lauto pranzo a Montichiari. Così abbiamo rimandato ad una prossima visita l’incontro con Giulietta e Romeo con i quali avevamo fissato un appuntamento romantico. A Montichiari abbiamo potuto vedere l’opera caratteristica del luogo: il Castello Bonoris.

Benché sia un castello ricostruito dal Conte Bonoris agli inizi del secolo scorso è stata tuttavia una visita che abbiamo molto goduto, perché l’interno ci ha riservato la sorpresa di visitare una dimora davvero particolare per la fedeltà con cui il maniero è stato pensato rifacendosi allo stile dei castelli del Piemonte e della valle d’Aosta di cui il conte era innamorato. Quest’uomo ha fatto molto per Montichiari perché nella costruzione ha portato lavoro alla gente del luogo ed ha lasciato parte dei suoi beni per dar vita ad una fondazione che aiuta ancora oggi fanciulli in difficoltà.

Dopo la visita il tempo si è fatto tiranno ed abbiamo dovuto riprendere la strada della Valle. viaggio di ritorno. Qualche canto ancora e poi i saluti. Al prossimo pellegrinaggio che sarà anch’esso molto gradito certamente e ci unirà ancora di più nel disegno ancora abbozzato dell’Unità Pastorale che pian piano cresce.

Clelia

Preghiera della Madonna del Popolo

O Madre e Regina del Popolo,
per quell’immenso amore che nutristi
verso il Signore accettando con generosità
ogni prova per la salvezza dell’umanità,
ottienici un ardente amore verso Dio
e una sincera carità verso il prossimo,
perché figli dello stesso Padre
e uniti al tuo cuore di Madre,

possiamo accettare le croci
della vita presente,
orientandole con il tuo aiuto
alla vita eterna.



cüntòmela a Lozio

Feste a Lozio