Natale 2018
Il Natale che ogni anno puntualmente ritorna, per i più (anche cristiani purtroppo!) è soltanto la festa della famiglia, dei buoni sentimenti, primo fra tutti la tenerezza.
Tutte cose belle, ma il Natale, almeno per noi cristiani deve essere molto di più e vissuto nella maniera giusta.
Il Natale è Dio che irrompe nella storia degli uomini per essere il Dio con loro e per loro. Il Natale ci ricorda che Dio ha amato e continua ad amare smisuratamente l’umanità e per questo ha deciso di farsi carne umana.
Il Natale è la grazia portatrice di salvezza per ogni uomo, come scrive san Paolo, non un banale dono di circostanza.
Allora, il Natale non va banalizzato o impoverito, ma vissuto ritornando allo spirito di Betlemme: l’umiltà, il dono di sé, il servizio, virtù che possono rendere grande ogni uomo e ogni donna.
Per questo voglio condividere con voi un bel messaggio di padre Piero Gheddo, sacerdote missionario, innamorato di Cristo e della Chiesa, tornato alla Casa del Padre proprio nell’imminenza del Natale 2017.
Ci aiutino le sue parole ad attendere con ansia il Natale e a celebrarlo nella verità.
A tutte le famiglie, a tutte le persone delle nostre comunità parrocchiali un vero e autentico
Don Simone
Dopo molti giorni da quando ho saputo del mio trasferimento da Borno e dalle parrocchie dell’Altopiano è arrivato il momento di salutarci. Il mio saluto però non vuole essere solo un condividere sentimenti che per me sono di serenità velata di tristezza e gratitudine. Il mio saluto vuole essere anche un verificare e riconoscere ciò che di bello, ma anche di mancante ho sperimentato in queste nostre comunità e lo faccio attraverso ciò che mi suggerisce la Parola di Dio.
Oggi il vangelo ci presenta i due discepoli che domandano a Gesù qualcosa di particolare, un privilegio “sedere alla destra e alla sinistra del Signore nella gloria”. Gesù rimane sorpreso, ma verifica se sono disposti a seguirlo fino in fondo al suo destino: “Potete bere il calice che io bevo; ed essere battezzati nel battesimo che io ricevo?”. Significa obbedire al Padre, fino alla croce, fino alla morte. E loro, pieni di entusiasmo dicono “lo possiamo”. Ma Gesù pur confermando che sarà così (“il calice lo berrete” - “il mio battesimo lo riceverete”), chiarisce che non è lui ad assegnare questi posti, che sono per chi sono stati preparati.
Chi sono questi già destinati? Non sappiamo, ma lo chiarisce un po’ Gesù nel rispondere agli altri discepoli, gelosi, che mormoravano. E Gesù dà un insegnamento sempre valido: chi governa le nazioni le opprime, ma tra voi non sia così; chi vuol diventare grande tra voi sia vostro servitore; chi vuol essere il primo tra voi sia schiavo di tutti. Servire allora diventa il verbo del discepolo ed anche del sacerdote che deve imparare a declinare questo verbo. Così pensando che anch’io ho ricevuto questo compito, ho provato a capire meglio cosa vuol dire questo “servire”.
Servire è ciò che ogni sacerdote deve fare anche se non è facile, perché è contro l’istinto che abbiamo dentro e ci vuole proprio una grande motivazione per provare a mettere in pratica questo comandamento. E questa motivazione forte sta in Colui per il quale ventisei anni fa ho messo in gioco la vita. Sta in Gesù.
Servire anzitutto il Signore e la sua volontà che per chi è prete è andare dove Lui vuole forzando la tentazione di restare dove si vuole. Anche noi come i discepoli dobbiamo saper seguire Gesù anche se stare con Lui vuol dire non sapere dove posare il capo la sera ed essere sempre pronti a levare le tende verso un altro villaggio.
Servire la Parola di Dio e servire i Sacramenti, senza sconti per ingraziarsi la gente e per amore della verità, in un combattimento quotidiano con la mentalità del mondo. Quanto è difficile dire dei NO quando vanno detti e riconoscere di aver sbagliato quando si è negato qualcosa a chi ne aveva diritto. Così talvolta è stato tra voi.
Servire le persone, scendendo dal piedistallo per avvicinarsi, senza scandalizzarsi, a giudicare le miserie umane, gli uomini e le loro storie. Misericordia io voglio e non sacrifici: ci ricorda il Signore. Quanto da imparare c’è ancora, soprattutto quando si ha a che fare con la storia, non sempre limpida delle persone.
Servire chiedendo scusa per gli errori provocati ed i peccati commessi, soprattutto per orgoglio e superbia, pensando di essere solo noi nel giusto. Non è mai troppo tardi per riconoscere il buono che c’è intorno e non è mai una umiliazione ringraziare chi ci aiuta nel ministero, colleghi sacerdoti, collaboratori, catechisti, volontari, membri di gruppi, come ce ne sono tanti nelle nostre parrocchie, anche se talvolta sembra troppo tardi.
Servire aprendosi al dialogo e alla collaborazione anche nell’ambito civile, con i sindaci, le loro amministrazioni, le associazioni e le tante realtà civili che ci sono sul territorio, favorendo la comunione: una comunione che è l’alito vitale del lavorare in armonia tra parrocchie, membri dei gruppi, sacerdoti, anche se la diversità invita più a distinguere e a separare piuttosto che ad unire e valorizzare le peculiarità di ognuno.
Alla fine non so bene se il bilancio dei miei anni tra voi sia stato positivo o negativo. Di certo ho imparato molto, soprattutto riguardo al saper “pazientare” così che nell’attesa maturassero le scelte, le decisioni importanti, e si sanassero i conflitti tra persone.
Ho maturato un aspetto importante del mio carattere che è la calma e la prudenza, contro la fretta e l’ansia che fanno compiere gravi errori. Ma quante volte è stato necessario “mandar giù” e trovare difficili giustificazioni a situazioni complicate prodotte spesso dal desiderio di prevalere.
Ho compreso più chiaramente che le piccole realtà hanno bisogno come le grandi comunità di attenzione e presenza del sacerdote, anche se i risultati o le risposte non sembravano apprezzabili. Così è successo che la tanta fatica è stata il più delle volte inaspettatamente ricompensata, con segni grandi e piccoli di riconoscenza.
Ora cambio parrocchia, ma non la motivazione dell’andare. Vi ringrazio per tutto quello che da voi ho ricevuto, confido nella vostra amicizia e, se vorrete, in qualche visita.
Mi accompagnerà il vostro ricordo e l’affetto che avete avuto per me e la mia mamma in questi anni trascorsi con voi sull’Altopiano, un luogo periferico per chi ama stare al centro dell’attenzione, ma centrale ed unico per chi cerca la serenità e la pace.
Don Francesco
Caro don Francesco, le nostre comunità di Borno, Lozio e Ossimo, si sono riunite attorno a te per celebrare l’Eucarestia e per ringraziare il Signore del dono di questo periodo che sei rimasto con noi.
Innanzi tutto vorremmo ringraziarti per la tua presenza e per la tua preghiera.
Accettando la proposta di cambiamento, pur con dubbi comuni a tutti gli uomini, ci hai mostrato concretamente cosa voglia dire “sia fatta la tua volontà”.
L’Unità Pastorale dell’Altopiano del Sole non è stata facile, né da accettare, né da gestire, infatti ha richiesto spesso una difficile mediazione. Tu però hai saputo creare, non senza difficoltà, una nuova comunità che gradatamente e con motivazione sta crescendo.
Ti sei fatto carico di tutte le parrocchie, delle chiese, delle tante attività e responsabilità; perché oggi, purtroppo, al parroco è chiesto di essere un po’ anche un manager dei beni terreni, e non solo, di quelli dello spirito.
Caro don Francesco, con la tua discrezione e la tua umiltà, sei stato per noi un grande pastore.
Ci hai incoraggiato a cambiare il nostro modo di vivere la fede, ad essere “veri cristiani” coerenti in tutte le manifestazioni della nostra vita.
Il cammino insieme ci ha legati ed uniti.
Siamo dispiaciuti per la tua partenza, ci si arrabbia un po’, ma poi si pensa che in fondo, anche se si prendono strade diverse, la meta è la stessa e tutti si cammina verso lo stesso traguardo.
La tua strada ora porta ad Adro e Torbiato dove, sicuramente, troverai persone pronte ad accoglierti e a camminare con te. Certo se pensiamo a quanto si poteva crescere ancora insieme, ai progetti già ben avviati, a quelli appena iniziati o solo pensati, avremmo desiderato averti con noi per molto più tempo.
Tuttavia, guardando a quello che è stato fatto, allora le cose non sono poche, anzi un grazie profondo da parte di tutte le comunità parrocchiali.
Porta questa lettera con te, leggila nei momenti di bisogno, e pensa ancora a noi quando aiuterai i tuoi nuovi parrocchiani.
Noi ti assicuriamo la nostra preghiera e la nostra amicizia. Un abbraccio e ricordati che noi ci saremo sempre.
Don Francesco è stato con noi per otto anni, ed è stato per la nostra comunità una guida saggia, un padre dall’animo riservato ma sempre disponibile per tutti.
Don Francesco ha sempre portato avanti, non solo a Borno, ma anche nelle parrocchie di Ossimo e Lozio con l’unità pastorale, il suo lavoro di “pastore della chiesa” con umiltà e col sorriso.
Il grazie dell’amministrazione e di tutta la comunità di Borno gli va riconosciuto per il grande impegno che ha dimostrato ogni giorno trascorso sul nostro altopiano.
Il suo percorso ora prosegue ad Adro, e nell’augurargli “buon cammino" verso questa nuova esperienza, speriamo che la comunità di Adro possa lavorare insieme, con gli stessi valori che Don Francesco ha regalato a noi bornesi.
Il sindaco di Borno
Matteo Rivadossi
Caro Don Francesco, a nome della Giunta, del Consiglio Comunale e di tutta la popolazione del Comune di Ossimo le vogliamo esprimere il nostro grazie.
Grazie per la genuinità dei rapporti, la semplicità che ha sempre mostrato e la disponibilità per tutto il periodo in cui lei ha gestito l’Unità Pastorale.
Come diceva in un’omelia dei giorni passati, questo è il momento della tristezza e magari anche un po’ della rabbia per il suo distacco da noi, sia come parroco che come persona. Tuttavia, nella cassaforte dei valori umani e cristiani, con il suo operato, lei ci ha messo del suo e noi per questo le saremo sempre grati.
D’altra parte lei è il parroco del “cambiamento”, perché con lei le nostre comunità hanno iniziato il percorso della Unità Pastorale e una volta tanto, la chiesa, ha superato la società civile, in un percorso che dobbiamo fare nostro, perché stare insieme è difficile, ma probabilmente vantaggioso per le persone, i luoghi ed i territori.
Infine, lei si è definito un po’ “orso”. Noi invece, prendendo spunto da eventi quotidiani, che hanno segnato la nostra realtà, la vediamo più come il “costruttore” delle fondamenta del ponte che può unire le nostre comunità e questo “talento” cristiano niente e nessuno ce lo porterà via.
Concludendo le auguriamo ogni bene per la sua nuova esperienza, la ringraziamo per quanto ha fatto per noi e si ricordi dell’Altopiano perché l’Altopiano si ricorderà sempre di lei.
Il sindaco di Ossimo
Cristian Farisè
Caro don Francesco,
il saluto vero e proprio, con i dovuti riconoscimenti, sarà questo pomeriggio a Borno per tutte le Parrocchie dell'Unità Pastorale.
In precedenza alle istruzioni ricevute, avevamo già pensato di offlirLe a nome dell'Assemblea Parrocchiale e dei Parrocchiani di SS. Nazzaro e Celso questo piccolo albumetto dove sono state riunite le immagini di alcuni eventi vissuti insieme, dal giorno del Suo arrivo del febbraio 2012 ad oggi, affinché non possa dimenticarci.
Don Francesco, in questi sei anni abbiamo riscontrato in Lei tre qualità molto belle che fanno un parroco un Grande parroco: INTELLIGENZA, UMILTÀ e BONTÀ.
Lei ha il grande dono dell'ascolto e chiunque parla con Lei si sente importante e compreso, la Sua porta è sempre stata aperta.
Avremmo voluto tanto che Lei avesse almeno il difetto della DISUBBIDIENZA così avrebbe disubbidito al nostro Vescovo e sarebbe rimasto qui fra noi. Ma sia pure con fatica, vogliamo offrire al Signore questo sacrificio per essere fedeli agli insegnamenti del nostro Parroco e la gratitudine per il bene ricevuto ci induce ad accettare la sofferenza del distacco.
Le dobbiamo un ringraziamento particolare perché Lei ha saputo dare molta attenzione alla nostra Parrocchia pur essendo una delle più piccole, ci ha sempre protetto e ci ha fatto sentire forze vive anche noi.
Rimane in noi la sensazione che forse potevamo aiutarLa di più perché ci rendiamo conto che non sarà stato facile assolvere le tante incombenze di cinque parrocchie.
Le siamo riconoscenti per le belle opere che con Lei abbiamo realizzato. Merito Suo, per esempio, che ha saputo intuire quanta bellezza era nascosta nell'altare di S. Antonio e il restauro ha mostrato proprio questo riportando alla luce un gioiellino vanto per la nostra comunità. Ma quello che resterà soprattutto in noi è il buon esempio che ci ha sempre dato: dall'importanza della preghiera con le Sue riflessioni chiare sulla fede alle azioni più concrete di come ha accudito la Sua cara mamma. Noi La ricorderemo sempre e sappiamo che con la Sua simpatia si troverà bene anche nelle nuove parrocchie, ma se qualche volta Le verrà nostalgia delle montagne e del cielo azzurro anche la nostra di porta resterà sempre aperta per Lei.
Ringraziamo il Signore per averLa avuta e Lo preghiamo perché ci protegga e ci aiuti ad affrontare le incertezze e le preoccupazioni per il futuro. Grazie e buon cammino Don.
Parrocchia
SS. Nazzaro e Celso - Lozio