Estate 2012
Lavoro e riposo sono due dimensioni che da sempre hanno contraddistinto l’esistenza dell’uomo. In questi tempi di crisi, non solo economica, per molte persone la precarietà o l’assenza di un lavoro, oltre allo spettro dell’indigenza per le loro famiglie, può significare difficoltà a progettare serenamente il futuro. Ma aldilà delle crisi bambini, giovani, adulti, anziani e pure coloro che dalla statistica vengono considerati popolazione non attiva, tutti siamo chiamati ogni giorno a lavorare su noi stessi, ad affrontare la fatica del quotidiano.
Ecco allora che sorge l’esigenza di individuare spazi di riposo e di ristoro. L’estate, le ferie, una camminata in montagna, la semplice visita di una persona cara, l’incontro con un amico possono diventare momenti in cui recuperare energia, fiducia e una realtà più umana del nostro esistere.
Come le singole persone e le famiglie, anche le comunità vivono queste due dimensioni. Campi scuola, Grest, feste del patrono e altre proposte che caratterizzano la vita estiva delle nostre parrocchie, sono esperienze che richiedono l’impegno di molti nel prepararle, ma il desiderio di tutti nel viverle con amicizia e fraterna disponibilità.
Appare quasi scontato ricordare che nel susseguirsi delle settimane, per ogni comunità cristiana la domenica rimane il giorno fondamentale dedicato proprio al riposo e alla festa. In questo giorno, mediante la celebrazione Eucaristica, possiamo offrire al Signore le nostre fatiche e ricevere da Lui la forza per proseguire il cammino; in esso siamo chiamati ad una maggior libertà dagli impegni di ogni giorno per vivere e gustare momenti più distesi, rapporti più sereni, sinceri e gratuiti.
Lavoro e riposo, desiderio di far festa e di porci a servizio gli uni degli altri rischiano di essere le solite belle intenzioni che si scontrano con la realtà impastata anche di paure, egoismi e, appunto, la fatica del quotidiano. Ma sono le espressioni con cui diamo il ben venuto a don Mauro che, pur risiedendo ad Ossimo, si metterà a disposizione dell’intera Unità Pastorale dell’altopiano. A lui, come a tutti gli altri sacerdoti, chiediamo di aiutarci ad uscire dalle paure e dagli egoismi per prendere il largo e sentirci sempre più comunità che, sia lavorando sia riposando, continuano a camminare nella fede, nella speranza, nella carità.
La redazione
Un contributo appassionato di civiltà e di speranza per la costruzione della società del futuro è il messaggio che ci viene dall’Incontro Mondiale delle Famiglie, che ha avuto luogo a Milano nei giorni 30 maggio – 3 giugno scorsi, al quale ho avuto la gioia di partecipare.
È stato un evento grandioso, oltre che uno straordinario momento di gioia e di comunione ecclesiale, che nella Messa conclusiva, presieduta dal Santo Padre, ha visto la presenza di più di un milione di persone.
Aperto con un Congresso teologico-pastorale, nel quale sono risuonate le voci degli esperti (ecclesiastici e laici) circa la realtà della famiglia oggi, l’incontro ha avuto il suo vertice nei tre giorni della presenza del Santo Padre.
Il Cardinale Bagnasco, Presidente della CEI, nel suo applaudito intervento ha affermato tra l’altro che “se la società distrae l’attenzione dalla famiglia, va anche contro se stessa perché indebolisce la coesione, la serenità e il suo futuro.” Una società che non sostiene la famiglia danneggia se stessa.
Nel Congresso è emerso anche l’appello ai politici a ripensare le politiche famigliari e a mettere più risorse a favore della famiglia, quale via per investire sul futuro e costruire una società in cui ci sia lavoro, giustizia e pace per tutti. Sia per uscire dalla presente crisi, che non è soltanto economica e finanziaria, ma anche morale, culturale e antropologica, sia per costruire una società più giusta e più libera, bisogna investire sulla famiglia. Se la famiglia con figli non viene adeguatamente sostenuta, diminuisce la fiducia sociale e cresce l’insicurezza delle persone, peggiorando la situazione dell’intera società.
Le tre parole chiave dell’intero incontro sono state: famiglia, lavoro e festa. Tre parole che il Papa ha definito “tre doni di Dio, tre dimensioni della nostra esistenza, che devono trovare un armonico equilibrio, per costruire una società dal volto umano”.
Un po’ in tutti i toni è stato messo in risalto che la famiglia, fondata sul matrimonio tra uomo e donna, va difesa e sostenuta, perché è il principale patrimonio dell’umanità. La famiglia è importante per la serenità e la felicità personale, ed è insostituibile per la buona educazione dei figli. Il vissuto familiare è la prima scuola per una vita buona e feconda di bene, come pure è una insostituibile scuola delle virtù sociali come la giustizia, il rispetto delle persone, la fiducia, la responsabilità, la solidarietà , la collaborazione. La famiglia è il cuore della società.
Il Papa, nell’omelia della grande messa a Bresso, ha esortato i genitori a “trasmettere ai figli, con serenità e fiducia, le ragioni del vivere, la forza della fede, prospettando loro mete alte e sostenendoli nella loro fragilità”.
La seconda parola-chiave è stata il lavoro, come risorsa necessaria per la vita della famiglia: ogni tipo di lavoro, incominciando da quello domestico. Esso è importante non soltanto perché nel lavoro l’uomo e la donna guadagnano il necessario per vivere, ma anche perché realizzano se stessi. Senza lavoro è compromessa la dignità personale. Senza lavoro non si possono fare progetti per il futuro. In particolare, senza lavoro un giovane non può sposarsi, non può procurarsi una casa per la famiglia che desidera fondare.
Al riguardo corale è stato l’auspicio che la persona umana sia sempre posta al vertice di ogni scelta economica, sociale e politica, e che siano moltiplicati gli sforzi per superare con la crescita la presente situazione di crisi, che su molte famiglie fortemente pesa.
Tocca in profondità la vita delle famiglie anche la festa. L’uomo e la donna, nel progetto di Dio, sono chiamati anche al riposo e alla festa. L’uomo moderno ha creato il “tempo libero”, ma ha perso spesso il senso della festa. Il tempo libero è diventato per molti soltanto un intervallo fra una fatica e l’altra. La festa invece, è qualche cosa di molto più bello che dà gioia al cuore e che dà senso anche agli altri giorni della settimana. La domenica non solo si riposa dal lavoro, ma la famiglia si ritrova insieme con ritmi più distesi, in cui ci si dona agli altri e si sta insieme con gli altri.
Per noi cristiani la festa si chiama domenica, cioè giorno del Signore, perché al centro della festa sta l’incontro con Cristo nella partecipazione alla Messa. La domenica è il giorno in cui siamo invitati a interrompere le nostre occupazioni ordinarie per dare spazio alla dimensione spirituale. Senza l’Eucaristia domenicale, noi cattolici perdiamo la nostra identità.
Il Papa ha sottolineato tre dimensioni della festa domenicale:
– è il giorno della Chiesa, in cui siamo convocati dal Signore attorno alla mensa della Parola e del Sacrificio Eucaristico, per nutrirci di Lui, per entrare nel suo amore e vivere del suo amore. È il giorno in cui dissetiamo la nostra sete di Dio e scopriamo il senso e la bellezza della vita ordinaria.
– è il giorno dell’uomo e dei suoi valori: convivialità, amicizia, solidarietà, cultura, contatto con la natura, gioco, sport…
– è il giorno della famiglia, nel quale vivere insieme il senso della festa, dell’incontro, della condivisione. È come un’oasi in cui fermarsi per assaporare le gioie familiari e trovare ristoro tra le fatiche spesso logoranti del quotidiano.
Un messaggio grande è dunque venuto dall’incontro a sostegno della famiglia, che ha avuto luogo a Milano: un messaggio forte, altamente ispirato, che rappresenta un luminoso punto di riferimento religioso e morale non soltanto per i credenti, ma anche per quanti sono convinti che il futuro dell’umanità passa attraverso la famiglia.
Card. Giovanni Battista Re
Il 24 giugno per noi bornesi è un giorno importante poiché rinverdisce la scelta dei nostri avi, quando scelsero S. Giovanni Battista come patrono e protettore. Certamente la figura di questo santo è molto ricca di insegnamenti, tra i quali ne emergono alcuni che più che mai sono validi anche per noi. Il suo messaggio forte di conversione più che un avvertimento terrorizzante sulle possibili punizioni di Dio, è un invito accorato ad accogliere, con una vita cambiata, l’amore di Dio che perdona, purifica, riaccoglie, esalta la nostra esistenza.
Alla scuola del Battista moltissimi accorrono e comprendono che Dio sta dalla loro parte, dalla parte dei peccatori, per recuperarli e riammetterli alla comunione con lui. È uno squarcio di luce anche per noi che spesso ci sentiamo indegni dell’amore di Dio, tanto da restarne lontani anche quando Egli stesso ci invita a tornare a Lui e a riscoprirci da Lui amati. Ed anche la nascita del Precursore è un segno straordinario di come Dio stia dalla parte degli umili.
La sterilità di Elisabetta è il terreno dell’azione potente di Dio, che può cambiare anche le situazioni apparentemente irreversibili, ribaltando ciò che sembrava ormai incapace di produrre frutto. Così rende possibile anche l’impossibile nella vita delle sue creature ed anche nella nostra stessa vita. Soprattutto nel cambiamento di ciò che è più profondo ed impossibile da modificare con la sola nostra volontà, Dio manifesta la predilezione per la debolezza delle sue creature, che non temono di chiedere con umiltà il suo aiuto e lo ricevono con abbondanza.
Così vediamo nella vicenda del Battista quanto Dio sappia aprire spiragli di luce e suscitare germogli di speranza che possono giungere a maturazione ben oltre le nostre aspettative. Il messaggio e lo stile del Battista sono un mandato che suscita cambiamento in chi lo accoglie, un mandato tanto potente da rinnovare la vita in chi crede profondamente all’azione divina nella storia.
La sua missione, che si conclude con il martirio, paradossalmente è fonte di nuova vitalità perché apre la strada alla sempre più grande rivelazione di Colui che da Giovanni è annunciato: Gesù Cristo, Figlio di Dio e Messia atteso. La grandezza del Battista si rivela così nel rendere manifesta la grandezza altrui e soprattutto sapendola accogliere nella persona di Gesù, davanti al quale egli afferma: “Lui deve crescere ed io diminuire”.
Don Primo Mazzolari in un suo scritto ebbe ad affermare “ Non ci interessa la carriera, non ci interessa il denaro, non ci interessa il successo, né di noi, né delle nostre idee; non ci interessa né l’essere eroi, né l’essere traditori davanti agli uomini; ci interessa perderci per qualcosa o per qualcuno”.
Il Battista ha incarnato due millenni prima questa massima del nostro secolo e ce la propone come regola di vita moderna per seguire più da vicino il Signore. Guardiamo al Battista e prendiamone esempio per vivere la nostra stessa chiamata nella sua scia, vivendo l’amore senza riserve che Giovanni ha riconosciuto in Gesù e che anche per noi solo il Signore, Dio nostro, può dare.
Don Francesco
... tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste.
I discepoli a un tratto videro Gesù che camminava sul lago e si spaventarono.
“...io vi dico ciò che mi ha insegnato il Padre”.
I soldati che avevano crocifisso Gesù presero i suoi vestiti e... Gesù prese l’aceto poi disse: “Tutto è compiuto” abbassò il capo e morì.
Gesù dunque disse: “Lasciatela in pace: ha fatto questo per il giorno della mia sepoltura...
In occasione della festa patronale di S. Giovanni Battista, con dedica particolare a S. E. Card. Giovanni Battista RE che ha trascorso a Borno il giorno del suo onomastico, la Parrocchia e l’Amministrazione comunale hanno organizzato presso l’edificio della scuola primaria, in piazza Caduti, l’esposizione degli 89 quadri illustranti il Vangelo di S. Giovanni. La mostra è stata possibile grazie alla gentilezza del committente e proprietario dell’opera, Mauro Bernardi, che si ringrazia sentitamente.
CENNI BIOGRAFICI della pittrice - Paola Anglani, nativa (1975) e residente di Berzo Demo, in Valle Camonica (BS), dopo la frequenza del Liceo Artistico di Lovere dove si diploma nel 1993, frequenta l’Accademia delle Belle Arti di Brera in Milano, per diplomarsi “Maestra d’arte in scultura” nel 1998. Ben presto si dedica anche alla pittura ad olio, ma anche a piccole composizioni a china arricchita di inserti ad olio. Collabora per alcuni anni quale ideatrice e disegnatrice di modelli per laboratorio orafo a Milano e svolge breve attività di restauro, soprattutto su murature di chiese con affreschi, ricostruzioni in gesso, stucchi, e cornici; offre la sua opera di assistente allo scultore pisano Franco Adami in Pietrasanta (LU), per approfondire le conoscenze sulla lavorazione delle pietre e del bronzo. Si è dedicata anche alla modellazione dell’argilla per ottenerne, una volta cotta, ceramiche raku e terrecotte smaltate.
L’OPERA - Paola Anglani nasce come scultrice, come confermano i titoli accademici, e come tale vince un concorso e realizza un gruppo marmoreo, ora in bella mostra all’aeroporto di Montichiari e lavora tuttora a modellare crete. Molto volentieri effettua però degli excursus nella pittura dove, rimanendo per ora saldamente ancorata al linguaggio figurativo, riprendendo temi, soggetti, racconti e miti addirittura nei titoli dei suoi quadri, racconta storie affascinanti, mentre getta uno sguardo critico sulla realtà di una moderna società violenta e indifferente.
Nello scorcio del 1999 e i primi mesi del 2000, anno giubilare, è sollecitata a realizzare, su committenza privata, l’illustrazione del Vangelo di S. Giovanni, un’opera che consta di ben 89 tavole di 70 * 50 cm, piene a volte fino all’inverosimile.
Il pensiero del visitatore, ammirando quest’opera gigantesca, non potrà non correre all’immagine di una giovane donna, china per mesi sul più originale e etereo dei Vangeli, che riesce a dare corpo a visioni mentali, suggestioni e versetti, anche là dove prima non c’era traccia d’interpretazione iconografica. Sciolta da obblighi di modelli figurativi considerati ormai classici o reinventandoli per adattarli a situazioni diverse, la sua fantasia si sbizzarrisce a creare un mondo che poi rimane fermamente impresso nell’occhio e nella mente del visitatore, stupito per tanta audacia e fervida inventiva.
Una sinfonia in minore con crescendo - La maggior parte delle tavole, una sessantina circa, sono realizzate a china con l’arricchimento di inserti ad olio, per esplodere, d’apprima in qualche anticipo e poi nell’intera sequenza della Passione, in una sanguigna violenta, costituente una macchia di colore che cattura immediatamente l’occhio. Lo sguardo d’insieme di tutta la prima parte offre pertanto l’impressione di un Vangelo crepuscolare, tutto giocato sui toni scuri, ove si aprono squarci di colore vivissimi.
Un Vangelo spoglio - Chi abbia presenti della tradizione classica le ambientazioni architettoniche e paesaggistiche, gli abbigliamenti sfarzosi, l’affollamento dei personaggi attorno alla figura del Cristo, non potrà che rimanere stupito della povertà che caratterizza il Vangelo dell’Anglani: personaggi spogli fino alla nudità, assenza pressochè totale di architetture di cornice, personaggi di contorno ridotti all’essenziale… Gli ambienti e i paesaggi sono appena accennati da pochi elementi: qualche scorcio d’edificio, una scala, un arco, povere suppellettili… ma soprattutto alberi, profili di colline, corsi d’acqua…
È indubbio che le 89 opere illustrative non saranno magari tutte dello stesso livello espressivo ed estetico; d’altra parte la dimensione stessa dei quadri, cm 50 per 70, ne fanno un’opera intimistica, non sempre immaginabile se proiettata su grandi pareti in un edificio sacro.
Un Vangelo al femminile - È l’analisi dei singoli quadri a rivelare tutta la ricchezza dell’opera. Il tratto è sicuro e staglia sugli sfondi figure che, a volte, paiono scolpite, rivelando la mano della scultrice di marmi o della modellatrice di crete: i muscoli guizzano sotto una pelle tesa, come se stessero per eplodere.
È in Cristo giovane, giovanissimo quello che esce dalla penna e dai pennelli di Paola Anglani, aitante e muscoloso, talvolta nudo come la verità, ma tipicamente ebraico, con quel naso che certa iconografia canagliesca ha sempre attiribuito al “cattivo” ebreo. Parlando di Vangelo al femminile non si vuole assolutamente connotare l’opera al negativo ma, anzi, suscitare curiosità e interesse per una lettura che, probabilmente, non era mai stata tentata e che offre tanti spunti di riflessione.
Le figure femminili abbondano attorno al Cristo di questo vangelo, segnatamente nelle tante “maternità”, in fieri o in atto, disseminate nei vari episodi. Ma è soprattutto la fisicità, la corporalità, la carnalità a connotare i racconti: le mani si stringono, i corpi si serrano in abbracci che solo una donna poteva immaginare, solo la donna, nello stesso tempo sorgente di vita e custode della morte. E certe delicatezze… il Cristo che si appresta a lavare i piedi a Pietro ed ha i capelli raccolti dietro la nuca, il Padre che più e più volte stringe teneramente il Figlio, come un padre terreno meglio non potrebbe fare e, ancora, il Figlio che stringe a sè per consolare, ammonire e perdonare perfino il tradimento più doloroso: quello di Pietro.
Francesco Inversini
Finalmente è arrivato il momento della gioia anche per Ossimo Inferiore. Domenica 22 luglio abbiamo accolto Don Mauro Zambetti, il nuovo sacerdote collaboratore dell’Unità Pastorale dell’Altopiano del sole. Ora abbiamo completato l’organico che prevede la presenza di sei sacerdoti, i quali a vario titolo sono chiamati a collaborare al buon funzionamento delle cinque parrocchie dell’Unità e a servire i sette paesi, grandi e piccoli, che gravitano sull’altopiano.
Don Mauro viene da una esperienza già consolidata in altre parrocchie più grandi dei nostri paesi, ed ultimamente dalla popolosa parrocchia di Capriolo, dove ha avuto modo di occuparsi, come curato secondo, delle attività pastorali di carattere sociale e missionario, degli anziani e degli ammalati, di famiglie e non ultimo dei chierichetti che servono all’altare.
Sono esperienze preziose che saranno messe a frutto anche nelle parrocchie di cui, con noi, si dovrà occupare. Don Mauro risiederà ad Ossimo inferiore, ma come tutti noi sarà spesso in macchina per i tanti spostamenti che dobbiamo fare sulle strade di Ossimo, Borno e fino a Lozio e Villa, dove anche là svolgerà il servizio pastorale. Certo i fedeli di Ossimo inferiore lo vedranno di più e la speranza è che si possa così ovviare a quegli inevitabili problemi che vengono quando non si è più residenti stabili in un solo luogo.
Ormai però la via tracciata è questa e non si può più tornare indietro. Nemmeno rimpiangere il tempo che fù produce qualcosa di meglio. Invece è rimboccandoci tutti le maniche, sacerdoti e fedeli laici, che qualcosa di nuovo e migliore può scaturire da un’esperienza che all’inizio è inevitabilmente faticosa, ma non impossibile. Ben arrivato don Mauro e buon lavoro da tutte le comunità dell’altopiano.
Don Francesco
Buon giorno a tutti voi! Sono il vostro nuovo vicario parrocchiale, don Mauro Zambetti, bergamasco di provincia ma di diocesi bresciana. Sono nato a Lovere il 17 gennaio 1967, ma sono un “prodotto” della parrocchia di Corti S. Antonio Abate in Costa Volpino.
Ho svolto il primo servizio pastorale nella Parrocchia dei SS Emiliano e Tirso in Villa Carcina dove sono stato spedito dal vescovo Bruno Foresti, come diacono per un anno intero nel 1997, dopo aver terminato il cammino in seminario.
Il 13 giugno 1998 sono stato ordinato sacerdote dal vescovo Bruno, il quale ha deciso di farmi continuare la missione nella stessa parrocchia come curato in oratorio, che è terminata nell’estate del 2003. Successivamente il vescovo Giulio Sanguineti mi ha mandato nella Parrocchia di S. Giorgio martire in Capriolo dal 7 settembre 2003, dove ho svolto il mio servizio pastorale come “curato secondo” per 9 anni, e ora il vescovo Luciano Monari ha deciso di mandarmi da voi.
Ringrazio il vescovo e i suoi coadiutori per avermi affidato questo nuovo incarico, e per la nuova esperienza pastorale che inizierò con voi, in collaborazione con il vostro parroco don Francesco e gli altri sacerdoti. Ho avuto occasione già nei giorni precedenti, facendo il trasloco, di visitare alcuni ambienti parrocchiali, e di incontrare anche alcuni parrocchiani, e ne ho avuto un’ottima impressione. In attesa della domenica 22 luglio, rivolgo un cordiale saluto e un abbraccio fraterno a tutti e un ricordo vicendevole nella preghiera. A presto.
Don Mauro
DOn Mauro: sei arrivato tra noi nove anni fa in sordina. E ora stai per lasciarci dopo aver rallegrato la nostra vita comunitaria con il tuo accompagnamento pastorale e musicale. La nostra società è così piena di parole che ormai diamo per scontato di saperle usare per tutto. Ma non ci sono parole per dare un saluto ad un amico che parte per una nuova avventura, non ci sono parole che possano fargli arrivare al cuore il nostro abbraccio per gli anni passati insieme. Però si può sorridere, dare calde strette di mano, abbracci intensi e pregare affinché i ricordi non svaniscano nel via vai della nostra vita frenetica.
REstammo tutti incuriositi dalle parole insolite che il carissimo Don Tomaso pronunciò nei tuoi riguardi al tuo ingresso, presentandoti come vocazione adulta dall’animo mite ed umile di cuore. In effetti la tua presenza è risultata discreta e mai invadente, fraterna più che paterna. A molti di noi è capitato un giorno di trovarti nel confessionale e di rimanere sinceramente stupiti dalla tua dolcezza e dai buoni consigli (oltre che dall’assoluzione!) che sapevi dispensare illuminando una parte oscura della nostra anima. Anche attraverso le tue omelie ci andavamo accorgendo della qualità profondamente accogliente e umana della tua persona e la tua timidezza e umiltà furono per noi un suggello alla veridicità di quanto andavi trasmettendo.
MIte e umile di cuore, ma anche sacerdote di compagnia, spiritoso e pronto alla risata, attento ai sentimenti della gente e poco propenso a mettersi in mostra. Pensiamo, caro don Mauro, che i parrocchiani che hanno avuto l’occasione di “incontrarti” in questi nove anni di servizio siano stati toccati positivamente dalla tua figura umana e religiosa, tanto da essere convinti proprio da te ad occuparsi più attivamente delle cose del Padre. Tu hai chiamato alcuni di noi a seguire con te un gruppo di catechesi per adolescenti. Indimenticabili le serate e gli scherzi durante i campi scuola con i ragazzi, dove abbiamo potuto apprezzare un don sconosciuto e brillante, dotato di uno humor tutto inglese e insolitamente divertente per le sue stravaganze. Altri di noi li hai coinvolti in nella testimonianza della Carità, seguendo anno dopo anno le iniziative del Gruppo Missionario. Molti ti hanno conosciuto nei momenti della malattia e del dolore, a cui hai saputo dare vero conforto e sollievo indicando ancora una volta la Via della Croce come l’unica strada verso la Salvezza. Grazie per l’esempio di solidarietà che hai saputo portare ai malati e sofferenti della nostra parrocchia.
FAre il cammino di Iniziazione Cristiana dei Fanciulli e dei Ragazzi con te è stata un’altra straordinaria occasione per conoscerti meglio come formatore e guida nella fede. Magari poco incline alla rigorosità e all’efficientismo che spesso noi laici “impegnati” pretendiamo dai nostri sacerdoti, ma ricco di comprensione e disposto, sempre, ad ascoltare pazientemente i dubbi e le paure di noi catechisti per i genitori più che a salire in cattedra con discorsi preconfezionati. Durante le riunioni ICFR per la preparazione degli incontri da tenere con i genitori, con le tue catechesi chiare ed appropriate ci hai dato la possibilità di parlare agli adulti valorizzando il loro ruolo di educatori, stimolandoli a proseguire nel cammino di fede insieme ai loro figli. Questo tuo coinvolgerci, ci ha dato modo di arricchire la nostra cultura cristiana, di conoscere tante belle persone e di partecipare più attivamente alla vita comunitaria parrocchiale.
SOLo Dio salva: questo ci hai insegnato nel tuo impegno pastorale – non sempre facile qui a Capriolo. Per questo motivo hai voluto portare avanti con costanza e rinnovato entusiasmo il difficile compito di preparare al sacramento del matrimonio le giovani coppie della nostra Comunità, per trasmettere anche a loro la stessa adesione totale e fiduciosa a questa verità. Grazie per la tua semplicità che riesce ad avvicinare più che mille parole.
LAsciarti andare via con la consapevolezza che la stessa umanità sarà riversata sulle nuove comunità a servire le quali sei stato chiamato: questo ci chiama a fare generosamente la Chiesa che ci hai insegnato ad amare. Non senza rimpianti per cose non fatte o parole non dette nei momenti in cui forse avresti avuto più bisogno della nostra vicinanza morale. Non senza nostalgia per la tua sagoma inconfondibile dentro una 1100 bianca “vintage”. Non senza il ricordo delle tue imitazioni esilaranti. Non senza l’immagine del tuo andirivieni tra i passaggi segreti dell’abside per riuscire ad accompagnare all’organo il canto dei fedeli e subito dopo, magari, distribuire la Santa Comunione.
SIi sempre te stesso, ma sappi anche evolvere continuamente, come continuamente si alternano le note sul rigo della vita pur nel rispetto dell’unica melodia. Ma l’augurio più bello che possiamo farti, caro Don Mauro, è quello di Paolo a Timoteo: “Combatti la buona battaglia della fede, cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato e per la quale hai fatto la tua bella professione di fede davanti a molti testimoni”.
DOve andrem da te lontani: Tu solo hai parole d’eterna Vita. Così recita la corale che tante volte hai suonato per noi: grazie per aver testimoniato con la tua umiltà questo comandamento sublime. Sono mille i motivi per cui ti potremmo ancora ringraziare. Come Consiglio Pastorale riteniamo che ve ne sia uno, tra i tanti, che merita un posto in prima fila in questo lungo elenco: Grazie, DON, per averci donato Gesù rinnovando ogni giorno sull’altare il suo dono d’Amore. Ti auguriamo serenità di spirito e fortezza d’animo nell’esercizio del tuo ministero. Ti accompagnino la benedizione di Dio e la materna protezione della Madonna.
Il Consiglio Pastorale Parrocchiale
Il 9 Giugno scorso, nella Cattedrale bresciana, sono stati ordinati sacerdoti due diaconi provenienti dal seminario vescovile diocesano e un padre filippino della Pace (dell’ordine di San Filippo Neri: non viene dalle Filippine…).
Don Damiano Raza, della parrocchia di Sant’Apollonio, Pezzaze; Don Claudio Sarotti, della parrocchia di Santa Maria Nascente, Edolo; Padre Carlo Bianchini, della parrocchia dei Santi Faustino e Giovita, Darfo. Tre sacerdoti in più nella nostra diocesi (di cui due della nostra Valle Camonica!), ma già in sei ci hanno lasciato… Insomma, le unità pastorali che il nostro vescovo ha voluto per le nostre parrocchie si riveleranno decisamente necessarie tra qualche anno, se l’incremento di sacerdoti rimane di tale portata!
Sono sempre più persuaso dall’idea che non sia il “Padrone della messe” a non chiamare operai, ma siano coloro che vengono chiamati che non riescono o non vogliono sentire questa domanda. Talvolta è necessario che proprio la famiglia, prima culla di evangelizzazione, si preoccupi di far affiorare nel profondo il desiderio di donarsi a Dio e agli altri: è nella famiglia che il cristiano scopre, per la prima volta, di essere amato e di poter amare in modo speciale, magari diverso da altri. è necessario conservare e preservare questi piccoli germi di vocazione e non soffocarli.
Allora subentra il Seminario: nel Seminario minore, infatti, si cerca di scoprire quale sia la vera vocazione di ognuno, in modo serio: sia essa la vocazione al matrimonio oppure al sacerdozio! Nel Seminario maggiore, invece, si è già più indirizzati verso la vocazione sacerdotale: lo studio è completamente rivolto a materie filosofiche e teologiche già dai primi due anni, dopodiché, con l’ammissione agli ordini sacri, si è indirizzati totalmente alla vita sacerdotale. Poi, con i successivi ministeri, il lettorato e l’accolitato, ci si prepara all’ordinazione diaconale e poi presbiterale.
Anche io, quest’anno, finito il liceo, passerò dal Seminario minore a quello maggiore e frequenterò lo Studio Teologico di Brescia. Inoltre, per l’anno prossimo, sono stato affidato all’unità pastorale della Val Grigna (Berzo, Bienno, Esine, Plemo e Prestine), dove presterò servizio il sabato e la domenica.
Preghiamo tanto e ancora il Padre, non solo perché chiami operai per la sua vigna, ma anche perché gli stessi operai cooperino per coltivare nelle parrocchie i semi del Regno anche nelle vocazioni sacerdotali.
Alex Recami – Seminarista di Borno
Dal 25 giugno al 1° luglio, trenta ragazzi delle scuole medie, accompagnati di una decina di animatori della Parrocchia di Borno, sono partiti per una settimana di divertimento a Tiles (Bressanone, Trentino Alto Adige). Era una casa un po’ sperduta nel nulla, ma molto carina e accogliente, dove abbiamo potuto giocare, stare insieme nei momenti di divertimento, riflessione, preghiera.
Il tema del camposcuola era “Madagascar”, e i ragazzi si sono ispirati a questo tema per tutta la settimana, realizzando anche dei lavoretti e facendo dei questionari. Da questo cartone, hanno imparato anche il valore dell’amicizia e quanto è importante quest’ultima nella vita. I ragazzi li abbiamo poi divisi in due squadre, con lo scopo principale di farli conoscere meglio tra loro e per avere anche un po’ di competizione e vedere nei ragazzi spirito, voglia e grinta di fare vincere la propria squadra.
Si sono impegnati molto tutti e siamo tornati a Borno stanchi e distrutti, ma felici di avere trascorso una settimana insieme, ridendo e scherzando anche con Caronte. È stata un’esperienza indimenticabile.
Amanda Massa e Vittorio Dabeni
Esistono persone nelle nostre vite che ci rendono felici
per il semplice caso di avere incrociato il nostro cammino.
Alcuni percorrono il cammino al nostro fianco,
vedendo molte lune passare, gli altri li vediamo appena
tra un passo e l’altro. Tutti li chiamiamo amici
e ce sono di molti tipi. Talvolta ciascuna foglia
di un albero rappresenta uno dei nostri amici.
Il primo che nasce è il nostro amico Papà
e la nostra amica Mamma, che ci mostrano cosa è la vita.
Dopo vengono gli amici Fratelli, con i quali dividiamo
il nostro spazio affinché possano fiorire come noi.
Conosciamo tutta la famiglia delle foglie che
rispettiamo e a cui auguriamo ogni bene.
Ma il destino ci presenta ad altri amici che non
sapevamo avrebbero incrociato il nostro cammino.
Molti di loro li chiamiamo amici dell’anima, del cuore.
Sono sinceri, sono veri. Sanno quando non stiamo bene,
sanno cosa ci fa felici.
E alle volte uno di questi amici dell’anima
si infila nel nostro cuore e allora lo chiamiamo innamorato.
Egli da luce ai nostri occhi, musica alle nostre labbra,
salti ai nostri piedi.
Ma ci sono anche quegli amici di passaggio, talvolta una
vacanza o un giorno o un’ora. Essi collocano un sorriso
nel nostro viso per tutto il tempo che stiamo con loro.
Non possiamo dimenticare gli amici distanti, quelli
che stanno nelle punte dei rami e che quando il vento
soffia appaiono sempre tra una foglia e l’altra.
Il tempo passa, l’estate se ne va, l’autunno si
avvicina e perdiamo alcune delle nostre foglie, alcune nascono
l’estate dopo, e altre permangono per molte stagioni.
Ma quello che ci lascia felici è che le foglie che sono cadute
continuano a vivere con noi, alimentando le nostre radici
con allegria. Sono ricordi di momenti meravigliosi di quando
incrociarono il nostro cammino.
Ti auguro, foglia del mio albero, pace amore,
fortuna e prosperità.
Oggi e sempre... semplicemente perché ogni persona
che passa nella nostra vita è unica.
Sempre lascia un poco di se e prende un poco di noi.
Ci saranno quelli che prendono molto,
ma non ci sarà chi non lascia niente.
Questa è la maggior responsabilità della nostra vita
e la prova evidente che due anime non si incontrano per caso.
Paul Montes Missionario Sud-Americano
Dal 16 al 23 Giugno, una ventina di ragazzi, con una decina di animatori, della Parrocchia di Borno, sono partiti carichissimi per una “settimana di fuoco” ad Astrio di Breno, con i ragazzi delle scuole elementari. Non tutti i ragazzi erano già esperti di camposcuola, però i “veterani”, hanno aiutato i meno esperti a farsi coraggio e ad andare avanti a testa alta nel combattere per la vittoria e soprattutto nel combattere per divertirsi e per passare un’ esperienza indimenticabile. Il tema di questo camposcuola era “Cars, motori ruggenti”.
La prima sera, appena arrivati, e non ancora del tutto ambientati, i ragazzi hanno guardato il film “Cars”; questo è servito come filo conduttore di tutta la settimana. Attraverso il film, i venti piccoli partecipanti, hanno potuto fare dei lavori e dei giochi per tutta la durata del camposcuola. Ogni mattina, Don Simone, raccontava ai ragazzi una storia, e con il tema di quest’ultima, si facevano ulteriori lavoretti e giochi.
Ovviamente nel camposcuola, oltre che allo svago e al divertimento, ci deve essere anche la competizione, infatti i ragazzi sono stati divisi in due squadre, le quali combattevano assiduamente per la vittoria. Nella giornata tipo c’erano bensì momenti liberi e di svago e divertimento, ma anche momenti di preghiera e la messa giornaliera. Inoltre, per dare punti alle squadre, ogni mattina gli animatori organizzavano dei giochi, ispirati alla storia raccontata durante la preghiera della mattina. Anche la sera, c’era il tempo dei giochi, prima di andare a dormire, e in questi, si vedeva il carattere dei ragazzi e si capiva il loro impegno per fare vincere la propria squadra.
Non erano giochi facili, nel senso che per farli, ci voleva molto coraggio, però i ragazzi delle elementari si sono distinti e si sono applicati con facilità. Ovviamente in un camposcuola fatto bene, non potevano mancare gli scherzi; alle tre di notte, i 10 animatori sfegatati hanno acceso la musica a tutto volume, facendo credere ai bambini che fossero le otto di mattina, facendoli svegliare e facendogli fare la colazione come tutte le mattine. Dopo la colazione, i ragazzi hanno fatto un po’ di balli e un po’ di attività fisica e poi, per fare capire loro lo scherzo, i ragazzi hanno seguito l’animatore Vittorio, il quale li ha portati nel cortile, con la scusa di farli giocare come tutte le mattine. Una volta arrivati davanti alla porta per accedere nel cortile, l’animatore ha fatto aprire a uno dei ragazzi la porta, facendogli così capire lo scherzo. Gli scherzi ovviamente non sono finiti qua, ma raccontarli tutti non si può. E’ stata un’esperienza ben riuscita e indimenticabile.
Vittorio Dabeni e Amanda Massa
È incredibile... un anno è già passato e siamo qui nuovamente a strizzarci il cervello per il nuovo Grest! Anno nuovo, Grest nuovo, parroco nuovo. Sì, perché quest’anno toccherà a don Simone con l’aiuto del seminarista Alex accompagnarci nell’impresa!
Il tema quest’anno, suggerito dalla diocesi bresciana, è incentrato sulla parola, fondamentale per comunicare, aiutare i nostri bambini a crescere e far capire loro che il silenzio è la possibilità di trovare parole nuove.
Nel nostro Grest però di silenzio ce ne sarà ben poco: il caos mentre organizziamo, la musica assordante, le urla dei bambini e degli animatori super impegnati e l’entusiasmo per i giochi e per questa nuova grande avventura! La durata di questo percorso è di 3 settimane durante le quali alterneremo giornate in oratorio a uscite.
La prima sarà giovedì 12 al Grestinsieme a Capo di Ponte, alla quale parteciperemo con i nostri amici di Borno per entrare meglio in contatto con la realtà dell’unità pastorale; il 19 luglio andremo invece al lago d’Idro a far visita al nostro ex don e a fare una bella passeggiata sul lago. Per concludere in bellezza il 26 ci recheremo in fondo alla provincia di Brescia, al parco acquatico Le Vele, dove tra scivoli, kamikaze e immense piscine prenderemo sicuramente una bella “strinata”! In programma per la sera di venerdì 27 c’è anche la nostra mitica festa finale, dove raccontiamo ai genitori le 3 settimane di grest e li coinvolgiamo in divertenti giochi.
Ora dobbiamo andare a dare una ripassatina al Vademecum del buon animatore… Metti che don Simone ci voglia interrogare! Buon grest 2012 a tutti !
Maria, Agnese, Laura, Maria.
Non so se sia stato l’abbondante e pesante pranzo, accompagnato da qualche buon bicchiere di vino, oppure perché, a differenza del Natale che sta sempre più americanizzandosi in una insipida macedonia di sentimenti vagamente famigliari con i colori della Walt Disney, la Pasqua è rimasta l’unica vera festa che ricorda, anche a chi non frequenta molto chiese e parrocchie, i fondamenti della fede in Gesù Cristo. Fatto sta che nel pomeriggio di quello stesso giorno di Pasqua, pur non avendo avuto il privilegio di godere dell’esperienza dei due pellegrini di Emmaus, anche il mio cuore si è un po’ acceso nel sentire i miei fratelli e alcuni amici non canonicamente praticanti, parlare e discutere seriamente su Gesù, Chiesa, preti e ciò che ci sarà o non ci sarà dopo la morte.
Sono emersi argomenti interessanti insieme ad obiezioni più o meno note e retoriche, soprattutto verso la Chiesa come istituzione. Un’amica molto credente si è cimentata nel sostenere la tesi, accettabile ma anch’essa non nuova, secondo la quale se nonostante tutto la Chiesa esiste e continua a resistere da 2000 anni, sarà pure un segno che questa non è fondata e retta solo da forze umane. La maggior parte delle persone presenti, tuttavia, si sono scagliate contro le ricchezze e gli intrighi del Vaticano, gli alti prelati che, con la scusa della fede, si compiacciono della loro posizione per meschini giochi di potere, fino ai pretini pedofilini (è stata pronunciata proprio tale espressione) che fanno di tutto per assecondare le loro voglie.
Se fossi un cattolico tutto d’un pezzo, come quelli impegnati nelle infinite discussioni in Internet, avrei dovuto ribattere colpo su colpo a queste e altre affermazioni, ricordando ad esempio che molte ricchezze custodite in Vaticano hanno più un valore storico e culturale, che la Chiesa non è formata solo da prelati che giocano a sentirsi Napoleone, ma anche da moltissime persone che si spendono con generosità per il bene del prossimo.
Se fossi una persona devota, avrei dovuto citare la frase che amavano spesso ripetere le nostre nonne: dei preti è lecito parlarne solo in bene, altrimenti è meglio far silenzio. Ma essendo cosciente che purtroppo non sarò mai un buon cattolico e che la frase delle nonne mi è sempre apparsa troppo perbenista e quindi un po’ ipocrita, non mi sono impegnato più di tanto nel contraddittorio.
Pur riconoscendo che in buona parte sono i soliti luoghi comuni, alimentati magari da giornali e televisioni che, quando trattano notizie riguardanti la religione ed in particolare quella cristiano cattolica, non sanno far altro che distorcere fatti e affermazioni palesando quasi sempre una superficiale ignoranza, mi sembra che anche se non proprio da tutte le parti, un po’ di acqua tutt’altro che benedetta la Barca di Pietro la stia facendo.
Saranno pure ritrite chiacchiere da bar molte lamentele contro le ricchezze del Vaticano e alcuni sfarzi presenti nelle chiese ed in alcuni edifici parrocchiali; è vero che se anche le varie istituzioni ecclesiali donassero tutte le loro sostanze ai poveri, non per questo sarebbero eliminate di colpo ogni sorta di ingiustizia e l’indigenza delle troppe persone che nel mondo continuano a morire di fame. Tuttavia uno stile un po’ più sobrio, solidale e profetico, sia ai massimi vertici come nella vita di ognuno di noi, probabilmente non guasterebbe alla testimonianza e ad una più reale fraternità.
Sulla figura di Gesù non ricordo alcun appunto negativo; mentre su una possibile vita oltre la morte le opinioni hanno assunto varie sfumature: dal “ci credo” al “non ci credo però se fosse vero non mi dispiacerebbe”.
Con uno dei presenti la discussione è proseguita diversi giorni dopo quel pomeriggio di Pasqua. Questi, dichiarandosi quasi ateo, afferma di credere solo in ciò che si può toccare e spiegare scientificamente. Alla mia provocazione, anch’essa abbastanza retorica, circa alcune realtà – amore per un figlio, desiderio di qualcosa di grande, l’emozione per un brano musicale o un bel tramonto – che mi sembra non possano essere immediatamente riconducibili ad un fatto puramente scientifico, l’amico ha ricordato che tutto può far parte del meccanismo di riproduzione ed evoluzione della specie di darwiniana memoria. Alla mia ulteriore domanda su come lui ed io, a livello personale, potevamo collocarci in questo meccanismo, ha pacificamente risposto che nella visione scientifica del continuo riprodursi ed evolversi della vita, il singolo individuo, vegetale, animale o persona che sia, non conta un bel niente in rapporto alla continua evoluzione biologica della Terra e all’espandersi dell’universo.
Un po’ scioccato per la tale sentenza contrastante con la mia retrograda visione dell’uomo posto da Dio al centro di ogni realtà, abbiamo concluso il discorso riconoscendo che partivamo da presupposti troppo diversi per poter giungere ad un punto di incontro. Sull’argomento, però, l’amico mi ha rammentato che possedeva un libro a suo parere molto interessante. Ovviamente me lo sono fatto imprestare e lo sto leggendo con calma proprio in questi giorni, a riprova che ho molto tempo da buttar via.
Si tratta de “L’illusione di Dio”, scritto nel 2006 da Richard Dawkins, un etologo e di- vulgatore scientifico britannico. Da quanto ho letto finora - oltre ad esperimenti grotteschi per dimostrare l’inefficacia della preghiera e quindi l’inesistenza di Dio, oltre all’infinita discussione con i sostenitori americani del “progetto intelligente creazionista”, oltre alle inevitabili contraddizioni, anche a livello logico, presenti in ciò che l’autore espone con spavaldo sarcasmo – mi sembra che il voler ridurre tutto a dati scientifici, semplici da spiegare senza fare ricorso a favole religiose, alla fine comporti un incredibile impoverimento della profondità umana.
Sono molto ignorante in questa materia e anche in molte altre, ma l’entusiasmo con cui l’illustre scienziato sostiene la verità assoluta della teoria di Darwin, la sua sicura pretesa di poter ridurre tutto ad una stretta razionalità, alla fine mi risultano molto più fideistiche e molto meno ragionevoli che credere alla viva testimonianza di dodici uomini e alcune donne, certamente poco raffinati intellettualmente, che hanno vissuto un’avventura straordinaria, anche se poco attendibile o forse troppo complessa e bella per poter essere spiegata scientificamente.
Questa avventura è giunta fino a noi proprio mediante quella Barca che, sia nei comandanti e nel personale di bordo come nei semplici passeggeri, ha avuto e sempre avrà delle povere persone che, anziché indossare il grembiule del servizio nell’amore vicendevole, si lasciano sedurre dalle sirene della ricchezza, del potere, o temono di sprofondare nella poca fede rimproverata già dall’Armatorefondatore al suo primo capitano.
Ma pur nelle tempeste è una Barca la cui navigazione non verrà mai meno, proprio per la promessa dello stesso Armatore, e sulla quale ogni singolo uomo, ogni singola donna non saranno mai generici e insignificante ingranaggi transitori, bensì figli e figlie chiamati per nome e destinati ad amare ed essere amati... per sempre.
Anche tutta questa mia puerile effusione marittima, tuttavia, può apparire retorica, facile e irritante apologia per chi afferma di non credere e si dichiara infastidito, non senza qualche valido motivo, dalle pie parole o da certi comportamenti di noi cristiani. La prima lettera di Pietro, formalmente sempre quello della Barca, ci invita a tenerci costantemente pronti “a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi”.
Non so se in quel pomeriggio, essendo poco sveglio per l’abbondante pasto, o in questa indigesta cronaca mi sia minimamente avvicinato a tale mandato. Sempre in quell’occasione come in un’altra circostanza mi sono sentito dire: “... però tu Franco hai la fortuna di saper vedere e pensare spesso in positivo!”.
In un contesto diverso un’altra persona, che si dispiaceva sinceramente per non riuscire davvero a credere, dichiarava di riconoscere che i cristiani non sono certamente immuni da problemi e difficoltà, non sanno nemmeno esser più o meno bravi degli altri, ma hanno la fortuna di avere una marcia in più che li aiuta ad andare avanti.
Ringraziamo il Signore per questa marcia in più e ringraziamolo anche perché, mediante la “fortuna” dei nostri pensieri positivi, Egli sa ancora suscitare in chi si dichiara poco e per niente credente il desiderio, la nostalgia per realtà più grandi dei puri dati scientifici.
Franco
3 maggio 2012
Carissimo Don Francesco, ho letto con più calma le notizie di Cüntòmela... Alla prima non capivo cosa volesse dire l’UNITÀ PASTORALE ma poi, leggendo per bene, ho capito tutto. La scarsezza di sacerdoti obbliga a fare queste scelte, un pò come da noi in missione. So che questo avveniva da anni, ma non avrei mai pensato che un parroco, da solo, diventasse parroco di tre comuni, Borno, Ossimo e Lozio. Quello che fa specie è che la Diocesi di Brescia, pur avendo tante necessità, ha preti da mandare in missione... NESSUNO È COSÌ POVERO CHE NON ABBIA QUALCOSA DA DARE. E anche noi, qui in Brasile, pur avendo tante necessità, abbiamo sei giovani frati brasiliani, missionari a Cuba. Mi ricordo di una accalorata discussione col guardiano dell’Annunciata, Fr. Gabrielangelo tenni, a questo riguardo. E così il prossimo anno, d’estate, quando verrò in Italia per festeggiare le mie nozze d’oro, potrò dare una mano e anche due. la strada di Lozio la conosco molto bene. Di nuovo un caro saluto, anche a Don Simone, e alla tua santa mamma.
10 maggio 2012
Carissimo Don Francesco, questa mattina sono andato alla posta e ho trovato Cüntòmela di Pasqua... lettera con la foto della caricatura. Le due bambine che sostengono quel cartellone, sono figlie della nostra cuoca Wilma, che è rimasta molto soddisfatta nel vedere questa foto. Venerdì 27 aprile era la festa di Santa Zita, patrona delle donne domestiche. Abbiamo celebrato una messa speciale, seguita da una bellissima cena. Non è mancata la torta... La nostra cuoca Wilma pure era presente. Alla gente del Brasile piace fare festa anche con poco... La prossima festa sarà il giorno 26 luglio, dei nonni. E il 27 agosto, festa di Santa Monica, faremo omaggio alle vedove... E così via. Un caro saluto e un caldo ringraziamento.
11 giugno 2012
Carissimo Don Francesco, oggi è il giorno in cui fai gli anni, tanti auguri di ogni bene e fecondo apostolato come Parroco dell’Unità Pastorale dell’Altipiano del Sole... quando c’è. Mi sa che in questi giorni il sole a Borno e dintorni sta facendo i capricci. Mi chiedevi al telefono, quando torno in Italia. Il prossimo anno sarà una gran bella festa, perché saranno 50 anni di Ordinazione Sacerdotale... quindi NOZZE D’ORO. Venerdì 8 giugno ho celebrato la Messa al Monastero delle Clarisse per il mio 49º anniversario di Ordinazione. E le claustrali mi hanno fatto gli auguri. Sono diventato il confessore ufficiale delle Figlie di Santa Chiara. Mando alcune foto. La coronazione della Madonna il giorno 31 maggio. Madre di tutti i popoli. C’è una foto molto variopinta che rappresenta i cinque continenti. Giovedì 7 giugno era la Solennità del CORPUS DOMINI. Mi ricordo quando ero bambino, la processione passava anche per la via di Mandolo, davanti alla mia casa paterna. Qui i ragazzi hanno organizzato una bellissima processione, con disegni molto interessanti per le vie della città. Neppure la pioggia ha raffreddato l’entusiasmo dei fedeli. Mando una foto della fiumana di gente, presente a questa solennità. Un caro saluto anche alla tua santa mamma... Di mamma ce n’è una sola. Ad multos annos!!!!
24 giugno 2012
Oggi è la festa patronale della parrocchia di Borno. Posso immaginare i festeggiamenti. Qui da noi è tempo di sagre folcloristiche, danze speciali in onore di San Giovanni Battista. La parte spirituale lascia un pò a desiderare. Alla domenica celebro sempre tre Sante Messe e cerco di fare sempre una omelia che possa essere capita dalla nostra gente. Nel tempo libero curo anche un piccolo orto, ho sei aiole rialzate da terra, perché non posso abbassarmi molto e anche perché ci sono molti insetti che rovinano la verdura. Fra un anno verrò di nuovo in Italia. Speriamo che non ci siano altri inconvenienti con la mia salute! Un caro saluto anche alla tua santa mamma.
3 luglio 2012
Carissimi amici del Gruppo Missionario, adesso siamo in vacanza... ma so che a BORNO i mesi estivi sono pieni di molte iniziative. Vi penso occupati in tante cose belle. Sento un po’ la nostalgia del mio paesello. Se tutto va bene, il prossimo anno sarò di nuovo tra voi, e sarà grande festa per le mie Nozze d’oro sacerdotali. Alla PIGNA stanno già preparando la festa... Speriamo di essere in buona salute. Per quanto mi riguarda, devo darvi la bella notizia della casa della nostra cuoca Wilma. Dopo tanto lavoro e tanto sacrificio, domenica 24 giugno, c’è stata la inaugurazione. Con un bel pranzo. Vedete la nostra cuoca col suo marito. E vedete pure uno scorcio della casa nuova. Alcuni amici di Milano e altre persone hanno collaborato. Un’altra cosa bella. Dopo tre mesi siamo riusciti a pagare il debito fatto per acquistare la casa del catechismo della comunità più povera della nostra parrocchia, la comunità di San Francesco. La costruzione della chiesa dedicata al santo di Assisi la faremo il prossimo anno. Mando una foto del mio orticello, che coltivo con amore perchè devo mangiare molta erba... cicoria catalogna. Un caro saluto a tutti. Ciao.
Frei Defendente
Manila: 16 luglio, 2012
Carissimi Reverendi e Amici tutti di Borno, saluti dalle Filippine! Qui siamo nella stagione delle piogge per cui la lavata quotidiana non manca mai e i frequenti tifoni con allagamenti di strade e di interi quartieri sono normali compagni di vita. Però sono sempre ancora in salute e felice. Scrivendovi per la Pasqua vi ho dato notizie di quasi tutto l’anno e delle cose che stanno andando avanti, per cui questa volta non ho gran che di nuovo da raccontare.
Per agosto siamo in attesa di cinque nuovi studenti di teologia, due dal Camerun, uno dal Congo, uno dal Brasile e uno dal Messico: la comunità diventa sempre più internazionale. Due nuovi padri, uno dal Brasile e uno dal Congo stanno studiando inglese qui a Manila e si preparano a partire per il Natale prossimo: il Brasiliano P. Thiago andrà in Tailandia e il congolese P. Fabien andrà in Giappone. Come vedete non mancano vita e movimento e io, povero “nonno” di questa movimentata famiglia, mi trovo a dovermi tener ben sveglio per manovrare le cose il meglio possibile.
Il mio ministero e immersione tra la gente si concentrano nei giorni di sabato e domenica con le messe e i battesimi e, qualche volta, i matrimoni che potremmo definire “di massa”. Ogni domenica la celebrazione del battesimo per dieci e più neonati è per me un momento molto bello, mi fa sentire vivo, mi riempie di gioia e di speranza nella vita, mi sento “nonno spirituale” di questi pargoli e, alla fine della celebrazione, mi riservo il diritto di dare un bacio affettuoso, in nome di Dio, a tutti questi neonati figli di Dio. Una grande gioia di ogni domenica! Anche la celebrazione dei matrimoni “di massa” è un momento bello!
Di solito viene preparata quattro o cinque volte all’anno in ogni parrocchia per coppie che convivevano soltanto e magari con già due o tre figli, per aiutarle a mettere le cose in ordine. Molte volte i motivi erano stati solo di carattere economico: non avevano i soldi fare la festa e invitare gli amici. E così dieci, venti, trenta coppie celebrano insieme il loro matrimonio in chiesa, gratis e accontentandosi di un dolcetto e una coca-cola procurati dalla comunità parrocchiale. Quanta gioia si vede sprigionarsi dai loro volti dopo che finalmente si sentono in regola con Dio e con la comunità! Queste sono le gioie di noi vecchi missionari!
Continuate a ricordarci nella vostra generosità e nella vostra preghiera perché rimaniamo pieni di speranza ed impegnati. Noi, i nostri studenti e la nostra gente vi ricordiamo presso il Signore perché ricambi la vostra generosità con tante grazie e benedizioni. Con tanto affetto e un forte abbraccio vi auguro felici vacanze!
Vostro P. Giacomo
Carissimo Don Francesco, come mi ha fatto molto felice la sua mail, veramente rimango emozionato ad essere ricordato e sapere che la “mia” comunità ancora ricorda i “suoi” missionari, perché da parte mia sempre vi ricordo e prego. Proprio in questi giorni ricordavo con molta nostalgia Borno e la sua gente nelle ferie d’estate: Borno in festa con tantissimi villeggianti a godersi le montagne, le pinete e la Chiesa ricolma di gente a pregare, cantare per tutto quello che di bello e buono il buon Dio ha dato, facendo di Borno un paradiso terrestre o un presepio.
Io vivo in questo paradiso: il mio Ricovero, un vero giardino di fiori, suoni armoniosi di uccellini cinguettanti e frasche fruscianti.
Notizie: ormai non cambiano più il mio quotidiano: preghiera, lettura, santa messa, riposo (senza essere molto stanco). Ho operato la cateratta ed ora ci vedo discretamente bene, ma purtroppo l’enfisema polmonare mi fa tribolare un bel po’ con l’incubo del respiro affannoso, sopratutto di notte... che nostalgia dell’aria fresca e pura delle vostre pinete... ma la cosa più grave è il non potere quasi più camminare; mi trascino con fatica, con il bastone (e questo mi fa ricordare il Beato Papa Giovanni Paolo II): dalla mia casettina, immersa tra le piante di mogano e giardino fiorito: reumatismi, osteoporosi, minaccia di una trombosi.
Che tristezza: quando ricordo delle belle scampagnate per i boschi e pinete di Borno, come quella con D. Costantino, D. Andrea Cobelli per le malghe. Vado al Ricovero, che visito tutti i giorni per provvedere al “pane nostro quotidiano”; al Santuario, dove tutte le notti celebro la Santa Messa per la Comunitá “Rainha da Paz”. E non mollo. E così ho realizzato vari lavori importanti: la pittura esterna del Santuario: bellissimo: anche da lontano ora si può ammirare la cupola d’oro. La pittura interna e esterna della “Pousada franciscana”: centro pastorale dei pellegrinaggi e ritiri (3 sale grandi, un salone, servizi sanitari, cucina e dispensa); pittura interna e esterna del Ricovero (40x40) con la bella cappellina... l’arco solenne e il viale cimentato e fiancheggiato da una siepe fiorita di accesso al Ricovero, al Santuario. E tutto questo, con l’aiuto di Ditte (non molto cattoliche perché scontano dal Governo), operanti qui ad Açailândia, perché io ora non dispongo proprio di niente e dover ancora, in parte, mantenere e non essere mantenuto: questa è la vocazione del missionario: impiantare la Chiesa e “donare” al Vescovo per la sua Diocesi... quello che Cristo vuole: dopo aver fatto tutto, dite: siamo servi inutili! E riprendere il bastone e seguire il viaggio!
Quello che mi rattrista un poco è non potere rivedere i miei cari, la mia terra. È scaduto il mio passaporto e non so come provvederne uno nuovo. Spero che qualcuno mi dia una mano... ma in queste condizioni è meglio conformarmi! Ho donato la mia vita alla missione! Vi ricordo tutti con affetto e stima, vi saluto cordialmente, ci rivedremo?... Un abbraccio.
Vostro frei Narciso
20 aprile 2012
Carissimo Don Francesco, come certamente già saprai, è approdato da queste parti, come missionario FIDEI DONUM, il carissimo Don Lino Zani. Proprio in questo sabato, 21 aprile, farà il suo ingresso nella parrocchia di Amapà, una piccola città interna di questa immensa diocesi, quasi 500.000 chilometri quadrati. Ed è venuto a trovarmi e mi ha portato i saluti della mia sorella Maria Pia, nonché tuoi e di Don Simone. Sono venuti anche gli altri due preti bresciani, Fidei Donum, e abbiamo fatto un bel pranzo, giovedì 19 aprile. Non è mancato un buon bicchier di vino. Ci vuole ogni tanto. Don Lino è sempre quello, lo conosco da molti anni, uno spaccone buono di prima qualità... Fra le altre cose ha anche raccontato il caso di una delicata reprimenda di Don Simone a riguardo della liturgia... Non cambia mai. Mando alcune foto ed un caro saluto.
Padre Defendente
03 maggio 2012
Rev. mo sig. Parroco, caro don Francesco ne approfitto della venuta a Macapà, capitale, per mandarti due righe dal Brasile. Intanto vi saluto caramente. Ho incontrato anche Padre Defendente, ancora con un invidiabile entusiasmo che non viene meno nonostante la sua veneranda età di 74 anni. Un salutissimo anche agli altri confratelli.
Ciao d. Lino
03 maggio 2012
Carissimi, è più di una quindicina di giorni che sono (ri) arrivato in Brasile… Ben differente da quel Brasile che ho conosciuto e dove ho vissuto per più di vent’anni… Un Brasile che, è cresciuto nel suo insieme, economicamente, ma che mantiene ancora quella divergenza sociale che continua a impressionare e scioccare… Dove mi trovo? Solo due impressioni e molto superficiali.
La prima: non è Minas Gerais dove il popolo era molto più estroverso, più religioso, più accogliente. Qui, almeno fin’ora, dal punto di vista religioso estremamente freddo, reazione naturale alla temperatura meteorologica estremamente calda, forse. È presto per dire come sarà la gente e nemmeno ne ho la pretesa. La seconda: riguarda il territorio delle due parrocchie, immenso nei suoi 23.000 Km2. Per ora ho visitato solo alcune comunità in città e le due sedi delle parrocchie. Se non fossero i 15 km di sterrato orribile, il resto è asfalto ed anche bello, ma le strade, almeno per me, abituato al su e giù del Vale do Jequitinhonha e alla sabbia del Mozamabico [qui è al 95% tutto piano] non sono un problema. Quello che non manca invece è la pioggia: tutti i giorni viene giù e mi stanno crescendo perfino i capelli.
La casa dove vivo, ad Amapà, è immensa: una ventina di stanze! Nelle camere c’è perfino l’aria condizionata: non ne sono molto amico, ma anche quella de Calçoene, non è male, per fortuna ben più piccola. Ho una signora macchina, [Toyota Hilux] nuova di fiamma nata dalle ceneri di quella distrutta dal predecessore e pagata dall’assicurazione: che bello. E’ della Diocesi: a me la manutenzione, almeno in parte. L’intenzione è vivere una settimana a Amapà (qui) e l’altra a Calçoene (la seconda parrocchia).
Anche se mi trovo in una delle potenze economiche del mondo, qui l’Internet non è a disposizione, il telefono riceve, quando vuole e quando il tempo lo permette, ma non accetta che io chiami l’Italia: pazienza. Nell’altra parrocchia funziona meglio, lascia pure chiamare l’Italia, ma Internet no. Siamo più vicini all’Europa, visto che il ponte sul fiume Oiapoque ormai è fatto e basta attraversarlo per essere nella Guaiana Francese che è Francia, quindi Europa.
Queste le prime impressioni. Certo il fatto che il parroco anteriore sia fuggito seguendo una donna (per fortuna non per altri motivi!) è un terno al lotto. Ecco perché è importante che il ricordo nelle preghiere sia costante. Se manca l’aiuto del Capo si combinano solo guai. La salute, almeno per ora, va bene e dopo si vedrà. Se a qualcuno venisse voglia di telefonare (sempre prima delle 9 perché anche se qui è notte, è un po’ più facile che funzioni) il tel. è: 0055 96 3423 1240. Il Cellulare 0055 96 918 98470 oppure 0055 96 991 44417. L’uno o l’altro dovrebbero funzionare. L’indirizzo e-mail è linodon48@gmail.com, oppure padrelino@yahoo.it se qualcuno ha voglia di scrivere. Ed ora ha ricominciato a piovere e l’aria è diventata straumida perciò vi mando un forte abbraccio ed un saluto.
Ciao don Lino
Non è compito dei politici e degli amministratori in quanto tali emettere giudizi storici sulle vicende e sui personaggi del passato: è compito degli storici. Pertanto le vie e le piazze che sono state “battezzate” nei temepi andati è giusto che conservino i loro nomi. A meno che…
La piazza centrale di Borno è stata per secoli la Piazza; diventerà Piazza Umberto I a seguito dell’omicidio del sovrano nel 1900: un re mediocre che condivise decisioni orribili di suoi subalterni. Ma allora si decise così. Il 24 giugno del corrente anno, in occasione della festa patronale di S. Giovanni Battista, l’Amministrazione comunale ha proceduto ad una nuova intitolazione della piazza, dedicandola a Giovanni Paolo II, alla presenza del Card. Giovanni Battista Re. La decisione era già stata presa dalla precedente amministrazione presieduta dal sindaco Elio Arici; nonostante le successive vicissitudini amministrative, la pratica aveva proseguito il suo iter, completato nell’ultimo periodo per le incombenze relative ai residenti in loco.
E ritoniamo all’iniziale… a meno che! Non si cambiano i nomi delle vie e delle piazze a meno che nel frattempo non sia accaduto qualcosa di straordinario, ed è proprio il caso della piazza centrale di Borno. Il 19 luglio 1998, esattamente 14 anni fa, in quella piazza e nel contiguo sagrato si celebrava un avvenimento che a Borno non si era mai verificato e che, probabilmente, non si realizzerà mai più: un Papa era venuto in visita al piccolo Paese!
Quel giorno, era di domenica, rimanemmo tutti per un bel po’ col naso per aria, con lo sguardo ficcato nell’azzurro tenero del cielo mattutino, fino a quando, sulla linea dell’orizzonte, delineato dalle nostre montagne, non comparve un puntino che andò rapidamente ingrandendo, accompagnato dal rumore delle pale: era l’elicottero che portava l’illustre Ospite. Quando fu atterrato al piazzale della Dassa, si aprì il portellone e apparve un omino già un po’ curvo: apprendemmo poi che era anche un po’ malato, ma quell’omino era vestito di bianco ed era un papa: era il Papa!
Nella memoria dei Bornesi presenti all’avvenimento, dovrebbe essere rimasto un fotogramma assai significativo, assai esplicativo di quanto stava accadendo. Ai piedi della scaletta dell’elicottero c’era, ad attendere il Papa, Sua Eminenza il Cardinale Giovanni Battista Re.
Fermiamo questo fotogramma: c’era un Papa e c’era il suo Cardinale; c’era un Cardinale e c’era il suo Papa! È un gioco di parole?! Non credo: è il fotogramma che ci spiega come mai si stava avverando quello che mai nessuno avrebbe potuto immaginare. Forse mai nella storia del papato si era realizzata una così intensa simbiosi tra un Papa e un Cardinale: una vicinanza basata su una fede semplice ma profonda, su un’intesa intessuta di devozione da parte dell’Uno e gratitudine da parte dell’Altro, che lo considerava il suo più fedele collaboratore.
E il Papa attraversò le vie del piccolo paese, entrò in una piccola chiesa di montagna per pregare e poi si affacciò sul piccolo sagrato e sulla piazza, gremiti di folla, per lanciare al mondo il suo messaggio. Per quel giorno, il cuore della Cristianità pulsò a Borno; per quel giorno, da tutta la Cristinità si volse lo sguardo a quel piccolo Paese; per quel giorno da molti angoli del mondo ci si sarà chiesto come mai un Papa era finito in un paesino che sulla superficie terrestre non è nulla più che una punta di spillo!
L’anno prossimo sarà il 15° della venuta del Papa: forse è il caso di incominciare a pensare come onorare tale data. Forse per quell’occasione anche Sua Eminenza ci racconterà come è potuto accadere che un Papa sia venuto a Borno!
Francesco Inversini
S. Cresima Borno
S. Cresima Ossimo Inferiore
S. Cresima Ossimo Superiore
Con trepidazione e commozione, finalmente anche i nostri bambini hanno potuto ricevere per la prima volta Gesù Eucaristia nonché il sacramento della Confermazione. Eravamo molti in chiesa, parenti e amici, tutti vicini ai nostri ragazzi. Come erano belli schierati nel primo banco, mentre con trepidazione si preparavano ad accogliere prima lo Spirito Santo, e poi Gesù nella Comunione, i due sacramenti amministrati da Mons. Carlo Bresciani, il rettore del nostro Seminario Diocesano che nell’omelia ha ricordato quanto sia importante lo Spirito Santo non solo nel giorno della Cresima, ma durante tutta la vita dei cristiani, in particolar modo per aiutarci a seguire il cammino che Dio ha preparato per noi, nella direzione della nostra vocazione, e come sarebbe bello se, tra le vocazioni di tutti, ce ne fosse anche una alla vita consacrata. Auspichiamoci allora che lo Spirito guidi i nostri giovani verso il bene, seguendo l’esempio di Gesù, e ispiri noi adulti affinché possiamo aiutare questi piccoli semi a diventare alberi portatori di molto frutto.
Katia
Ai nostri ragazzi di Ossimo Superiore Nicolò, Francesco, Isabelle, Sofia, Jenny, Nora, Diana, Alessandro, Giulia, Omar, Andrea e Asia le nostre felicitazioni, e a Sr. Vincenzina e Roberta, che li hanno guidati nel percorso di formazione cristiana, i nostri ringraziamenti.
Che bravo il nostro grande arciprete di tutte le parrocchie dell’Altopiano del sole: nonostante i suoi molteplici impegni è riuscito a portare il suo nutrito gregge in pellegrinaggio mariano a Monte Berico.
Siamo partiti all’alba e abbiamo fatto sosta al Santuario della Madonna del Frassino. A Vicenza ci attendeva la nostra preparatissima guida che ci ha condotti in giro per la città che ricorda Venezia nelle architetture. Ci fa conoscere la storia di un abilissimo scalpellino che ha edificato splendidi palazzi e ville pur non essendo architetto: il Palladio.
Ci colpisce anche apprendere che il notissimo William Shakespeare avrebbe bellamente copiato e “rubato” la vicenda di Giulietta e Romeo scritta anni prima dallo storico Luigi da Porto, per di più ambientandola a Verona, acerrima nemica di Vicenza.
Dopo esserci rimpinzati con un ottimo pasto, sereni e satolli, ci siamo recati al Santuario di Monte Berico, dove nel lontano 1426 la Madonna apparve ad una donna raccomandandole di far erigere in suo onore una chiesa affinché Vicenza potesse riavere la salute minacciata da orribili pestilenze.
Dopo la S. Messa abbiamo recitato il 3° rosario della giornata, se no che pellegrinaggio è? Mai saturi di preghiere, D. Francesco ha pensato bene di portarci, lungo il viaggio di ritorno, a far visita ad un posto in provincia di Brescia sconosciuto ai più dove è apparsa la Madonna. Sono le Fontanelle, un luogo di pace dove è palpabile il senso di grazia.
È giunta ormai la sera e la bellissima giornata è purtroppo terminata, torniamo a casa con le gambe un po’ stanche ma con gli occhi pieni di meraviglia e l’anima greve per i santi esempi che abbiamo respirato e le preghiere che abbiamo recitato.
Dely
Anche gli edifici parrocchiali (come le nostre case) hanno bisogno, di tanto in tanto, di interventi di manutenzione straordinaria, per garantirne la loro conservazione, la riorganizzazione funzionale d’uso e magari per il recupero di alcuni spazi, necessari per le nuove insorgenti esigenze. Attraverso un progetto-preventivo, si è effettuata una piccola gara invitando tutte le imprese di Borno, scegliendo l’offerta migliore, per la formazione delle opere che, di seguito, si descrivono sommariamente.
CASA IN VIA GORIZIA - La casa, già di proprietà Parrocchiale, fu tra i beni che confluirono all’I.D.S.C., ma fu immediatamente restituita dall’allora Vescovo Bruno Foresti, perché utile e funzionale alla Pastorale parrocchiale per l’eventuale ampliamento dell’Oratorio. Da tempo la struttura era soggetta ad un forte degrado edilizio, rappresentando anche fonte di pericolo per le parti fronteggianti la strada pubblica e le proprietà confinanti. Non immediatamente attuabile l’ipotesi di ampliamento dell’Oratorio (con un progetto di ristrutturazione e riorganizzazione generale), si è deciso di mettere mano alla manutenzione del tetto e delle facciate per la semplice messa in sicurezza dell’immobile; nel contempo, effettuate un po’ di pulizie dei locali interni, si sono ricavati alcuni spazi di deposito-magazzino, che sono più che mai necessari per il tanto materiale in uso per le varie attività della Parrocchia.
ORATORIO - Il nostro Oratorio, realizzato con un intervento di integrale ristrutturazione del fabbricato precedente, nel 1988, aveva ormai bisogno di alcune opere di sistemazione e riattamento: Don Simone ha voluto rivedere la distribuzione interna del piano seminterrato per adeguarlo alle nuove esigenze di spazio, in relazione al nuovo sistema di Catechesi dei bambini (Iniziazione Cristiana). Si è quindi provveduto alla formazione di alcune opere di manutenzione edile delle murature del vano scala ed alle altre variazioni necessarie, ma soprattutto si è pienamente recuperato all’uso (per riunioni di piccoli gruppi, incontri operativi, ecc.) lo spazioso involto sotto la Chiesetta di S. Antonio, anticamente destinata al deposito dell’apparato ligneo de “La machina del Triduo”. Il nuovo locale, collegato internamente con l’Oratorio, ma dotato anche di ingresso autonomo e diretto dall’esterno, potrebbe essere utilizzato anche come studio a disposizione dei Sacerdoti che, a qualunque titolo, collaborato e si rendono disponibili, nell’ambito dell’organizzazione della nuova “Unità Pastorale” dell’altipiano (Borno – Ossimo – Lozio)*.
CHIESETTA DI S. ANTONIO - La bellissima Chiesetta di S. Antonio, prezioso scrigno di tesori d’Arte e di testimonianze di Fede, era stata oggetto d’intervento conservativo generale (esterno), nell’ormai lontano 1984, a cura del compianto Don Andrea Cobelli, Parroco all’epoca. La struttura di copertura e la facciata principale sul Sagrato erano ormai alquanto degradate (il tetto comunque era molto ben protetto dal manto di sottocoppo e non vi sono mai state infiltrazioni!) e necessitavano di un intervento manutentivo straordinario; inoltre, dall’alto della cuspide del tetto, l’elegante campaniletto si presentava con la cella desolatamente vuota, mentre in Parrocchia giaceva una squillante campana, appositamente donata da S.E. il Cardinale Giovan Battista Re, che aspettava solo degna collocazione e di… suonare. L’intervento realizzato, consiste essenzialmente nella rimessa in ordine del manto di copertura, nel rifacimento della facciata (per il solo portichetto) e nella messa in sicurezza della lattoneria di gronda; per la conservazione delle colonnine in “Pietra di Sarnico”, ammalorate e fortemente degradate dalle intemperie, è stato disposto uno specifico progetto di Restauro Conservativo, ora al vaglio della competente Soprintendenza di Brescia, che ne deve rilasciare specifica Autorizzazione. L’occasione offerta dai lavori è stata propizia anche per dotare, finalmente, il bel campanile cuspidale di degna e meritata campana, a decoro e completamento dell’edificio storico, ma che sarà soprattutto un’ulteriore richiamo ad una pratica religiosa sempre più partecipata e diffusa, nel solco della tradizione devozionale che le generazioni precedenti ci hanno lasciato, anche attraverso le opere d’arte, come testimonianza di Fede vivace, ricca ed operosa.
Mario Gheza, per il C.P.A.E.
* Nota - A proposito dell’Unità Pastorale “Altipiano del Sole”: a quando la dedicazione dell’Unità Pastorale ad una immagine Religiosa e non ad un riferimento… quasi solo “pagano”? Una proposta in tal senso: Unità Pastorale dell’Annunciazione alla B.V. Maria, in onore anche alla presenza del “Convento-Santuario dell’Annunciata”, ma soprattutto perché la “Annunciazione” è il primo atto concreto del disegno di Salvezza che Dio ha per l’uomo, che si attua a partire da quel “Si”, detto con trepidazione, dalla giovane Maria, nella casa di Nazareth.
La festa del santo patrono di Borno ha trovato quest’anno una felice coincidenza nella celebrazione del “Festival delle Alpi di Lombardia”: una manifestazione itinerante che ha avuto a Borno la sua sede nel 2012. L’idea che il Festival voleva proporre era quella di scoprire, il più possibile in un fine settimana, le bellezze dei rifugi, la tranquillità delle passeggiate, l’avventura delle escursioni più impegnative, il fascino dell’alpinismo, il gusto dell'enogastronomia, cioè tutte le caratteristiche che fanno della montagna una esperienza da sempre piena di fascino.
È stata un’iniziativa che si è rivolta agli estimatori della montagna, ma anche a tutti coloro che amano la storia, la natura e la cultura montana lombarda. La partecipazione naturalmente era gratuita, ma sostenuta tuttavia dalla “Associazione culturale Montagna Italia”, dal CAI, dalla Regione Lombardia, che si sono prodigate nel proporre eventi in molte località delle Alpi, oltre che naturalmente nel Comune di Borno, paese ospitante, per il 2012. Il CAI di Borno si è impegnato molto per la buona riuscita di questa proposta culturale, mettendo a disposizione le sue forze ed offrendo nella piazza del paese la possibilità, a grandi e piccoli, di fare una piccola esperienza di ciò che caratterizza la montagna con il ponte tibetano, la palestra di roccia, la suggestiva dimostrazione della squadra del Soccorso Alpino, che ha effettuato la simulazione di un pericoloso salvataggio di un ferito, calato dall’alto del campanile della nostra chiesa.
Tre giorni pieni anche di incontri, conferenze e festa, che hanno visto la partecipazione di tanta gente. Anche il Concerto degli “Amici del Canto”, come sempre molto bravi, è stato molto bello, ma questa volta sono stati capaci di stupirci con alcuni pezzi accompagnati da don Simone all’organo, da Tomaso Fenaroli al sassofono e da Agnese Fenaroli al flauto traverso, i quali si sono ben armonizzati con la parte della voce narrante di Francesco Inversini, che ha proposto alcuni passi della Divina Commedia.
Caratteristicamente romantica la “Notte delle Lanterne”, accese e lasciate salire nel buio della notte di sabato che, colorando di arancione il nero del cielo, hanno dato vita ad uno spettacolo unico e suggestivo.
Un insieme di iniziative dunque, che hanno coinvolto molte persone, alla fine contente delle giornate e convinte che a Borno vale la pena di tornare per godere della nostra ospitalità e delle nostre indimenticabili bellezze.
D.F.
Torna puntuale ancora una volta, a Borno, l’evento affascinante ed atteso che costituisce il clou dell’estate nel nostro paese: il Palio delle Contrade, giunto ormai alla VIII edizione in questo anno 2012.
I giorni 13 - 14 e 15 luglio, le sei contrade di Borno si sono contese il Palio di S. Martino, dopo numerose gare di abilità e forza che hanno coinvolto ragazzi, giovani e adulti di entrambi i sessi in leali sfide, degne del tempo medioevale, affascinante e lontano.
La festa si è aperta nella serata di venerdì 13 luglio con la sfilata dei giocatori e la benedizione dei vessilli delle contrade, proseguendo poi sabato, con giochi nella mattinata e nel pomeriggio e, per entrare nel vivo, durante la giornata di domenica, dopo la Santa Messa in lingua latina, quando si sono svolte le ultime impegnative sfide.
Nella suspances generale, verso il tardo pomeriggio, è stata decretata la squadra vincente, “N sima a Buren” che per la seconda volta consecutiva ha conquistato il Palio di S. Martino. L’effetto è stato, come gli altri anni, assai suggestivo per l’ambientazione nella bellissima piazza di Borno, per i costumi multicolori, per le musiche e le coreografie appropriate.
Ma di più, il Palio è stato un successo perchè, invece delle rivalità, lo spettacolo è stato dato dallo spirito di lealtà ed amicizia che anche anche quest'anno abbiamo potuto vedere.
Come di consuetudine, anche quest’anno, si è celebrata la festa degli alberi in data 19 maggio. Sono stati piantumati gli alberi per ricordare i nati nell’anno 2011.
La celebrazione si è tenuta in località Ogne, con la presenza della scuola primaria di Borno, delle autorità civili e di don Simone, che ha benedetto tutti i partecipanti alla manifestazione.
E’ una poetessa sedicenne che ha scoperto queste sorprendenti, profonde somiglianze fra se stessa e l’albero «amico», creatura viva e palpitante come lei, come lei sensibile alla carezza del vento, come lei amante del silenzio e del raccoglimento, come lei perduto nel cielo a cui sembra aspirare e nel fango da cui è nato, cosi come ogni uomo è un insieme di spirito e di materia.
Albero, amico, tanto simile a me,
così greve di musica
sotto le dita del vento
che ti sfogliano come una fiaba,
albero che, come me,
conosci la voce del silenzio
che dondoli
nel profondo le tue ciocche verdi
il fremito delle tue mani vive,
albero amico.
Amico mio
perduto come me
perduto nel cielo
perduto nel fango
verniciato di luce danzante
dalla pioggia,
albero,
eco della pena del vento
della gioia degli uccelli,
albero spogliato dall’inverno,
ti guardo per la prima volta...
di Minou Drouet
Il primo gennaio 2012, nella nostra casa albergo, Rosina Botticchio ha raggiunto la bellissima età di 100 anni. È stata festeggiata dai suoi famigliari, dalle personalità di Ossimo, suo paese d’origine, dai volontari, dal personale, da conoscenti e amici e dagli stessi ospiti.
La comunità di Ossimo ha augurato a questa cara nonnina, ancora vispa e “presente”, tanta felicità e vita ancora lunga. Tanti auguri! Quando si fa festa per una centenaria, ci si aspetta una persona malandata. Non è il caso delle nostre due ospiti di 100 anni Rosina e di 101 anni Gemma.
Sono in discreta salute fisica, hanno vitalità e lucidità di pensiero. Sono ben accolte e ben volute, perché persone cordiali, aperte, sorridenti. Alla domanda: “Come ti senti oggi che hai 100 anni?” ha risposto: “Mi sento magnificamente, non intendo fare testamento.” È ancora arzilla e piena di brio nonna Rosina. Piccola. I suoi vivi e dolci occhi azzurro-cenere da cerbiatta lanciano un lampo di maligna soddisfazione, poi sorridendo tristemente dice: “Mi sento un po’ sola”.
L’anziano è una presenza preziosa nella nostra comunità cristiana. È davvero un dono di grande valore e una gioia immensa poter passare del tempo con i “nonnini”, ascoltarli, raccontare momenti della loro vita laboriosa, della loro dedizione instancabile ai figli, del loro duro lavoro senza lamentarsi, della loro fede. Hanno nostalgia per il tempo passato. Raccontano la loro gioventù.
Spesso sono ricordi sbiaditi che riaffiorano, ponendo loro tante domande, aiutandoli a ripercorrere a ritroso la loro vita. Alcuni si rinchiudono in se stessi, ma si capisce che desiderano confidare i ricordi dei giorni felici o delle tribolazioni, come la cara Rosina, sul cui viso si dipingono emozioni e felicità.
Pur desiderando con tristezza la morte, si attaccano alla vita; la vita è un soffio, un passaggio per cui facciamo tesoro di ogni momento, apprezzando il tempo che passa; i nostri anziani sono una preziosa lezione di vita, sono i veri valori.
Quando l’età avanza, i ricordi si accumulano e diventano sempre più sfuocati e lontani; si cerca di cancellare quelli più dolorosi, perché le brutte esperienze continuano purtroppo a vivere, non si riesce a cancellarle del tutto. Così è per loro.
Ai momenti bui si sostituiscono gioie, racconti, ricordi di avvenimenti positivi e negativi. Lasciamoli sfogare e ascoltiamoli! Il conversare è un grande passatempo. È un’iniezione di speranza e di fiducia, di cui tanto hanno bisogno per vincere lo sconforto, la nostalgia e la solitudine. Non “uccidiamo” le loro aspettative. Cerchiamo allora di valorizzare e salvaguardare le buone qualità, mettiamo al centro della nostra attenzione queste persone, ridiamo loro dignità.
Il bene trionfa sempre. Grazie per la generosa collaborazione e continuiamo ad impegnarci con coraggio.
Una volontaria
Nel significativo volume “A un giovane italiano” del Presidente Ciampi, tuttora in libreria, ho letto questo messaggio, ora ripropongo per una riflessione in comune: “Servire l’interesse generale non richiede, o non dovrebbe richiedere, di essere persone eccezionali, santi, eroi o anacoreti. È necessario credere fermamente nei valori portanti della democrazia; è importante porsi obiettivi realisticamente perseguibili per lo sviluppo della società; è sufficiente essere uomini e donne probi, competenti, coerenti nel praticare valori e convinzioni professati a parole e, se non è troppo ingenuo da parte mia, sentire l’incarico assunto prima di tutto come dovere civico.
Non conta il dissenso, non conta la diversità di opinione e di valutazione, di fronte a un disinteressato e faticoso impegno a servire con la parola, con l’ammonimento, con le decisioni, con le scelte le idee in cui si crede… Quanto più ci si disinteressa della vita pubblica, per attendere esclusivamente alla cura dei propri pur legittimi interessi, tanto più si indeboliscono lo spirito di solidarietà e la stessa capacità di immedesimarsi e comprendere le condizioni dei nostri simili” [pag. 115/116].
Sembra un discorso comune, che non si allontana dalle solite impostazioni generali, ma, analizzato nei suoi valori portanti, richiama a certezze che non possono lasciare indifferenti: l’infiacchimento dello “spirito di solidarietà” e il guardare con indifferenza “le condizioni dei nostri simili” sono paurosi limiti della nostra vita di comunità, che generano individualismo ed egoismo, distruggendo sempre più il tessuto sociale, nelle sue idee portanti.
Del resto, ogni festa celebrativa dell’AVIS, con la sua semplicità di impostazione e la sua ricchezza di idee propositive, è sempre un invito a pensare agli “Altri”, a superare la propria dimensione, a considerare le possibilità di uscire dall’indifferenza. Il Direttore del quotidiano La Stampa, Mario Calabresi, nelle sue ultime pagine scritte “Cosa tiene accese le stelle” (un grande viaggio nel vissuto del nostro Paese attraverso le storie di chi è stato capace di inseguire i propri sogni, affrontando a testa alta le sfide collettive e individuali del mondo di oggi), conclude: “Sono arrivato alla fine di un viaggio, cominciato per reazione alle lettere che ricevo ogni giorno dai lettori, per il bisogno di capire se il declino e il pessimismo siano una condizione a cui noi italiani non possiamo più sottrarci, per scoprire se sotto la superficie della paura o del cinismo esistono ancora energie fresche, speranze di cambiamento e passioni da far emergere.
Per rendermi conto se, nonostante il Paese scivoli ogni giorno un po’ più in basso, ci siano conquiste da riconoscere e nostalgie da ridimensionare”. Una rinnovata speranza, in un'identità di Paese che attende sempre il nostro impegno responsabile e la nostra coscienza di cittadini.
Carlo Moretti
Anche se nella mia gioventù, prima di entrare in Seminario ebbi modo di servire l’Italia svolgendo il servizio militare non ho avuto la fortuna di far parte del Corpo degli Alpini. Fui infatti, nel 1978, trasmettitore di sala radio, nel Genio Trasmissioni. Un anno bello e ricco di esperienze tutte nuove per un ragazzo di 19 anni, dove ho avuto modo di apprezzare i valori della vita militare, quegli stessi che si possono rintracciare nelle molteplici occasioni di impegno e servizio degli Alpini, anche nelle nostre piccole sezioni.
Le ore senza numero di volontariato, la presenza generosa sul territorio nelle emergenze, il servizio di molti nella protezione civile, la partecipazione alle cerimonie pubbliche ufficiali, l’allegria che sanno trasmettere nelle loro feste, l’appuntamento per noi annuale in montagna a ricordare la fatica di molti alpini, alcuni dei quali “sono andati avanti”, per donare ai bornesi e a tutti gli amanti della montagna la bellissima chiesetta di Val Moren, sono segni che, senza clamori, manifestano quanto ancora sia radicato il senso civico, il sentimento religioso e l’impegno civile di coloro che portano sul cappello la penna nera.
I miei calorosi auguri dunque per questo importante anniversario ed un auspicio, che il vostro esempio faccia riflettere tante persone sui valori che ancora voi incarnate ed incoraggiare all’impegno generoso anche coloro che avendo la giovinezza posseggono un grande tesoro da condividere per il bene di tutti.
Don Francesco
Tra le feste più belle, quella del 15 agosto è tra le più consolanti perché nella Assunzione di Maria vediamo espresso e realizzato il nostro desiderio di creature che aspirano alla eternità in Dio. Come Gesù risuscitò da morte e ascese al cielo, così Maria, concluso il suo passaggio terreno fu assunta in cielo.
L’Apocalisse ce ne anticipa il destino descrivendo il segno grandioso che appare nel cielo: “una donna vestita di sole, con la luna sotto i piedi e sul capo una corona di dodici stelle” (Ap. 12,1). I Padri della Chiesa hanno riconosciuto in questa donna sfolgorante di luce, Maria, che rappresenta il compimento delle attese di tutto il popolo cristiano e ne fonda le speranze.
Ecco perché la Vergine Assunta è esempio e sostegno per tutti i credenti. Ella ci dà coraggio, ci invita a non perdere fiducia nelle difficoltà e nei problemi quotidiani e ci assicura il suo aiuto. Ella ci ricorda anche che l’essenziale è cercare e pensare “alle cose di lassù e non a quelle della terra” perché la vera meta del nostro pellegrinaggio è il Paradiso.
Anche i Santi hanno avuto ben presente questa meta che ci hanno additato testimoniando che quando si vive con il cuore costantemente rivolto a Dio, le stesse realtà terrene sono vissute nel giusto valore, perché illuminate dalla realtà eterna di Dio e del suo amore.
Affidiamoci alla Vergine Maria ed affidiamo a lei anche i nostri desideri, le ansie, le preoccupazioni e lei stessa ci otterrà grazie su grazie presso il suo Figlio Gesù.
Don Francesco
Bentornati tutti al resoconto tanto atteso sui tornei dell’altopiano Borno-Ossimo, quest’anno anche sul periodico delle nostre parrocchie. Innanzitutto vogliamo segnalare che da quest’anno i tornei sono diventati ben due. Accanto al nostro classico torneo di calcio è nato un nuovo fratellino: il torneo di pallavolo.
Prima di addentrarci nello sciolinare come sono andati i tornei di quest’anno, lasciateci dire quanto siamo orgogliosi del risultato ottenuto. Siamo solamente un piccolo gruppo di amici, ma questo non ci ha mai scoraggiato, siamo amanti dello sport ed amiamo metterci a disposizione degli altri, non ci sentiamo per nulla intimoriti dai soliti vecchi campanilismi, abbiamo sempre tanta voglia di darci una mano, ci piace animare la nostra e vostra stagione estiva, e siamo riusciti per la prima volta dove nessuno è mai riuscito, o forse non ci ha mai nemmeno provato… Abbiamo realizzato un qualcosa che è realmente percepito e vissuto come una cosa unita, condivisa, desiderata ed amata da tutti, indistintamente, come un’unica e grande comunità: quella dell’Altopiano Borno - Ossimo. Non possiamo che esserne fieri!
A darci una mano è stata sicuramente anche l’unione pastorale che ha di fatto creato un collegamento più solido rispetto al passato tra i nostri paesi. I tornei sono diventati da quest’anno una componente dell’attività estiva che gli oratori dell’altopiano organizzano.
Oltre al Grest, i campi scuola, gli incontri per gli adolescenti e tutte le altre attività che animano la nostra comunità, i tornei estivi di calcio e pallavolo consentono di allargare l’opera di animazione ed educazione anche ai non più giovani, mantenendo comunque lo stesso spirito. Ok, torniamo ai nostri tornei perché tutti bramerete di sapere come sono andati.
Persa quest’anno la squadra vincitrice dell’ultima edizione, il GheBel, abbiamo assistito alla nascita di due del tutto nuove formazioni, il Bar Taverna ed il El Dos Del Bec, ed il ritorno di un ex titolata, il Boscoblù. Subito impegnativo il torneo per le varie formazioni coinvolte. “Girone di ferro” il B e tutto da scoprire il girone A. Il girone B, dopo alcune difficoltà iniziali, è stato vinto da una delle pretendenti al titolo, il El Dos Del Bec, ordine di classifica rimasto in dubbio fino all’ultimo minuto dell’ultima partita, risolto con un goal proprio allo scadere. Nel girone A invece si ha assistito ad un autentico predominio del Bar Taverna che ha praticamente stracciato tutte le concorrenti.
Ai quarti, solo il Bar Taverna ha messo in dubbio fino all’ultimo rigore il dominio delle squadre del girone B, alla fine tutte passate alle semifinali a re-incontrarsi per la seconda volta. Semifinali che dire combattute è dir poco. Partite praticamente infinite, concluse entrambe ai supplementari a suon di goal, portando in finale le 2 formazioni forse più inaspettate: il Friends ed il Boscoblù. La finale del 3-4 posto è stata sicuramente una finale vera e propria. Qualcuno potrebbe dire che era la finale che tutti si aspettavano.
Le 2 formazioni non disdegnano agonismo e colpi proibiti, tanto da dimostrare che il raggiungere il podio ha sempre il suo valore. Dopo una partita al cardiopalma il Calamè si fa raggiungere dagli avversari sul 3 a 3 allo scadere, portando il match ai supplementari. Decisa solo ai rigori, dopo una mattanza di ben 9 tiri a testa, il terzo posto se lo aggiudica il El Dos Del Bec. Finale invece completamente inaspettata. Di fronte le 2 formazioni con la media anagrafica più agli estremi del torneo: sui 20 anni per il Friends ed addirittura sui 40 anni per il Boscoblù!
Dopo un avvio incoraggiante per il Boscoblù, la formazione degli “anziani”, arrivata, come i nostri Azzurri, forse troppo scoppiata alla finale, cade sotto il dominio del Friends. Causa qualche piccolo errore, il risultato risulta già compromesso nel primo tempo con un secco 4 a 1. Ma per non sfatare il mito della “squadra che non molla mai” ci pensano gli ultimi 5 minuti del match a riaprire le speranze. 2 goal nello scadere permetto di arrivare nuovamente a sperare in un recupero quasi impossibile. Purtroppo però il tempo rimasto era troppo poco e quindi onore ai nuovi vincenti che si aggiudicano la terza stella del torneo.
Il premio di miglior giocatore in memoria di Federico e Alessio viene assegnato a Matteo “Teoli” Avanzini, che sorpassa gli altri giocatori concorrenti grazie alle 3 marcature della finale ed a comunque un ottimo torneo disputato a suon di goal dall’inizio alla fine.
Meeting Pub - Partita con buone speranze è apparsa un po’ sottotono, il Meeting ci riprova anche quest’anno ma purtroppo non riesce ancora a passare alle fasi finali del torneo. Perde forse un po’ della solita cattiveria e carica agonistica che tutti gli anni la contraddistingue ma lo spettacolo che da, anche con un animato Botty in panchina, è innegabile.
L’Antico Forno - Dispone dall’attaccante sicuramente più forte del torneo: Costantino; acquista giocatori importanti ma perde rispetto all’anno prima qualche giocatore di “peso”. Manca per poco il passaggio del turno ma ci aspettiamo che l’anno prossimo con un paio di ulteriori innesti importanti possa volare molto più il alto sotto la guida tecnica dell’allenatore/giocatore Meco.
Osteria Al Cantinì - Squadra che dopo l’espluà dell’anno scorso che l’ha portata ad un passo dal titolo, affrontando forse la formazione più forte che ci sia mai stata nelle varie edizioni, quest’anno è apparsa molto più ridimensionata. Non rinnega gli scontri ma porta avanti la filosofia calcistica del divertire e del divertirsi. Propone il solito “muraglione” difensivo ed i buoni piedi del centrocampo ma per quest’anno si è presa un po’ di pausa… Ma ritornerà!
Bar Taverna - Autentica rivelazione della fase a gironi. Sbaraglia tutte le avversaria con risultati netti e dominio sul campo. Ecco, quanto tutti la immaginavano tra le sicure pretendenti al titolo, incappa in una giornata no e cade contro il Calamè, dopo una partita al cardiopalma a suon di goal e decisa solo alla lotteria dei rigori, fino all’ultimissimo tiro.
Bar Paninoteca Calamè - Squadra ben nutrita di giovani promesse e giocatori di qualità, molto votata all’attacco con giocatori di spinta su ogni lato. Segnalata durante le amichevoli pre-torneo come una delle formazioni più interessanti, candidata a ricoprire un ruolo di primo piano al torneo, risulta un po’ altalenante nei risultati, ma alla fine se la gioca alla grande durante gli scontri diretti. Batte ai rigori un Bar Taverna che forse non se l’aspettava così competitiva, poi viene eliminata dal Friends ma solamente nei supplementari delle semifinali.
El Dos Del Bec - Squadra tutta nuova il El Dos Del Bec. Offre forse i giocatori di maggior livello qualitativo dell’altopiano. Non dimostra lacune in nessuno dei ruoli ma paga forse una non ancora perfetta intesa tra giocatori che hanno sempre giocato insieme ed i nuovi del gruppo. Dopo un avvio apparso un po’ a rilento comincia a macinare risultati. Purtroppo però il sogno della finale si infrange, dopo una partita ad alto tasso agonistico, contro i veterani del Boscoblù, rei di aver tirato fuori dal cappello un paio di numeri “impossibili” proprio nella partita contro il El Dos Del Bec. Finiscono comunque il torneo conquistandosi un meritatissimo podio.
Friends - I ragazzi terribili finalmente trovano la quadratura del cerchio. Dopo un paio di tentativi non andati a buon fine, quest’anno propongono un paio di innesti capaci di portare esperienza e qualità al tempo stesso, e se ne vanno dritti dritti all’agognata finale. Non solo, la vincono pure! Squadra ben disposta in campo, cambia gli uomini ma mantiene sempre un ottimo equilibrio. La giovinezza dei più gli permette di mantenere ritmi atletici sempre alti, l’esperienza dei più vecchi garantisce sempre un perfetto collante tra i reparti.
Boscoblù - I vecchietti non muoiono mai! Solo così si potrebbe descrivere questa squadra. Capace di recuperare risultati impossibili, sempre in assenza di qualche giocatore importante, a volte con gli uomini contati, o con in campo il buon vecchio Marino dato inizialmente solo come mister... È l’autentica rivelazione del torneo. In quanti avrebbero scommesso 2 Lire del vecchio conio su questa squadra fatta di “gente da ricovero”, “boscaioli”, “scarpolini” vari, anche se sotto sotto qualche buon piede ce l’ha? Arrivano forse troppo stanchi alla finale e, purtroppo però per loro, cadono sotto i colpi dei giovani del Friends, regalando comunque emozioni fino alla fine…
Breve riassunto anche per il torneo di pallavolo, novità assoluta di quest’anno, che però è stato più che abbondantemente sviscerato tecnicamente in altre pubblicazioni del nostro altopiano. 6 formazioni si sono affrontate in un girone di sola andata, andando a comporre il tabellone delle sfide finali. Le formazioni si sono un po’ differenziate, quelle che sono partite per giocarsi un ruolo importante per la finale e quelle che hanno fatto della partecipazione e del divertimento la loro caratteristica.
Data la natura promozionale dell’evento abbiamo avuto il piacere di completare l’elenco dei partecipanti aprendo la manifestazione anche ad una formazione di Malegno. Formazione non solo di tutto rispetto, ma parecchio tosta, tanto da dare da filo da torcere a tutte le avversarie e da vincere il trofeo finale.
Oratorio - Squadra composta da giovani giocatrici ed atleti più veterani, componendo un ottimo mix. Sicuramente i risultati non sono stati dalla loro parte ma qualcosa di buono su cui lavorare c’è, siamo sicuri che il prossimo anno i risultati saranno ben diversi.
Friends Pub - Partita prima di tutto per divertirsi, questa squadra coglie appieno lo spirito del torneo. Abbina lo spirito giusto a comunque una tecnica discreta. Paga sicuramente dazio contro le formazioni più collaudate ma confidiamo che, con forse un minimo di preparazione in più, oltre allo spirito, anche i risultati possano essere dalla loro parte.
Bar Paninoteca Calamè - Sicuramente l’unica squadra in grado di dar da filo da torcere fino alla fine alla squadra vincitrice del torneo. Gli allenamenti svolti durante tutto l’anno hanno dato sicuramente buoni frutti. Fa della carica agonistica di alcuni suoi elementi la sua caratteristica principale e per pochissimi punti vede sfumare la possibilità di giocarsi di più la vittoria finale.
Osteria al Cantinì - Squadra prima di tutto di amici ed amiche prima che di piccole e piccoli campioni. Giocano insieme da parecchio e si vede, si intendono a meraviglia e sono dotate di ottime individualità. Godono sicuramente di ottime prospettive per il futuro ma già da quest’anno si portano a casa un meritatissimo podio. Ci aspettiamo una vera asta nelle prossime edizioni per accaparrarsi i talenti di cui è composta.
Meeting Pub - Forse ci si aspettava di più dal Meeting ma, complici alcuni infortuni ed assenze importanti, non ha potuto competere fino alla fine per la vittoria. Non può comunque rammaricarsi perché nonostante tutto ha percorso un cammino di tutto rispetto, andandosi a giocare gli scontri finali dell’ultima giornata.
Malegno England Rose - Di sicuro la squadra più forte e più completa. Nulla possono le formazioni partecipanti più per divertirsi che per gareggiare fino alla fine per il titolo. Meritano la vittoria grazie ad un cammino di tutto rispetto dove non hanno concesso neppure un set agli avversari.
Davide Franzoni
Accennato al fatto che già nel medioevo a Venezia era presente una nutrita colonia di persone provenienti dal “luoco de Borno in Valcamonega”, l’ultimo bel volume curato da Francesco Inversini affronta il triste fenomeno dell’emigrazione dall’Unità dell’Italia, di cui si è celebrato il 150° proprio l’anno scorso, al 1970-80 che ha coinvolto pesantemente anche il nostro paese.
Ricavati dai dati degli archivi comunali e di quelli pubblicati in Internet relativi agli sbarchi presso Long Island (la famosa isola passaggio obbligatorio per entrare negli USA), la prima parte del libro, insieme a curiose e interessanti note, propone un’impressionante serie di elenchi dei bornesi che si videro costretti a chiedere passaporti e permessi di espatrio per cercare lavoro in terre lontane.
Nei primi anni del ‘900 meta principale furono appunto gli Stati Uniti dove, in zone molto periferiche, gli emigranti svolsero perlopiù le stesse attività contadine che facevano al loro paese natio, o lavori molto umili e pesanti. Pur se, a differenza dei meridionali, lombardi e veneti venivano considerati tardi di comprendonio ma con notevole voglia di lavorare, tutti gli immigrati italiani negli USA non erano sicuramente ben visti. Godevano la stessa fama che noi abbiamo attribuito in questi anni agli immigrati albanesi o marocchini.
Negli anni ‘30, invece, una buon numero di bornesi si indirizzò verso le miniere del Belgio e della Francia come testimonia la cappella di S. Barbara, dedicata proprio ai minatori morti a causa del duro e pericoloso lavoro. Non mancano però note su destinazioni insolite come, ad esempio, quella di due fratelli Ghitti che nel 1936 chiesero il passaporto per la Persia, attuale Iran.
Fa notare giustamente l’autore come l’incredibile quantità di persone che partirono in cerca di un lavoro, senza conoscere ciò che avrebbero dovuto affrontare e sopportare, smentisca decisamente la retorica popolare secondo la quale qui a Borno, anche una volta, non si moriva di fame perché tutti avevano una stalla con qualche animale od un piccolo pezzetto di terra da coltivare.
La seconda parte della pubblicazione, realizzata con il coinvolgimento delle classi quinte della Scuola Primaria di Borno nell’anno scolastico 2008/09, riporta i risultati di questionari e alcune interessanti interviste rivolti a persone che dagli anni ‘50 in poi emigrarono non per stretta necessità, ma soprattutto per guadagnare qualcosa di più, per uscire da un piccolo paesino di montagna e avventurarsi nel mondo.
Molto significativo e azzeccato è il titolo del libro. Proprio come aprendo un album di famiglia tutti gli abitanti dell’altopiano – è presente infatti anche un’appendice dedicata agli emigranti di Ossimo – potranno rintracciare un nome, una foto o l’immagine di un documento riguardante un famigliare, un amico o un parente di un amico.
Il capitolo “Gente che va... gente che viene” potrà forse apparire solo un ossequioso omaggio ad alcuni personaggi che hanno contraddistinto la storia recente del nostro paese. Lo stesso titolo molto giornalistico “migrante per amore di Dio” dedicato a S.E. il cardinale Giovanni Battista Re, a mio avviso sarebbe stato più completo al plurale, citando nella stessa sezioni anche i nomi dei diversi missionari partiti da Borno, uno dei quali, l’indimenticabile Padre Pierino Re cugino dello stesso cardinale, è morto e sepolto in Togo.
Tuttavia proprio tale capitolo e l’intera pubblicazione del prof. Francesco Inversini, oltre a fissare nomi, fatti e documenti che rischierebbero di andar perduti, ci ricordano ancora una volta come nel mondo ci siano sempre state e sempre ci saranno persone che partono e persone che arrivano. Non le chiusure, i campanilismi esasperati, le assolute distinzioni fra indigeni, oriundi o immigrati, ma solo l’accoglienza reciproca, lo scambio fecondo e solidale di idee, risorse e culture potranno continuare a farci sperare in un futuro migliore.
Franco
Parrocchia di Borno
Baldi Simone
di Diego e Caldara Francesca
Minutiello Samuele
di Michele e Bottichio Silvia
Sandoni Christian
di Diego e Giudici Giada
Fedrighi Benedetta
di Dario e Rivadossi Elena
Davide Zerla e Geida Chiarolini
Borno, 16 giugno 2012
Luca Arici e Chiara Rivadossi
Borno, 30 giugno 2012
Giovanni Gheza e Federica Sarna
Paline, 2 giugno 2012
Rivadossi Faustino
7 febb. 1923 + 31 dic. 2011
Fedrighi Maria
28 febb. 1948 + 10 febb. 2012
Andreoli Caterina
15 apr. 1930 + 17 mar. 2012
Caterina Bertelli
29 apr. 1950 + 31 mar. 2012
Andreoli Margherita
21 nov. 1935 + 9 apr. 2012
Martinelli Luigi
2 apr. 1918 + 20 apr. 2012
Poma Angela
18 set. 1935 + 22 mag. 2012
Baisotti Giovanni
3 ott. 1931 + 26 mag. 2012
Orlandi Battista
16 lug. 1960 + 5 giu. 2012 di Vigevano
Re Pietro
6 nov. 1931 + 11 giu. 2012
Comunità parrocchiale di OSSIMO INFERIORE
Per i ragazzi è sempre una gioia fare delle gite o interrompere il normale ritmo delle lezioni con qualche evento straordinario. Così è stato per i bambini delle due scuole materne di Ossimo che insieme ai ragazzi delle scuole elementari di Ossimo e della scuola materna di Lozio si sono ritrovati in località Pat per una giornata assieme.
L’uscita era programmata da tempo, ma per due volte un imprevisto l’ha rimandata, finché in una bella mattina di giugno siamo riusciti a realizzare il nostro proposito. Dalle varie scuole i ragazzi si sono dati appuntamento con le loro insegnanti nella bella località sotto il Parco delle incisioni rupestri. Lì i bambini piccoli hanno potuto giocare in tranquillità, mentre i più grandi hanno ascoltato con attenzione le spiegazioni della guida che ha illustrato loro la parte didattica della nostra gita.
Una breve visita nel parco e poi ci siamo dati appuntamento alle ore 11,00 per la Messa celebrata da Don Francesco, a cui hanno partecipato grandi e piccolini. Gli alpini poi ci hanno cucinato il pranzo e così dopo un po’ di gioco ancora, ci siamo preparati a tornare a scuola nel pomeriggio e poi a casa.
Abbiamo passato insieme una bella giornata, perciò l’anno prossimo torneremo ancora ed inviteremo anche le scuole di Borno e Lozio che quest’anno non c’erano.
Grazie Alpini.
B.A.
Comunità parrocchiale di OSSIMO INFERIORE
“In tutta la mia carriera vicino alle Forze Armate, non ho mai sentito alcun militare, dal più alto in grado al soldato semplice, invocare la guerra: i propositi di tutti sono per la pace, e gli Alpini sono sempre operatori di pace”, ha dichiarato Mons Angelo Bassi, per molti anni cappellano militare, celebrando la messa per la festa del Gruppo Alpini di Ossimo Inferiore.
La lodevole opera delle Penne nere non si scopre oggi, e quelle di questo grazioso paese dell’Altopiano del Sole (77 iscritti, di cui 41 alpini, 6 aiutanti e 30 aggregati) ne è da sempre un fedele e proficuo promotore. Prova ne è l’affetto con cui la popolazione partecipa alle sue manifestazioni pubbliche, particolarmente quella di domenica 15 aprile per celebrare i 30 anni dalla fondazione.
Il Consiglio direttivo, presieduto da Pierfranco Zani, ha allestito un cerimoniale di alto spessore coinvolgendo, immancabilmente ammirevoli, il Corpo musicale S. Cecilia di Borno e il Coro “El Fratasì” di Berzo Inferiore. Particolarmente toccante, come sempre, la cerimonia al monumento ai Caduti; lì, accanto alle autorità civili (sindaco e vice sindaco di Ossimo, Cristian Farisè e Valerio Zerla) e militari, tra cui spiccavano il maresciallo dei Carabinieri Andrea Giannangeli, il maresciallo degli Alpini Clemente Ducoli e un alpino figlio di Ossimo (il caporale alpino paracadutista Roberto Sandonnini del 4° Reggimento Alpini Paracadutisti) con un commilitone, si è contata una trentina di gagliardetti e vessilli dei vari gruppi e di istituzioni della Valle, che hanno voluto essere presenti e partecipi di questa importante giornata, a cui la pioggia non ha tolto una briciola del suo pregnante valore.
Particolarmente gradita anche la presenza di Don Francesco Rezzola, ospitato nella sua nuova veste di parroco di Ossimo. L’importante sezione ANA della Valcamonica era rappresentata dal suo vice presidente vicario Armando Poli e da una decina di consiglieri; e poi tanta, davvero tanta gente, che ha gremito la chiesa parrocchiale. Significativa anche la partecipazione di molti bambini, che si educano così ad alti valori.
L’impeccabile organizzazione, messa in campo dal Gruppo, è stata applaudita fino all’ultimo brindisi e ai commiati conclusivi del pranzo sociale che, allestito nel grande salone della sede, ha rallegrato, con canti e uno squisito menu, circa 140 persone. Questo è stato il momento della celebrazione di cui possono essere orgogliosi, ma domani li ritroveremo ad allargare un sentiero, restaurare una cappella votiva o raccogliere fondi per questa o quell'iniziativa benefica, perché l’arma di questa gente è consolidare la pace e il convivere civile.
GSI
Comunità parrocchiale di OSSIMO INFERIORE
Alla festa con la celebrazione in chiesa dei 30 anni di fondazione, gli alpini di Ossimo hanno fatto seguire un pranzo sociale nella loro sede, a cui hanno partecipato tante autorità invitate. Ma anche in Pat, ci sono state alcune occasioni di stare insieme agli alpini. La prima è stata l'escursione degli alunni delle nostre scuole all'inizio di giugno. I nostri ragazzi sono stati contentissimi della giornata che si è ripetuta, in altra forma, anche all'inizio di luglio, quando si è svolta in Pat, anche se con un poco di anticipo rispetto alla data solita, l'annuale festa organizzata dal Gruppo Alpini di Ossimo Inferiore. Il primo luglio infatti, nel panorama splendido di questa amena località, gli alpini hanno allestito un accogliente ritrovo idoneo a trascorrere, in buona compagnia, la calda domenica all'insegna della convivialità. Alle ore 11,00, Don Angelo ha celebrato la Santa Messa, ricordando, tra l'altro, le anime dei morti di peste, che in Pat furono tumulati. Alla celebrazione, allietata dal suono della tastiera, erano presenti gli alpini, alcuni parrocchiani dell'Unità Pastorale e anche parecchi villeggianti. Parte allegra della giornata è stato anche il lauto banchetto, che gli alpini hanno preparato per tutti, sotto il segno della tradizionale ospitalità, che tutti hanno gradito; e tra chiacchiere, giochi, canti e allegria, la festa è arrivata fino a sera.
Al prossimo anno.
Parrocchia di Ossimo Inf.
Salvetti Greta
di Fabio e Gheza Loretta
Zaccarini Sergio e Franzoni Giada
Ossimo Inf., 19 maggio 2012
Alessandro Franzoni
15 mag. 1949
3 apr. 2012
Isonni Augusta
2 apr. 1924
8 apr. 2012
Franzoni Angela
6 ott. 1925
9 apr. 2012
Morelli Maddalena
26 apr. 1922
19 giu. 2012
Parrocchia di Ossimo Sup.
Scarlatella Aurora
di Salvatore e Bottichio Silvia
Bettineschi Christian
di Francesco e Fiora Rosaria
Facchinetti Andrea
di Fabio e Franzoni Gloria
Sorlini Linda
di Giuseppe e Odelli Giacomina
Zerla Andrea
13 apr. 1941 + 18 mag. 2012
Le Comunità parrocchiali di LOZIO
Domenica 1 aprile 2012, la Comunità di Lozio ha festeggiato Giuseppe Pedrinetti, per tutti “Epe”, che ha tagliato il traguardo del secolo in discreta salute. Oltre alla moglie Giuditta “Lina” Massa ed ai figli Dario, Fausto, Celso, Caterina e Silvia, i nipoti e pronipoti, si sono stretti attorno all’Alpino le penne nere del paese e dei comuni limitrofi: Borno, Malegno e Piamborno con il Presidente Giacomo Cappellini, il Parroco di Lozio Don Francesco Rezzola, l’ex don Lino Zani, il sindaco Tone, con i suoi assessori e consiglieri, i volontari del Centro Anziani, la Protezione Civile, con la Pro Loco e tantissimi concittadini.
“Epe” aveva poco più di un anno quando venne adottato dall’allora ospizio di Cividate da una nubile donna di Sucinva, piccola frazione di Lozio. Dopo il servizio militare permanente (1933-1936), venne richiamato alle armi nel 1939. Partecipò alla campagna in Albania e in Russia, poi venne destinato al Brennero, ma fu fatto prigioniero e deportato in Germania. Il 9 settembre 1943, a Vipiteno insieme a “Epe” venne fatto prigioniero anche l’allora diciannovenne militare di leva Mario Piccinelli di Lozio.
Mio nonno ha voluto ricordare i giorni condivisi con le parole qui di seguito riportate, che hanno commosso tantissimo tutti i presenti e persino i più giovani come me.
Alessia Mora
Caro Epe, sono molto contento di essere qui oggi a festeggiare i tuoi 100 anni. Nel lontano mese di luglio del 1943, siamo stati insieme nella caserma di Glorenza, in Val Venosta; il 28 luglio, di notte, ci hanno consegnato le armi e trasferito a Gorizia, poi a Campo Treves vicino a Vipiteno. Certo ne abbiamo passate...
Ti ricordi quando ci hanno deportato in Germania? Era il 9 settembre 1943, i Tedeschi ci hanno fatto prigionieri e condotti a piedi da Vipiteno a Innsbruck in Austria. Siamo rimasti per otto giorni chiusi nel vagone animali del treno, senza bere ne mangiare. Poi, arrivati nell’allora “Prussia”, ci hanno rinchiuso in quel campo sportivo ed ancora oggi è vivo il ricordo che tu avevi raccolto le cicorie e le abbiamo mangiate senza olio nè sale... e com’erano buone! Il cibo arrivava poco, e solo ai più fortunati delle prime file.
Poi il destino della “conta” ci ha diviso: tu fosti destinato in un altro campo di concentramento, e così ci siamo rivisti a Lozio solo un anno e mezzo dopo, nel giugno 1945. Quando fummo catturati e deportati, io avevo diciannove anni e tu ne avevi undici più di me. Io avevo appena iniziato il servizio militare, tu invece avevi già partecipato alla campagna in Albania e in Russia. Questa nostra bandiera l’abbiamo onorata!
Qui a Lozio nel 1960, c’erano 100 tesserati ex combattenti, ora siamo rimasti solo noi due e questo ci ha ripagato della sofferenza passata; ed ora che gli “acciacchi” si fanno sentire, noi, come allora, con l’aiuto di Dio, teniamo duro perchè in fondo siamo forti, perchè siamo Alpini. Viva gli Alpini! E auguri a te Epe!
Mario Piccinelli classe 1923
Battaglione Edolo Divisione Tridentina - Matricola 201
Parrocchie di Villa e S. Nazzaro - Lozio
Pizio Antonio
di Michele e Archetti Rosanna
(Villa)
Bonadei Sofia
di Pierfrancesco e Archetti Delia
(Villa)
Medici Nathan
di Maurizio e Guassoldi Veronica
(Villa)
Pennacchio Giulia
di Alessio e Bonadei Monica
(Sommaprada)
Garattini Stefano e Massa Sabrina
Villa di Lozio, 16 giugno 2012
- - - San Nazzaro e Celso - - -
Sangalli Caterina
30 nov. 1914 + 3 giu. 2012
(Villa Mozart)
Ballarini Caterina
3 mag. 1930 + 5 giu. 2012
Pennacchio Antonio
14 ott. 1925 + 29 mar. 2012
(Laveno)
- - - Villa - - -
Melzani Giuseppina
3 mag. 1932 + 9 apr. 2012
Bonariva Giacomo
31 lug. 1934 + 5 giu. 2012
Tilola Letizia
27 lug. 1944 + 23 giu. 2012
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