Estate 2016
La parola del PARROCO
Il nostro tempo è caratterizzato dalla spasmodica pretesa di vedere riconosciuti diritti di ogni genere. Prova ne è il dibattito e la approvazione di leggi su presunti diritti civili che intaccano valori umani e culturali millenari e che vengono a configgere anche con gli insegnamenti delle fede cristiana, fin qui affermati e trasmessi nella chiesa.
Di fronte alla pretesa di vedere riconosciuti questi presunti diritti, spesso favorevoli a gruppi particolari o lobby potenti, a nulla valgono le obiezioni offerte con lo strumento della ragione perché, in fondo, si crede che l’ultimo giudice a cui appellarsi nelle decisioni della vita sia la propria coscienza, intesa come luogo dove dare giustificazione alla legittimità di ogni genere di desiderio personale, che non deve trovare opposizione alcuna nell’essere realizzato.
Anche nel campo della fede e della morale cristiana si è insinuata questa concezione - sbagliata - secondo cui prima viene ciò che la coscienza ritiene sia vero e giusto e poi viene la Verità, opportunamente diminuita e piegata alle proprie esigenze personali, giuste o ingiuste che siano. Così si fa strada un comportamento morale “fai da te” fondato su opinioni personali, elevate a verità assoluta in campi delicatissimi quali la liturgia, la morale famigliare, i sacramenti, specie riguardo all’ammissione all’Eucarestia dei divorziati risposati, degli sposati solo civilmente o dei conviventi. E così capita che, giustificati dall’intenzione di molti vescovi e sacerdoti di essere misericordiosi ed opportunamente in sintonia con il Papa, molti già decidono secondo quanto la propria coscienza suggerisce in quel momento o in quella particolare situazione. In tutto questo, come cristiani, dobbiamo ricordare che nessuno di noi è maestro a se stesso, ma Cristo solo è l’unico Maestro di verità.
Diceva il compianto Card. Giacomo Biffi: «Proprio perché l’orgoglioso attaccamento al nostro personale modo di sentire non intralci il nostro cammino verso la Verità, dobbiamo mantenerci di fronte a Gesù nell’atteggiamento più docile, che è proprio di chi vuole imparare. Sulle questioni religiose e morali non ha molto senso ripetere “Io la penso così”. Dobbiamo invece sempre ricercare che cosa oggettivamente ne pensi il Maestro e Cristo è il nostro Maestro, cioè colui che è mandato apposta per noi dalla misericordia del Padre perché sia conoscibile e praticabile la via della salvezza.
In questo cammino verso la salvezza ognuno deve seguire certamente la propria coscienza, ma la può seguire con tranquillità solo se prima ha verificato che corrisponda effettivamente alla Verità oggettiva di Dio, la quale è legge di comportamento che precede ogni parere e ogni decisione dell’uomo, perché Dio e non l’uomo è il Signore a cui è dovuta obbedienza».
Riflettere seriamente su tutto questo ci costerà l’etichetta di retrogradi e bigotti, perché crediamo ancora nella Verità che viene dall’alto, ma ci eviterà di prendere decisioni stolte che ci costeranno la salvezza.
Don Francesco
Cüntòmela PER RIFLETTERE
Dante Alighieri è stato non solo il più grande poeta italiano, che ha vissuto con intensa partecipazione la vita dei suoi tempi, ma aveva anche una straordinaria intelligenza teologica che, con piglio sicuro, si è addentrata nelle problematiche più alte della dottrina cristiana.
Sul tema della misericordia divina il poeta fiorentino esprime considerazioni teologicamente profonde ed esatte. Attirano l’attenzione soprattutto due episodi raccontati nella cantica del Purgatorio, luogo di purificazione e di espiazione, che Dante qualifica come il posto in cui le anime attendono “a farsi belle” (Purg. II,75), per rendersi degne di salire in Paradiso al cospetto di Dio.
Dante è sorpreso di trovare sulla strada del Purgatorio, e non all’inferno, il re Manfredi, figlio di Federico II, re di Sicilia e di Puglia. Anzi, è talmente sorpreso che, in un primo tempo, scambia quell’uomo “biondo… bello e di gentile aspetto” col re Davide e lo riconosce solo dopo che l’interessato gli dice: “io son Manfredi, nipote di Costanza imperatrice”.
Manfredi era stato scomunicato dal Papa ed era morto nella battaglia di Benevento il 26 febbraio del 1266. Egli chiede a Dante di chiarire, quando tornerà sulla terra, la sua sorte. E spiega che quando in battaglia fu colpito da due lance mortali,
“io mi rendei, piangendo,
a, quei che volentier perdona.
Orribil furon li peccati miei;
ma la bontà infinita
ha si gran braccia,
che prende ciò che
si rivolge a lei”
(Canto III, 119-123)
Il secondo episodio si trova nel quinto Canto del Purgatorio e riguarda Bonconte, figlio di Guido di Moltefeltro, ucciso nella battaglia di Campaldino nel 1289. In terra né la moglie Giovanna, né altri parenti lo ricordano nelle loro preghiere, per cui egli tiene sempre la testa bassa per la vergogna.
Bonconte racconta a Dante che quando nella battaglia gli fu “forata la gola” e perdette la vista e la parola, “nel nome di Maria finii, e quivi caddi e rimase la mia carne sola” (vv. 100-102).
Nel momento estremo della vita, Bonconte invocò il nome di Maria, ricordando la conclusione dell’Ave Maria tante volte recitata in gioventù: “Prega per noi peccatori adesso e nell’ora della nostra morte”.
Ma questa invocazione della Madonna, che salva Bonconte, fa arrabbiare il demonio che scatena una tempesta di proteste, perché un Angelo del cielo gli strappa dalle mani quell’anima solo “per una lacrimetta” all’ultimo istante, mentre Satana era sicuro di portarsi quell’anima all’inferno (vv. 87-107).
Si tratta di altissima poesia, perfettamente corrispondente all’insegnamento cattolico sulla divina misericordia.
Per Dante Dio non solo è “l’Amor che muove il sole e l’altre stelle”, ma è anche Colui che “volentier perdona”.
La misericordia di Dio è infinita. Non ci sono situazioni dalle quali non possiamo uscire. Nella vita si può sbagliare, ma l’importante è rialzarsi sempre. Dio ci ama, e proprio perché ci ama è sempre disposto a perdonarci, purché da parte nostra vi sia il pentimento del male compiuto ed il proposito di portare i nostri passi sulla via del bene.
Card. Giovanni Battista Re
Cüntòmela PER RIFLETTERE
Ho notato che da alcune settimane sugli schermi televisivi e sui giornali non si accenna più al fenomeno dell'immigrazione, nonostante continuino gli arrivi anche sulle nostre coste italiane. Forse anche l'immigrazione è una moda, che passa quando non è più interessante?
Tuttavia ritengo che questo silenzio sia propizio per mettere sul tavolo alcune riflessioni pacate e serie, senza cadere in quell'isteria che ha caratterizzato sia i fautori dell'accoglienza degli immigrati, sia i fautori dei respingimenti e delle barriere. Soprattutto questa calma informativa permette di unire ai moti del cuore anche il cervello e quindi il buon senso, virtù fondamentale in ogni questione.
Se i moti del cuore vanno ascoltati nel momento in cui si traggono in salvo tutti quegli uomini, donne e bambini che per mare o per terra bussano alle porte dei nostri territori, dopo lunghi e perigliosi viaggi, nel momento successivo è fondamentale chiamare in causa il buon senso. Un governante serio, che agisce per il bene di tutti e non per spot, deve avere il coraggio di domandarsi: posso garantire dignità alle persone che giungono nella mia patria? Se sì, come posso garantirla? Perché non ci dobbiamo dimenticare che ci troviamo di fronte a persone, che come tali hanno diritto ad essere trattate con dignità. Stiparle per lungo tempo in centri di accoglienza, al limite della decenza, sicuramente non è garantire dignità. Mandarli allo sbaraglio senza garantire un minimo di stabilità e di sicurezza, non è garantire dignità.
Personalmente concordo che con quei vescovi che hanno sottolineato a più riprese l'importanza di aiutare anche i poveri delle nostre città e paesi. Così il vescovo di Sassari: “Nel fare la carità ci vuole equilibrio e la tentazione magari ideologica o demagogica di privilegiare i migranti rispetto agli italiani esiste e qualche volta diventa una sorta di moda. Senza dimenticare i patimenti dei forestieri è giusto prima di tutto occuparsi dei poveri che abbiamo in casa che soffrono fame, miseria e disagio. Nelle nostre diocesi sono molti”. Anche il vescovo di Brindisi ha parole simili: “La carità, che deve essere diretta verso tutti senza distinzioni, parte, Scrittura alla mano, dai vicini per giungere ai lontani. Penso che sia ora di badare ai poveri di casa nostra con la stessa intensità con la quale guardiamo migranti. Non meno né più, ma ci sia parità di considerazione”. Ritengo che l'isteria che ho accennato poc'anzi ci abbia fatto dimenticare chi vive nelle nostre comunità, nelle nostre famiglie ed è costretto a enormi sacrifici per mandare avanti la baracca. E tanti, purtroppo, si lasciano sconfiggere dalla disperazione e la fanno finita. Sicuramente i trentacinque euro destinati giornalmente ai migranti non aiutano a distendere il clima.
Mi sono poi accorto che non tutti i muri sono uguali. Mi spiego. Ci si straccia le vesti se alcuni paesi come l'Austria o l'Ungheria erigono barriere per centellinare gli ingressi di migranti nei lor territori, ma non si batte ciglio se l'Unione Europea chiede alla Turchia, dietro compenso di tre miliardi di euro, di stoppare i migranti in arrivo dal Medio Oriente. Seppur foderato di euro e non di pietre o mattoni, sempre muro è! Mi pare.
Ultima riflessione. Prima o poi (meglio prima che poi) si dovranno aprire gli occhi anche sulle situazioni di guerra e di fame da cui provengono tanti migranti. E porre rimedio. Perché se è un diritto per tutti essere accolti e trattati con dignità, è un diritto ancora più grande e fondamentale quello di vivere nella propria terra in pace e serenità.
Concludo con un passo della Scrittura, tratto dal libro del profeta Isaia: “Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l'affamato, nell'introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti?” (Isaia 58, 6-7)
Don Simone
Cüntòmela PER RIFLETTERE
A volte sento persone che nella confessione accusano di non saper pregare. Non capisco cosa intendano veramente perché, chiedendo, emerge che c’è un momento della giornata per pregare. Forse ciò che cercano in molti è un modo più chiaro per poter vivere meglio l’incontro col Signore. Ecco allora alcuni consigli che vengono da grandi figure santi, che possono migliorare il nostro rapporto con la preghiera.
1. AVERE CONVINZIONE E DETERMINAZIONE
Non c’è alcuna persona di successo in questo mondo, in qualsiasi impresa, che non sia stata animata da una salda determinazione a raggiungere i suoi obiettivi. Per questo motivo, Santa Teresa d’Avila, ha dichiarato: “Dobbiamo essere fermamente decisi a non darci mai per vinti con la preghiera”. Se nel profondo del nostro cuore crediamo davvero ai tesori di valore incalcolabile che derivano dalla preghiera, faremo del crescere costantemente nella preghiera un obiettivo importante nella nostra vita.
2. AVERE LO SPIRITO SANTO COME MAESTRO
San Paolo ci dice che in realtà non sappiamo chiedere come conviene, ma che è lo Spirito Santo che intercede per noi e ci insegna a dire “Abbà, Padre”. Lo Spirito Santo è il nostro Maestro Interiore. Prima di iniziare qualsiasi periodo di preghiera formale, perché non invocare la Persona dello Spirito Santo per aiutarti nella tua debolezza? Durante il tuo periodo di preghiera, perché non chiedere la presenza dello Spirito Santo affinché illumini la tua mente e accenda il tuo cuore? Ti è più vicino di quanto immagini. Se sei in stato di grazia, Egli è nel tuo cuore.
3. DEDICARE TEMPO, SPAZIO, BUONA VOLONTÀ E SILENZIO
Qualsiasi arte si impara con la pratica, e questo si applica anche alla preghiera. Per imparare a pregare, dobbiamo avere un tempo determinato, un buon posto, buona volontà e silenzio.
4. FARE PENITENZA
Può essere che la nostra preghiera sia diventata insipida, noiosa, senza vita, anemica o paralizzata da molte ragioni. Tuttavia non possiamo avanzare in una vita mistica seria, guidata dallo spirito, se non siamo passati per la vita di sacrificio, mortificazione e penitenza. Se non hai formazione nella vita penitenziale, consulta un buon direttore spirituale e inizia con piccoli atti di penitenza per accumulare forza di volontà, al fine di compiere atti di penitenza più eroici. Se non hai mai corso, inizia con un breve tratto e poi arriverai a un chilometro.
5. CERCARE DIREZIONE SPIRITUALE
Gli atleti hanno bisogno di allenatori, gli studenti hanno bisogno di professori, i professori hanno bisogno di mentori per imparare l’arte. Allo stesso modo, i guerrieri della preghiera devono avere qualche tipo di orientamento, e questo si chiama direzione spirituale. Ci sono molti ostacoli al cammino spirituale, soprattutto quando si persegue una profonda vita di preghiera; per questo avere un direttore spirituale competente, che conosce i trabocchetti del demonio, gli ostacoli e i pericoli che sono sempre presenti può aiutarci a crescere in modo costante nella santità attraverso una vita di preghiera più profonda e autentica.
6. ACCOMPAGNARE LA PREGHIERA CON L’AZIONE
Gesù ci ha detto che conosciamo l’albero dai frutti. Allo stesso modo un’autentica vita di preghiera raggiunge la sua pienezza progressiva nella pratica delle virtù: fede, speranza, carità, purezza, bontà, servizio, umiltà e un amore costante per il prossimo e per la salvezza della sua anima immortale. La Madonna è modello in ogni momento, ma soprattutto nell’intima connessione tra la contemplazione e l’azione. Nell’Annunciazione vediamo Maria assorta nella preghiera, nella Visitazione ad Elisabetta segue l’ispirazione dello Spirito Santo per andare a servire la cugina in una missione d’amore. Maria è una vera “contemplativa in azione” e come Maria, siamo chiamati ad essere “contemplativi in azione”.
7. STUDIARE E LEGGERE SULLA PREGHIERA
Santa Teresa d’Avila non permetteva che nel convento delle carmelitane entrassero donne che non sapevano leggere. Perché? La semplice ragione è che sapeva quanto potevano imparare su molti temi, ma soprattutto sulla preghiera, attraverso una solida lettura spirituale. Trova una buona letteratura sulla preghiera e leggila. Quante idee utili vengono da una buona lettura spirituale. Un suggerimento: leggi la parte quarta del Catechismo della Chiesa Cattolica. È un capolavoro spirituale sulla preghiera.
8. PARTECIPARE A RITIRI
Un modo assai appropriato per andare davvero a fondo nella preghiera è riservare un momento per un periodo prolungato di preghiera; lo chiamiamo ritiro spirituale. Gesù, vedendo gli apostoli oppressi dal lavoro, li ha esortati dicendo “Venite in disparte e riposatevi un po’. Consulta il tuo calendario e riservati un po’ di tempo. Periodi più lunghi per la preghiera permettono una maggiore profondità della preghiera stessa.
9. RICORRERE ALLA CONFESSIONE
A volte la preghiera risulta estremamente difficile perché abbiamo la coscienza sporca a causa del peccato. Gesù ha detto: “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio” (Mt 5,8). Dopo una buona confessione, nella quale il Preziosissimo Sangue di Gesù lava la nostra anima e pulisce la nostra coscienza, gli occhi dell’anima possono vedere e contemplare il volto di Dio con maggior chiarezza.
10. CONTARE SUL SOSTEGNO DELLA VERGINE MARIA
Come abbiamo menzionato l’importanza del fatto che lo Spirito Santo sia con noi come nostro Maestro Interiore, così dobbiamo chiedere costantemente a Maria di pregare per noi e invitarla a pregare con noi ogni volta che dedichiamo tempo e sforzo alla preghiera. Come Gesù ha trasformato l’acqua in vino a Cana per intercessione di Maria, lei può aiutarci a trasformare la nostra preghiera insipida nel dolce vino della devozione. Maria non ti deluderà mai, ricorri a lei!
Spero che questi piccoli consigli siano utili a tante persone per ritornare a Dio con sincerità e trovare nel colloquio in lui la pace.
Don Francesco
Cüntòmela PER RIFLETTERE
Le opere di misericordia si dividono in due gruppi: quelle corporali e quelle spirituali.
Queste opere, soprattutto quelle corporali, trovano il loro fondamento biblico nel bellissimo racconto del Giudizio Universale, che troviamo nel vangelo di Matteo 25,31-46.
Se facciamo bene i conti ci accorgiamo, però, che nel testo biblico sono soltanto sei, manca l'opera di misericordia Seppellire i morti, che è stata aggiunta in seguito all'elenco, prendendo spunto da Tobi, padre di Tobia, che in esilio a Ninive rischiava la vita per seppellire i suoi concittadini che venivano ammazzati e lasciati morti per le strade.
Questa opera ci invita a ricordarci quanto siamo fortunati che ogni giorno troviamo del cibo sulle nostre tavole, ma che ci sono anche tante persone nel mondo che soffrono la fame. Ci viene chiesto di condividere con chi è più sfortunato quello che abbiamo, anche se è poca cosa. Come Gesù che ha sfamato una grande folla con pochi pane e pesci. Dobbiamo imparare a non sprecare il cibo e a non chiedere caramelle o dolciumi di cui non abbiamo bisogno.
Nel Cantico delle creature San Francesco la definiva “pura, preziosa e casta”.
L'acqua è un bene essenziale, ma anche molto raro, soprattutto nei paesi più poveri. Anche in questo caso siamo chiamati a condividere questo bene, che deve essere di tutti. Sei chiamato anche tu alla tua piccola custodia del creato, magari consumando l'acqua con più attenzione.
Questa opera di misericordia ci invita a non preoccuparci di avere le cose all'ultima moda, ma che tutti possano vestire in modo dignitoso. Un segno di misericordia che puoi fare anche tu nel tuo piccolo è non pretendere di comprare ogni cosa che ti piace, quando non ne hai bisogno; oppure non prendere in giro il compagno di scuola che non ha la felpa all'ultimo grido.
Ricorda che ognuno di noi vale di più del vestito che porta.
Dove c'è una persona malata, una persona che soffre c'è bisogno di un cuore misericordioso, capace di fermarsi a consolare. Anche tu puoi essere un buon samaritano, se saprai prenderti l'impegno di qualche visita a un ammalato o a un nonno. La solitudine si vince con l'amicizia. La gioia dell'amore è contagiosa.
Chi è oggi il forestiero? Forestiero può essere chi è dimenticato dalla società e non ha nessuno che lo avvicini come amico. Ospitare queste persone e dargli spazio nel nostro cuore e nella nostra vita. Forestiero è chi abbandona la propria terra a motivo della guerra o della fame. Ospitare in questo caso significa impegnarsi per trovare a tutti alloggi dignitosi e rispettarli come persone.
Gesù, pur condannando il peccato, non ha mai attaccato il peccatore. Egli ama le pecore che stanno nell'ovile e quelle che stanno fuori. La sua salvezza è per tutti quelli che l'accettano e si riconoscono peccatori. Per questo tra le opere di misericordia è detto espressamente di “visitare i carcerati”.
Con la Pasqua di Gesù la morte è stata vinta per sempre e non dobbiamo più averne paura. I nostri cari raggiungono la vita eterna, dove Gesù li attende. Per “seppellire i morti” si intende il funerale e ogni gesto o preghiera che è fatta durante questo. Con le nostre preghiere, unite a tutte quelle della comunità, possiamo accompagnare i defunti in paradiso e chiedere che con Gesù passino dalla morte alla vita.
a cura di don Simone
Cüntòmela PER RIFLETTERE
Sono ormai più di dieci anni che nelle parrocchie della nostra diocesi è in vigore il nuovo cammino di catechesi per fanciulli e ragazzi, chiamato Iniziazione Cristiana (ICFR). A livello diocesano è stata condotta una verifica capillare, che ha sottolineato i punti di forza del cammino e anche i punti deboli da correggere o intensificare.
Anche le nostre parrocchie si sono più volte interrogate sull'efficacia di tale modo di catechesi, a più livelli: gruppo catechisti, consigli pastorali, gruppo genitori... da questa ampia condivisione è emersa la necessità di di maggiore chiarezza su alcuni punti:
Oltre a questi doverosi chiarimenti, si è fatta una riflessione più ampia. Dalle chiacchierate con i catechisti è emerso che esiste un buco tra il momento del Battesimo dei fanciulli e l'inizio dell'ICFR. Da questa considerazione è emersa la proposta di creare un cammino post-battesimale, diviso in due tappe, che coinvolga i genitori che hanno chiesto il Battesimo per i loro figli e sono in attesa di entrare nell'ICFR vera e propria. Le finalità di questo cammino, che non è obbligatorio e che prenderà avvio con il prossimo Anno Pastorale, dovrebbero essere queste:
Tutto questo viene realizzato con due o tre incontri annuali, nel corso dei quali i genitori sono accompagnati non solo dal sacerdote, ma anche e soprattutto da coppie di sposi/genitori che hanno esperienza della vita famigliare e di coppia.
Questa proposta è stata sottoposta all'attenzione del nostro vescovo Luciano che l'ha approvata con entusiasmo e ci ha invitato a continuare in questa direzione.
Don Simone
Cüntòmela a BORNO
Con grande sorpresa lo scorso 3 giugno, sul sito della Santa Sede, nella sezione rinunce e nomine, abbiamo appreso questa notizia: «Il Santo Padre Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Mantova (Italia), presentata da S.E. Mons. Roberto Busti, in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico. Il Papa ha nominato Vescovo della diocesi di Mantova (Italia) il Rev.do Sacerdote Gianmarco Busca, del clero della diocesi di Brescia, finora Docente di Teologia Sacramentaria presso lo Studio Teologico “Paolo VI” a Brescia».
Ringraziamo il Signore per aver scelto don Marco come nuovo pastore della diocesi di Mantova. Borno lo ricorda con affetto e gratitudine per il tempo, anche se breve, trascorso nella nostra comunità come curato e prete novello.
Don Marco verrà consacrato vescovo il prossimo 11 settembre nella chiesa Cattedrale di Brescia e farà il suo ingresso a Mantova domenica 2 ottobre. Volentieri lo accompagniamo con la nostra preghiera.
La cattedrale di Mantova, dedicata a san Pietro apostolo.
Il palazzo vescovile, affacciato su piazza Sordello.
La Basilica concattedrale di sant'Andrea.
La diocesi di Mantova (in latino: Dioecesis Mantuana) è una sede della Chiesa cattolica suffraganea dell'arcidiocesi di Milano appartenente alla regione ecclesiastica Lombardia. Nel 2013 contava 328.876 battezzati su 382.128 abitanti.
Il santo patrono della diocesi è Sant'Anselmo, mentre San Pietro e San Celestino I sono i titolari della chiesa cattedrale. Sant'Andrea Apostolo, San Luigi Gonzaga e San Pio X sono invece i compatroni della diocesi.
La diocesi comprende la provincia di Mantova, ad eccezione di una porzione occidentale che fa parte della diocesi di Cremona; comprende inoltre i comuni della sinistra Oglio cremonese di Ostiano e Volongo e la frazione di Cizzolo in comune di Viadana, già appartenuta alla diocesi di Reggio Emilia, e passata a quella di Mantova nel 1813. Sede vescovile è la città di Mantova, dove si trovano la cattedrale di San Pietro Apostolo e la basilica concattedrale di Sant'Andrea Apostolo.
Il territorio è suddiviso in 168 parrocchie, raggruppate in 1 vicariato urbano e 6 vicariati foranei: Santa Famiglia di Nazareth, San Carlo, San Luigi, San Pio X, Sant'Anselmo e Madonna della Comuna. Ogni vicariato è organizzato in unità pastorali, costituite da un minimo di 2 ad un massimo di 10 parrocchie.
I sacerdoti sono 198, di cui 175 secolari e 23 regolari. I diaconi permanenti sono 12.
Cüntòmela a BORNO
Una grande tenda indiana ha fatto da sfondo e da punto di riferimento per il campo-scuola ragazzi 2016, che si è svolto dal 25 giugno al 2 luglio, come sempre presso la casa di Malonno. Guidati da alcune figure di spicco di una tribù indiana, ci siamo lasciati condurre a riflettere sul tema della Misericordia, centrale in questo Anno Santo. Come sempre è stata una straordinaria esperienza di gruppo, di famiglia. Ci siamo divertiti molto. Ed è stato bello soprattutto il giorno dedicato al perdono, con la possibilità di accostarsi al sacramento della confessione e l'impegno di chiedere perdono a chi nei giorni del campo avevamo offeso o lasciato in disparte.
Un grazie grande a tutti gli animatori che con gioia e impegno si sono dati da fare per far vivere ai più piccoli dei giorni belli. E un grazie speciale a Vittoria e Anna che si sono occupate della parte culinaria dell'esperienza.
Arrivederci al prossimo anno!!!