Parrocchia san Giovanni Battista - Borno

Archivio Cüntómela

cuntomela Pasqua 2011

Pasqua 2011

Editoriale
Cristo nostra Pasqua si è immolato per noi
Storia e origini della Pasqua
Il Sacro Triduo dei morti
La Pia Fondazione a Borno
Festa della Santa Infanzia e benedizione dei bambini
Beatificazione di un Papa che è rimasto nel cuore della gente
Direzione Parigi per i ragazzi di terza media!
Educare alla pienezza della vita 33° GIORNATA PER LA VITA
Giornata per la Vita 2011 a Borno
Dalle sue piaghe siete stati guaritiXIX GIORNATA MONDIALE DEL MALATO
Testimoni della vita buona del VangeloXV GIORNATA MONDIALE DELLA VITA CONSACRATA
Madre Annunciata Cocchetti: Le suore di Cemmo festeggiamo il XX di beatificazione
Cammino ICFR
Lettera di una mamma ai cresimandi
Famiglie alla scoperta del mondo
L’Italia vista dal nostro Vescovo
Una dolce lezione d’amore
Santa Rita cresce insieme alla solidarietà
Gesù di Nazaret
Con il sorriso
Notizie dal Progetto Cicogna
Il Papa, la Chiesa e il segno dei tempi
Moulin rouge: carnevale 2011
Volontari Casa Albergo cercasi
Una novità musicale
Un augurio tutto avisino
Non “perché?” ma “cosa posso fare?”
Ha ricevuto il Battesimo


Editoriale

Una fotografia dai contorni invecchiati, una lettera o un biglietto ritrovati in fondo ad un cassetto, un semplice oggetto magari privo di valore commerciale, la padella appartenuta alla nonna, un vecchio e arrugginito chiodo impiantato in una trave del solaio, un particolare di quella montagna che si affaccia nel cielo terso della primavera... tutto può divenire segno che anima pensieri e ricordi, che ravviva nella mente e nel cuore affetti e presenze di persone che ci sono state care.

Religioni, culture, popoli ma anche semplici frangenti del quotidiano hanno avuto sempre bisogno di segni che rimandassero a qualcosa di più grande, di più profondo, di simboli che esprimessero ciò che è difficile, se non impossibile, tradurre in parole. Ogni liturgia, laica o religiosa, si realizza e vive mediante segni.

A volte, però, può accadere che questi mutino di significato nello scorrere del tempo, fino a smarrire la funzione e la memoria delle quali erano stati costituiti appunto segni e simboli. Anche la fede cristiana vive di riti, di piccoli o grandi segni che aiutano ognuno di noi ad entrare, accogliere e rimanere nel Mistero.

Questo numero di Cüntòmela, fra i tanti argomenti proposti, vuole aiutarci ad individuare alcuni di questi simboli, ma ancora di più desidererebbe in qualche modo testimoniare che veri segni possono esserlo solo le persone che vivono, camminano, amano, perdonano.

Alcune di esse, che hanno calpestato anche il suolo della Valle Camonica e del nostro paese, sono state dichiarate beate o stanno per diventarlo fra poche settimane. Altre, anche se non appariranno mai sui calendari liturgici, lo sono diventate di fatto nella fedele e amorosa tenacia del loro quotidiano nascosto.

Tutti noi che siamo ancora in cammino su questa terra, con i nostri difetti (peccati) ma anche con le risorse che Qualcuno ci ha donato, possiamo diventare ogni giorno segno di fede, di speranza, di carità per chi ci sta accanto; possiamo continuare ad essere testimoni di quell’evento che 2000 anni fa ha sconvolto alcune donne andate al sepolcro per onorare la morte e che sono state folgorare da una nuova dimensione di vita. Il verbo che si era fatto carne ed era poi stato crocifisso, è Risorto per rimanere eterno segno vivente di amore, eterno simbolo di salvezza.

Buona Pasqua!

La redazione



Cristo nostra Pasqua si è immolato per noi

“Cristo nostra Pasqua si è immolato” (1Cor. 5, 7) ci proclama con ardore S. Paolo scrivendo ai Corinzi. Ecco la novità che contraddistingue la nostra fede, una fede che si innesta sulla Antica Pasqua ebraica, ma che dà ad essa un nuovo e più grande significato. Benché abbiamo sentito molte volte questo annuncio, non siamo però noi cristiani a comprendere la Pasqua Antica in questo modo nuovo. È Gesù stesso che celebrandola ha voluto immedesimarsi nell’agnello che in essa veniva sacrificato a ricordo del passaggio dalla schiavitù d’Egitto alla libertà verso la terra promessa.

Gesù nell’ultima Cena offre il senso di ciò che accadrà in obbedienza al volere del Padre. Lui vuole essere l’agnello immolato, lui si offre in sacrificio, lui, sotto i segni del pane e del vino, si sostituirà ai cibi rituali della Pasqua, per essere perennemente memoriale della salvezza dell’umanità. Così anche noi, nella nostra piccolezza ed incapacità di comprendere il Mistero, possiamo cogliere che quel sacrificio completa e dà nuovo significato alla Pasqua Antica, memoriale della liberazione da una schiavitù terrena e anticipo della liberazione da tutte le schiavitù provocate dal peccato e dalla morte che Cristo Gesù, Figlio di Dio, opera con l’immolazione di sé in croce.

il signore vive

Di fronte al mistero della passione e morte del Signore accettate per noi, non possiamo restare indifferenti, quasi che quegli eventi non toccassero anche noi. Ecco allora che S. Paolo, nella stessa lettera ai Corinzi, invita anche noi a “celebrare la festa... con azzimi di sincerità e di verità”. Questa esortazione ci chiede di provare ad eliminare il “vecchio” che è in noi per lasciarci toccare dalla novità della salvezza ricevuta gratuitamente. Ci chiede di lasciarci purificare dalla Grazia della Pasqua, così che venga eliminato il veleno del peccato ed il cuore si riempia della linfa vitale dello Spirito Santo.

Riconoscenti del dono della vita nuova che si apre davanti a noi e personalmente resuscitati a nuova esistenza, anche noi dunque, facciamo risuonare l’annuncio pasquale “Scimus Christum surrexisse a mortuis vere” - “Sappiamo che Cristo è veramente risorto dai morti” e risorto proprio per noi.

Siano allora le nostre labbra, ma ancor di più lo stile di vita rinnovato e le opere che ne verranno, a dire cosa è accaduto il giorno di Pasqua, il giorno in cui l’Innocente si è fatto vittima, il giorno in cui il Santo si è immolato perché i colpevoli fossero resi di nuovo giusti e i peccatori fossero resi santi. Siamone certi: Gesù ci precede e ci accompagna. Non abbiamo timore a seguirlo sulla via del cielo che si apre davanti a noi, Lui che, solo, è nostra speranza e nostra pace.

Don Francesco



Storia e origini della Pasqua

simboli pasqua

Il significato della Pasqua - Il termine Pasqua deriva dalla parola latina pascha e dall'ebraico Pesah, che significa “passaggio”. Il termine “Pasqua” ha due significati, che convivono tutt’oggi, a seconda che si stia parlando della tradizione ebraica o della tradizione cristiana. Nella accezione originaria, cioè della tradizione ebraica, “Pasqua” celebra la liberazione del popolo di Mosè dalla schiavitù in Egitto e viene festeggiata in occasione del primo plenilunio dopo l'equinozio di primavera. Il passaggio del popolo d’Israele dallo stato di prigionia a quello di libertà. Solo dalla nascita del Cristianesimo, per i credenti nel giorno di “Pasqua” viene celebrata la Resurrezione di Cristo e viene festeggiata la domenica successiva al primo plenilunio dopo l'equinozio primaverile. La festa, oltre alle radicate motivazioni religiose, è legata al risveglio della natura, il passaggio dalla stagione fredda a quella calda.
L'evento ha sempre avuto risonanze agresti e risale ad un'antica celebrazione con cui veniva festeggiato l'arrivo della primavera tramite offerte di ringraziamento, tra cui le primizie del campo e dell'orto, e sacrifici di agnelli, la cui carne veniva consumata con un pasto rituale. Oggi come in passato si ritrovano sulla tavola le spighe di grano tramutate in pane, le erbe, le uova, l'agnello, irrinunciabili e caratteristici alimenti della Pasqua.
Nei primissimi tempi del cristianesimo la Resurrezione di Cristo era ricordata ogni sette giorni, la domenica. Successivamente, però, la Chiesa cristiana decise di celebrare questo evento solo una volta all'anno. A questa decisione diverse correnti religiose si scontrarono nello stabilire il momento della celebrazione. Nacquero così, nel mondo cristiano, gravi controversie, che si risolsero soltanto con il concilio di Nicea (325), in cui si decise, che la Pasqua doveva essere celebrata da tutta la cristianità nello stesso giorno. Il compito di stabilire, ogni anno, tale giorno fu affidato alla Chiesa di Alessandria, ma successivamente, nel 525, la Pasqua venne fissata fra il 22 marzo e il 25 aprile. Oggi, la data si calcola scientificamente, basandosi sull'equinozio di primavera e la luna piena. Ancora oggi però, la data della Pasqua presso le Chiese ortodosse, solitamente non coincide con quella della Chiesa cattolica, perché le Chiese ortodosse utilizzano un calendario lievemente diverso da quello gregoriano, così spesso la festa è celebrata dopo la data fissata per la cattolicità.

simboli pasqua

La Pasqua ebraica - La Pasqua è una festa molto importante anche per gli ebrei. Probabilmente alle sue origini era una festa pastorale praticata dalle popolazioni nomadi del Vicino Oriente. Quando le tribù semite divennero più sedentarie si trasformò in una festa agricola, in cui si offrivano le primizie della mietitura dell'orzo, attraverso la cottura del pane azzimo. Mosé diede un nuovo significato a questa festa, perché la fece coincidere con la fuga del popolo ebraico dall'Egitto. Nel capitolo 12 dell'Esodo, Mosè ordina ad ogni famiglia, prima di abbandonare l'Egitto, di immolare un capo di bestiame piccolo (agnello, pecora o capra) senza difetto, di un anno di età, e di bagnare col suo sangue gli stipiti e il frontone delle porte delle case. I membri delle famiglie consumarono il pasto in piedi, con il bastone in mano, pronti per la partenza, che avvenne in quella stessa notte, dopo che l'angelo di Dio passò per uccidere tutti i primogeniti egiziani, risparmiando i primogeniti ebrei le cui abitazioni erano segnate col sangue. Nel corso dei secoli, il rituale della Pasqua, pur sottoposto a variazioni e a modifiche, rimase sostanzialmente sempre uguale e la festa è tuttora celebrata da tutti gli Ebrei con la massima solennità e per la durata di sette giorni. Fu nel corso di una celebrazione pasquale che Gesù Cristo, secondo la narrazione evangelica, istituì il sacramento dell'eucarestia.

La celebrazione della Pasqua oggi - La Pasqua cristiana, come viene festeggiata in Italia, è preceduta da un periodo di penitenza: si tratta della Quaresima, che dura 40 giorni e va dal mercoledì delle Ceneri al Sabato Santo, cioè il sabato prima di Pasqua. Durante la Settimana Santa nei paesi cattolici si svolgono diversi riti che rievocano la Passione di Cristo: si benedicono le case, si consuma l'agnello pasquale, si distribuiscono uova e dolci a forma di colomba. Un rito molto diffuso in Spagna e in diverse città italiane è quello della "Processione del Cristo Morto", che si svolge di solito il Venerdì Santo. In molti paesi si effettuano due processioni in contemporanea: una con il Cristo morto, l'altra con la Vergine Addolorata. Le processioni partono da due chiese diverse e si incontrano in un luogo preciso, in cui avviene ciò che viene chiamato "l'affrontata", ossia l'incontro di Maria con il figlio defunto.

I simboli della Pasqua

simboli pasqua

Il fuoco - Simbolo fondamentale nella liturgia cristiana, il fuoco è la somma espressione del trionfo della luce sulle tenebre, del calore sul freddo e della vita sulla morte. Durante la ricorrenza pasquale questo simbolo raggiunge la massima celebrazione attraverso il rito del fuoco nuovo e dell’accensione del cero. Nella notte di Pasqua, un fuoco viene acceso fuori la chiesa, intorno ad esso si raccolgono i fedeli e proprio da questo fuoco viene acceso il cero pasquale.

simboli pasqua

Il cero - Il cero pasquale è il simbolo di Cristo, vera luce che illumina ogni uomo. La sua accensione rappresenta la resurrezione di Cristo, la nuova vita che ogni fedele riceve da Cristo e che, strappandolo alle tenebre, lo porta nel regno della luce assieme agli angeli. Dopo l'accensione del cero con il fuoco nuovo una processione lo accompagna all’interno della Chiesa. Questa processione di fedeli simboleggia il nuovo popolo di Dio, che segue Cristo risorto, luce del mondo.

simboli pasqua

L'acqua - È l’elemento che purifica ed il mezzo attraverso il quale si compie il Battesimo. La notte di Pasqua è la notte battesimale per eccellenza, il momento in cui il fedele viene incorporato alla Pasqua di Cristo, che rappresenta il passaggio dalla morte alla vita. Nelle altre domeniche in cui si compie questo sacramento è come se si prolungasse e rinnovasse settimanalmente la domenica per eccellenza, la Festa di Pasqua.



Il Sacro Triduo dei morti

Prima di iniziare il cammino della Quaresima la nostra parrocchia, come da tradizione, vive il tempo del sacro Triduo dei morti. Il Triduo ha una duplice finalità: ci invita a pregare per i nostri fratelli e sorelle defunti, affidandoli alla misericordia del Padre, perché li accolga nel suo Regno, e ci fa’ aprire gli occhi sulla realtà della morte, che attende tutti noi, che ancora siamo qui su questa terra.

machina triduo

Viviamo in un tempo in cui la morte spaventa e si compiono tutti gli sforzi possibili per dimenticarla e nasconderla, promettendo di far vivere l’uomo per molto tempo. Eppure sono esistiti secoli in cui la fine della vita, il futuro oltre la morte sono stati non solo proclamati e predicati, ma anche affrescati sulle pareti di cimiteri e cattedrali, incisi sulle pietre di grandi portali, decorati su splendide vetrate, rappresentati e drammatizzati sulle piazze di città e villaggi. La sequenza Dies irae, che fino a qualche decennio fa si cantava nelle liturgie funebri e che dipinge come in un quadro il giorno del giudizio come giorno tremendo, d’ira e di terrore, nasce soprattutto come testo letterario e poi diventa un testo della liturgia.

Tutte queste espressioni artistiche e letterarie ci dicono che gli uomini e le donne di un tempo riuscivano a convivere con l’idea della morte e sapevano affrontarla forse con più coraggio rispetto ad oggi e con meno paura. Ma se la morte umanamente è una realtà terribile, non può essere così dal punto di vista della fede e per questo siamo chiamati tutti a crescere nella consapevolezza – che è anche speranza – di essere discepoli di un Maestro, Gesù, che ha affrontato decisamente l’ora della morte, che è salito consapevolmente a Gerusalemme, sapendo benissimo quello che lo attendeva.

Ma questo Maestro, ci dicono i Vangeli e la fede, sebbene morto e tornato alla vita e aspetta anche noi in questo passaggio. Il Triduo dei morti ci aiuta allora a liberare la morte della paura, parlandoci di Risurrezione e insegnandoci la ricetta di quella vita senza fine, che è lo scopo del nostro pellegrinaggio terreno. E il primo ingrediente di questa ricetta è la carità.

Nel Vangelo di Matteo (25, 3146), Gesù, presentandoci il ritorno del Figlio dell’uomo, la vita futura non sarà affidata al caso, non sarà come l’estrazione della lotteria o legata alla disposizione d’animo di Dio in quel determinato momento, dipenderà da come avremo vissuto i nostri giorni terreni, se saremo stati capaci di scegliere già qui il Regno di Dio e la sua giustizia, se avremo fatto sì che la nostra esistenza sia un’epifania dell’amore, non il semplice amore umano, non la semplice filantropia, ma quell’amore che ha la sua radice profonda in Dio, il “solo buono”.

Il secondo ingrediente è una vita da risorti già qui. Gesù inviando i suoi discepoli in missione nel mondo (Mt 28,16-20), chiede loro esplicitamente di vivere nel mondo da risorti. E allora Gesù chiede anche a noi di vivere da risorti già qui dove siamo; ci chiede di portare la luce della risurrezione nelle trame della nostra esistenza, soprattutto in quelle più complicate e buie, come annunciatori e testimoni fedeli.

In tempi in cui questo valore è diventato molto relativo e vissuto all’acqua di rose in parecchi matrimoni, i cristiani sono inviati ad essere fedeli. La fedeltà a Dio e alla sua Chiesa deve essere il valore fondamentale che guida i discepoli di Gesù, anche quelli di oggi. Saremo testimoni credibili se saremo testimoni fedeli, capaci di non farci sballottare qua e là da qualsiasi vento di dottrina, dalle opinioni della gente o dalla moda del momento.

Il cristiano non può permettersi di essere una banderuola che si rivolge là dove meglio gli fa comodo, deve rimanere saldo e fermo nelle convinzioni del Vangelo, ancorato a Cristo. Vivendo una vita già nella luce del Risorto ed esercitandoci nella carità, facciamo in modo che il timore della morte non abbia il sopravvento su di noi.

Don Simone



La Pia Fondazione a Borno

gruppo Pia Fondazione

Nel mese di febbraio una bella sorpresa ci hanno fatto i ragazzi della Pia Fondazione di Malegno: sono venuti a vistare la nostra chiesa parrocchiale e soprattutto a vedere lo splendore della nostra macchina del triduo perché molti di loro non l’avevano mai vista. Insieme ai loro accompagnatori un bel gruppetto è arrivato col pulmino fin sopra il sagrato della chiesa. Sono entrati e dopo qualche preghiera hanno posto al parroco delle domande sulla macchina del triduo. Don Francesco ha cercato di spiegare le cose più importanti, come ad esempio l’epoca della macchina, a cosa serve, il significato delle figure che sono rappresentate e il senso delle scritte in latino. Poi dopo aver acceso tutte le luci ed ammirato la bellezza della famosa macchina, ci siamo salutati ed i ragazzi sono tornati alla loro sede, contenti di aver visto qualcosa di meraviglioso che il nostro paese di Borno è orgoglioso di possedere.



Festa della Santa Infanzia e benedizione dei bambini

famiglie

Nella suggestiva cornice dell’Epifania abbiamo celebrato la Festa della Santa Infanzia. È una proposta del Centro Missionario Diocesano che vuole ricordare come anche i bambini possano essere missionari ed annunciatori del Vangelo. Così nel misterioso arrivo dei Re Magi, impersonati dai nostri ragazzi di terza media. abbiamo convocato in chiesa tutti i bambini ed i loro genitori per un momento di preghiera e per la benedizione dei bambini stessi. Quest’anno abbiamo invitato quelli nati nel 2010 che per i loro genitori possono a buona ragion essere considerati come dei piccoli “Bambin Gesù” venuti a rallegrare le loro famiglie.

Nella preghiera un posto particolare ha avuto la benedizione di questi bimbi e dei loro genitori che li hanno avuti in dono. Contenti alla fine abbiamo assistito anche alla premiazione del concorso presepi che ha visto partecipare un buon numero di bambini e ragazzi. È sempre bello vedere che un piccolo bambino come Gesù, è capace di attirare a sé e far riavvicinare anche le famiglie che magari per un po’ si erano distaccate da Lui. Noi della parrocchia naturalmente ci auguriamo che questo incontro possa continuare e perciò li accompagneremo con la nostra attenzione e la nostra preghiera.



Beatificazione di un Papa che è rimasto nel cuore della gente

Una delle celebrazioni religiose più alte dell’anno in corso sarà, fra pochi giorni, la beatificazione di Papa Giovanni Paolo II. Negli ultimi dieci secoli, Benedetto XVI è il primo Papa che innalza agli onori degli altari il suo immediato predecessore. La celerità con cui, per Papa Giovanni Paolo II, la complessa procedura è stata portata a termine si deve alla grande fama di santità che egli gode nel mondo intero e al fatto che Papa Benedetto XVI aveva dispensato dalla norma che impediva di iniziare l’iter prima che fossero passati cinque anni dalla morte. Per il resto la procedura è stata osservata con ogni accuratezza.

papa Giovanni Paolo II

Per quanto riguarda il miracolo necessario, fu scelto, fra i vari possibili, quello della guarigione dal morbo di Parkinson della Suora francese (infermiera) Marie Normand: guarigione avvenuta due mesi dopo la morte del Papa.

Per la cerimonia di beatificazione è stata scelta la domenica 1° maggio, ottava di Pasqua, perché è la festa della Divina Misericordia e fu proprio Papa Giovanni Paolo II a istituire tale celebrazione liturgica, convinto com’era della grandezza della Misericordia Divina e del bisogno che il mondo odierno ha della misericordia di Dio. Inoltre fu proprio dopo i primi vespri di questa festa liturgica che Giovanni Paolo II morì (in quell’anno coincideva con il 2 aprile).

Tale ricorrenza cade quest’anno il 1° maggio, festa dei lavoratori, e sembra una coincidenza felice per un Pontefice che in gioventù è stato operaio e che tanto ha promosso la dignità del lavoro ed i diritti umani dei lavoratori.

Papa Giovanni Paolo II è rimasto nel cuore della gente. La luce dei suoi insegnamenti e della sua testimonianza personale non si è spenta con la morte, ma continua ad illuminare il cammino dell’umanità.

Certamente è un Papa che non è morto nel cuore dei bornesi e dei bresciani, anche perché durante il suo pontificato è stato in terra bresciana ben cinque volte, di cui una a Borno. Come noto fu due volte a Brescia città, visitando anche Concesio, e due volte in Adamello (una a sciare e una per celebrare la Messa per gli alpini).

Egli è certamente un Papa che appartiene ai giganti della storia, perché è stato un protagonista di portata storica. Suo grande merito è di avere risvegliato nel mondo il senso religioso. Ha fatto capire che non si possono limitare gli orizzonti dell’uomo a questa terra. Ha insegnato che la coscienza “in cui l’uomo si trova solo con Dio e scopre una legge scritta nel cuore” (Gaudium et spes, 16) conferisce un’altissima dignità all’uomo e alla donna, che nessuno può strappare o sopprimere, e che ognuno è obbligato a seguire.

Ha avuto fiducia nella forza delle istanze spirituali e morali ed ha sempre messo al centro la persona umana, con la sua intangibile dignità e libertà.

Ha avuto fiducia nei giovani, dei quali è stato sincero amico: un amico esigente, con una grande passione educativa nei loro riguardi.

Egli, inoltre, ha saputo congiungere un profondo e penetrante realismo storico con uno sguardo illuminato dalla fede. Perciò ha saputo scorgere l’azione di Dio nella trama degli avvenimenti ed ha saputo influire da protagonista sul corso degli eventi, incidendo nella storia, come ha affermato lo stesso Gorbaciov; ma la prima e fondamentale caratteristica del suo Pontificato è stata religiosa. Infatti, il movente di tutto il Pontificato, il motivo ispiratore di tutte le iniziative intraprese fu religioso: tutti gli sforzi del Papa miravano a fare rientrare Dio da protagonista in questo mondo.

La ragione per cui Giovanni Paolo II era contro il comunismo era un motivo non politico, ma religioso: egli operò con coraggio contro il Comunismo perché era un sistema che professava l’ateismo e perseguitava la Chiesa, e in pari tempo opprimeva l’uomo, negandogli piena libertà.

Il vibrante appello pronunciato nella prima celebrazione in Piazza San Pietro: “Non abbiate paura! Aprite le porte a Cristo!”, esprime bene la linea ispiratrice di tutto il suo pontificato.

La Divina Provvidenza mi ha concesso la gioia e il privilegio di essere vicino al Papa Giovanni Paolo II dall’inizio del suo pontificato fino alla fine. Vivendo vicino a lui, molte erano le cose che colpivano. Impressionava la capacità che aveva di parlare alle folle, il fascino che esercitava sulla gioventù, colpiva il suo coraggio, la facilità che aveva di parlare molte lingue; colpiva la sua carica umana e la profondità del suo pensiero.

Però, la cosa che mi ha sempre colpito di più è stata l’intensità della sua preghiera. Una preghiera profonda e intimamente personale, e in pari tempo legata alle tradizioni e alla pietà della Chiesa.

Attirava l’attenzione il modo in cui egli si abbandonava alla preghiera: si notava in lui un trasporto che gli era connaturale e che lo assorbiva come se non avesse impegni urgenti che lo chiamassero alla vita attiva. Il suo atteggiamento nella preghiera era raccolto e, in pari tempo, naturale e sciolto: testimonianza, questa, di una comunione con Dio intensamente radicata nel suo animo; espressione di una preghiera convinta, gustata, vissuta.

Commuoveva la facilità, la spontaneità, la prontezza con le quali egli passava dal contatto umano con le folle al raccoglimento del colloquio intimo con Dio. Quando era raccolto in preghiera, ciò che succedeva attorno a lui sembrava non toccarlo e non riguardarlo, tanto si immergeva nell’abbandono in Dio.

Egli si preparava ai vari incontri, che avrebbe avuto in giornata o nella settimana, pregando.

Prima di ogni decisione importante Giovanni Paolo II vi pregava sopra a lungo. Più importante era la decisione, più prolungata era la preghiera. Nella sua vita vi era un’ammirevole sintesi fra preghiera ed azione. In breve, possiamo dire che Papa Giovanni Paolo II è stato un grande uomo, un grande Papa e un grande santo.

Grande come uomo: aveva una straordinaria ricchezza di umanità. Aveva profondità di pensiero, con un impianto filosofico e, in pari tempo, era un mistico che aveva dentro di sé una forte tensione spirituale. In pari tempo era molto attento alle persone e alle loro vicende e inquietudini. Aveva inoltre una grande capacità di apprezzare e godere le bellezze della natura, dell’arte, della letteratura, del calore dell’amicizia, delle conquiste umane.

Un grande Papa: è il primo Papa che ha fatto il giro del mondo, percorrendo più chilometri degli altri Papi messi insieme. Nessuno ha incontrato tante persone come lui. Ovunque è stato un grande seminatore di speranza. È il primo Papa che è entrato in una Sinagoga. Il primo Papa che ha visitato una moschea. Un Papa che ha saputo compiere il suo ministero visitando e incoraggiando le comunità cristiane sparse nei cinque continenti. Un comunicatore nato, che ha realizzato una infinità di cose ed ha aperto vasti orizzonti davanti al cammino della Chiesa.

Il giornalista Gian Franco Svidercoschi, con espressione audace, ha scritto che Giovanni Paolo II “ha accorciato la distanza fra il cielo e la terra”, nel senso che ha fatto molto per aiutare gli uomini e le donne di questo mondo ad incontrarsi con Dio.

Un grande santo: fu un uomo tutto di Dio. Per lui Dio non era un concetto astratto, ma il Padre che ci ama e il Creatore di quanto esiste. Il grido nato tra la folla ai suoi funerali: “santo subito”, manifestò la convinzione che c’è nel cuore di molte persone. In lui vi era una perfetta coerenza fra ciò che diceva e ciò che pensava; ciò che appariva e ciò che era.

Giovanni Paolo II ha indicato a tutti la via della verità e dei valori morali e spirituali, come unica strada che può assicurare un futuro più umano, più giusto e più pacifico.

Card. Giovanni Battista Re



Direzione Parigi per i ragazzi di terza media!

Lunedì 28 marzo 2011 noi ragazzi di terza media siamo partiti per il viaggiostudio in Francia e più precisamente per Parigi e Versailles. Prima della partenza eravamo trepidanti e contavamo i giorni che mancavano alla tanto attesa data. Quella mattina, per la paura di non svegliarsi, qualcuno di noi aveva messo tre sveglie... Siamo partiti alle ore cinque da Borno e, attraversando la Svizzera, siamo arrivati in Francia e poi, finalmente, Lione e PARIGI!

Subito ci siamo accorti delle imponenti dimensioni della città (e per noi che veniamo da Borno sembravano veramente senza limiti). La mattina dopo: colazione e partenza per la Tour Eiffel. Descrizione: stupenda, fantastica, bellissima, stupefacente! Unico difetto: i gradini… siamo ancora stanchi. Poi nel pomeriggio: Montmartre, la basilica del Sacre Coeur e le vie dove si riuniscono gli artisti. E la sera? Un’attività extra che ci è piaciuta moltissimo: navigazione notturna sulla Senna con il Bateau-Mouche. Abbiamo potuto ammirare i monumenti più importanti anche illuminati: non erano più gli stessi che avevamo visto di giorno e ci hanno fatto sognare.

gita parigi

Secondo giorno: Versailles. Gli sterminati giardini, dalle bellissime fontane e dalle numerosissime statue, ci hanno preparato alle meraviglie che abbiamo ammirato all’interno, camminando nel salone degli specchi o sognando nella camera della regina. Nel pomeriggio visione scioccante dinnanzi all’architettura moderna del museo Pompidou e presa di coscienza dei problemi di gestione di una grande metropoli, camminando nel quartiere di Les Halles. In serata: l’avvenieristica Défense, dominata da la Grande Arche, sotto al quale ci siamo sentiti microscopici, ma grandi scoprendo di essere attorniati dal marmo di Carrara che lo rivestiva.

Terzo giorno: il più grande museo al mondo, il Louvre e finalmente le opere che avevamo visto solo sui libri. Tutti noi ci siamo resi conto che la storia dell’arte è viva davanti all’imponente Niche di Samotracia o al dipinto di La Croix, “La libertà che guida il popolo” e alla tanto attesa Gioconda, che tutti ci aspettavamo più grande. Dopo pranzo ci aspettava la Parigi antica con la Sorbonne, Palazzo di Lussemburgo, Saint Germain e Nôtre Dame dove tutti abbiamo calpestato il “chilometro zero” (e la tradizione vuole che chi lo fa torni a Parigi) per assicurarci di ritornare nella meravigliosa città della moda e dell’amore.

1° aprile, un pesce disegnato sulla carta è stato infilato da uno di noi sotto la porta della stanza di una profe, ma lo “scherzo” più spiacevole della giornata? Era per tutti noi: fare le valigie e salire sul pullman con direzione Vlacamonica, Borno, casa, perciò era necessario riprendere contatto con la realtà e accettare la fine del nostro “meraviglioso viaggio studio”, della “nostra esperienza magnifica, grazie alla quale abbiamo allargato la cerchia delle nostre amicizie, perché abbiamo stretto i rapporti anche con quei coetanei che frequentiamo raramente”. Certamente abbiamo accresciuto le nostre conoscenze, anche se il nostro francese permane maccheronico (quante risate!), perché abbiamo apprezzato (per la prima volta!!) i documenti della storia e i paradossi dell’architettura contemporanea, “ma non dimenticheremo mai che in albergo scorrazzavamo da una stanza all’altra per chiacchierare con tutti” e che “abbiamo socializzato in modo diverso dal consueto con le nostre profe”, “che ci hanno sempre assecondato nelle richieste” perché, salutandoci, ci hanno detto: “Vi siete comportati correttamente e siamo stati bene tutti insieme!”. W PARIS! … e se qualcuno ci chiederà: “Volete un passaggio per Parigi?”, noi risponderemo: “Oui, merci”.



Educare alla pienezza della vita
33° GIORNATA PER LA VITA

Il mese di febbraio è stato ricco di celebrazioni per la nostra parrocchia, perché oltre alla Giornata del Malato, abbiamo ricordato i bambini nati negli ultimi due anni e le famiglie, nella Giornata della Vita e della famiglia. I vescovi italiani per questa occasione hanno scritto un messaggio, dove richiamando un’osservazione precisa di Papa Benedetto XVI, per cui “alla radice della crisi dell’educazione c’è la crisi della fiducia nella vita” essi mettono a fuoco il problema dell’educazione come sfida e compito urgente a cui tutti siamo chiamati, ognuno nel suo ruolo e vocazione.

Non possiamo negare che la difficoltà ad educare è accentuata da innumerevoli esempi di sfiducia nella vita. Episodi di violenza efferata sulle donne, aborto, anziani abbandonati a sé stessi, omicidi in famiglie cosi dette normali, stupri, brutalità che tolgono la vita a giovani e giovanissimi, ma anche la morbosità della televisione su vicende crude della cronaca rendono assai difficile educare ad una vita gioiosa, piena di significato e bella, oltre ogni bruttura di questo mondo. La cosa più preoccupante però è l’assuefazione che fa apparire tutto normale e lascia intendere un’umanità sorda al richiamo di chi non può difendersi. È la profezia facile di chi già ricordò che “smarrito il senso di Dio, l’uomo smarrisce se stesso” (Gaudium et spes).

I vescovi italiani perciò dicono che ci vuole una decisa svolta culturale, dove uomini e donne di buona volontà, giovani, laici, sacerdoti, persone consacrate, fortemente impegnati, difendano e promuovano la vita. Già molti sono attivi in questo ambito e molte donne sono messe in condizione di accogliere la vita che nasce, sconfiggendo la tentazione dell’aborto. Questa cultura della vita però, potrà svilupparsi ed incidere di più nel mondo se si saprà educare i più giovani a guardare alla vita come dono di Dio fatto all’umanità.

Spesso si vedono persone senza gioia e senza speranza perché hanno dimenticato che l’uomo è veramente creato per ciò che è grande, per ciò che è infinito, e che il desiderio della vita più piena è un segno del fatto che ci ha creato Dio e di Lui portiamo l’impronta. Ed è proprio questa impronta della vita di Dio che si traduce in molte forme di amore quotidiano, attraverso tante famiglie che accudiscono ai loro anziani e malati, sposi che accettano un figlio anche nel disagio economico, genitori che crescono e aprono alla vita i figli, nonni che con sacrificio si occupano dei nipotini e trasmettono la loro esperienza di sapienza, sacerdoti che si spendono per la loro parrocchia, insegnanti che con passione introducono nel mistero della maturità umana i giovani attraverso la scuola.

Queste cose che ho appena ricordato non accadono lontano da noi; accadono anche qui, nel nostro paese, tra le persone che conosciamo e che abbiamo voluto ricordare nelle celebrazioni per i bambini, per i papà e le mamme, per nonni e anziani, per gli sposi, per i malati. Rendiamo dunque grazie a Dio per il bene che ci dà e diventiamo anche noi persone che sanno educare vivendo la vita buona del Vangelo.

Don Francesco



Giornata per la Vita 2011 a Borno

famiglie

Le fotografie che accompagnano questo commento esprimono già la bella esperienza che ogni anno la nostra comunità vive in occasione della celebrazione della Giornata per la Vita. È sempre una festa quando si ricorda che la vita è un dono ricevuto gratuitamente e che, soprattutto, nei bambini è presente la gioia del Signore che condivide con noi la sua stessa vita. L’argento vivo che anima i nostri bambini è proprio il segno che la vita non è mai qualcosa che noi possediamo, perché nessuno può pensare di darsi da sé la vita.

giornata vita

Solo Dio la possiede, ma non la tiene per sé, anzi la condivide. Egli vuole collaboratori perché essa si diffonda attraverso la maternità e la paternità degli sposi che diventano genitori. Il mistero della vita è il mezzo attraverso cui Dio attira a sé noi uomini e ne fa preziosissimi strumenti della continuazione della creazione nel tempo.

Ringraziamo Dio per questo, non dimenticando che anche quando la natura fa perdere la capacità generatrice dell’uomo e alla donna, essi per Dio rimangono intatti nella loro dignità e conservano il diritto di essere rispettati e difesi fino alla morte. La Giornata per la vita dunque ha come missione ricordare che essa va difesa dalla piaga dell’aborto, ma che va altrettanto salvaguardata anche dal pericolo dell’eutanasia, della trascuratezza verso chi è anziano, dall’accanimento oltre misura verso i malati che soffrono terribilmente. Confidiamo che toccando questi temi più spesso. cresca la sensibilità verso la vita umana e la glorifichiamo sempre davanti a Dio, esaltandone l’infinita bellezza, specchio del Suo volto impresso in noi.



Dalle sue piaghe siete stati guariti
XIX GIORNATA MONDIALE DEL MALATO

L’11 febbraio di quest’anno, abbiamo celebrato anche nella nostra parrocchia di Borno, la XIX Giornata Mondiale del Malato. Il Papa Benedetto XVI ha scritto per l’occasione un messaggio dal titolo “Dalle sue piaghe siete stati guariti” ripreso dalla 1° Lettera di Pietro. Il Papa ha voluto così ricordare tutti i malati e chi si occupa di loro, i quali, non sempre nella esperienza della malattia, vissuta sulla propria pelle o partecipata dall’esterno, hanno modo di sentirsi riconciliati con il Creatore.

Quante volte infatti, anche noi abbiamo sentito espressioni come “Perché proprio a me? Perché devo soffrire?” un grido simile a quello di Gesù in croce “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” Certo anche Gesù ha dovuto raccogliere tutte le sue forze per restare sul legno della croce che ci ha salvato, ma il suo dolore è stato immenso e vero. Anzi, ciò che può consolare noi e dare senso anche alla nostra sofferenza è che il suo dolore ha raccolto anche il nostro dolore, il suo soffrire ha aggregato anche il soffrire di tutti i malati, di chi li accudisce, di chi prova dolore come famigliare o amico, di chi vive in sé la fragilità umana.

Perché dà sollievo sapere questo? Perché noi conosciamo ciò che è avvenuto dopo la prova terribile della croce, dopo la morte: Gesù è risorto, ha vinto il soffrire ed il morire con la vita trasfigurata della resurrezione, per cui il male non ha avuto l’ultima parola e la nostra sofferenza accolta, accettata ed offerta con Cristo diventa forma profetica di guarigione e salvezza.

A noi cristiani è offerta tuttavia questa duplice possibilità: quella di lasciarsi opprimere senza speranza dalla malattia oppure quella di viverla in modo “profetico” cioè di vivere l’esperienza del dolore con la fede, in unione a Gesù. Proprio per questo, celebrando la Giornata del Malato, anche noi qui a Borno abbiamo invitato anziani e malati alla Messa nella quale, chi lo desiderava, ha potuto ricevere il sacramento dell’Unzione dei Malati, che aiuta i credenti a portare il peso della salute malferma o gravemente compromessa e dona loro il sollievo e la pace nella certezza che il Signore è sempre vicino a loro.

Un numero considerevole di persone era presente alla celebrazione e ciò significa che si sta superando anche la concezione che questo sacramento sia da amministrarsi solo nell’imminenza della morte. Tutti i sacramenti sono per la vita dell’uomo e l’Unzione degli Infermi è data proprio per riacquistare la salute in questo mondo, e naturalmente è anche per chi si sta progressivamente avvicinando all’acquisto della salute eterna, il Paradiso. Non abbiamo fotografie a testimonianza di questa bellissima celebrazione, ma l’immagine della Vergine Maria e la preghiera per i malati che l’accompagnava, sono per noi un ricordo lieto di quel pomeriggio di Grazia.

d.f.



Testimoni della vita buona del Vangelo
XV GIORNATA MONDIALE DELLA VITA CONSACRATA

Ogni anno da quindici anni si celebra nella chiesa universale la Giornata della Vita Consacrata e sempre per l’occasione viene dato a tutti i fedeli cristiani un messaggio. Quest’anno il titolo del messaggio richiama l’impegno pastorale della chiesa italiana per i prossimi anni, focalizzato nel tema dell’emergenza educativa, così caro al Papa Benedetto XVI. La crisi assai acuta dei luoghi tradizionali della formazione quali la famiglia, la scuola, la comunità civile, fa emergere chiaramente la necessità di trovare altre forme di trasmissione di valori. Imprescindibile però rimane l’esperienza educativa, mediante la quale far comprendere come la piena realizzazione di sé, può essere raggiunta attraverso una giusta relazione tra l’Io e gli Altri, possibile quando si vive più profondamente la relazione tra noi stessi ed il TU di Dio. In questo contesto è di fondamentale importanza “promuovere l’educazione alla vita buona del Vangelo” a cui è chiamata a dare un grande contributo la “vita consacrata” perché in essa è fondamentale l’incontro, l’accoglienza ed il seguire Gesù.

Non si educa alla vita buona del Vangelo in modo astratto, bensì lasciandosi coinvolgere da Cristo ed attrarre dalla sua persona. Ed in questo, sempre necessari sono i mezzi tradizionale della Chiesa quali l’ascolto della Parola del Signore, il ricevere i Sacramenti e la vita vissuta in fraternità e carità. La vita fraterna è un vero antidoto alla chiusura dell’individualismo che affligge la nostra società civile e fa resistenza alla trasmissione di valori comuni. Ma anche i consigli evangelici che sono caratteristica propria della vita consacrata costituiscono oggi la manifestazione profetica di una scelta totale per Gesù e posseggono ancora una grande valenza educativa. La castità assunta con gioia ed equilibrio insegna ad ordinare gli affetti in un corretto rapporto d’amore dove non detta legge l’istinto, ma la capacità di amare mettendo in gioco tutta la persona. La povertà, che riconosce in Dio e nella solidarietà tra le persone la vera ricchezza, educa a prendere coscienza che il “possedere” cose e persone non porta alla felicità duratura, ma rimane una illusione effimera ed ingannatrice. L’obbedienza come atto di consegna della vita al Signore, mostra come sia possibile un autentico sviluppo di sé proprio uscendo da sé e dando corpo alla volontà divina, volontà sempre nostra amica e sempre tesa alla realizzazione del nostro bene.

La vita consacrata dei religiosi e delle religiose vissuta in questa luce non rimane chiusa in una ricerca intima e personale della comunione con Dio, ma si apre sul mondo e diventa testimonianza di una via certo esigente ma possibile per tutti, di comunione con Dio e carità verso le persone amate da Dio. Il Papa Benedetto XVI ci ricorda spesso che “Ciascuno di noi è voluto, ciascuno è amato, ciascuno è necessario.

Non vi è niente di più bello che essere raggiunti e sorpresi dal Vangelo, da Cristo. Non vi è niente di più bello che conoscere Lui e comunicare agli altri l’amicizia che abbiamo incontrato”. In questa esperienza di Dio che diventa anche comunicazione educativa può ancora radicarsi l’impegno specifico delle congregazioni religiose, ognuna secondo il proprio carisma. Sia questo ciò che anima e fa gioire la vita consacrata anche nelle nostre parrocchie perché possa essere anche oggi aiuto a rispondere con cuore aperto alla specifica chiamata che ognuno riceve a vivere la vita buona del Vangelo.

d.f.



Madre Annunciata Cocchetti: Le suore di Cemmo festeggiamo il XX di beatificazione

Annunciata nasce a Rovato (BS) il 9 maggio 1800 da una famiglia ricca di fede, di cultura, di umanità. A otto anni rimane orfana. La nonna paterna, donna di grande pietà e bontà, prende il posto del genitori. Non le lascia mancare affetto e cure e la educa a grandi ideali. I Sacerdoti della Parrocchia e Don Luca dei Conti Passi, le sono direttori e guide spirituali nella crescita umana e cristiana. A 17 anni apre nella sua casa, una scuola per le fanciulle povere del paese. A 22 si diploma maestra ed è la prima Insegnante della scuola femminile comunale di Rovato. A 24 anni perde anche la nonna. Lo zio Carlo, suo tutore e uomo di politica e di affari, vuole che anche Annunciata lo raggiunga a Milano. Sogna per lei un buon partito tra la borghesia milanese che la distolga dalle sue inclinazioni religiose e la faccia sposa e madre felice. Annunciata passa sei anni con lo zio arricchendosi di nuove esperienze.

logo ventesimo

A 31 anni è condotta dalla Provvidenza a Cemmo (Brescia), un grappolo di case ai piedi della Concarena, montagna dolomitica nella media Valle Camonica. Per dieci anni è obbediente e attiva collaboratrice di Erminia Panzerini, la direttrice della scuola, che ama e stima nonostante la profonda diversità di temperamento e di mentalità. Qui è felice di trovare il suo mondo umile e semplice e di essere di nuovo maestra per le fanciulle più povere della Valle. Ma vive in attesa che il Signore le mostri, dove la vuole per sempre consacrata a Lui.

Nel 1842 si consacra a Dio tra le suore Dorotee di Venezia e poi torna a Cemmo il 9 ottobre 1842 con una comunità di religiose in cui accoglie presto alcune aspiranti, ed inizia così il noviziato per le prime Suore Dorotee di Cemmo. Si fa anche pellegrina nella Valle, per diffondere la Pia Opera di Santa Dorotea, per sostenerne le animatrici, per incontrare le giovani che a lei si affidano per la loro formazione e per soccorrere i più bisognosi nello spirito e nelle cose di ordine materiale. Conosce molte famiglie povere e si incarica di provvedere a loro. Le sue parole scendono sui bisogni come una pioggia di misericordia e ha sempre il consiglio giusto. Il nascondimento più assoluto circonda le sue opere di carità e ci lascia spiazzati: “… mettere sempre un pane fresco sul muricciolo per il povero che non oserebbe mai chiedere!” Sa che ogni dono è tanto più prezioso quanto più è avvolto nel silenzio.

Il 28 aprile 1866 il Vescovo Verzeri vuole che il piccolo convento di Annunciata dipenda solo da lui. È un’altra tappa, un altro inizio. Il suo compito è di far crescere le sue suore insegnando loro giorno per giorno la sublime strada dell’unione nuziale con Cristo e della dedizione a Lui. Entra ardentemente e teneramente nel loro cuore ed è preoccupata di lasciare l’eredità del suo spirito ad una famiglia robusta, utile e santa. Muore il 23 marzo 1882, affidando alle sue suore l’impegno di “farsi sante operando molto bene tra le giovani.” Il 21 Aprile 1991 Annunciata Cocchetti è stata proclamata Beata dal Santo Padre Papa Giovanni Paolo II.

Nella vita di Annunciata non c’è nulla di straordinario: si è fatta santa nella fedeltà ai gesti del quotidiano, in risposta ad una chiamata che la impegnava nel dono totale a Dio ed agli altri, attraverso l’opera educativa nella formazione di animatrici cristiane e nell’animazione dei laici.



Cammino ICFR

icfr primo anno

primo anno: Consegna del Crocefisso

Anche quest’anno, ormai il quinto, si sono svolti gli incontri con i genitori e di bambini del primo anno ICFR, l’itinerario di Iniziazione Cristiana alla fede. È stato un cammino che ha richiesto il coinvolgimento delle famiglie, perché sono proprio le famiglie che hanno più bisogno di rispolverare i temi della fede, di rafforzare le ragioni del credere, altrimenti diventa impossibile la trasmissione della fede. I bambini, infatti, hanno una fiducia innata nei genitori e ciò che i genitori insegnano vale infinitamente di più di ciò che possono comunicare le più brave catechiste. Su papà e mamme allora, fanno affidamento i sacerdoti e le catechiste della parrocchia per introdurre ed accompagnare nel cammino di fede i nostri bambini. L’itinerario prevede che ci si trovi una volta al mese, la domenica pomeriggio, in oratorio e mentre i genitori si ritrovano in S. Antonio con don Simone e poi nel lavoro di gruppo, noi catechiste teniamo bambini per far conoscere loro le prime cose, i primi segni e le prime preghiere che manifestano l’amore di Gesù. Questi sono i primi incontri, nei quali abbiamo cercato di coinvolgerli attraverso il gioco in amicizia, mantenendo un clima di calma e serenità. Abbiamo insegnato loro alcune preghiere, il segno della Croce ed il suo significato ed alcune altre piccole cose che serviranno l’anno prossimo, quando inizieremo l’incontro settimanale di catechesi, parallelo all’itinerario mensile dei genitori che continuerà il cammino di quest’anno. Domenica 13 marzo, nella S. Messa dei ragazzi è stato inserito un momento particolare: la consegna ai nostri bambini del primo anno ICFR del Crocefisso. Esso intendeva affidare questi bambini al Signore Gesù e ricordare che è lui il Salvatore nostro, che sulla croce offre la vita per amore nostro. Questo piccolo gesto, anche se è stato compiuto in semplicità è stato accolto con gioia dai nostri piccoli, perché li ha fatti sentire vicini a Gesù e voluti bene da Lui perché siamo suoi. Noi catechiste cerchiamo di far conoscere il Signore ai vostri bambini, ma vi preghiamo di non lasciarci sole in questo compito, nel quale attendiamo anche da voi genitori una grossa mano nel trasmettere la fede ai vostri figli.

Renata

icfr secondo anno

secondo anno: Consegna del Vangelo

Domenica 20 marzo nella celebrazione della Santa Messa delle ore 9,30 i bambini del secondo anno ICFR sono stati protagonisti di un momento importante del loro cammino. Hanno ricevuto infatti il Vangelo. Chiamati uno ad uno, si sono presentati davanti a Don Simone e dalle sue mani, come fossero le mani degli apostoli, hanno ricevuto il testo del Vangelo, la Parola di Gesù. Che senso ha avuto questo gesto? Non è stato un gesto insignificante e banale, come qualcuno ha pensato, trascurando di essere presente, ma anzi è stato un gesto molto significativo. Esso voleva far comprendere ai bambini che il loro venire al catechismo e soprattutto alla Messa la domenica, non ha altro motivo che conoscere Gesù, Colui che ci salva da tutti i mali e dalla morte. Chi non conosce Gesù, chi non legge e non ascolta la sua Parola non si salva, chi sceglie altre cose ritenute più importanti di lui perde l’occasione per salvarsi. Ecco perché questo segno è importante: perché anche i bambini piccoli devono già cominciare a conoscere il Salvatore e ciò che ha fatto per noi uomini. Se ci sta a cuore il nostro destino dopo questa vita è a lui che noi dobbiamo affidarci e questo comincia già da quando abbiamo l’uso della ragione. I papà e le mamme che tengono al bene dei loro figli abbiano ben presente che tante cose che potranno fare per loro sono certo meno importanti di quelle che gli fanno conoscere il Signore. Riempire la vita di azioni e cose solo per farcela sentire meno vuota non serve a nulla e ci fa perdere di vista l’essenziale, che è Dio e la fede. Meglio pensarci visto che il tempo per vivere, seppur fatto di anni, alla fine non è molto, e potrebbe anche andare inutilmente sprecato.

icfr terzo anno

terzo anno: Consegna del Padre Nostro

Nell’ambito dell’itinerario ICFR, nella Quaresima viene collocato un segno significativo del cammino fatto. Quest’anno per i ragazzi del terzo anno ICFR, domenica 27 marzo è stato compiuto un gesto importante: la consegna del Padre Nostro. Perché è così importante questa celebrazione? Perché nell’itinerario di catechesi è la conoscenza di Gesù che ci fa scoprire chi è Dio. La Bibbia ci svela chi è Dio attraverso ciò che lui fa per il suo popolo Israele. Così tra alti e bassi, nell’Alleanza stipulata e più volte tradita da parte di questo popolo, Dio ha modo di manifestarsi come il creatore, come il liberatore, come colui che protegge e salva dai pericoli, colui che è fedele in eterno. Ma questo popolo è duro a comprendere, come noi del resto. È necessario allora, che venga Gesù, il quale è da Dio ed è Dio lui stesso in mezzo a noi, perché ancora più chiara si faccia la percezione sull’identità di questo Dio invisibile ed eppur vero. Ed è in questa maniera, cioè attraverso Gesù che scopriamo che Dio è Padre. Lo è perché ha creato il mondo, ma anche perché vuole il bene del mondo e desidera che il mondo si salvi. Ma è Gesù che ce ne parla, ce lo fa conoscere, ci invita a fidarci di lui ed a scoprire quanto questo Dio ci ami. Dio Padre ci ama e Gesù ce lo mostra in molti modi: parlando, agendo, guarendo, liberando, consolando, ma soprattutto obbedendo al Padre suo che gli chiede il sacrificio di sé per noi. E Gesù accetterà questo sacrificio scegliendo la croce e la morte per poter dare a tutti coloro che crederanno la resurrezione. Gesù,perché avessimo un modo semplice di rivolgerci a questo Dio personale, ci ha lasciato in dono l’unica preghiera che ha voluto insegnare: il Padre Nostro. Questa preghiera ce l’ha data per rivolgerci al Padre in ogni occasione e per ogni necessità. Essa chiede alcune semplici cose ma essenziali per la vita e la fede. È necessario insegnarla e spiegarla ai bambini perché imparino a rivolgersi al Padre sempre, con fiducia e sicurezza che egli ascolta ed esaudisce, ma anche perché si impari che Lui è Dio e noi creature che non possono vivere e soprattutto salvarsi, senza di lui. Ecco allora che il compito dei genitori si fa importante perché è da loro che i bambini potranno acquisire fiducia oppure no in Dio. Tanto quanto sarà presente nella vita dei papà e delle mamme, Dio potrà essere influente e portare Grazia anche nei piccoli. Tanto quanto questo sarà trascurato nei genitori, aumenterà il rischio di abbandono di Dio e della possibilità di salvarsi anche dei bambini. Forse non pensando tanto a queste cose non ci poniamo neanche questi problemi che esigono risposte urgenti circa il nostro destino, perché vivendo superficialmente e senza impegno questo importante aspetto della vita, che è la fede, forte è il rischio di perdere per sempre la via della salvezza. Proviamo a rifletterci sopra e a cambiare atteggiamento verso la fede e certo farà bene oltre che ai nostri bambini, anche a noi.

icfr quarto anno

quarto anno: Consegna del Comandamento dell'Amore

Domenica 3 aprile nella celebrazione della S. Messa delle ore 9,30 anche i bambini del IV anno ICFR sono stati protagonisti di un segno che li ha coinvolti. Nel corso dell’anno catechistico hanno imparato a conoscere meglio Dio che ci è Padre e Gesù che è il suo Figlio unigenito. Hanno cominciato a prendere coscienza che tutto ciò che Dio pensa e fa è per amore nostro. La vita, la famiglia, gli amici, la scuola, lo sport, tutto ciò che fa più felici noi uomini ha a che fare con Dio. Egli per natura sua ama tutte le creature, e vuole che anche noi godiamo di questo bene. Perché fosse chiaro a tutti quanto grande è il suo amore, il Padre ha inviato il suo Figlio a noi: è Gesù. Gesù è uomo e Dio e perciò è capace di parlare nella maniera più autentica dell’amore del Padre e di mostrare chi è lui, attraverso le opere che lui stesso compie e le parole che dice. Questi segni infatti ci fanno conoscere sempre più il nostro Padre del cielo. Ma il modo più chiaro per dirci quanto grande sia l’amore del Padre è stato per il Figlio, quello di accettare la croce per togliere a ciascuno di noi il peccato. Questo è il più alto atto d’amore che Dio abbia pensato e realizzato per noi. Ecco perché tra i tanti insegnamenti che Gesù ci ha lasciato, il più grande è il “comandamento dell’amore”: ama Dio con tutto il tuo cuore, tutta la tua mente e tutte le tue forze ed ama il prossimo tuo come te stesso”. Non so se i nostri bambini hanno già capito cosa vuol dire, ma se troveranno in noi adulti qualche segno del comandamento dell’amore già realizzato, anche per loro sarà più facile mettere in atto questo grandissimo insegnamento di Gesù, che ci salva la vita.

icfr quinto anno

quinto anno: Consegna del Credo

Anche i ragazzi del quinto anno ICFR sono stati protagonisti domenica 10 aprile di una suggestiva celebrazione del loro itinerario di catechesi. Nella Messa delle 9,30 hanno infatti ricevuto il testo del Credo. Il Credo è l’elenco delle verità di fede che noi cristiani professiamo ogni domenica. È importante la Professione di Fede perché dice quello che noi siamo: siamo credenti in Dio Padre, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose e di noi uomini; crediamo in Gesù Cristo che il Figlio unigenito di Dio; crediamo che Egli è nato nell’umanità dalla Vergine Maria e che è il nostro unico Salvatore; crediamo nello Spirito Santo che rende con la sua forza “santi” tutti i battezzati; crediamo nella Chiesa Cattolica che ci fa incontrare oggi Gesù nell’annuncio del Vangelo e ci permette di ricevere la sua forza nei sacramenti; crediamo nella remissione dei peccati che Gesù Cristo ci ha procurato con l’offerta della sua vita in croce; crediamo nella possibilità di essere ammessi alla comunione dei Santi in cielo, tra i quali ci sono anche i nostri defunti morti nella fede; crediamo e speriamo di entrare anche noi nella vita eterna di Dio mediante la resurrezione dei morti perché Gesù stesso è morto e risorto per noi ed è salito al cielo per prepararci un posto in Paradiso. Ecco, questo noi crediamo perché nessun altro può offrirci di meglio per dare senso alla nostra misera vita. Ricordare ed insegnare questo ai nostri ragazzi è compito di noi adulti nella fede perché anche loro nella libera scelta del Signore possano rimanere nella via che conduce al cielo eterno e alla vita felice con Dio.



Lettera di una mamma ai cresimandi

Cari ragazzi e ragazze, fra qualche giorno vi accompagneremo, insieme ai papà e ai padrini, a ricevere il Sacramento della Cresima, perciò mi auguro dal più profondo del cuore che voi siate coscienti di ciò che vi state apprestando a richiedere. Sapete che lo Spirito Santo, che era già in voi col Santo Battesimo, chiede a voi personalmente la risposta ad accogliere i 7 doni perché voi li possiate far fruttare.

Adesso siete voi i veri responsabili della vostra vita spirituale, adesso siete voi che dovete scegliere se usare i 7 doni, per arrivare all’unico e solo fine che è quello di amare Dio e il vostro prossimo, adesso siete voi che, preparati a ricevere i 7 doni, dovete essere capaci di tenere sempre acceso il fuoco dell’Amore che sarà in voi, tenere salda la forza del vento che vi porterà a vivere con amici, nella comunità e dove voi dovrete seminare pace, concordia, armonia e carità.

Adesso si apre un periodo di lotte, sarete combattuti tra il bene e il male, il buono e il cattivo e starà a voi di scegliere la strada giusta. Le tentazioni non mancheranno e spero che allora, vi mostrerete forti “sguainando” le vostre difese ricevute dallo Spirito Santo. Voi sapete che l’unione da’ e fa’ la forza, per cui il vivere in amicizia, in gruppo vi permetterà di creare qualcosa di grande , di bello, di speciale, perché voi avete la gioia di vivere, la spensieratezza, la bellezza. Voi siete sprint, allegria, voi avete voglia di correre, gridare, piangere, amare e soprattutto avete voglia di amici.

La vita vi chiama, il mondo vi aspetta e spera in voi. Anche noi poniamo tutte le nostre speranze in voi, perché voi siete il nostro futuro e voi potete creare un mondo migliore di quello che stiamo vivendo, povero di valori e ideali. Noi genitori che insieme ai Don, alle catechiste e alla comunità intera, vi siamo stati vicini nella preparazione a ricevere questo Sacramento, noi tutti speriamo che i semi che abbiamo piantato in voi diano buoni frutti.

Mi piace pensarvi dei pittori che con i vostri pennelli e colori dipingete il Paradiso per entrarci. Ognuno di voi ha qualcosa da dare che nessun altro ha. Proteggete la vostra innocenza, conservate la vostra purezza di pensiero e fisica. Mostratevi quali siete, semplici, spontanei e leali, scegliete la via della vita che è quella dell’Amore che non vi deve abbandonare mai. Scegliete la via dell’affetto, della fede nel domani, della fiducia reciproca, del bene. Vi hanno mai detto che la vita è meravigliosa? Che è magica? Che è esaltante? Che è spirituale? Che anche nella sua sofferenza vale la pena di essere vissuta? Ed allora dite SI’ alla vita, alla meraviglia, alla gioia, ma dite SI’ anche alla sofferenza , alla lotta che fanno crescere e maturare. Usate le parole “è possibile”, “speranza”, “sempre”, “io posso”, “io voglio”, “io devo riuscirci”.

gita a parigi

Siate ottimisti e scoprirete cose nuove, scoprirete di avere capacità innovative ed il mondo sarà vostro, starà nelle vostre mani. Rimanete in gruppo perché è in esso che si sente e si respira la gioia di vivere, nel gruppo si scaricano le tensioni, nel gruppo ci si sente appagati, nel gruppo si trova la serenità. Ed allora fate qualcosa di utile insieme, cantate, ridete, divertitevi, inseguite i vostri sogni, ma attenti a non dimenticare la preghiera che deve essere la compagna della vostra vita, che è e sarà sempre il rimedio, la medicina, il sostegno nei vostri momenti più delicati e difficili, quando la vostra strada si presenterà con curve ed ostacoli.

La preghiera è Fede e con la Fede si arriva all’Amore, quindi alla serenità interiore e di conseguenza potrete scoprire la felicità, perché solo chi ama di un amore disinteressato ne può godere le bellezze. Provate a dare e scoprirete di quale e di quanta gioia si può essere pervasi. Ed allora, su, coraggio! Auguri per il traguardo raggiunto. Auguri per il cammino che si apre davanti a voi. Auguri per una vita da costruire in cordata perché se qualcuno, malauguratamente, dovesse mettere un piede in fallo, ci sia chi lo potrà tirar su e salvarlo.

Noi contiamo su di voi, ma anche voi potete contare su chi vi è vicino e vi vuol bene: genitori, padrini, Don, catechisti ed amici, quelli sinceri. Unendomi con la preghiera alla comunità che vi accompagnerà ed assisterà il giorno della vostra Cresima, vi auguro un mondo fatto di pace e di serenità interiore, perché possiate affrontare il meraviglioso dono della vita che vale la pena di essere vissuta e combattuta, sempre e comunque.

Francesca P.



Famiglie alla scoperta del mondo

Giovedì 17 marzo 2011, festa nazionale straordinaria in occasione del 150° anniversario dell’unità d’Italia, scuole chiuse cosa facciamo fare ai bambini? Piano A, se il tempo è bello si va a vedere i cervi in alta valle; Piano B, in caso di pioggia si potrebbe andare a Brescia per la festa tricolore per il 150° dell’unità d’Italia e partecipare alla cerimonia dell’alza-bandiera in Piazza Loggia. E’ mercoledì 16 marzo, piove e le previsioni per domani sono pessime: sarà Piano B, partenza alle otto in punto dal ponte.

Giovedì ore otto, la compagnia è composta da sei adulti con otto bambini di età compresa fra i tre e i dodici anni. Giunti a Brescia si parcheggia pochi minuti prima delle 9 e mezza, via di fretta verso la Piazza Loggia. Si arriva appena in tempo per vedere l’inizio della cerimonia. Ci sono le autorità di Brescia su un palchetto centrale, davanti al Palazzo Loggia la bandiera e un picchetto d’onore formato da varie specialità tra le quali un gruppetto di bersaglieri con gli strumenti. La folla, dato forse anche il brutto tempo, è di circa trecento persone tra le quali ci siamo noi. Si cerca di spingere i bambini verso il fronte transennato, davanti agli adulti, per vedere qualcosa. La cerimonia è brevissima, un breve discorso, l’inno di Mameli e, alla fine i bersaglieri che suonano mentre corrono, come è loro caratteristica fare.

gita a brescia

Tra le persone presenti c’è un tipico personaggio folkloristico vestito di rosso garibaldino, con una bandiera in mano, occasione giusta per fare una sua foto ricordo con i bambini, come anche quella con gli alfieri del Corpo della Polizia Municipale. Si nota la mancanza di religiosi. Certamente non possono essere offesi nel giorno in cui si può anche ricordare la scomparsa del potere temporale della Chiesa perché Paolo VI sembra lo ritenesse più che un danno, una grande grazia.

È d’obbligo far vedere ai bambini che nella stessa piazza Loggia c’è la stele a ricordo dei caduti per lo scoppio di una bomba il 28 maggio dell’anno 1974. Quel periodo storico precedente e successivo all’attentato viene definito anche “anni di piombo” per l’attiva presenza del terrorismo politico sia di destra che di sinistra che ha fatto molte vittime innocenti, come nel caso dell’attentato di Piazza Loggia. Comincia a piovere, muniti di ombrelli ci si avvia verso il castello, prendendo le scale per fare prima. Si visita il museo delle armi, la sala dei cimeli delle ferrovie, con i vari pezzi, molto belli, sia da museo che da collezione.

gita a brescia

La mostra del risorgimento non si visita perché la sala è piena di gente ed in quel momento il Sindaco di Brescia sta facendo una inaugurazione. I bambini cominciano a sentire la “Caterina”. Si andrà tutti (o quasi) al ristorante giapponese, dentro il centro commerciale Freccia Rossa, a gustare le numerose specialità messe in piccoli piatti e che girano su un nastro a disposizione dei clienti che ne possono prendere senza limite al prezzo fisso di euro 9,90.

Inutile dire che ci si alza a fatica dopo essersi abbuffati copiosamente ma anche col pensiero rivolto ai connazionali dei ristoratori, colpiti dal tremendo terremoto e tsunami conseguente. Le donne erano già pronte agli acquisti nei vari negozi del centro ma ahinoi (?!!!) erano tutti chiusi per la festa nazionale, così come quelli in città. Se non si può fare shopping si ritorna subito a casa? Qualcuno propone di passare dal caro Don Alberto, che è a dieci minuti di macchina, per un salutino. Detto fatto, il Don ci accoglie in oratorio per concludere una bella giornata in compagnia, a dispetto del tempo.

Gabriele



L’Italia vista dal nostro Vescovo

Questa mattina leggevo l’intervento del nostro Vescovo, all'interno del Consiglio provinciale del 14 marzo 2011, convocato in occasione dei 150 anni dell'Unità di Italia. Ho trovato alcuni spunti interessanti che credo possano aiutarci.

«Nessuno sceglie il luogo dove nasce, la famiglia, le tradizioni, il mondo culturale nel quale viene introdotto con l’educazione; queste dimensioni fanno parte di un dono originario di cui siamo fruitori senza merito alcuno. Sono nato Italiano e debbo dire che questa identità non mi è mai stata di peso; al contrario, l’ho vissuta con gioia e, in alcuni momenti, anche con fierezza».

Mi piace molto questo aspetto: essere italiani è prima di tutto un dono, dice Monari, un dono spesso sottovalutato. Volenti o nolenti tutti noi siamo profondamente legati alla cultura italiana, il nostro modo di comportarci, davanti ad ogni tipo di situazione, sarà sempre influenzato dalle nostre origini. Il nostro modo di pensare, continua il Vescovo, ci è stato trasmesso attraverso la lingua italiana, dice: «ancora oggi, pur avendo studiato altre lingue, penso in italiano. Con questa lingua ho studiato e ho conosciuto una letteratura nobile e ricca; ho conosciuto una storia fatta di fatica e di successo, di bene e di male, di illusioni e delusioni, di speranze e realizzazioni. Sono profondamente legato alla cultura italiana e ne sono contento. Non perché disprezzi altre culture – sarei stupido e meschino – ma perché questa cultura è di fatto la mia e sono contento che sia la mia».

Ormai è diventata una moda fare entrare nel nostro modo di esprimerci termini in altre lingue. Forse insieme a questo sarebbe importante riscoprire la bellezza di alcuni termini italiani ormai dimenticati e cercare di approfondire la conoscenza della nostra lingua e della nostra cultura. Nell’intervento è sottolineata l’importanza della nostra Costituzione dove viene citato l’art. 11, cioè il ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di soluzione delle controversie internazionali. Articolo a cui il nostro Pastore è particolarmente legato

Mons. Monari poi si sente di ringraziare l’Italia, non solo come cittadino, ma anche come Vescovo. L’unità d’Italia ha visto anche forti tensioni e scontri tra potere politico e religioso. Correnti diverse, a volte contrastanti, hanno contribuito a formare l’unità del nostro Paese.

«... nonostante tutto, l’Italia ha camminato e progredito; con balzi avanti, con regressioni dolorose, con momenti creativi ma anche con irrigidimenti, il nostro paese è passato attraverso diverse stagioni storiche custodendo alcuni valori importanti: il rispetto dell’uomo e della donna e il riconoscimento dei loro diritti, la libertà delle persone e dei gruppi sociali, la democrazia come metodo per operare le trasformazioni utili senza conflitti violenti. Per questo anche la Chiesa può e deve essere grata all’Italia. Ripeto: non che tutto sia andato sempre bene; non che non ci siano state tensioni e incomprensioni. Ma in questo paese la Chiesa ha potuto compiere la sua missione, quella di annunciare il vangelo dell’amore di Dio per tutti gli uomini, di testimoniare uno stile di vita che viene da Gesù Cristo e che, siamo convinti, è in grado di umanizzare l’uomo e la società. Non pretendiamo che tutti siano cristiani perché la fede o è libera o, se non è libera, non è nemmeno fede; desideriamo solo che Gesù Cristo e il suo vangelo siano presenti nel nostro orizzonte culturale. E lo desideriamo non perché Cristo sia una fazione culturale con la quale ci identifichiamo e che desideriamo prevalga sulle altre, ma perché in Cristo abbiamo trovato il fondamento di una fede che apre a una visione positiva del mondo e della storia, al rispetto di ogni uomo e di tutto l’uomo. Ebbene, l’Italia ci ha dato questa libertà: di praticare a predicare la fede, di testimoniare l’amore che da questa fede scaturisce».

Ho deciso di riportare integralmente tutta questa parte del discorso perché credo sia veramente di una bellezza e di un’importanza notevole. Il nostro Vescovo conclude auspicando che il nostro cammino possa continuare a crescere per il bene comune e non si fermi in una dimensione egoistica ed individualista. Speriamo avvenga veramente così!

Luca Dalla Palma



Una dolce lezione d’amore

Anche quest’anno, come da alcuni anni a questa parte, l’Istituto Comprensivo di Borno ha attuato una serie di progetti di volontariato al fine di portare un aiuto concreto al prossimo. Uno di questi progetti, chiamato “Un dolce Natale d’amore” è consistito nel donare dei soldi alla piccola comunità di Santana in Amazzonia, per sostituire alcuni tetti in amianto, pericolosi per la salute dei cittadini.

La missione è guidata dal nostro Padre Defendente, originario di Borno e da 48 anni missionario in Brasile. Proprio quest’anno, in occasione del nostro progetto, è venuto a trovarci per raccontare in cosa consiste la sua attività e quali sono le condizioni delle persone che aiuta. La sua attuale missione si trova sulla foce sinistra del Rio delle Amazzoni, ma si tratta del settimo luogo del Brasile in cui P. Defendente presta il suo sostegno spirituale e materiale.

chiesa in costruzione

Grazie al suo racconto è stato possibile per noi comprendere concretamente il significato del nostro aiuto. Per raccogliere i soldi, noi alunni delle classi terze della scuola secondaria di primo grado insieme agli alunni delle classi quinte della scuola primaria, abbiamo sostenuto una vendita di panettoni, spongade, torroni e biscotti, gentilmente forniti dalle fornerie e pasticcerie del paese. La vendita è avvenuta nei giorni precedenti alle vacanze di Natale nella piazza principale del paese. Animato da spirito caritatevole e fervore natalizio (nonché da un sano desiderio di stare qualche ora fuori classe…) ciascuno di noi aveva il proprio ruolo e compito da svolgere: quelli più attivi e volenterosi si occupavano della “pubblicità”, cercando di attirare e invogliare i passanti all’acquisto, altri fornivano i dolciumi ai clienti, mentre quelli più assonnati e bradipi rimanevano fermi alla cassa.

Al termine della vendita “miracolosa” ci siamo dedicati al trasporto a scuola del materiale rimasto e, soprattutto, al conteggio del ricavato. Dopo diversi errori di calcolo e dopo ulteriori verifiche più puntuali, da improvvisati bancari, abbiamo appurato che la somma raccolta ammontava ad un bel “gruzzolo” che, aggiunto alla quota ricavata con la vendita interna alla scuola, raggiungeva la cifra di 2640 Euro.

Che felicità, che soddisfazione pensare che con un piccolo gesto abbiamo potuto aiutare un intero paese! In seguito a questa esperienza abbiamo realizzato che aiutando il prossimo ci si sente persone migliori. Queste attività pratiche di volontariato organizzate dall’Istituto Comprensivo di Borno e, in modo particolare, dal gruppo “Solidarietà-Scuola” costituito dalle insegnanti Giovanna Versaggio, Antonella Franzoni, Loretta Bossetti, Anna Fiora e Ida Rivadossi, permettono a noi alunni di conoscere realmente le difficoltà del mondo e di comprendere come ognuno nel suo piccolo può fare qualcosa di grande.

Gli alunni della classe terza della scuola secondaria di I grado



Santa Rita cresce insieme alla solidarietà

chiesa in costruzione

13 marzo 2011

Don Francesco, stiamo lavorando velocemente al santuario di Santa Rita. Stiamo già pensando alle porte e alle finestre (20), che saranno in vetro temperato fumé. Ringrazio del tuo interessamento. Franco mi ha mandato il progetto missionario della Quaresima. Anche noi qui stiamo lavorando per il progetto della Campagna della Fraternità che quest’anno ha come tema l’ecologia. Bisogna rispettare la natura se no lei si vendica, basta vedere i disastri dei fenomeni naturali, terremoto, tsunami, tornado, ecc. Mando la foto dei lavori, “opus fervet”, dicevano i latini! Ciao.

Padre Defendente

manoel

21 marzo 2011

Buongiorno Sr. Parroco, qui sono le 3,45 del mattino... Mica sono un dormiglione! Ieri, terza domenica del mese, c’é stata la messa della solidarietà, che si celebra tutti i mesi, sempre alla terza domenica. Anche i bambini piccoli portano qualcosa per i poveri. É bello vedere come le mamme insegnano ai loro piccini a fare questo gesto di solidarietà. Io ho insegnato alla gente di qui il famoso ritornello “nessuno è così povero che non abbia qualcosa da dare”. E la nostra gente che è povera davvero sta corrispondendo con buoni risultati. Anche Manoel Cassio, un ragazzo disabile, come vedi porta un dono per i poveri, un fagotto di indumenti. Sabato i bambini mi hanno portato un cesto di grosse lumache, erano 21 esattamente. Le mangeremo in questi giorni. Un caro saluto.

Frei Defendente

s. anna

Un appello ai bornesi e ai palinesi

17 marzo 2011 - Buongiorno Sr. Parroco... mando la foto ufficiale della Campagna della Fraternità che quest’anno ha come tema l’Ecologia: Il CREATO piange con gemiti di parto (Rm 8,22). Mando pure la foto dei lavori di Santa Rita. E una terza foto, quella di Sant’Anna, patrona della nostra città. Falla vedere a quelli di Paline... È troppo brutta davvero.

Frei Defendente

Non so se Padre Defendente voleva solo farci vedere uno scorcio della sua nuova città, oppure toccarci un po’ il cuore affinché veniamo in soccorso della sua Sant’Anna. A dire il vero la bellezza di questa statua della mamma di Maria non brilla molto, così come la Vergine fanciulla. Chissà che non possiamo ravvivarle un po’ con qualche aiuto.



Gesù di Nazaret

Dopo il primo volume pubblicato il 16 aprile 2007 e che illustrava il periodo della vita pubblica di Gesù che va dal Battesimo nel Giordano alla Trasfigurazione, ponendo al centro il discorso della montagna, da qualche settimana è uscita la seconda parte di un'opera mediante la quale Joseph Ratzinger - entrambi i due volumi, per volontà dell'autore, non fanno parte del Magistero e quindi possono essere liberamente letti, discussi e criticati - ha voluto cercare di delineare la persona reale di Gesù Cristo partendo ovviamente dai Vangeli e scrutando l'intera Bibbia.

Come ricordava lo stesso Ratzinger nell'introduzione al primo volume, dagli anni cinquanta del secolo scorso molti studiosi hanno cercato di indagare e ricostruire la persona storica di Gesù di Nazaret prescindendo dai Vangeli, considerati una rielaborazione troppo teologica, troppo legata alla fede e allo spirito delle prime comunità cristiane. Tale modo di procedere, tuttavia, ha dato luogo a delle ricostruzioni della vita di Gesù molto discutibili, lontane dai dati biblici e alla fine meno credibili e ragionevolmente accettabili, anche a livello puramente umano e razionale, di quanto proposto dagli stessi Vangeli.

Anche con questo nuovo libro il Papa ha inteso avvicinarsi «alla figura del nostro Signore in un modo che possa essere utile a tutti i lettori che vogliono incontrare Gesù e credergli». Seguendo come traccia principale il Vangelo di Giovanni, ma spaziando anche fra i tre sinottici e gli altri libri sia del Nuovo che del Vecchio Testamento, Benedetto XVI ha descritto i momenti decisivi della vita di Gesù Cristo e della nostra stessa fede in Lui: l'ingresso in Gerusalemme, l'ultima cena, l'arresto, la passione, la morte e la risurrezione.

In ognuno di questi avvenimenti, sempre partendo dalla S. Scrittura ma anche citando i padri della Chiesa e confrontandosi con altri esegeti e teologi moderni, l'autore fa emergere i tratti ricorrenti che caratterizzano la persona e la novità portata da Gesù Cristo.

Mi ha molto colpito, ad esempio, l'illustrazione dell'episodio della lavanda dei piedi. Oltre al fatto abbastanza evidente nel testo dell'abbassamento del Signore in un gesto che era riservato agli schiavi, il Papa ha posto l'accento sul concetto di “puro”. Per la mentalità ebraica era puro chi seguiva scrupolosamente le norme rituali che consentivano di poter accedere al culto; per altre culture religiose la purezza era comunque qualcosa da ottenere mediante uno sforzo umano. Anche per la nostra mentalità magari questo concetto è legato solo alla tensione morale dell'uomo o, peggio, al moralismo, specialmente in ambito sessuale.

Partendo anche dall'espressione di san Paolo secondo la quale “tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, in virtù della redenzione realizzata da Cristo Gesù” (Rom 3,23), il brano della lavanda dei piedi ci ricorda che solo il suo dono totale, il suo amare fino alla fine, fino alla morte di croce, ci rende “puri”. Solo se ci lasciamo lavare da Gesù possiamo far parte della sua comunione con Dio Padre e diventare capaci del loro amore, capaci di vivere il nuovo comandamento ponendoci a servizio gli uni degli altri.

Con il suo peculiare linguaggio lineare, semplice e profondo, Benedetto XVI ci aiuta ad entrare, per quanto umanamente possibile, nella passione e nella morte di Gesù Cristo che ha spazzato via tutti i sacrifici espiatori (o vicari come gli definisce lui stesso nel libro) di ogni tradizione. Ci conduce nella luce di quel mattino che ha cambiato l'intera storia dell'uomo e del suo rapporto con Dio. Un evento che la stessa Scrittura sa solo esprimere con sintetiche formule di professione o balbettare con narrazioni a volte in contrasto fra di loro, ma che tuttavia indicano chiaramente come il Risorto non sia uno che è ritornato alla normale vita biologica... e neanche un fantasma, uno spirito, che in qualche modo si manifesta ma che appartiene al mondo dei morti.

La risurrezione - senza la quale è vana la nostra fede ci ricorda san Paolo - è «un evento», scrive il Papa, «dentro la storia che, tuttavia, infrange l'ambito della storia e va al di là di essa... Potremmo considerarla quasi come una specie di radicale salto di qualità in cui si dischiude una nuova dimensione della vita, dell'essere uomini».

Nei pomeriggi delle domeniche di Quaresima don Francesco ha invitato un gruppo di persone, più o meno giovani, ha ritrovarsi per iniziare un cammino di confronto e crescita nella fede. Il tema proposto, “L'amicizia di Gesù”, ha messo subito in evidenza come sia relativamente facile dire qualcosa su Gesù, ma tremendamente problematico e forse anche presuntuoso affermare di conoscerlo o addirittura di averlo incontrato realmente nella nostra vita.

L'attenta lettura dei due volumi “Gesù di Nazaret” scritti da Joseph Ratzinger sono certamente un ottimo e valido aiuto per accostarci in modo maturo alla figura di Gesù Cristo nostro Signore e Salvatore. A mio modesto parere, però, la loro lettura risulta molto interessante ed anche piacevole solo se si ha una certa familiarità con la Bibbia. Ecco allora che, anche mediante questi due libri, forse Papa Benedetto XVI desidera ancora una volta invitare ognuno di noi a metterci in ascolto della S. Scrittura per conoscere sempre di più Gesù. E per la Bibbia tale espressione non è mai un'azione e un'avventura solamente intellettuale: conoscere vuol dire porsi in relazione viva; è il verbo usato spesso per indicare l'unione carnale fra un uomo e una donna; è la parola, quindi, che esprime il desiderio di avere un rapporti vitale, di amare per generare vita.

Franco



Con il sorriso

copertina

Leggo da quando ero bambino e per me leggere è sempre stato un divertimento, uno svago, un passatempo... Prima di dormire devo leggere almeno qualche pagina, fossero anche le 3.00 di notte! Sul mio comodino ci sono parcheggiati ben 5 libri in attesa di essere letti e la mia famiglia guadagnerà parecchio spazio quando traslocando porterò via con me tutti i miei libri.

Stavolta però è completamente differente, questa volta il libro di cui voglio parlarvi ha una storia totalmente diversa.

Infatti se gli autori dei libri della mia biblioteca sono per me dei personaggi (vivi o morti che siano!) che abitano in posti lontani e sconosciuti, l’autore del libro di cui voglio raccontarvi è un amico. L’ho ricevuto in regalo il giorno stesso che Luca si è visto recapitare a casa gli scatoloni con la prima stampa del suo libro. L'ho letto tutto d’un fiato e poi è passato di mano in mano in famiglia: ce lo si rubava e ci si insultava per aver perso il segnalibro o per aver tolto l'orecchia sul fondo della pagina...

Se una persona che conosci, un tuo amico, ti dicesse un giorno: “Ho in mente un progetto... Voglio scrivere un libro!”. Tu lo guarderesti un po' stranito, ma con un po' di rispetto umano, diresti: “Che bella idea! Provaci!”. Ma forse anche tu non saresti troppo convinto, inizieresti a pensare che scrivere un libro è un lavoro, che ci vuole pazienza, tempo e abilità, e che... E invece no! Luca non voleva scrivere un libro perché si sentiva uno scrittore, non voleva scrivere un libro per venderlo e per diventare “famoso” e “conosciuto” e per... No!

Luca aveva bisogno di scrivere! Voleva fermarsi un attimo come fanno i viaggiatori, ripercorrere mentalmente con calma e pazienza tutta la Strada percorsa sino a quel momento e capire... capire da che parte stava andando, capire dove era arrivato, capire perché era arrivati lì... Luca vuole tentare di rispondere ad una domanda, anzi credo, alla Domanda, quella con la D maiuscola, quella che ogni uomo si pone: “Cosa vuoi ch’io faccia, o Signore?”.

Luca sentiva il bisogno di rintracciare la Strada che temeva di aver perso, e per ritrovarla si è messo in discussione, si è scontrato con sé stesso, ha scavato dentro di sé, ha ripercorso momenti belli e allegri, momenti difficili e tristi… e alla fine ha capito!

Ha compreso che la sua Strada non l’aveva sbagliata, non l’aveva smarrita. La Strada la conosceva e la stava ancora percorrendo, semplicemente l’aveva messa in dubbio… “Ogni uomo ha il diritto di dubitare del proprio compito e di abbandonarlo di tanto in tanto. L’unica cosa che non può fare è dimenticarlo”. Luca ha messo in atto quello che aveva scritto come citazione all’inizio del suo libro.

Ho avuto la fortuna di vedere nascere il libro, vederlo crescere parola dopo parola, capitolo dopo capitolo... fino alla magnifica proposta della casa editrice di poterlo pubblicare.

La felicità di Luca era già tanta nell’aver portato a termine un progetto così grande e ambizioso. La pubblicazione è stato un ulteriore passo, il poter toccare concretamente e fisicamente una tua opera è davvero una gioia grande.

Il libro è pieno di spunti e riflessioni, tratta temi che credo ognuno di noi ha vissuto nel proprio “viaggio straordinario”: la Famiglia, l’Amicizia, la Perdita di una persona cara, la Scuola, l’Innamoramento…

Lungo tutto il Viaggio Luca non è mai solo, è sempre accompagnato da un grande compagno: Dio. Luca è d’esempio, o per lo meno per me lo è, per come vive la sua Fede: concretamente, fermamente, nella quotidianità. Come lui stesso dice nella conclusione del libro: “ma so che tu buon Dio, sei con me e vuoi il mio bene.”.

Un’amica di mia sorella, che ha letto il libro, ha commentato: “Se non ha Fede lui, chissà noi!”.

Quello che però mi è piaciuto di più è come Luca descrive e racconta i suoi incontri, le persone che ha incrociato lungo la sua Strada. Ogni persona per Luca è il Prossimo per il quale donare qualcosa, ma anche dal quale si riceve sempre qualche cosa in cambio! Di ognuno porta con sé un ricordo sempre positivo, addirittura riesce a dire Grazie a quelli che gli hanno messo “i bastoni fra le ruote”!

La positività di Luca percorre tutto il libro, insieme alle note di ironia che rileggono ogni tappa del Viaggio con un sorriso, allegro o malinconico che sia! Ed è questo che Luca lascia a tutti i suoi lettori: un sorriso!

Dalla quarta di copertina: “La Vita è una sfida… affrontala! (Con il sorriso)”.

Paolo Baisotti



Notizie dal Progetto Cicogna

Nella giornata per la vita è bello gioire insieme ai genitori del piccolo Leonard che il 30 ottobre 2010 ha ricevuto il battesimo ed è entrato nella grande famiglia di Dio. Da mamma e papà un saluto ed un grosso grazie a tutti noi bornesi che con il Progetto Cicogna abbiamo aiutato Leonard a vedere la luce ed i suoi genitori ad accoglierlo tra noi. Oltre a questa bella notizia ne abbiamo altre. Nel mese di febbraio abbiamo consegnato anche la quota del secondo nostro Progetto Cicogna al CAV di Pisogne. Abbiamo anche portato quanto abbiamo raccolto nei mesi precedenti, indumenti per neonati, passeggini, carrozzine, ecc. che servono molto.

il piccolo leonard

In parrocchia è possibile depositare ciò che si vuole donare e la sig. Domenica Fedriga fa da punto di raccolta e conservazione del materiale che poi verrà portato al CAV di Pisogne. Intanto abbiamo dato vita in parrocchia ad un gruppo stabile, fatto da alcune persone sensibili al tema della vita ed abbiamo fissato nella prima domenica del mese un incontro fisso per coordinarci e vedere come portare avanti alcune proposte ed attività. Abbiamo anche pensato di pubblicizzare con alcuni cartelli la presenza di questo gruppo legato al Progetto Cicogna ed al CAV di Pisogne. Così in biblioteca è possibile trovare i recapiti ed i numeri telefonici utili per chi abbia bisogno di un aiuto, un consiglio, un appoggio anche materiale e cercheremo di posizionarne altre nelle bacheche del paese così che chi ne avesse bisogno possa avere dei punti di riferimento certi in risposta ai loro bisogni.

È bello vedere che ci sono persone sensibili al tema della vita, persone che si impegnano nel gruppo e tante altre che settimanalmente danno il loro piccolo contributo così che questo progetto possa camminare spedito e dare molto frutto. Grazie a tutti.



Il Papa, la Chiesa e il segno dei tempi

È questo il sottotitolo del libro “Luce del mondo”, una lunga intervista che Papa Benedetto XVI ha concesso la scorsa estate al giornalista tedesco Peter Seewald. In forma colloquiale ma senza rinunciare alla lucidità, alla semplicità e alla profondità che gli sono tipiche, il Papa ci dona il suo pensiero su molti aspetti della fede, della Chiesa e del mondo.

Nella prima parte dell'intervista possiamo conoscere alcuni aspetti quotidiani della vita del pontefice. Oltre al lavoro e ai numerosi impegni per assolvere i quali dichiara di dover equilibrare bene attività e tempi di riposo, veniamo a sapere che anche il Papa vive una dimensione familiare: con due segretari e quattro donne della comunità dei Memores Domini che formano la famiglia pontificia, Benedetto XVI condivide il pranzo e alcuni momenti di preghiera, festeggia compleanni e anniversari, trascorre alcune serate seguendo i notiziari e guardando film in DVD. L'intervistato ha detto che gli piacciono molto i film di Don Camillo e Peppone.

Una notevole parte del libro è riservata all'impressionante scandalo della pedofilia tra i sacerdoti. A differenza di certi cattolici sempre pronti a a scagliarsi contro chi critica la Chiesa, Benedetto XVI ringrazia i mass media e tutti coloro che hanno reso palese il grave problema, pur a volte strumentalizzandolo; rivolge la sua vicinanza alle vittime comprendendo anche la loro volontà di allontanarsi e di non credere più nella Chiesa stessa. Papa Benedetto, condividendo il pensiero del vescovo di Dublino, fa notare come dagli anni cinquanta ai settanta anche in ambito ecclesiale sia subentrata una malintesa comprensione per chi sbaglia e la tendenza a non chiamare più male ciò che è male. Ancora una volta ricorda che l'amore va unito alla verità, invoca rigore per i sacerdoti che si sono macchiati di tali atti, chiedendosi come sia possibile credere e celebrare l'eucaristia ogni giorno e poi commettere simili azioni. Legge questa grave crisi, culminata proprio nell'Anno Sacerdotale, come segno, qualora ce ne fosse stato bisogno, della presenza del male nel mondo, della zizzania che continua a crescere con il buon grano di molti sacerdoti che si spendono nell'amore di Dio e dei fratelli, ma anche come occasione e invito all'umiltà, alla continua conversione e purificazione.

Sollecitato dall'intervistatore circa il ruolo del Papa (che qualcuno definisce l'ultimo monarca assoluto) e della Chiesa vista come la più vasta e prestigiosa organizzazione mondiale, Benedetto XVI risponde, citando anche Stalin, che nell'epoca moderna il pontefice non ha più alcun potere poltico-mondano, ma una grande e grave responsabilità nel guidare e tenere uniti tutti i fedeli del mondo.

Circa l'espressione “vicario di Cristo” - che personalmente ho sempre trovato un po' ridicola - ha affermato che nell'annuncio della fede e nell'amministrazione dei sacramenti ogni sacerdote parla e agisce a nome e per conto di Gesù Cristo. Ricordando S. Agostino, fa notare che anche oggi non tutti i 1.200 milioni di cattolici nel loro intimo fanno parte e sono in comunione con la Chiesa, mentre molti che sembrano fuori, sono dentro. L'essere cristiani non significa far parte di una grande organizzazione, ma vivere realmente la fede in Gesù Cristo luce del mondo e nostro salvatore.

Alla domanda se dopo 2000 anni il cristianesimo sia semplicemente destinato ad esaurirsi, il Papa risponde che se è vero che i cristiani statisticamente sono in calo nei paesi ricchi, è altrettanto vero che crescono e sono attivi in altre regioni (Brasile e continente africano) dove la fede e la Chiesa rimangono le uniche certezze in mezzo allo smarrimento e alla distruzione delle guerre. Inoltre afferma che, nonostante il forte secolarismo, anche nei nostri paesi occidentali si scorge un fiorire di nuove iniziative cattoliche, non più di massa, meno evidenti e magari non più legate a strutture burocratiche ormai stanche, ma che nascono dal di dentro, dalla gioia dei giovani e che possono generare nuovi modi, aspetti culturali diversi di vivere il cristianesimo.

Oltre all'ecumenismo e al dialogo con l'islam, un altro tema caro a Papa Benedetto affrontato nel libro è il rapporto con la modernità, il progresso scientifico e tecnologico. Anche qui, a differenza di stupidi atteggiamenti reazionari, riconosce gli aspetti positivi di molte sensibilità moderne quali i diritti universali dell'uomo e la preoccupante questione ecologica, ma giustamente ritorna con forza su certe posizioni culturali, nate proclamando come bene massimo la tolleranza e che oggi appaiono sempre più intolleranti verso le religioni, i loro simboli e le loro pubbliche manifestazioni.

Nella terza parte di questo volume di oltre 200 pagine vengono affrontate, forse in modo non troppo ordinato, varie questioni: il rinnovamento della Chiesa, il rapporto tra questa e l'attuale società, Maria e il cosiddetto mistero di Fatima, il ritorno di Gesù Cristo che, ricorda il Papa, non è una storiella bensì una realtà che concluderà la storia dell'umanità su questa terra.

Ho proposto qui solo alcuni accenni, probabilmente nemmeno i più importanti, dei molti argomenti proposti nel libro che, proprio perché è un'intervista, risulta essere di facile e curiosa lettura. Da esso emerge, se posso permettermi una battuta, un Papa veramente cristiano, affascinato da Cristo (con il quale dice di sentirsi legare da un'antica amicizia), cultore della Sua Parola e continuamente in ascolto delle miserie, dei problemi e delle difficoltà della vita quotidiana. In questa prospettiva forse va letta anche la sua battuta (che ha suscitato clamore su giornali e televisioni) sull'uso del preservativo da parte di un uomo che si prostituisce, come positivo atto di responsabilità e primo passo di un vero cammino di conversione.

Se posso permettermi un altro piccolo appunto, mentre mi ha colpito la spiegazione chiara e positiva dell'infallibilità papale come necessità di sintesi e di un'ultima parola su questioni fondamentali riguardanti la fede, mi sembra che su altre tematiche (comportamenti sessuali, celibato dei sacerdoti ecc.) Papa Benedetto si sia limitato a ribadire, come d'altronde è suo dovere, il magistero ufficiale della Chiesa. Pur facendo anch'io molte battute (specialmente dopo certe riunioni di catechiste in parrocchia) sulla saggezza della Chiesa di non voler ammettere al sacerdozio le donne e tanto meno le suore, sinceramente faccio molta fatica, ad esempio, a capire e ad accettare il diniego assoluto di questa possibilità.

Le scelte e le decisioni che la vita e la fede ci impongono però non sono mai facili, né per ognuno di noi, né tanto meno per un Papa. Benedetto XVI, pur dichiarando di non essere un mistico, ricorda che da Papa le ragioni per cui pregare e affidarsi al Signore sono aumentate a dismisura. Fortunatamente noi non abbiamo sulle spalle gli impegni e le responsabilità di un pontefice, ma se viviamo qualche preoccupazione o difficoltà, se non sempre riusciamo ad assolvere nel miglior modo possibile i nostri impegni, come il Papa possiamo anche noi metterci nelle mani del Signore e dirgli: “Fallo tu, se lo vuoi”.

Franco



Moulin rouge: carnevale 2011

Domenica 6 marzo, come ogni anno, è giunto l’appuntamento tanto atteso del carnevale, una giornata in cui ognuno libera la propria creatività e si maschera per divertirsi e far divertire. Quest’anno la sfilata dei carri e gruppi allegorici è stata allietata dal carro allestito dagli adolescenti, che ha avuto come tema “Moulin rouge”, con riferimento al famoso film. Giovani ballerine e aitanti ragazzi hanno dimostrato la loro abilità nell’intrattenere il pubblico! Il gruppo dei bambini, e ragazzi, invece, con i loro genitori, ha messo in scena la storia di Peter Pan, l’eterno bambino, che con la sua favola ci fa’ tornare per un attimo bambini. Grazie ad una giornata di sole e già primaverile, la sfilata ha visto la presenza di molta gente, che, lungo il cammino dalla piazza del mercato fino alla piazza centrale del paese, ha accompagnato e applaudito le varie maschere e i carri allegorici. Dopo la premiazione sullo scalone di fronte alla Chiesa parrocchiale, l’altrettanto atteso momento della merenda, con tutto il ben di Dio portato da tante persone generose, distribuito con allegria da alcuni volontari dell’oratorio. È stata proprio una bella giornata, di festa e di allegria! Speriamo che il prossimo anno ci aggiungano altri carri e altri gruppi, per divertirsi ancora di più tutti insieme. Grazie a quanti, in diverso modo, hanno reso possibile questa bella manifestazione. Alla prossima!!!

foto carnevale 2011

foto carnevale 2011

foto carnevale 2011

foto carnevale 2011

foto carnevale 2011

foto carnevale 2011



Volontari Casa Albergo cercasi

Il gruppo volontarie casa albergo cerca nuove persone serene, disponibili, rispettose della dignità di chiunque (non per denaro o per una posizione) per aumentare il numero dei volontari presso la Casa Albergo di Borno.

volontarie

Obiettivo - L’intenzione è di creare un gruppo più ampio di quello attuale, che sia in grado di assicurare una presenza di solidarietà, il più costante possibile, capace di offrire compagnia e amicizia ai nostri concittadini della casa di riposo, con il solo scopo di mettere in atto quelle cose anche minime, di assistenza, di compagnia e perché no, di sollievo psicologico e morale in certi momenti di particolare difficoltà degli ospiti. Tutto questo naturalmente, senza intralciare il lavoro del personale di servizio dipendente e soprattutto senza l’ambizione di ottenere così un posto di lavoro.

Cosa si riceve in cambio? - In questo servizio di volontariato si dà una mano senza aspettarsi guadagni economici, né riconoscimenti religiosi, civili o politici, ma unicamente per la soddisfazione di aver dedicato a chi più ne ha bisogno, parte delle nostre energie, della nostra attenzione, della nostra disponibilità, per quel tempo che ci è possibile e che la salute ci permette di dare. Essere utili a qualcuno e ricevere per questo soltanto il loro grazie è la ricompensa di chiunque sappia cosa è il volontariato ed in tanti modi vi si impegna.

Le Tre Chiavi

Un maestro, che voleva istruire i discepoli, disse: “Ogni uomo ha tre chiavi e, con esse, può aprire solo tre porte. Con la prima chiave apre la porta della amicizia e incontra un sorriso. Con la seconda, apre la porta dell’amore e vi trova un abbraccio”. Detto questo, tacque all’improvviso. Un discepolo curioso domandò: “La terza chiave cosa apre?”. “La porta del rommarico, e vi trova lacrime”. “perché le lacrime?” “perché le altre due porte erano state chiuse troppo presto”.



Una novità musicale

Circa un anno fa, un gruppo di signore (poco più di una decina) provenienti da Borno e da Ossimo, si sono coalizzate con l’intento specifico di formare un gruppo corale composto esclusivamente da donne. Sicuramente invogliate dal più famoso coro maschile “Amici del Canto” diretto dal maestro Fenaroli, hanno chiesto ai “colleghi” musicalmente più navigati, un aiuto morale e materiale per poter sviluppare questa passione.

Il gruppo, attualmente composto da 24 voci dirette dalla maestra Elisa Richini, ha cominciato a riunirsi ogni mercoledì sera dalle ore 20,30 alle ore 22,00 per le prove, presso la scuola di canto messa a disposizione dal comune per entrambi i cori. Due ore intense di coreutica, ma in realtà le coriste lasciano la sede quasi sempre dopo una buona mezzora dalla fine della lezione. Trovano sempre un momento per mangiare delle tortine e dei dolcetti cucinati con le loro mani o aprono un momento di confronto relativo alla vita del coro o al vissuto personale di chi ha esperienze interessanti da riportare. Vi assicuro che 24 donne possono fare scintille e se il buongiorno si vede dal mattino, vi lascio giudicare.

coro femminile

Le motivazioni che hanno spinto le signore a pensare di costituire un gruppo canoro sono, chiaramente, molteplici. È un dato di fatto che la musica è un grande esempio di convivenza e cooperazione fra le persone, può essere una fonte di grande consolazione e per molte di noi, diventa un momento di svago ai problemi della quotidianità, significa imparare un linguaggio che veicola sentimenti e pensieri che spesso si fanno fatica a definire.

La maestra Richini, per altro di giovane età, si è proposta al gruppo come una “mamma ferma e amorevole”. Poiché le coriste sono tutte incompetenti dal punto di vista musicale, ma molto motivate ed alcune anche dotate di buona voce (così dice Elisa), la nostra direttrice musicale ci ha prese per mano con l’intento di insegnarci a muovere i primi passi nel meraviglioso mondo del canto. Con una metodologia didattica, fresca e moderna, ci permette di esprimerci correttamente con il canto, migliorare il nostro senso critico, ed ampliare le nostre conoscenze attraverso la lettura diretta di partiture musicali selezionate. Ci insegna che la musica è viva persino nel silenzio. Possiamo con la nostra mente rivivere una composizione, una melodia senza che nessuno la esegua, ma solo sul filo della nostra memoria. Attraverso la riproduzione di suoni, con giochi e vocalizzi, scopriamo la nostra voce e le sue potenzialità; imitiamo ritmi proposti dall’insegnante (a volte, dalle coriste stesse); cantiamo a tre voci, realizzando semplici canoni del repertorio popolare liturgico. Le nostre aspettative sono molto elevate ma, con molta umiltà, cercheremo di valorizzare la cultura musicale e rifletteremo sul valore dell’impegno comune ed della condivisione.

A noi non importa essere tecnicamente brave; a noi interessa maturare l’idea che l’intervento di ogni soggetto di questo di questo gruppo diventi prezioso se considerato nell’insieme collettivo. Il coro “Amici del canto” ci ha tenute a battesimo, lo scorso Natale presso la chiesa parrocchiale di Borno, nel corso della manifestazione “Echi di Natale”. Abbiamo cantato solamente una ninna nanna dal titolo “Mille cherubini in coro”di Schubert. La nostra soddisfazione è stata grande e, per tale motivo, vogliamo ringraziare tutti coloro che ci danno l’opportunità di realizzare un’altra bella realtà del nostro paese. Dimenticavo... stiamo ancora cercando un nome.

Giovanna V.



Un augurio tutto avisino

Gennaio è un mese di auguri, con un occhio di osservazione che, famigliarmente, spazia sull’intero anno (proprio come avveniva in una indimenticabile “operetta morale” di Leopardi) e con gli auguri si costruiscono tante attese, si dà voce a tante speranze e quasi, per un solo momento, si va prefigurando un mondo di sogni. Ma in casa avisina, gli auguri scambiati hanno un significato tutto particolare, perché, chiamano in causa temi come la solidarietà, l’altruismo, l’amicizia, il dovere di una propria testimonianza perché la società cammini su itinerari diversi.

Vorremmo che tanti sentissero il dovere della donazione, soprattutto tra i giovani, per rendere meno precaria la condizione di chi ci cammina accanto, soffocato tra povertà e malattie, tra solitudine e incapacità a sperare ancora; non solo avvertire l’esigenza di essere al servizio di un valore, di un ideale, ma pure creare climi di amicizia vera, dove insieme si tentano di superare particolari difficoltà.

Un augurio che sia apertura alle idee che realmente contano, capaci di affrontare seriamente il futuro che è tutto da costruire e da immaginare, in tempi fortemente provvisori. Non aiutano molto le pagine scritte, piuttosto inclini a gettare pessimismo, a suscitare perplessità, in comunità che effettivamente vivono con incertezza e guardano ai giorni che verranno con trepidazione.

Di questi tempi, in libreria, abbiamo “Poveri, noi” di Marco Revelli che presenta “il bilancio di un Paese fragile, che non ammette di esserlo, fragile socialmente, segnato in primo luogo da forme sommesse di deprivazione, di vera e propria povertà, e soprattutto d’impoverimento. Ma fragile anche moralmente, nella tenuta dei suoi sentimenti collettivi, dei valori condivisi, nell’atteggiarsi delle relazioni, sempre più spesso attraversato da venature di rancore. E naturalmente fragile politicamente, nell’assetto liquido delle sue istituzioni, nei processi in cui si esprime una maggioranza in larga misura lesionata. Ma al di là di certe evidenze, ciò che ci manca spesso è la capacità di scoprire ideali nobili e senso della propria appartenenza ad una comunità che sa comprendere il sacrificio di altri.

L’AVIS, accanto ad altre forme di solidarietà attiva, è una maniera significativa del come operare per tutti, quando l’urgenza richiama, un’idea di volontariato che ci auguriamo non conosca defezioni, ma continui sulla strada dei suoi umili e preziosi traguardi (il giornalista Rosario Carello presenta così un libro su questo tema: “Il volontariato è una preghiera, di Dio all’uomo perché intervenga a guarire il mondo. È la risposta concreta dei piccoli della terra alle fumose parole dei grandi nei loro celebratissimi summit. È un assaggio di cielo”. A tutti i donatori, da noi e in altri luoghi, un augurio cordialissimo di “buon anno” e di “buon lavoro”, con il desiderio comune di far crescere i “Gruppi” tra amicizia e partecipazione, perché la “famiglia avisina” diventi sempre più paradigma di una società diversa.

Carlo Moretti



Non “perché?” ma “cosa posso fare?”

Credo che di fronte ad immagini e racconti quali quelli trasmessi da tutti i mass media nell’ultimo mese, relativi alla catastrofe naturale che così fortemente ha colpito il Giappone e la sua popolazione, così come in altri casi del recente passato (il terremoto di Haiti, lo tsunami dell’Indonesia o lo stesso terremoto dell’Aquila), poche persone, credenti e non, abbiano evitato anche solo una breve riflessione sul significato di tali avvenimenti. E credo anche che in molti casi, la domanda sorta spontanea può essere stata la seguente: “Perché Dio ha permesso tutto ciò? Dove sta, in questi casi, quella che noi cristiani chiamiamo Divina Provvidenza? Che colpa avevano tutti quei morti?”

Di certo non si può dire che non sia una domanda legittima, normale di fronte a situazioni così inspiegabili secondo una logica umana. D’altronde gli stessi apostoli, in un passaggio del Vangelo di Luca, chiedono lumi a Gesù in merito all’episodio di diciotto uomini morti per il crollo di una torre a Siloe. Forse però quel che non è giusto, in questi casi, è continuare a porsi come unica domanda questo “perché?”, senza passare oltre nella propria riflessione, sostituendo a questo interrogativo il “cosa posso fare?”, il “cosa Dio mi invita a fare?”, il “come posso aiutare questa Provvidenza a manifestarsi?”.

Se siamo realmente cristiani crediamo in un Dio che ha per ognuno di noi, così come per tutta l’umanità un disegno imperscrutabile all’interno del quale noi siamo liberi di agire con la massima autonomia. Proprio per questo il “come” drammi quali quelli degli tsunami asiatici rientrino in tale disegno divino, così come la spiegazione di ogni singola sofferenza che colpisce ognuno di noi, non sarà mai all’uomo dato sapere in pienezza e pertanto il nostro iniziale “perché” non troverà mai una esauriente risposta nella logica umana, ma solo nella fede.

E allora perché perderci molto tempo? Perché non passare a cercare cosa altro il Signore voglia che noi ricaviamo da queste situazioni? Se crediamo infatti alla Sua Provvidenza crediamo che “Dio è Padre e ha cura di tutti i suoi figli” e “nel fatto che Dio sa ricavare il bene per gli uomini anche dalle più dolorose e tragiche situazioni in cui li pongono eventi disastrosi della natura e la loro malvagità e insipienza”. E ancora che se Dio è buono “egli non permetterebbe che avvengano fatti dolorosi e tragici, se non fosse capace e non avesse la volontà di ricavare anche dal male il bene per gli uomini”. Quello di cui forse ha bisogno è del nostro aiuto, del nostro saper mettere la nostra libertà a servizio del suo disegno, del nostro farci “braccio operativo” di questa sua Provvidenza; perché, forse, senza la nostra cooperazione questo disegno sarebbe difficile da realizzare e credo perderebbe senso. Anzitutto quindi, credo che queste tragedie debbano essere per noi un richiamo alla solidarietà sia a livello globale che a livello personale.

A livello mondiale un invito ad investire meglio le immense risorse disponibili, spesso utilizzate per scopi non certo umanitari quali la ricerca e la costruzione di armi ed arsenali bellici, che potrebbero consentire un notevole miglioramento della vita di molte persone e allo stesso tempo il favorire strategie che riducano l’impatto devastante di certe calamità.

A livello personale l’impulso a farsi strumento della Provvidenza nell’impegno quotidiano a favore di chi, vicino o lontano, si trova in difficoltà. In secondo luogo, questi disastri penso debbano essere presi come un appello alla conversione, a chiedersi cosa possiamo fare per convertirci, per vivere secondo l’attesa di Dio, per incamminarci su quella strada che ha pensato per noi e che non può essere percorsa se non con il costante impegno nella preghiera e nella carità.

D’altronde questa rinuncia a scoprire il “perché”, a favore di una riflessione sulla propria personale conversione, è suggerita dallo stesso Vangelo di Luca in cui Gesù, di fronte all’episodio della torre di Siloe non si sofferma sul rapporto tra l’evento e la colpa di chi è rimasto ucciso (“Credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico”) ma invita gli apostoli a convertirsi (“ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo”) per evitare di morire allo stesso modo, soli, senza l’aiuto di quella grazia divina che abbiamo imparato a chiamare Provvidenza.

Valerio Arici



Ha ricevuto il Battesimo

battesimo Borno
Corbelli Anna
di Cristian e Allioni Muriel

Uniti in Matrimonio

matrimonio borno
Fioretti Claudio e Sanzogni Marilena
Borno 4 settembre 2010


Anniversari di Matrimonio 2011

anniversari matrimoni borno

In occasione della Giornata per la Vita 2011, che si celebra sempre alla prima domenica di febbraio, quest’anno abbiamo voluto aggiungere la Festa della Famiglia e degli Anniversari dì Matrimonio. Nella celebrazione della S. Messa delle ore 9,30 abbiamo invitato le coppie dì sposi dei primi dieci anni dì matrimonio ed in una suggestiva celebrazione li abbiamo invitati a rinnovare le loro promesse matrimoniali.

Cosi abbiamo invitato alla S. Messa delle ore 11,00 anche le coppie dì sposi che ricordavano alcuni anniversari importanti. Non tutte le coppie dì questi anniversari erano presenti ma un buon numero di loro ha partecipato ed ha condiviso assieme agli altri fedeli presenti questo momento dì gioiosa memoria. La parrocchia ha potuto così, per un momento, sentirsi particolarmente unita a questi sposi e pregare per loro, che certo hanno ancora bisogno dell’aiuto del Signore per svolgere il compito loro assegnato nel giorno del loro matrimonio davanti a Dio.

Un piccolo rinfresco ci ha riuniti alla fine sotto il portico dell’oratorio per stare un momento assieme e per prometterci dì ritrovarci ancora il prossimo anno.

Che il Signore vi benedica e vi conservi nella salute ancora per molti anni

matrimonio borno
50° di matrimonio di
Poma Guido e Arici Domenica

matrimonio borno
60° di matrimonio di
Gheza Alberto e Miorini Maria


Chiamati alla vita eterna

defunto borno
Rivadossi Graziella
2 marzo 1945
7 gennaio 2011

defunto borno
Arici Bernardo
23 giugno 1937
8 gennaio 2011

defunto borno
Rivadossi Caterina
5 febbraio 1924
9 gennaio 2011

defunto borno
Marcazzan-Andreoli Giuseppina (Pina)
29 agosto 1930
13 gennaio 2011

defunto borno
Miorini Giuseppe
18 gennaio 1934
26 gennaio 2011

defunto borno
Avanzini Flaminio
28 febbraio 1914
17 febbraio 2011

defunto borno
Rossini Felice
4 maggio 1944
5 marzo 2011

defunto borno

Orlandi Lorenzo
21 giugno 1963
30 marzo 2011


Cüntómela
Estate 2024

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"Machina" del Triduo dei Defunti

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