Pasqua 2008
Pasqua 2008
Una montagna innevata, una parete ghiacciata possono costituire occasione di contemplazione, ma possono anche essere icona di freddezza, di staticità, di situazioni ormai cristallizzate. Come non pensare, ad esempio, a certe posizioni di estremo rifiuto di tutto ciò che sa di Chiesa, in nome di una laicità ormai trasformata in un dogmatico e spesso ridicolo laicismo.
Ecco, allora, che divengono belle e preziose le immagini di fine inverno: un blocco di ghiaccio che inizia a sciogliersi, i raggi di sole che rischiarano le giornate, i sassi e le zolle che riaffiorano dalla coltre di neve.
Come la natura, anche molti rapporti umani invocano un continuo bisogno di disgelo: disgelo dall'esasperata competizione ed efficienza nei luoghi di lavoro; disgelo dalla noiosa retorica di chi dovrebbe essere al servizio del bene comune e magari, invece, si lascia attrarre solo dal potere e dal denaro; disgelo dai muri che spesso innalziamo con il vicino di casa o dalla porta chiusa da anni verso quel parente.
La festa per la vita, la soddisfazione per la propria vita missionaria, la voglia di divertirsi e di stare insieme degli adolescenti, l'invito ad accogliere e vivere la misericordia, i desideri di bene che abbiamo nel cuore sono senz'altro segni di disgelo, aneliti di primavera.
Può essere scontato, a questo punto, proporre la Pasqua come il vero disgelo nella storia dell'umanità, a volte agghiacciante, ma è stato proprio così: l'egoismo e la morte si sono disciolti nel sangue di Cristo perché tutti risorgessimo a nuova vita.
Buona e santa Pasqua !!!
La redazione
ripensandoci
Quello di Giona è uno dei libri più brevi della Bibbia - quattro piccoli capitoli - ma forse nessun altro libro dell'Antico Testamento ha saputo mettere in luce con semplicità, forza e grazia la misericordia di Dio.
Giona è il profeta minore più popolare della Bibbia, probabilmente per il racconto del suo fantasioso salvataggio ad opera di una “balena” (che magari a molti può ricordare anche la favola di Pinocchio), ma il contenuto di questo libro è ben più ricco e profondo.
I protagonisti sono Dio, il profeta Giona e la grande città di Ninive. Questa città aveva smarrito la via della speranza e della fiducia in Dio, i suoi abitanti erano caduti molto in basso e avevano bisogno di una scossa che gli inducesse a cambiare vita.
Il Signore rivolge a Giona queste parole: «Alzati, và a Ninive la grande città e in essa proclama che la loro malizia è salita fino a me». Giona, però, cerca di sottrarsi a questa missione, fuggendo in direzione opposta. Dio lo riporta a Ninive e per la seconda volta lo invita ad entrare in città. Il profeta questa volta obbedisce e percorre tutta la città annunciando che... «Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta».
I cittadini di Ninive accolgono le parole del profeta, fanno penitenza e «Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si impietosì riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece. Ma Giona ne provò grande dispiacere e ne fu indispettito. Pregò il Signore: “Signore... so che tu sei un Dio misericordioso e clemente, longanime, di grande amore e che ti lasci impietosire riguardo al male minacciato. Or dunque, Signore, toglimi la vita, perché meglio è per me morire che vivere!”»
Il profeta, un po' testone, non aveva accettato la logica di Dio: “minacciare il male” per far ripartire il bene, sempre pronto a perdonare anziché condannare. Dio ama talmente le sue creature da impietosirsi quando queste vivono nel male e fa di tutto perché esse siano salvate, siano felici. Questo amore sempre più grande si compirà, infatti, nel dono completo di Gesù che «amò i suoi fino alla fine», morendo per loro e per noi sulla croce.
Giona vorrebbe un Dio “giustiziere”, che castighi i tanti abitanti di Ninive; non accetta e non comprende la misericordia di Dio, dimenticando che anche lui vive grazie a questa stessa misericordia.
Quante volte anche noi vorremmo che Dio castigasse duramente chi ha sbagliato e non ci accorgiamo delle infinite volte in cui noi per primi siamo stati perdonati da Dio. Giona non ha capito nulla della sua missione, ma Dio non lo abbandona; si prende cura di lui, cerca di fargli comprendere ciò che conta davvero nella vita: desiderare e impegnarsi perché tutti abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza.
Ci sono due modi di condurre il mondo e la storia: la misericordia di Dio o la “giustizia” umana. Per nostra fortuna Dio ha scelto la prima opzione. Giona, invece, vorrebbe una giustizia secondo la logica umana, basata sull'antico “occhio per occhio” e che non contempla il perdono.
Dio desidera sempre “scusare” l'uomo:
Si può quasi dire che Dio non sopporti di essere offeso dagli uomini e nemmeno che questi offendano la loro stessa vita. Proprio per questo è sempre pronto a scusarli, amarli e a ravvivare in loro anche la più piccola scintilla di bene. L'amore immenso di Dio si manifesta solennemente nella misericordia e nel perdono universale: Dio o ci perdona tutti o non perdona nessuno.
A volte noi possiamo far fatica ad accogliere questa straordinaria e misteriosa verità. Può apparire più facile una “giustizia distributiva”: compi il bene avrai il bene; compi il male avrai il male. E qualche volta la fatica più grande che dobbiamo compiere è quella di usare misericordia, oltre che verso gli altri, anche verso noi stessi: spesso i buoni propositi naufragano nelle nostre fragilità e ci troviamo, come diceva S. Paolo, non a compiere il bene che vogliamo, ma il male che non vogliano (Rm 7,19).
Se riuscissimo a convertirci al modo di agire di Dio sicuramente la nostra vita cambierebbe e fraternità, perdono e solidarietà non resterebbero solo belle parole da pronunciare o scrivere, ma diventerebbero luce e realtà nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità, nel mondo intero.
Il breve libro biblico termina con un altro episodio abbastanza buffo: Giona si arrabbia di nuovo e vuole ancora morire solo perché una pianta di ricino, fatta seccare apposta da Dio mediante un vermicello, non può più fargli ombra quando il sole è alto.
Quante volte anche noi per una inezia o piccoli disguidi quotidiani ci arrabbiamo e, magari, nel nostro intimo per un attimo mandiamo tutto e tutti a quel paese, invocando le regole della giustizia o, peggio ancora, ci lasciamo corrodere dal verme della vendetta.
Sempre S. Paolo ci ricorda che «la lettera uccide, lo spirito fa vivere» (2cor 3,6). Senz'altro per vivere insieme dobbiamo darci delle regole ed impegnarci a rispettarle, ma solo con le pietre vive della misericordia e del perdono, che il Signore per primo dona a ciascuno di noi, possiamo costruire quella che Papa Paolo VI definiva la “Civiltà dell'Amore”.
Don Giuseppe
ripensandoci
Ricorre quest'anno il 150° anniversario dell'apparizione della Madonna a Lourdes. A un secolo e mezzo di distanza, Lourdes rimane per tutti, credenti e non credenti, una realtà che pone questioni di carattere fondamentale e decisivo per la vita umana.
Nonostante i lunghi decenni trascorsi, il tempo non ha cancellato la memoria di quelle 18 apparizioni (dall'11 febbraio al 16 luglio 1858), anzi ha confermato con evidenza irrefutabile quegli eventi. E le folle dei pellegrini, col passare degli anni, sono andate aumentando.
Bernardetta era una ragazza povera di 14 anni, figlia di un mugnaio caduto in fallimento; una ragazza malaticcia, costretta a vivere in una abitazione malsana, che non aveva ancora potuto fare la prima comunione, nonostante ne sentisse vivo il desiderio. Sembrava una delle ultime alle quali la sapienza umana avrebbe fatto ricorso per portare al mondo un messaggio celeste. Ma in cielo i criteri di grandezza sono evidentemente molto diversi da quelli in vigore sulla terra.
L'11 febbraio 1858 Bernadetta era andata a raccogliere legna, quando improvvisamente sente un rumore. Alza la testa, guardando verso la grotta e... vede una “bianca Signora”. Così la descrisse: “Aveva un abito bianco, un velo bianco e una cintura azzurra e una rosa gialla su ogni piede, colore della corona del suo rosario. Allora fui un po' spaventata. Credevo di sbagliarmi. Mi strofinai gli occhi. Guardai ancora e vidi sempre la stessa Signora. Misi la mano in tasca e trovai il rosario. Volevo fare il segno di croce. Non riuscii a portare la mano alla fronte, Mi ricadde. Allora l'emozione si impadronì di me più forte. La mia mano tremava. Ma non me ne importava un bel niente. La Signora prese il rosario che teneva tra le mani e fece il segno di croce. Allora tentai anch'io per la seconda volta e potei. Non appena l'ebbi fatto, il grande tremore che provavo disparve. Mi misi in ginocchio. Ho recitato il rosario in presenza di quella bella Signora. Quando ebbi recitato il rosario, sparì di colpo”.
In questa prima apparizione la Madonna non parla, ma solo sorrido; fa un bel seguo di croce quando incomincia la recita del rosario con Bernardetta, in silenzio segue la preghiera e poi scompare.
Seconda apparizione: 14 febbraio. È domenica. La mattina Bernadetta va alla Messa, poi ritorna nella chiesa parrocchiale con una bottiglietta a prendere un po' di acqua benedetta e va alla grotta. In ginocchio comincia a recitare il rosario. Dopo la prima decina appare “la Bianca Signora”. Subito Bernadetta incomincia a gettarle acqua benedetta, mentre “la Bianca Signora” sorride e china la testa.
Terza apparizione: 18 febbraio. La Madonna chiede a Bernardetta: “Volete farci lo gentilezza di venire qui per 15 giorni?”. Bernardetta risponde: “Sì, col permesso dei miei genitori”. E la Madonna dice a Bcrnardetta: “Ti prometto di renderti felice non in questo mondo ma nell'altro”. Una promessa che darà a Bernardetta tanta forza di sopportazione e tanta serenità.
Nella sesta apparizione (21 febbraio) la “Bianca Signora” chiede a Bernardetta di pregare per i peccatori.
Intanto Lourdes è in subbuglio: Bernardetta è oggetto di derisioni e di intimidazioni. Viene interrogata dal commissario di polizia e riceve l'ordine dì non andare più alla grotta. Bernardetta vive un'autentica persecuzione.
Nell'ottava apparizione (24 febbraio) la Madonna ripete per tre volte: “Penitenza, penitenza, penitenza” e poi invita Bernadetta a pregare per i peccatori perché si convertano.
Nella nona apparizione (25 febbraio) la Beata Vergine invita Bernardetta a scavare ai piedi della grotta con le sue mani. Lentamente comincia ad uscire un po' di acqua fangosa, che nel giro di poche ore diventerà una sorgente limpidissima da cui continua a sgorgare acqua ancora oggi.
Nella decima apparizione (27 febbraio) la Madonna consegna a Bernardetta questo messaggio: “Va' a dire ai sacerdoti che facciano costruire qui una cappella”. Poi, nella tredicesima apparizione (2 marzo), la Madonna le dà un altro mandato: “Va' a dire ai sacerdoti che si venga qui in processione pregando”.
Bernardetta va a riferire al Parroco le parole delle Madonna, ma questi resta in un atteggiamento di prudenza e di freddezza, invitando Bernardetta a riferire a colei che le appare alla grotta che lui, il Parroco, non intende prendere ordini da una persona che non rivela il suo nome.
Nella sedicesima apparizione (25 marzo, feste dell'Annunciazione) Bernardetta chiede alla “Bianca Signora” quale sia il suo nome, per riferirlo al Parroco. E la “Bianca Signora” abbassa le breccia, alza gli occhi al cielo e poi ricongiungendo le mani sul petto dice nel dialetto locale: “Io sono l'Immacolata Concezione”. Di quelle parole Bernardetta non capisce il senso, ma corre del Parroco e gliele riferisce.
Il Parroco ne rimane profondamente colpito. Quattro anni prima il Papa Pio IX aveva solennemente dichiarato che la Madonna era stata concepita senza il peccato originale e per questo è Immacolata.
Nell'ultima apparizione (16 luglio 1858) la Madonna sorrise soltanto.
Otto anni dopo (1866) Bernardetta lascerà Lourdes per farsi suora a Nevers. Vivrà nell'umiltà, come religiosa di intensa preghiera, disponibile ad aiutare nei limiti delle sue forze. Quando doveva soffrire contrarietà e dolori diceva: “Questo è buono per il Cielo”.
Provate dalla malattia (tubercolosi polmonare, che diventò tisi ossea e tumore) morì il 16 aprile 1879 a Nevers, all'età di 35 anni.
* * *
I Santuari di Lourdes e Fatima sono quelli che hanno avuto più riconoscimenti dal Papi, anche se la Chiesa non lega la fede dei cattolici a queste apparizioni e rivelazioni private, ma soltanto al Vangelo e agli altri testi della Sacra Scrittura. L'apparizione della Beata Vergine Maria a Lourdes di 150 anni fa non è un dogma di fede. Le apparizioni fanno parte della sfera privata, ma vanno interpretate come una manifestazione di premura materna della Madonna e come appello alla preghiera, alle conversione del cuore, ad una vita più cristiana, alla penitenza in riparazione dei peccati.
A Lourdes la Madonna ha ricordato il valore e la necessità della preghiera e della conversione del cuore. In quella cittadina dei Pirenei si prega e si insegna a pregare. La Vergine Santa ha ricordato inoltre la necessità della penitenza, in riparazione del male compiuto.
Apparendo a Bernardetta nella grotta di Massabielle, la Vergine Maria intensificò un dialogo tra Cielo e terra, che si è prolungato nel tempo e che dura tuttora come invito a non rassegnarsi a una società senza Dio.
La grotta - dove la Vergine Immacolata invitò Bernardetta a recitare il rosario - è diventata una singolare scuola di preghiera, in cui Maria insegna a tutti a contemplare con amore il volto di Gesù. Ella ci invita, nella buona e nella cattiva sorte, a sapere sempre guardare al cielo con incrollabile fiducia, ben sapendo che qui sulla terra si prepara la felicità nella vita oltre la tomba. Questo è il messaggio che ci viene da Lourdes.
Card. Giovanni Battista Re
ripensandoci
A volte è calda, a volte è fredda. Qualche volta piove, altre invece c’è un sole bellissimo senza una nuvola in cielo. Perfino il giorno sul calendario non è mai lo stesso, cambia ogni anno; alta o bassa qualcuno direbbe. È quella domenica (questo è certo ed immutabile) da passare con chi vuoi; a Natale si sa, devi stare con i tuoi. “Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi...”.
Questo adagio torna ogni anno a rimbalzare nelle nostre orecchie: costume, consuetudine, o semplice modo di dire. Ogni Natale salta fuori, ci avete fatto caso? Arriva dicembre, si sente odore di vacanza, di feste, e... “Cosa fai a Natale?” Risposta: “Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi”. Unica, inimitabile ed eloquente risposta.
Dai... non può essere solo un detto così a caso, buttato lì da secoli solo per una bella rima e perché suona piuttosto bene. Pensateci un po’... “Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi”. È solo rima? No, direi di no. Sotto sotto questo motivetto riassume, secondo me, la grandezza della fede cristiana.
A volte, quando ero piccolo, capitava che in alcune occasioni venisse a trovarci il curato a catechismo; la catechista se ne stava zitta zitta e per quella lezione parlava il prete. Più precisamente avveniva che noi “boce” facessimo domande e il curato rispondeva alle nostre curiosità. Una volta qualcuno chiese: “Ma don... è più importante il Natale o la Pasqua?”
A distanza di qualche anno posso intuire le difficoltà del curato nel cercare di formulare una risposta: “Accidenti... E cosa gli dico adesso? È nato prima l’uovo o la gallina?... Domanda di riserva?”. Passò qualche secondo ed ecco la risposta: “La Pasqua”. Vi lascio immaginare il seguito; al coro di “Perché?” che seguì, il prete decise di intraprendere il sentiero della teologia per dare un’ulteriore risposta. “La Pasqua è più importante perché senza di essa, cioè senza la resurrezione di Gesù, non esisterebbe la nostra religione”. Va bè... per quella volta ci accontentammo di tale risposta che ci sembrò più che esaustiva, ma a distanza di anni, ripensandoci, mi ha lasciato un po’ di dubbi, come la storia dell’uovo e della gallina.
Ecco che giunge anche quest’anno la Quaresima ed ecco che, nel flusso dei pensieri e della preghiera, mi torna in mente quella lezione di catechismo e la domanda che facemmo al curato. Tra le decine di pensieri in sovrapposizione spunta ancora il vecchio adagio: “Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi”. Che stranezze che genera il cervello. Parafrasato suona così: “Passa il Natale con la tua famiglia in serenità, che a Pasqua poi te ne andrai dagli amici a festeggiare”.
Continuo a sovrapporre pensieri e mi rendo conto della grandezza della cosa.
Il mistero del Natale ci è stato donato attraverso la famiglia (Natale con i tuoi...), si instaura nella nostre vite per sempre attraverso una madre, un padre ed un figlio che giunge a portare la felicità. La sacra famiglia diventa quindi il tramite per accogliere Gesù, il Dio fatto uomo venuto a sconfiggere il peccato nella Pasqua della sua resurrezione.
Ed ecco come la famiglia, piccola chiesa domestica, continua ad essere oggi la base, il mattone della Chiesa universale. Nella famiglia cresciamo, condividiamo, amiamo. La Chiesa è semplicemente questo. A noi il compito di condividere il mistero della Pasqua di resurrezione, partendo dall’edificante esperienza della famiglia per arrivare agli altri, agli amici, ai nemici (Pasqua con chi vuoi...) a portare quello che Lui ci ha insegnato: “Amatevi gli uni gli altri”.
E se le cose stanno veramente così, la risposta del mio vecchio curato forse è stata un po’ affrettata. Non ha senso subordinare una festa all’altra. La Pasqua e il Natale sono scritte in noi sulla stessa pagina perché ci sono state donate per un unico grande scopo: volerci bene. Quindi passate pure la Pasqua con chi volete, amando come amate e siete amati nelle vostre sacre famiglie.
“Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi”.
Massimo Gheza
ripensandoci
Ricordiamo come se fosse ieri, era l’autunno del 2004, il giorno in cui don Giuseppe ci convocò in oratorio per comunicarci che, a partire dalla prima settimana di Avvento, avremmo dovuto iniziare la nostra esperienza di animatori dei Centri di ascolto della Parola. Avevamo fatto tutto per benino: tre anni di corso densi di contenuti, preghiera e simulazioni. Ma la paura, almeno per noi, era senza dubbio il sentimento dominante.
Don Giuseppe, dopo aver ascoltato tutte le nostre motivazioni, tese a convincerlo che non eravamo in grado di svolgere il compito che intendeva assegnarci, semplicemente disse: “Capisco tutto, le novità come sempre spaventano, ma vi ricordate la parabola dei talenti? Sicuramente sì! Dunque andate e fateli fruttificare che il Signore vi ricompenserà!”.
Ci comunicò quali erano i luoghi dove i vari centri si sarebbero svolti, a quali di essi eravamo stati assegnati... e tutto ebbe inizio. Noi siamo state destinate al Centro di ascolto di Paline e dobbiamo dire che mai avremmo potuto immaginare ciò che stava per accadere. Fin dai primi incontri è risultato facile trasmettere che lo scopo della proposta è anzitutto quello di condividere la nostra personale esperienza di fede nella vita di ogni giorno e, volta per volta, a seconda dell’argomento da affrontare, stiamo imparando a ripensare alle nostre esistenze, partendo dallo sguardo di Gesù. Abbiamo iniziato a scoprire che Gesù ci chiede di essere cristiani a 360° e ci stiamo impegnando per far sì che, ogni volta che ci troviamo a dover fare una scelta o comunque a prendere una decisione in qualsiasi ambito della nostra vita, ci divenga naturale chiederci, prima di tutto, cosa ne penserebbe Gesù? Cosa farebbe Lui al mio posto?
Per quanto ci riguarda i frutti che raccogliamo da questa esperienza sono tanti e inaspettatamente molto gustosi! Si è creato tra noi un legame che va al di là della semplice amicizia e quest’anno in particolare, affrontando il tema proposto (“una Chiesa che Serve”), ci stiamo rendendo conto che il messaggio di Gesù, nella sua meravigliosa grandezza, è tanto immediato da capire, quanto difficile da mettere in pratica.
Tuttavia stiamo toccando con mano che Lui, conoscendoci alla perfezione, ha provveduto anche a donarci gli aiuti necessari per crescere nella fede, senza i quali sarebbe arduo se non impossibile vivere ciò che Gesù ci propone: la Chiesa e i Sacramenti. Solo per mezzo della Chiesa possiamo ricevere i Sacramenti, primo fra tutti la Santa Eucarestia, indispensabili per rimanere uniti a Lui e tra di noi, sull’esempio dei primi cristiani.
Per poter maturare, infatti, la nostra fede ha bisogno di nutrirsi senza sosta della Parola e dell’Eucarestia, e noi stiamo facendo esperienza che insieme, condividendo nella semplicità il nostro essere cristiani, rendiamo la Sua presenza nelle nostre vite sempre più vera, più concreta, più viva. Alla luce della Sua Parola è più facile individuare e seguire la strada che il Padre ha pensato per ognuno di noi.
Dato che siamo un gruppo che vuole fare comunità ci sembra opportuno lasciare spazio anche alle espressioni di alcune delle persone del nostro Centro di ascolto, sperando di riportarle abbastanza fedelmente:
Un grazie di cuore anche da parte nostra a tutti voi per essere sempre così spontanei e affettuosi... e un sincero augurio a tutti affinché la Pasqua che viene possa essere davvero, anche per noi, l’inizio di una vita vera e nuova in Cristo.
...dal Centro di Ascolto della Parola di Paline
ripensandoci
Tutti i giovani pensano, in un modo o nell’altro, al proprio futuro, con i dubbi e le paure per il domani e le speranze di una vita serena. Noi giovani coppie cristiane abbiamo una marcia in più. Abbiamo scelto consapevolmente il nostro futuro. Abbiamo scelto la nostra vocazione. E ci siamo seduti in cerchio, all’inizio un po’ timidi, chi già un po’ in ritardo, chi con la tosse, chi con la settimana sulle spalle, chi solo e con la propria fidanzata lontana, ma credo tutti con il cuore e con la mente pronti per iniziare un cammino.
Durante il corso prematrimoniale ci è stato detto: «il matrimonio è una vocazione se è scelta d'amore totale, unico, eterno, umano, fecondo, fedele e libero». E non ci siamo meravigliati se nel leggere “Humanae vitae”, Lettera enciclica di Paolo VI, questi valori ci sono apparsi così veri nel loro profondo significato d’amore. Ci è stato anche detto, però, «attenti, perché mai come in questi tempi quei valori vengono meno».
La fragilità dell’amore è evidente nei numeri delle separazioni e dei divorzi, nella debolezza della famiglia non sufficientemente coltivata, nella responsabilità educativa vissuta con fatica, negli impegni professionali che assorbono gran parte del tempo e lasciano solo le briciole ai legami familiari. In questa situazione il matrimonio si logora: inutile è lottare, impossibile è cambiare. Abbiamo letto e visto insieme i grafici sui quotidiani e ci siamo stupiti sapendo che al giorno d’oggi i divorzi all’estero si possono sottoscrivere addirittura on-line...
È vero, finché si è giovani le vele sono sempre spiegate e gonfie di vento. Sembra impossibile perdere questo meraviglioso slancio di vento. La passione si può attenuare e non mancano le esperienze dolorose e le crisi. Non possiamo dire “Noi non lo sapevamo”, perché il corso ci ha preparato anche a questo, ci ha aperto gli occhi su ogni aspetto, anche su quelli dolorosi, quasi a metterci il bastone tra le ruote.
Avanzando nella vita si capisce che l’amore è una continua conquista, è donarsi senza riserve, reciprocamente “in vista di un mutuo perfezionamento personale”. (Humanae viate, Paolo VI) L’amore va continuamente stimolato e deve essere generatore di vita perché i figli, dono e stimolo per la famiglia e frutto di una maternità e paternità responsabile, permettono di non esaurire l’amore solo tra due persone. I divani delle nostre case dovranno essere allora “consumati” di vita, di tempo trascorso insieme, affinché quei sorrisi scambiati e quelle mani nelle mani, di cui porto un ricordo del corso, non cessino mai di esistere.
Così penso che anche in questo anno, la lezione del Matrimonio come Sacramento che il Don ha voluto dare ai “Suoi” fidanzati sia stata ascoltata, capita, discussa e vissuta. L’esito del corso è sicuramente positivo... e non mi riferisco al fatto che non ci sono state crisi di coppia! Mi riferisco a quegli insegnamenti che ci ha lasciato dentro o a quegli interrogativi a cui ci ha chiesto di rispondere sui figli, sulla fedeltà, sul perdono.
Abbiamo parlato spesso di dono: donare se stesso per l’altro, il dono dei figli... Mi piace considerare un po’ anche questo corso come un dono perché ora le vele sono ancora più gonfie per vivere in coppia con Dio.
«Ti accolgo come compagno di viaggio, ti chiedo di camminare insieme. Ci fermeremo per strada ad aspettarci l’un l’altro, se sarà necessario, adegueremo il passo al passo del più stanco». (In coppia con Dio. Pagine bibliche da leggere in due. Paolo Curtaz)
Carla
ripensandoci
A venti giorni dal Triduo dei morti mi viene di ringraziare il parroco che mi ha chieste di partecipare, dico partecipare, e di venire a predicare in quel di Borno, perché non è possibile non farsi coinvolgere dal clima che si respira in questa occasione.
Vedere una “machina del Triduo” di rara bellezza e magnificenza, segno tangibile della fede dei padri, un trono tanto solenne per Gesù Signore Eucaristico, ti fa toccare con mano la fede che quelli (i nostri padri) avevano e che non si tiravano indietro quando c'era da spendere per il Signore. Quella era Fede di opere e non di chiacchiere: quando si usa il portafoglio per Dio è segno che la fede c'è ed è genuina; fede che si è radicata e si mantiene viva e fruttificante anche ai giorni nostri.
Ho visto non solo la “machina del Triduo”, ma ho goduto soprattutto la presenza di una folla che si accalcava per stare con altri fratelli, per ascoltare la parola di Dio, per lasciarsi disturbare da questa Parola e per volersi lasciare guidare da questa Parola.
Le fede comune si esprime in meraviglioso modo e con mutuo aiuto nel pregare insieme, nell'insieme cantare il nostro Signore. Chi non era presente ha perso qualche cosa di bello, di grande e di valido.
Il nugolo di bambini chierichetti meriterebbe un capitolo di un libro, per non dire dei chierichetti grandi fedeli, puntuali e gioiosi nel servire all'altare. Questa realtà ti obbliga a sperare nel futuro sano di Borno.
Anche i temi toccati potrebbero essere oggetto di approfondimento nella famiglia: è li che la fede masticata, digerita, assimilata diventa vita. Il percorse delle idee toccate è facilissimo: Gesù ci è stato inviato come regalo impagabile del Padre perché noi ne approfittassimo; questo Gesù ci dice chiaramente che senso ha la vita ed oggi in particolare ci richiama il fatto incontestabile, ma spesso non vissuto, che i beni terreni non danno nessuna garanzia per la vita vera, quella non di assaggio, ma che avremo per sempre. Ed in fine, la gustosa e sapiente omelia del nostro Vescovo sul Paradiso.
Se le nostre famiglie condissero i loro pranzi, almeno quelli festivi, con le parole del Vescovo dateci in regalo in quella ultima sera, certamente anticiperebbero un bel po' di Paradiso e i nostri morti gioirebbero ancora di più vedendo che quanto hanno seminato ai loro giorni, non solo non è andate perduto, ma sta addirittura migliorando.
Grazie a tutti.
don Paolo Ravarini
ripensandoci
Anche quest'anno, dal 3 al 7 marzo, ogni sera abbiamo avuto la possibilità di vivere gli Esercizi Spirituali nella vita corrente. Era giusto, quindi, accennare a questa proposta che, insieme ai Centri di Ascolto, caratterizza da alcuni anni la Quaresima della nostra comunità.
Ma siccome viviamo in una dimensione temporale, se non avete di meglio da fare, voi potrete leggere queste righe quando avrete già vissuto gli esercizi, mentre io, per tempi tipografici (Cüntómela deve essere pronto prima di Pasqua), sono costretto a parlarne prima che essi si svolgano realmente.
Per tentare di evitare ciò che fanno i veri giornalisti che, non di rado, si permettono di scrivere su esperienze che non hanno vissuto, recensire libri che non hanno letto o film che non hanno visto, prenderò spunto dalla traccia e dai brani biblici che Padre Natale ha già consegnato a don Giuseppe.
Con il titolo “Lo Spirito vi insegnerà ogni cosa”, lo stesso Padre Natale ha tenuto fede al suo progetto triennale: dopo il Padre e il Figlio, quest'anno ha impostato la settimana di esercizi sulla Terza Persona della SS. Trinità.
Pur essendo una metafora tutt'altro che nuova e originale, proviamo ad immaginare questa settimana come un viaggio da fare insieme: io cercherò di illustrare la cartina con il percorso previsto e con l'indicazione di alcuni monumenti significativi da visitare-meditare; voi potrete riguardarla a posteriori, sperando che magari una parola o un'espressione vi aiuti a recuperare ciò che lo Spirito, mediante anche la vigorosa voce di Padre Natale, ha suggerito al vostro cuore.
1a tappa: “Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udito con i vostri orecchi” (Lc 4,21)
Ricordando l'episodio di Gesù nel tempio mentre legge un passo del profeta Isaia, dichiarandosi poi Lui stesso l'inviato ad annunciare un lieto messaggio ai poveri e la liberazione agli oppressi, siamo invitati a riscoprire la centralità della Parola di Dio che ci salva e ci dona un lieto messaggio oggi, nella nostra quotidianità. Proprio mediante la grazia dello Spirito, la Parola non è solo narrazione di fatti avvenuti 2000 o più anni fa, ma diventa evento attuale, ci dona vita oggi e ci spinge a diventare testimoni attivi di questa Parola di salvezza.
Monumenti da meditare:
2a tappa: “... se uno non rinasce dall'alto” (Gv 3,3)
Da questo punto del nostro viaggio avremo come guida privilegiata il Vangelo di Giovanni, che in questa tappa ci invita ad assistere, nell'oscurità della notte, all'incontro fra Gesù e Nicodemo. Quest'ultimo è attratto dalla figura del Maestro, ma fa molta fatica ad immaginare come si possa rinascere dall'alto. Pensa partendo dalla terra (grembo di sua madre), mentre Gesù lo invita a riflettere partendo dall'alto. È possibile rinascere dall'alto solo affidandoci allo Spirito Santo, meditando la Parola di Dio, accogliendo Gesù come Parola fatta carne, accettando e seguendo la Sua testimonianza di amore, spinto fino al totale abbassamento nella morte sulla croce... perché chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna.
Monumenti da meditare:
3a tappa: “Lo Spirito Santo vi guiderà alla verità tutta intera” (Gv 16,4-15)
A meta viaggio incontriamo un percorso molto difficile anche da descrivere. I discepoli sono tristi perché Gesù annuncia la partenza da questo mondo e dice che è bene così, altrimenti non può venire lo Spirito che ci rivelerà in pienezza cos'è la vita (donarsi agli altri) e cos'è la morte (rinchiudersi nell'egoismo). Il giudizio di Dio si realizza nel condannare il mondo (il male) salvando il peccatore. L'unico vero peccato è non credere nel Figlio e, quindi, non credere e non vivere come fossimo tutti fratelli di un unico Padre. Lo Spirito Santo non ci dice nuove verità, non ci comunica nuove e fantasiose rivelazioni, ma ci conferma e ci aiuta a vivere l'unica e totale verità che è Gesù Cristo.
Monumenti da meditare:
4a tappa: “Ancora un poco e non mi vedrete un po' ancora e mi vedrete” (Gv 16,16)
Se il percorso precedente era accidentato, questo si presenta ancora più oscuro. Per i discepoli cala una fitta nebbia sull'immagine che si erano fatti di Gesù. La sua morte (Venerdì Santo) e il grande silenzio del sepolcro (Sabato Santo) demoliscono tutti i nostri idoli, le nostre idee (anche su Dio), i nostri progetti esistenziali. Tutto sembra finito e inchiodato su una croce di legno. La sofferenza che tutti - credenti e non credenti - sperimentiamo, l'angoscia e i dubbi possono durare anche tutta una vita, ma per Gesù è un tempo breve (... ancora un po'). La croce ci dona la vera immagine di chi è Dio e di chi è l'uomo. Se riusciamo a vivere nella fede questo passaggio, comunque tremendo, il silenzio di Dio viene illuminato dalla Sua presenza, invisibile agli occhi della carne, ma completamente visibile e sperimentabile con quelli del cuore e dello Spirito. Ecco, allora, che l'oscura nebbia è vinta dalla luce della risurrezione.
Monumenti da meditare:
5a tappa: “Nessuno vi toglierà la vostra gioia” (Gv 16,22-33)
Di solito nell'ultimo giorno di un viaggio possono essere molte le emozioni e le riflessioni che sorgono nei partecipanti: alcuni saranno dispiaciuti perché è già finito, altri potranno dichiararsi soddisfatti per le molte cose che hanno potuto vedere, alcuni saranno stanchi, altri ancora proveranno nostalgia per la loro casa e avranno voglia di ritornare.
Non so se potremo provare sensazioni analoghe anche alla fine della nostra settimana di esercizi spirituali. Mi piace, però, la proposta di Padre Natale di concludere l'esperienza parlando di gioia: gioia perché Dio ci ama e sa di quello che abbiamo bisogno prima ancora che glielo chiediamo; gioia perché, in qualunque situazione ci troviamo, Gesù è sempre al nostro fianco avendo sperimentato Lui stesso il dolore, la sofferenza e la morte; gioia perché, come leggo ancora nella traccia di Padre Natale, “lo Spirito Santo è colui che crea la grande tavola della famiglia, dell'amicizia, della parrocchia, dell'amore”.
Come Gesù anche ognuno di noi ad un certo punto della sua vita sarà chiamato a far ritorno alla casa del Padre. Giustamente non sentiamo nostalgia ogni attimo per questo ritorno, ma è bello sapere che questo non sarà ritornare ad una routine quotidiana, bensì ad una vita piena, ad una gioia che nessuno potrà toglierci.
Franco
ripensandoci
“Ho peccato molto in pensieri, parole, opere ed omissioni...”
Iniziamo ogni santa Messa con questa confessione: ho peccato molto! Gran cosa è riconoscere, davanti a Dio, alla comunità, all'umanità intera la nostra colpevolezza: dona, o meglio, ridona dignità alla persona che ha peccato.
A me sacerdote capita raramente di sentire l'autoaccusa di peccati di omissione. Non li troviamo, ci sembra una cosa strana, che si dice tanto per dire anche questo e sentirci a posto, una specie di “voglio stare sul sicuro”.
Eppure nostro Signore Gesù Cristo un giorno ci farà l'esame soprattutto sui peccati di omissione. Tutti abbiamo negli orecchi le parole del giudizio finale: “non mi hai dato da mangiare, non mi hai dato da bere, non mi hai ospitato, non mi hai vestito, non mi hai visitato”... e per questo non ci si sentirà dire da Gesù: “vieni con me, sei dei miei”. Saremo degli esclusi par sempre.
Questo mi sembra di sentir mormorare da te che mi leggi: “Lo so benissimo, ma che cosa ha a che fare con il Consultorio familiare dei cristiani di Valle e Alto Sebino?”.
Gesù non ha detto niente di consultorio, non ha mai parlato di psicologi, di pedagogisti, di psichiatri nei consultori, non ha mai detto nulla di fidanzati o di corsi di preparazione al matrimonio, non ha mai suggerito l'educazione sessuale come scuola, non ha parlato di crisi dalla coppie... Quante cose Gesù non ha detto... Allora cosa tiriamo in ballo i consultori familiari o cose simili? Nel Vangelo non ci sono. Punto e basta. Io sono a posto.
Qui sta il peccato di omissione che ci riporta nella zona del post-passato di Caino dove la Sacra Scrittura registra questo parole: “sono forse io il custode di mio fratello?”...
Oggi abbiamo scoperto nuove povertà e abbiamo nuovo possibilità di soccorrere queste povertà. I gravi disagi dalla famiglie non c'erano ai tempi terreni di Gesù, e non c'erano neanche i professionisti laureati di oggi. Oggi ci sono, e noi oggi possiamo.
Non ci disturba per nulla il rimprovero di Gesù “ero bisognoso, tu potevi aiutarmi e non lo hai fatto?”.
Ecco il Consultorio ti dà una grande evangelica possibilità di contribuire al benessere di tante persone e famiglie che soffrono, non di pancia, di gola, di vestito o di malattia, ma di qualche cosa di più profondo, di meno visibile e che spesso crea un piccolo inferno qui in questa vita.
Pensa, prega, parlane con tutti e, se c'è posto, metti mano anche al portafoglio: il Consultorio può aiutare gli altri ed evitare peccati di omissione anche attraverso la tua generosità.
don Paolo Ravarini
assistente spirituale del Consultorio
Oratorio Arcobaleno
La nostra chiesa bresciana, attraverso alcuni uffici di curia impegnati nel campo della catechesi e della animazione, sta lavorando,da diversi mesi, ad un documento che rediga le linee per un progetto diocesano di pastorale dei pre-adoelscenti e degli adolescenti.
Questo documento, arrivato alla sua seconda bozza, vuole essere condiviso anche a livello delle singole comunità parrocchiali perché, attraverso la mediazione dei consigli pastorali parrocchiali e l’esperienza diretta di educatori e animatori, si possa giungere alla stesura definitiva in modo più condiviso possibile.
Il documento è diviso in tre parti: nella prima e nella seconda parte, con l’ausilio delle scienze pedagogiche, vengono definiti chi sono i pre-adolescenti e gli adolescenti, quali sia la situazione in cui si trovano oggi i nostri ragazzi e le dinamiche psicologiche/affettive che caratterizzano queste età; il tentativo è quello di delineare alcuni obiettivi in ordine alla crescita umana, di fede e all’inserimento graduale e personale all’interno della chiesa e della società.
Questi obiettivi sono certamente alti e gli estensori del documento non si esimano dal sottolinearlo, bensì dicono che: “la misura alta della pastorale adolescenziale (…) sembra cozzare con la realtà del punto di partenza: la situazione degli adolescenti di oggi, segnati da una forte fragilità e «culturalmente» condizionati”.
Rimane pur vero che seppure constatiamo, nei nostri ragazzi, momenti nei quali prevale in loro l’amor proprio e l’egoismo, non possiamo negare come la nostra comunità può vantarsi ancora di molti ragazzi dediti allo studio (in estate anche al lavoro), alla passione per qualche hobby o sport, ma soprattutto capaci di rendersi disponibili tutte le volte che chiedi loro un aiuto.
Nella conclusione della seconda parte del documento, si sottolinea come nell’adolescente la capacità di sognare e la forte immaginazione può diventare una risorsa, un motore che permette di progettare il futuro.
Non volendo rivoluzionare quanto già proposto ai nostri ragazzi dalla singole realtà parrocchiali, il documento, nella terza parte, individua dei punti cardine per l’elaborazione di un concreto progetto parrocchiale zonale.
Tale progetto dovrà interessare l’intero panorama della vita dei nostri ragazzi e quindi prevedere interventi specifici all’interno di tutti gli ambienti di cui sono protagonisti: dalla casa all’oratorio, dalla scuola al lavoro, con una particolare attenzione all’utilizzo del loro tempo libero.
Tutti noi, soggetti diretti o indiretti della crescita cristiana dei nostri ragazzi, in qualità di membri della comunità cristiana, di educatori, di familiari, dobbiamo impegnarci in scelte fondamentali che condizionino, a priori, tutti gli interventi e le azioni educative proposte.
Il documento della diocesi traccia, a riguardo, un preciso e dettagliato elenco di tali scelte.
Anzitutto qualsiasi progetto dovrà avere lo scopo di aiutare ogni singolo ragazzo a dire il proprio libero e responsabile “sì” alla propria vocazione personale, “a scoprire quale sia il suo posto nella chiesa e nel mondo”.
Ciò dovrà avvenire nell’ottica di una educazione di tipo globale, cercando cioè di non separare la maturazione umana da quella cristiana ma facendo in modo che, in ogni aspetto della vita cristiana “crescere” sia sempre “crescere in Cristo”.
Inevitabile sottolineare come la figura dell’educatore/animatore, che segue il gruppo degli adolescenti, sia fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi prefissati; quel che conta è che essi siano veri testimoni, soggetti di una “solida scelta di fede di vita cristiana, e una chiara appartenenza alla comunità ecclesiale”.
Tuttavia essi non potranno essere le uniche figure di riferimento cristiano dei nostri ragazzi; il documento non può nascondere, infatti, l’essenzialità di un costante coinvolgimento della famiglia in quanto “l’adolescente ha ancora bisogno di quei rapporti, così come ha ancora bisogno dell’affetto dei propri genitori”.
La comunità cristiana dovrà aiutare i genitori “ad essere sposi, il più possibile, autentici e cristianamente maturi”.
La nostra tradizione bresciana ha, alle spalle, l’esperienza dell’oratorio come luogo di crescita umana e cristiana per i nostri ragazzi; purtroppo, nonostante per diversi di loro resti uno spazio significativo, bisogna riconoscere che la situazione attuale nelle diverse realtà locali e le prospettive a venire “esigono un forte ripensamento della sua identità e delle sue strutture”.
In particolare, ci si chiede se oggi l’oratorio possa esaurire tutte le possibilità di pastorale degli adolescenti e dei giovani o se sia importante e determinante l’apertura e il collegamento anche con altri luoghi di vita dei nostri ragazzi, come ad esempio quella delle associazioni, dei movimenti, dei gruppi sportivi o di altre istituzioni educative, che vanno al di là degli oratori o delle singole parrocchie.
Se da una parte, dunque, si ribadisce la convinzione che l’oratorio, con la sua forte potenzialità e specificità educativa, può essere ancora una presenza significativa per i nostri ragazzi, dall’altra è necessario attuare uno sforzo per adattare le sue risorse e la sua progettualità alla loro concreta situazione.
Come si può evincere da questo breve sunto gli obbiettivi del progetto diocesano sono alti e l’impegno necessario per raggiungerli cospicuo.
La speranza è quella che anche la nostra comunità possa lavorare al meglio nelle direzioni proposte dalla diocesi, pur ritenendo essenziale anteporre ad ogni generico progetto quello di positivo che è già stato fatto nella nostra realtà.
Una delle frasi finali del documento ne individua lo scopo nel “mantenere viva l’attenzione delle comunità cristiane nei confronti dei pre-adolescenti e degli adolescenti, perché non capiti che, terminato il cammino della iniziazione cristiana con la cresima, vengano abbandonati a sè stessi o siano visti come un problema”.
Convinta e consapevole che l’attenzione verso coloro che rappresentano il nostro futuro non dovrà mai scemare, l’augurio che la nostra comunità deve farsi è, piuttosto, quello di essere in grado di affascinare e condizionare la loro esistenza con l’esempio di una vita vera vissuta sulle orme di Cristo.
Don Alberto - Valerio
oratorio arcobaleno
Giorno migliore non si poteva scegliere per celebrare la Giornata della Vita: il cielo era così azzurro che sembrava dipinto tanto era terso. La nostra splendida chiesa si stagliava maestosa, tuffando tutta se stessa in quel turchino, mentre l'ippocastano protendeva i suoi rami ancora spogli verso l'alto, quasi in atteggiamento di preghiera silenziosa e solenne, di lode a Colui che è Creatore di tutte le cose e di ogni essere vivente.
Sì, in questa giornata anche il nostro ippocastano sembrava voler ringraziare Dio per il dono della vita; lunghissima la sua, tanto lunga che nessuno di quelli che l'hanno visto giovane virgulto gli è sopravvissuto. Quanti amici sono passati sotto quei rami nei giorni tristi del lutto o in quelli gioiosi di festa, come è stata appunto la Giornata della Vita.
Essa è iniziata con la S. Messa alla quale i nostri don avevano invitato, in particolare, tutti i bimbi battezzati durante l'anno precedente. Con i loro genitori e i loro fratelli si sono disposti tutti attorno all'altare per ringraziare Gesù.
Uno dei momenti più belli è stato quando il piccolo Loris è nato a una nuova vita mediante il Battesimo ed è stato accolto nella Chiesa, e quindi nella nostra comunità cristiana. A lui e ad ogni bimbo tanti, tanti auguri per una vita prospera, serena e soprattutto sana, in tutti i sensi: che possano vivere e camminare sempre nella luce del Signore.
I piccoli festeggiati, coi visini vispi e gli occhietti attenti, ogni tanto si sono fatti sentire con i loro gridolini, strappando i sorrisi e gli sguardi compiaciuti del celebrante, don Giuseppe, che, orgoglioso per aver impartito a tutti loro il Battesimo, osservava con tenerezza questi dolcissimi virgulti che meglio di qualsiasi slogan esaltano la gioia di vivere.
A fine celebrazione siamo usciamo sul sagrato con don Alberto che ci ha invitato a pregare con le bellissime parole scritte da Madre Teresa di Calcutta. Finalmente i bambini hanno potuto far volare i messaggi che avevano scritto e appeso al filo dei palloncini.
Quelli qui di seguito non sono che un piccolo assaggio della profondità di pensiero e della lezione di vita che questi piccoli saggi hanno impartito a tutti noi adulti:
Con il naso all'insù abbiamo seguito il volo dei palloncini finché diventavano piccoli come coriandoli variopinti in balia del vento, e poi sempre più minuscoli fino a scomparire del tutto. Abbassando gli occhi, però, abbiamo scoperto che alcuni palloncini erano rimasti impigliati fra i rami dell'ippoocastano, protagonista anche lui, in quanto essere vivente, di questo giorno di festa, di gioia... di vita.
Dely
Oratorio Arcobaleno
- Ma di preciso, tu che cosa fai giù là? Perché io proprio non ho capito.
Seguo i ragazzi delle scuole madie al “Fuori orario medie”. In pratica è il loro pezzo di oratorio. Hanno una grande sala giochi con il calcetto, il ping-pong, il biliardo, i funghetti e uno scaffale con molti giochi in scatola, i roller-blade, i trampoli, i palloni da calcio, da pallavolo, da basket e pure il volano. Ma a questi ultimi giochi possono giocare fuori nei loro campetti o sulla piastra polifunzionale. Poi c’è un pezzo di salone dedicato a quelli più impegnati che tentano di fare i loro compiti: di solito mi sfruttano per la matematica.
- E basta? Tutto qui?
Va beh... ci sono anche gli adolescenti, ma questi li vedo molto di meno. Nella loro saletta si gioca e si chiacchiera attorno al camino... ma poi, lo sai, sono degli adolescenti... quindi...
- Ma non mi dicevi che lavoravi giù là?
La mattina, due volte a settimana, do una mano al custode.
- Custode?
Si, Domenico, il custode... Lavora tantissimo e non è mai fermo! Si occupa in pratica di ogni cosa: dalla manutenzione del giardino (non sai quante foglie secche ho raccolto da novembre a gennaio!), ai piccoli lavoretti di sistemazione, alle pulizie (e non sai quanto è grande il posto!), al mettere in ordine il magazzino, la lavanderia, l’officina...
- E quindi lavori solo il pomeriggio, nel dopo scuola dei ragazzi?
La mattina, ma di rado, mi fanno fare qualche oretta con i bambini piccoli piccoli...
- Piccoli quanto?
Dagli zero ai tre anni!
- E dove scusa?
Alla casa di Alice. Non dire: “Alice chi?”... È l’asilo nido dell’oratorio. Ci sono circa una quindicina, ma a volte anche di più, di bambini piccoli che giocano, vanno con i tricicli, fanno la merenda rigorosamente dopo il girotondo e i bans, disegnano e a volte fanno pure la pipì o si fanno pulire il nasino! Una volta una bimba si è pure incastrata con il piedino nella seggiolina... povera Francesca!
- E basta?
No, no... C’è il turno al bar; un bar che per essere di un oratorio non c’entra poi tanto. È proprio un bar normale... Sarà per quello che lo chiamano Dream Bar e che l’oratorio in realtà lo chiamano Centro Giovanile 2000! L’ultima domenica pomeriggio che ci ho lavorato, ho fatto più di 350 scontrini e non è che fosse pieno pieno come il giorno di Carnevale. Tutti i volontari che ci lavorano sono simpatici e alcuni per fortuna pure molto giovani... altro che le solite nonne che si piazzano alla cassa.
- Ok! Mi sembri super lanciato?
Dimenticavo di dirti che sto allestendo con una parte degli adolescenti uno spettacolo, un musical che metterà insieme tanti pezzi di musical...
- Un altro musical? Paolo... Basta musical...
Ma dai... è pure divertente!
- E dove vivi giù là?
Sono in un appartamento, che è al secondo piano dell’oratorio, vicino alla stanza del sottotetto e alla stanza per le prove di ballo. Siamo io, un ragazzo brasiliano che aiuta il custode, una ragazza polacca di Danzica e una ragazza ungherese di Budapest. Loro stanno facendo il servizio di volontariato Europeo e svolgono più o meno i miei stessi compiti, ma lo fanno con i bambini delle elementari!
- E per il mangiare? Il lavare? Lo stirare?
A pranzo una cara signora, la Luisa, ci prepara dei deliziosi pranzetti: sempre primo e secondo ogni giorno... e a tavola siamo sempre in otto o dieci. C’è sempre anche il curato don Alberto, il secondo curato don Fabio e il parroco don Rosario. Ogni tanto poi ci sono diversi ospiti... è divertente, è un modo per incontrarsi e confrontarsi, vedere se va tutto bene. A cena di solito cucino qualcosa di veloce: ho scoperto il microonde! Il lavare e lo stirare? Oramai sono un casalingo perfetto! Mi stiro anche le camicie da solo e faccio spesso pure le pulizie di casa... in 4 si fa presto a sporcare tutto.
- Però... mai un attimo fermo!
Aspetta... dimenticavo che ogni tanto faccio anche il turno in segreteria!
- La segreteria in un oratorio?
Serve... sta sicuro che serve! E servirebbe pure una segretaria, ma purtroppo ora non c’è, anche solo per ricevere le informazioni, per le iscrizioni ai catechismi, ai vari corsi che qui ci sono...
- Corsi?
Si, danno a disposizione delle stanze per vari corsi: dal ballo latino americano, ai corsi di lingua araba; dai corsi per fidanzati a quelli per gli agricoltori, ai corsi di filosofia, psicologia. Pensa che c’è pure una sala prove per i gruppi musicali che vogliono suonare le loro canzoni! E pure una sala conferenze, una sala del consiglio e una sala audiovisivi... L’altro giorno c’era pure un’assemblea condominiale! Pensa, hanno pure un sito: www.cg2000.it.
- Wow!!!
Lascia stare wow... è solo una realtà diversa! La parrocchia dei Santi Faustino e Giovita di Chiari è di diciotto mila abitanti... per forza così tante proposte, così tante idee e pure una così precisa e rigorosa organizzazione: dagli educatori (laureati in scienze della educazione!) responsabili dei progetti per bimbi, bambini, ragazzi e adolescenti, agli allenatori delle squadre di calcio, alle suore dorotee (ci sono anche qui!), ai volontari del bar, al custode, a... a noi ragazzi del servizio civile!
- Quindi cosa è sto servizio civile?
Hai presente il vecchio obiettore di coscienza? Bene parti da lì e arriva al fatto che il servizio di leva non è più obbligatorio... io ho scelto di fare un anno come volontario in un progetto educativo come quello di questo centro giovanile 2000.
- Quindi torni a novembre?
Sì a novembre torno...
Queste sono le domande che da quattro mesi a questa parte mi sento rivolgere da tutti. Ce n’è anche un’altra però: “Perché?”...
Perché volevo svolgere da un sacco di tempo un anno di servizio civile. Perché volevo mettermi in gioco. Perché potevo sfruttare il mio tempo libero prima della mia laurea. Perché volevo conoscere realtà diverse. Perché volevo capire se da grande voglio davvero essere un educatore. Perché... Un sacco di perché.
Devo dire che sono molto contento della mia scelta... Però.
Però mi manca Borno. Però mi manca la mia famiglia. Però mi manca la mia ragazza. Però mi manca il mio oratorio. Però mi manca il mio curato. Però mi mancammo i miei adolescenti. Però... Un sacco di però...
Però sono contento... Davvero contento!
Paolo
Oratorio Arcobaleno
Sembra ieri che con il nostro asinello, la sera del 24 dicembre, eravamo in cammino per il paese alla ricerca della locanda dove “passare la notte” ed invece è già Pasqua! Ricordiamo precisamente quella serata: c’era freddo ed alle 21 tutto era già cominciato.
Immersi tra gruppetti di splendidi angioletti bianchi ci compare l’angelo Gabriele ad annunciare l’arrivo del Bambino Gesù e poi via... pronti per partire per Betlemme per il censimento. D’obbligo la visita alla cugina Elisabetta, ma purtroppo il tempo scorre e bisogna già ripartire.
Mentre noi venivamo rifiutati da tutti i locandieri di Betlemme, il perfido Erode viene a conoscenza della futura nascita del re dei giudei e, spaventato, cerca una soluzione al possibile problema. Rifiutati da tutti decidiamo di accamparci in una grotta lì vicino, dove nascerà poi lo splendido Gesù Bambino!
È stata una esperienza molto particolare, certamente da ripetere! Sentirsi catapultati nella Giudea romana è stato molto bello, anche se talvolta l’emozione ha prevalso su tutto.
Un ringraziamento speciale va senza dubbio alla nostra mitica Banda che ci ha seguito lungo tutto il nostro cammino, ai catechisti che si sono impegnati nella preparazione insieme a tutti i nostri bambini con i loro genitori.
Al prossimo anno e buona Pasqua!
Maria e Giuseppe
Ops... Paola e Franco
Oratorio Arcobaleno
Carissimi bornesi,
buon anno! Noi cresimandi, per la prima volta, abbiamo organizzato il capodanno in oratorio e bisogna dire che questa idea è stata bellissima: un’esperienza fantastica, che ci ha aiutato a conoscerci meglio, a vivere l’ultima notte del 2007 in compagnia.
Questo però sarebbe stato molto difficile, data la nostra scarsa capacità di organizzazione, se non fossero stati presenti Franco, Paola, Alex e naturalmente il nostro mitico (cosmico) Don.
Ora per farvi capire meglio ciò che abbiamo vissuto, vi raccontiamo tutto e voi sarete invidiosi.
La favola è iniziata alle 19.00, quando più o meno puntuali, siamo arrivati in oratorio e, dopo un momento di preghiera, ci siamo subito abbuffati con un delizioso aperitivo. Poi la parte più bella... il cenone: pasta (con le alternative bianca, ragù e piccante) e una buonissima pizza!
Quindi, mentre i nostri animatori preparavano i giochi che avrebbero poi animato la festa, noi ci siamo divertiti a giocare a biliardo: come i veri giocatori ci siamo sfidati a colpi di stecche! Oppure a ping-pong e calcetto, come ognuno voleva...
Abbiamo guardato “Bee Movie”, un film di Steve Hickner, proiettato sul grande schermo. E finalmente era arrivato il momento più bello, il più importante, quello per cui si è fatta la festa; mezzanotte.
Pum! Due bottiglie di spumante sono state stappate sul sagrato, con tanta allegria abbiamo brindato, noi cresimandi, lì tutti insieme, impietriti dal classico freddo bornese.
Poco dopo, però, siamo rientrati in oratorio, dove abbiamo giocato a “mangia la mela”, a vari giochi divertenti e risolto un cruciverba ideato dai nostri animatori. Poi, ormai esausti, abbiamo piazzato i nostri sacchi a pelo e, a notte inoltrata, ci siamo addormentati.
L’indomani “mattina”, ognuno a modo proprio, ha dato una mano per pulire l’oratorio, abbiamo fatto colazione al bar ed infine, per concludere la nostra festa, siamo andati a messa delle ore 11.00 e ci siamo alla fine salutati.
Allora? Che ne dite? Ci invidiate o no?
I cresimandi
Oratorio Arcobaleno
Eh sì, anche questo camposcuola invernale è finito. Dopo quattro giorni di puro divertimento, palle di neve, film, giochi in scatola e riflessioni collettive, dopo essere stati per un breve periodo scollegati dal mondo, a Saviore dell'Adamello, torniamo nel nostro amato paese di Borno.
Non esagero dicendo “fuori dal modo”; vivere in quel paese, dal nostro punto di vista, significava fare dei sacrifici: il cellulare non prendeva e la gioventù scarseggiava. Questi sacrifici compiuti da 16 animati e la trade composta dal Don, Antonella e Stefano (meglio conosciuto come “Sti”), hanno portato ad una conoscenza ulteriore tra di noi e ha permesso di dedicarsi completamente ad attività “extravitali” come, ad esempio, massacrarsi a palle di neve e a cuscinate, o fare passeggiate in mezzo a 20 centimetri di neve...
Un ringraziamento speciale va a don Alberto, considerato da tutti il pilastro del camposcuola, che con la sua “stazza” ha permesso di vivere questo campo come una lezione di vita, grazie alla sua saggezza e alla sua determinazione: voto 8 perché non hai rispettato la dieta... peccato!
Alla cuoca più brava di Saviore - Antonella... lo sai che l'età si fa sentire, si diventa sordi e bisogna un po' riposarsi in panchina, lasciando spazio ai giovani... “Cosa fai da mangiare?” è stata la frase ripetuta fino alla nausea - voto 10, anche perché ha risposto con indifferenza alle nostre continue provocazioni riguardo ai suoi piatti prelibati e perché ha insistito per far fare la dieta al Don... The Best (la migliore).
Voto 9 va a “Sti”. Dopo 10 anni di assenza dai campiscuola, ha fatto il suo ritorno a grande richiesta; uno dei più bravi animatori dell'albo d'oro dell'animatore, senza niente da invidiare ai due fantasisti Max e Pol. Si è fatto trovare in forma e ha gestito bene il pressing di noi e in particolare di Nicolò.
Quest'ultimo è stato la punta di diamante di una squadra molto forte ed unita. Non poteva proprio mancare: è stato lui il re di questo ritiro degli adolescenti; a volte ha fatto saltare un po' i nervi a tutti, ma alla fine si è aggiudicato ancora lui lo scettro di trascinatore e di compagno ideale di camera, trovando nuovi sopranomi per tutti. Voto 11 a Nicolò!
Il resto dei grazie vanno ai miei compagni di squadra... gli animati! Ci siamo comportati bene, anzi benissimo, e abbiamo sempre fatto quello che i nostri animatori volevano da noi; abbiamo perfino spalato metà paese liberandolo dalla neve e aiutando le persone in difficoltà; abbiamo affrontato un altro camposcuola ed ora, più forti di prima e con la speranza per il prossimo che si terrà in estate, torniamo sui libri più carichi e felici per questa esperienza. Animati senza voto: troppo bravi!
Non rimane che riporre i freschi ricordi, coltivati in questi giorni, nel cassetto e, perché no, su questo articolo per far capire a chi lo leggerà, cosa si è perso non venendo con noi in questa avventura.
Un saluto a tutti.
Marco Venturelli
P.S. Un voto speciale a Padre Ambrogio che, con la sua simpatia e la sua gentilezza, ci ha ospitato nella casa di accoglienza di Saviore. Lasciandoci le chiavi della casa ci ha detto: “Si può ma non si deve”, riferendosi probabilmente ai molti disastri che avremmo potuto provocare. Anche questa frase enigmatica ci è servita per rispettare la casa che ci ospitava.
Oratorio Arcobaleno
Finalmente di nuovo le vacanze e non poteva non esserci il nostro camposcuola, ricco come sempre di risate, divertimento, amicizia e lavoro.
Questa volta, dopo Astrio e Lombro, la nostra meta è Saviore, un paese disperso tra le montagne dell'Adamello. Nonostante abbiamo sentito l'assenza di persone speciali, come Nicola con la sua intrinseca saggezza o della vivacità di Irene, abbiamo passato dei momenti piacevoli, anche grazie al grande ritorno di Sti, che dopo ben dieci anni di assenza e tomato ad animare un camposcuola, basato sull'amicizia e sulla libertà.
Infatti per il nostro lavoro abbiamo preso spunto dal film “le ali della libertà”. Per chi non lo sapesse questo film parla di un carcerato punito ingiustamente che, dopo anni di reclusione, riesce a fuggire e a vivere da uomo libero.
Camposcuola in libertà? Libertà un accidenti! Ogni volta che volevamo fare qualcosa (tipo verso le due di notte) non potevamo: ovviamente non era dormire. Al contrario abbiamo spalato neve per tutto il paese (che pare piccolo, ma provate voi a farlo), svolto diligentemente i nostri compiti scolastici, dato una mano alla nostra instancabile Antonella che, come sempre, non ci ha fatto mancare nulla.
Come non sono mancate le nostre partite a briscolone, rigorosamente in silenzio e con gente davvero esperta (chiedete ad Enrico), battaglie a palle di neve, suonate al pianoforte, cucinate e tentate fughe dalle nostre prigioni notturne.
Ma allora cosa significa essere liberi? A dare una risposta ci abbiamo provato tutti quanti e non è uscita una risposta uguale, ma grazie al saggio aiuto del nostro don abbiamo capito che, trovando la speranza e la verità dentro di noi, possiamo comunque essere liberi anche se rinchiusi tra due mura.
Abbiamo imparato che ci sono posti a questo mondo che non sono fatti di pietra e che c'è qualcosa dentro di noi che nessuno ci può toccare ne togliere se non lo vogliamo.
Pancaro, Simona e Paola
Oratorio Arcobaleno
Sono scesi dalle fredde e desolate lande della lontana Scozia, armati di spade e di scudi. I valorosi guerrieri in kilt, fieri della loro Patria, sono entrati trionfalmente in Borno, dove per il loro charme, alquanto strano ed insolito per il nostro piccolo paesello di montagna, sono stati riconosciuti con l’ambito premio, per il quale hanno affrontato il lungo viaggio che li ha portati sull'altipiano.
Insomma dall’aria dell’Oceano Atlantico e della calda Corrente del Golfo messicano ai freschi venti della Val Camonica, era solamente un impavido scherzo...
Il nostro carro, che rappresentava il valoroso cavaliere scozzese William Wallace soprannominato Braveheart, uno dei tanti film di Mel Gibson, ha sfilato da Piazza Mercato, Via Vittorio Veneto ed è arrivato finalmente in piazza, dove è stato premiato ed è stato per tutto il pomeriggio occasione di divertimento e di gioco per bambini più piccoli (che non hanno fatto altro che mandare in fumo il duro lavoro di più di una settimana degli adolescenti più volenterosi...).
Tanto di cappello, comunque agli africani di “Mandol” che, se non altro, meritatamente si sono portati a casa il secondo premio.
Il pomeriggio, tipica fresca domenica di carnevale, è stato entusiasmato e scaldato da questa ormai abituale festa di carnevale, che da parecchi anni a questa parte vede coinvolti i grandi ma anche i più piccoli.
E cosa succederà l’anno prossimo??? A voi l’ardua sentenza!!!
Vi aspettiamo numerosi per scoprire di persona le prossime stravaganze carnevalesche di Borno!
Gli animatori e gli adolescenti dell’oratorio
Oratorio Arcobaleno
Ai reverendi Sacerdoti
don
GIUSEPPE MAFFI Parroco e don ALBERTO CABRAS curato,
alle brave FAMIGLIE e in particolare ai cari BAMBINI
della Parrocchia San Giovanni Battista di BORNO (BS)
A nome di quanti hanno ricevuto il frutto della vostra carità e dei vostri sacrifici, i tanti alimentari, pannoloni, medicine, ecc. che avete raccolto e che avete portato al nostro magazzino alla vigilia dello scorso Natale, desidero esprimere ancora il più vivo ringraziamento.
Buona parte di quanto avete raccolto è partito subito col convoglio del 28 dicembre 2007 ed è stato consegnato soprattutto nella città di Mostar, in Bosnia-Erzegovina, all'orfanotrofio dove sono assistiti circa 60 bambini e ragazzi e in tre pensionati per anziani e malati.
Tutto il resto è stato portato col convoglio del 30 gennaio 2008 nel campo profughi di Tasovčići, presso la cittadina di Čapljina dove ci sono anche tanti bambini, e in tre Ospedali psichiatrici in centro Bosnia, in due dei quali sono ricoverati anche diversi bambini e ragazzi: a Fojnica e a Pazarió, poco a sud di Sarajevo.
In tutti questi posti spesso scarseggiano i beni di prima necessita e anche il cibo. Quando ci vedono arrivare tirano un sospiro di sollievo e, pieni di gioia, ci aiutano a scaricare le merci. È commovente veder spuntare un sorriso di gratitudine sul volto scavato dalla sofferenza di tante mamme che hanno subito lutti e violenze terribili durante la recente guerra. Per noi è il più grande “grazie” che riceviamo e che ci dà la forza di continuare, dopo oltre 16 anni e nonostante le tante difficoltà.
Voglio sperare che possiate ripetere questo grande gesto di carità, ma il mio desiderio è che non affidiate a noi il frutto della vostra raccolta, bensì che qualcuno di voi, con un furgone trovato nella vostra zona, possa partecipare ad un nostro convoglio, che noi chiamiamo “pellegrinaggi di carità”, per fare questa grande esperienza di fede e di carità.
Con questo augurio vi saluto cordialmente e vi chiedo il favore di sostenere con la preghiera anche il nostro piccolo impegno di carità. Grazie!
Il presidente
dell'Associazione Regina della Pace
Pescate (Lc), 15 febbraio 2008
Oratorio Arcobaleno
La preghiera attiva è amore,
e l'amore attivo è servizio.
Siamo tutti figli di Dio,
perciò è importante condividere i suoi doni.
Ci rendiamo conto che quello che facciamo
è solo una goccia nell'oceano,
ma l'oceano senza quella goccia sarebbe più piccolo.
(Madre Teresa di Calcutta)
Il “grazie” è una forma di retribuzione diversa dal denaro, che non paga ma appaga per il lavoro svolto. Qualcuno ritiene che il dire grazie può diventare superfluo e inutile, quando lo spirito che ti anima a fare le cose poggia su quella gratuità e su quel disinteresse che è più “divino” che “umano”.
Noi sacerdoti preferiamo, per una volta, rimanere semplicemente sul piano “umano” per dire il nostro grazie a tutte le mamme e i volontari che in occasione della pesca di beneficenza pro-oratorio, si sono prodigati per la buona riuscita. Anche quest’anno la generosità di tante persone che hanno lavorato e si sono rese disponibili a vendere qualche biglietto della nostra pesca, permetterà al nostro oratorio di affrontare le spese di gestione e di riscaldamento, necessarie per poter offrire ai nostri ragazzi un luogo accogliente e pulito.
Grazie, dunque, a tutti coloro che hanno preparato la pesca e grazie a chi ha risposto generosamente venendo a pescare... Ovviamente la nostra gratitudine va in particolare anche a tutti coloro che ci hanno offerto il prezioso materiale per la pesca stessa.
Parlando di servizio e gratuità, non possiamo dimenticare anche tutti i volontari che aprono il nostro oratorio nei giorni feriali e la domenica pomeriggio, e il gruppo delle mamme che curano la pulizia e l’ordine. Anche per questo servizio, silenzioso ma importante, tutta la nostra riconoscenza.
Le parole di Madre Teresa di Calcutta, “quello che facciamo è solo una goccia nell'oceano, ma l'oceano senza quella goccia sarebbe più piccolo”, diventano nella nostra comunità parole vere, come vero, grande e non di circostanza vuole essere il nostro grazie!
I vostri sacerdoti
dalle missioni
Nova Timboteue, 30-1-2008
Carissimi amici del Gruppo Missionario,
siamo già quasi a Pasqua. Scrivo per dare le mie notizie, che riguardano specialmente le coltivazione dei pesci.
Dopo aver preparato l'ambiente conforme alle istruzioni dei tecnici della CARITAS, abbiamo messo nel laghetto artificiale la bellezze di 4.000 piccoli pesciolini tre l'allegria della nostre gente. È un progetto pioniere in tutta la nostra Diocesi e gli esperti ci tengono molto perché possa avere un futuro e sia di esempio ad altri progetti.
È come la nascita di un bambino: l'azione sociale della Chiesa, la Caritas, lo ha partorito; adesso toccherà alla comunità cristiana farlo crescere, sviluppare e diventare adulto. C'è molto entusiasmo in giro e molte speranze di un futuro migliore per lo nostro gente.
Per quanto riguarda il resto, la vita trascorre normalmente. Dopo un mese di ferie, i nostri bambini sono tornati ed occuparsi dell'orto comunitario, che non ha avuto bisogno di acqua perché ha cominciato a piovere a dirotto. Sono nate molte erbacee e adesso bisogna metterci dei ripari.
Il numero dei bambini disabili sta aumentando sempre più e l'aiuto va anche ad altre persone bisognose: la carità non ha limiti. Alcune persone facoltose hanno fatto anche grosse offerte perché il missionario possa aiutare i poveri e i malati. Questo è molto significativo perché non era mai successo prima.
La carità si sta allargando nel senso che adesso non solo aiuto i bambini malati, ma anche altre persone, come ad esempio le ragazze che studiano, che frequentano i corsi di infermiera o che devono trovare un lavoro dignitoso. È di questi ultimi giorni l'aiuto ad una povera donna sdentata perché possa procurarsi una dentiera e così via.
Sono contento del mio lavoro, della mia vita, della mia gente. Ormai non sono più giovane: i prossimi saranno 70 al 2 marzo, Domenica Laetare! Faremo festa.
Un caro saluto a tutti. Grazie per la vostra amicizia e il vostro ricordo.
Padre Defendente
dalle missioni
Una domenica mattina, dopo la S. Messa, i ragazzi di un gruppo di catechismo hanno offerto delle torte preparate dalle mamme. Il ricavato dell'iniziativa è stato donato all'Associazione che ha scritto questa lettera
In qualità di Vicepresidente dell'Associazione U.T.A. ONLUS (UNITI PER TANGUIETA E AFAGNAN), a nome anche del Consiglio direttivo, Vi porgo i miei più sentiti ringraziamenti per l'offerta di € 380,00 fatta all'UTA con bonifico bancario nel mese di Gennaio 2008, soldi raccolti dalla classe Vb del catechismo di Borno, dietro suggerimento di don Giovanni.
Tutti gli aiuti che riceviamo sono per noi preziosi, perché danno la possibilità all'UTA di sostenere gli ospedali africani dei Fatebenefratelli di Afagnan nel Togo e di Tanguiéta nel Benin nell'opera che svolgono per i bambini poveri, rimasti paralizzati alle gambe in seguito alla poliomielite o altro.
Molti di loro con il nostro sostegno economico, mediante operazioni sui tendini e riabilitazione, riescono a
camminare di nuovo e tornano a sorridere alla vita.
Sosteniamo anche il Centro nutrizionale di Tanguiéta, che in collaborazione stretta con la Pediatria dell'ospedale, segue i bambini denutriti, lattanti e svezzati, bisognosi di cure e di integratori alimentari. Per essi proponiamo le adozioni a distanza, anonime e collettive, a € 62,00 all'anno, anche a rate.
Contribuiamo anche alla realizzazione di un progetto di ricerca e cura per i malati di A.I.D.S. sotto l'egida dell'O.M.S. nell'Ospedale di Tanguiéta.
Il Signore Vi renda merito per il bene che fate ai malati poveri dell'Africa.
Di nuovo grazie di cuore, e tanti cordiali saluti.
l Vicepresidente dell'U.T.A.
Fra Luca Beato, Sac. dei F.B.F.
di tutto un po'
Perché ancora oggi tanta gente è affascinata ed attratta dalla vita e dalla testimonianza del beato Innocenzo da Berzo? È attorno a questo quesito che ruotano le pagine della nuova biografia del “fratino” della Valcamonica, pubblicato dalle edizioni Velar ed Elledici in una collana dedicata alle grandi figure della spiritualità cristiana.
Scritto dal giornalista Roberto Alborghetti, il testo - che ha per sottotitolo: “Occhi per il cielo” - accompagna il lettore lungo le tappe principali della vita del beato Innocenzo, “un frate dalla vita apparentemente lineare, minuto nel corpo, ma dal cuore senza limiti, tanto da voler essere solo per Dio e per gli altri”, un seguace del Poverello d'Assisi che le biografie descrivono come un “fallito”, uno “senza importanza”, “inaffidabile”, balbuziente pure.
L'autore si chiede che “mistero” avvolge un piccolo uomo che “quanto all'esercizio di autorità era men che nulla”? E perché è assunto alla gloria degli altari, come testimone esemplare del Vangelo, definito dal beato Papa Giovanni XXIII, “un santo moderno”? Come in una sorta d'inchiesta giornalistica, Alborghetti ripercorre le orme lasciate da Giovanni Scalvinoni, ricostruendo i momenti e le vicissitudini terrene di “un piccolo uomo” che conquistò anche il cuore di san Pio da Pietrelcina, il quale - come documentano le foto a suo tempo scattate nella cella di San Giovanni Rotondo - custodiva un testo del beato Innocenzo, con i lembi delle pagine consunte dalla continua lettura.
Questa nuova biografia del beato Innocenzo ci consegna il “fratasì de Bers” sotto una luce di modernità e di attualità. Una figura straordinaria, che ancora oggi parla al cuore degli essere umani attraverso la propria incredibile vita, dedicata tutta a Dio e al prossimo.
Padre Serafico
sdi tutto un po'
È il titolo di un libro straordinario di Dominique Lapierre, giornalista e scrittore affermato, che un giorno decise anche di diventare benefattore dell'umanità con due convinzioni fondamentali, lui che era diventato ammiratore di Ghandi e amico di Madre Teresa di Calcutta: ci sono sempre mille soli al di là delle nuvole, tutto ciò che non viene donato va perduto.
Così, nell'immaginario del nostro tempo, egli può essere considerato uno dei giusti di cui ha bisogno la realtà del quotidiano per tenere in piedi la baracca e riscoprire un'umanità vera e genuina, in mezzo a tante polemiche sterili e battaglie insignificanti.
Sempre in questo periodo è uscito un volume per ricordare gli 800 anni che ci separano dalla conversione di San Francesco, un altro artefice di mondi più umani, sempre accanto ai poveri di ogni generazione, agli eterni derelitti che camminano ai bordi di società indifferenti. Il titolo del volume è “Risvegliò il mondo” e il santo di Assisi fece proprio questo mediante l'entusiasmo e la rinuncia a privilegi e beni effimeri.
Sempre Dominique Lapierre scrive: «... credo in un mondo migliore. Ho avuto la possibilità di convincermi dell'eterna capacità dell'uomo di superare le avversità e di creare le condizioni per un mondo migliore, vivendo due anni in una bidonville di Calcutta, il quartiere che ho chiamato in uno dei miei libri “La città della gioia”».
Forse ha ancora senso ripercorrere questi itinerari nella società che ci appartiene, per credere davvero che qualcosa possa cambiare, che ognuno può e deve fare la sua parte, che specialmente i giovani, smentendo analisi quasi sempre negative, sappiano riscoprire il donare qualche cosa di sé stessi come unico mezzo per un'autentica realizzazione personale e segno di speranza duratura.
Sentiamo l'urgenza di individuare questi nuovi traguardi, perché solo seguendo queste vie si potrà camminare verso quei soli che superano le nuvole delle pressioni e delle sconfitte del presente. E certamente anche il semplice gesto di donare il sangue in una delle sedi dell'AVIS può essere un piccolo raggio che ridona vita a chi ne ha bisogno e illumina la costruzioni di una possibile “città della gioia”.
Carlo Moretti
di tutto un po'
Domenica 17 febbraio 2008 la grande famiglia dei Sarna “Pinte” di Paline ha fatto festa. Da un po' di tempo noi nipoti avevamo pensato di riunire la nostra famiglia per una giornata di festa insieme. Detto fatto: con un giro di telefonate e di lettere abbiamo invitato tutti i parenti, circa 200.
Ci siamo trovati al Piazzale Mercato per i saluti, poi abbiamo raggiunto don Giuseppe che ci aspettava al Camposanto per la Messa in ricordo dei nostri cari defunti.
Siamo poi andati al ristorante “Gaba” per il pranzo, dove abbiamo potuto dialogare e conoscerci meglio visto
che molti di noi non si incontravano da tanti anni. Si e spiegato ai più piccoli il significato di questa giornata che, a mio avviso, è stata molto importante per arricchire i rapporti e nutrire l’affetto che lega i componenti della nostra famiglia.
Il tempo è passato veloce, troppo veloce, forse non abbiamo potuto dirci tutto quello che volevamo e scorrere con la mente i tanti ricordi che ci uniscono, perciò ci siamo ripromessi di ritrovarci presto.
Un mio consiglio strettamente personale a tutte le famiglie di Borno: fate festa, fate festa, fate festa e... vogliatevi bene.
Diego
di tutto un po'
La Sezione del Club Alpino Italiano di Borno è stata fondata nel 1980. Nel corso degli anni gli associati sono aumentati pian piano fino a raggiungere, nel 2007, i 199 iscritti, divisi in tre distinte categorie di soci: ordinari, famigliari e giovani. Di pari passo sono aumentate sempre più le iniziative che, l’anno scorso, sono state ben 54 ed hanno coinvolto 2713 persone.
I soci bornesi sono 94 e 105 quelli provenienti da 37 diversi paesi e città della Lombardia. Le attività organizzate dalla Sezione coprono l’intero arco dell’anno, dalle escursioni di sci alpinismo o con le ciaspole alle gite estive, dalle iniziative per i bambini alle serate di montagna, dalla manutenzione dei sentieri alle uscite di aggiornamento per i capigita, dai corsi di avvicinamento alla montagna agli incontri in classe con gli alunni delle scuole elementari e delle medie.
La diversificazione delle proposte cerca di accontentare sia il bornese che il turista, l’escursionista allenato ed il principiante, il bambino e la persona “matura”, chi predilige l’ambiente invernale e chi preferisce il verde dei prati e dei boschi, chi vuol percorrere le vertiginose “vie ferrate” e chi si accontenta di raggiungere il rifugio alpino.
I dati riportati sopra, che evidenziano come i bornesi iscritti al CAI siano numericamente inferiori a quelli provenienti da altre località, mi portano ad una riflessione: “Ai bornesi piace andare in montagna? Apprezzano le bellezze che circondano il nostro paesello? “
La mia risposta a queste due semplici domande è NO:
Al sottoscritto interessa relativamente poco che i bornesi frequentino o meno la montagna; interessa molto di più che ci sia un maggior rispetto dell’ambiente montano.
I prati, i boschi, i ruscelli, i torrenti, i laghetti, i pascoli alpini, le montagne che circondano Borno appartengono a tutta la comunità, ma sembra che ognuno sia libero di sporcare, di utilizzare e di sfruttare come meglio crede quello che è il nostro maggior patrimonio, senza che nessuno intervenga o svolga la benché minima azione di controllo.
Cari bornesi, se volete iscrivervi al CAI sarete i benvenuti... e amate un po' di più lo stupendo ambiente che ci circonda.
Buona Pasqua a tutti.
Riccardo Fedriga
anagrafe della comunità
Daniel Filippi
di Ezio e San Lin Tjeng
Borno 26-12-2007
Emma Monteleone
di Luca e Giuliana Colombo
Borno 5-1-2008
Simone Andreoli
di Pietro e Julieth Argumedo
Borno 3-2-2008
Loris Bertelli
di Andrea e Sabrina Belotti
Borno 10-2-2008
Marco Avanzini
di Danilo e Pinuccia Rivadossi
Borno 22-3-2008
Simone Rivadossi
di Gabriele e Margherita Ghitti
Borno 22-3-2008
Cristian Cilluffo
di Filippo e Katia Feriti
Borno 24-3-2008
anagrafe della comunità
Faustino Rigali
2-3-1945 + 6-8-2007
Battista Miorotti
10-10-1922 + 11-12-2007
Maria Rivadossi
9-5-1924 + 12-12-2007
Martina Rivadossi
26-1-1921 + 19-12-2007
Cesare Bazzana
28-11-1932 + 19-12-2007
Pietro Rivadossi
14-2-1928 + 29-12-2007
Giuseppina Moscati
8-11-1922 + 3-1-2008
Maria Angela Miorini
3-10-1946 + 7-1-2008
Amalia Ghitti
14-8-1910 + 8-1-2008
Piero Franzoni
2-3-1945 + 11-1-2008
Mirko Menolfi
+ 19-2-2008
Fedele Baisotti
27-1-1923 + 1-3-2008
Giuseppe Oliva 22-9-1955 + 20-1-2008
Domenica Andreoli 23-4-1952 + 20-1-2008
Ci avete lasciati all'improvviso, insieme, in una domenica pomeriggio. Nessuno di noi ci voleva credere. Il dolore e lo smarrimento in quei giorni sono stati forti, e anche ora avvertiamo la vostra mancanza pur continuando a sentirvi vicini. Vi ringraziamo per la vostra amicizia e per la vostra testimonianza di famiglia unita nel volersi bene e nell’aiutarsi.
Vorremmo ancora una volta potervi abbracciare, ma siamo certi che l'abbraccio più forte e più intenso l'avete già avuto, quando Dio vi ha accolto nella sua eterna comunione di gioia - I vostri amici
Suor Savina Baisotti Nome di battesimo: Domenica
- nasce a Borno il 29 ottobre 1921;
- entra nel convento di Cemmo il 2 gennaio 1942 e veste l'abito il 6 ottobre dello stesso anno; emette i voti temporanei il 9 ottobre 1944 e i perpetui il 22 settembre 1950;
- dall'ottobre 1944 al settembre 1957 presta servizio nelle seguenti comunità: Cemmo (come aiutante della scuola materna di Pescarzo), Brescia, Prevalle, S. Giacomo, Valledrana, Torrazza, Milano;
- dal settembre 1957 all'agosto 1979 a Roma Monte Argentario;
- dal settembre 1979 all'agosto 1982 a Roma Mater Ecclesiae;
- dal settembre 1982 all'agosto 1985 a Brescia via A. Gallo come economa;
- dal settembre 1985 all'agosto 1998 a Roma - Monte Argentario, come economa;
- dal settembre 1998 all'aprile 2005 a Malegno;
- dall'aprile 2005 nella Casa di Capodiponte, dove muore il 28 febbraio 2008 alle ore 10,30;
- è sepolta presso il camposanto di Cemmo, nella cappella dell'Istituto delle Suore Dorotee.
La nostra comunità ringrazia il Signore per questa sua figlia, prega per il suffragio della sua anima e porge sentite condoglianze alle sorelle e a tutti i suoi familiari.
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