Parrocchia san Giovanni Battista - Borno

Archivio Cüntómela

cuntomela Estate 2013

Estate 2013

Editoriale
I primi 150 giorni di Papa Francesco
La Luce della Fede: Enciclica a 4 mani
Genesi: la creazione è cosa buona
Abramo l'uomo degli altari
I documenti del Concilio Vaticano: La Dei Verbum.
… però i laici vanno formati
Un anno in Teologia
Padre Giacomo coinvolto nella danza della vita
Padre Narciso: cercherò ancora di resistere
Progettare e cercare i mezzi per metter su casa
La Chiesetta dei Lazzaretti o della Madonna Addolorata
Disuguaglianza e solidarietà
Il Sacramento della Cresima
Maggio mese Mariano
Tornei dell’Altopiano, tempo di pagelle
Coscritti del 1943: tanti auguri!
Hanno ricevuto il Battesimo
Estate tempo di vacanze e di riposo...ma da cristiani!
Din ,don, dan, perché suona la campana?
Ossimo Inferiore e le sue campane
All’insegna del ricordo: Festa annuale degli Alpini
Giornata dell’Anziano: un momento ricco di significati
Il Sacramento della Cresima
Ha ricevuto il Battesimo
SS. Gervasio e Protasio: alcune notizie
Il restauro del nostro organo: prosegue senza sosta e con alcune buone “sorprese”!
a proposito di “Don Raffaele Giudici: un doveroso ricordo”
Uscita con i bambini delle locali Scuole Materne e Primarie in località Cassì
Chiamati alla vita eterna
Testimonianza viva dei nostri Patroni
Pesce piccolo... pasto dei grandi!
Scuola Materna di Lozio
Il Sacramento della Cresima
Onore a S. Giovanni Battista
Cantiamo e camminiamo
Hanno ricevuto il Battesimo




Editoriale

In molti di noi l'espressione ricreazione può evocare ricordi scolastici o di alcuni centri, definiti appunto ricreativi, dove le persone di una certa età si ritrovavano per giocare a carte o a bocce. Ma come giustamente ci ricorda don Mauro ogni persona, non solo gli alunni a scuola e gli anziani per rompere la monotonia del quotidiano, ha bisogno di una pausa per non lasciarsi troppo opprimere dal lavoro, dagli impegni e dalle preoccupazioni.

Un'altra parola simile, creatività, la associamo magari d'istinto a pittori, grafici, musicisti o scrittori. Se è vero, però, che la vita, e quindi la stessa fede, è un'arte da apprendere giorno per giorno, ecco che tutti noi siamo chiamati a divenire, se non artisti, almeno degli artigiani che non hanno paura di mettere in gioco la propria creatività per ammirare un paesaggio, ascoltare un brano di buona musica o godere di un'amicizia.

Forse la crisi economica non permetterà a molti lunghi periodi di riposo e di svago. Ma una gita fuori porta, una visita inaspettata o una serata trascorsa in compagnia di amici possono essere sufficienti per “farci tirare il fiato”. A volte basta solo un attimo di ricreazione da impegni e preoccupazioni per sperimentare che, nonostante tutto, la nostra vita è davvero “cosa buona”, per risentire non solo i suoni delle campane della nostalgia, ma pure quelli di una fraternità che sa sempre rinnovarsi, per intravvedere di nuovo quella luce della fede che fonda la realtà sulla roccia della verità e dell'amore.

Anche o soprattutto mediante il riposo e la creatività possiamo accogliere e vivere l'invito di Papa Francesco rivolto ai giovani, ma essenziale per tutti: “Non lasciatevi rubare la speranza!”.

Buona estate!

La redazione



I primi 150 giorni di Papa Francesco

Papa Francesco

Si stanno per compiere i primi 150 giorni del pontificato di Papa Francesco, il quale con la sua personalità e con il suo stile ha raggiunto subito il cuore dei credenti ed ha suscitato interesse anche in persone che, pur lontane dalla Chiesa o appartenenti ad altre religioni, sono sensibili ai valori dello spirito.

Ha colpito il fatto che è un Papa vicino alla gente e ai problemi delle persone e che è particolarmente sensibile alle povertà materiali e spirituali del nostro tempo.

Il suo modo di comunicare, semplice, diretto e ricco di immagini e di simbolismo, risulta molto efficace e getta un ponte verso l’interlocutore. Ha un linguaggio che sa di vangelo e va dritto al cuore.

Il suo modo di presentarsi e di agire da Papa è lo stesso che aveva come Arcivescovo di Buenos Aires. È un Papa che non vuole muri che lo separino dalla gente e dal mondo di oggi. Per questo preferisce vivere a Santa Marta insieme con i Vescovi ed i sacerdoti che vi abitano, recandosi al palazzo apostolico soltanto per le udienze o per recitare l’Angelus dalla finestra che dà su piazza S. Pietro. Con lo stesso modo di vestire ha dato un segnale di sobrietà e di semplicità.

In questo momento di crisi economica che pesa seriamente sulle famiglie, mentre alcuni, pochi, hanno stipendi e pensioni da capogiro, un Papa che rifiuta quanto può apparire privilegio e sceglie uno stile di vita umile e sobrio, è in sintonia col “mainstream” oggi dominante.

È anche un Papa arguto, con battute scherzose. Quando il 22 giugno scorso ci fu l’Udienza al pellegrinaggio dei Bresciani, in occasione del 50° dell’elezione di Papa Paolo VI, stavo alla porta insieme con il Vescovo di Brescia per accogliere Papa Francesco. Quando egli arrivò, nel salutarci, chiese: “Devo dire che i bresciani presenti sono più dei bergamaschi, oppure che erano di più i bergamaschi venuti 15 giorni fa per il 50° della morte di Papa Roncalli?”

Alcuni gesti ed alcune iniziative hanno suscitato simpatia. Il primo atto del Papa, il mattino dopo la fumata bianca, è stato quello di andare a pregare la Madonna nella Basilica di Santa Maria Maggiore. Sono in molti che hanno ancora negli occhi e nel cuore l’immagine del Papa che, con in mano una composizione di fiori va a deporla con le sue mani davanti alla Madonna, rimanendo a lungo a pregare.

Il suo primo viaggio è stato quello di andare a Lampedusa, isola simbolo del dramma dell’emigrazione e che ha visto una lunga catena di morti affondati in mare ed ha registrato tante storie di sofferenze. Scopo del viaggio era esprimere vicinanza e partecipazione alle sofferenze e tragedie di tante persone che erano partite dalle proprie case per sfuggire a situazioni insostenibili nella speranza di riuscire a costruire il loro futuro con un onesto lavoro. Fra le intenzioni del viaggio pontificio vi era anche quella di rendere omaggio e di pregare per le migliaia di persone senza nome e senza volto, che hanno inseguito la speranza di un futuro migliore, ma che sono state inghiottite dal mare.

Questo viaggio pastorale, che non era contro l’esistenza delle frontiere né contro la necessaria regolamentazione dell’immigrazione, ha voluto anche risvegliare le coscienze nei riguardi di persone umane bisognose di aiuto e da trattare con umanità. Esso ha anche attirato l’attenzione dell’intera Europa su un dramma che non può lasciare nessuno indifferente.

Felice è stata inoltre la scelta di andare a celebrare la Messa il Giovedì Santo in un carcere minorile, dove ha lavato i piedi a 12 detenuti fra i quali una giovane mussulmana. Sono gesti eloquenti che rivelano uno stile nuovo di fare il Papa.

Le diversità di stile, tuttavia, convivono con una piena continuità, per quanto riguarda la sostanza, col pontificato di Benedetto XVI e con quello dei Predecessori. Basta scorrere i discorsi e le omelie. Non solo si trova la stessa dottrina e la stessa linea di pensiero e di insegnamento, ma Papa Francesco cita continuamente testi di Benedetto XVI e di altri recenti predecessori.

Senza poi dire della prima Enciclica (“La luce della fede”), scritta “a quattro mani”: Papa Francesco ha preso il testo che Papa Benedetto aveva scritto, vi ha aggiunto – come egli dice – “alcuni ulteriori contributi” e poi lo ha firmato e promulgato.

È un Papa che vuole riformare la Chiesa, perché sia più pienamente conforme al progetto di Cristo. Non mancheranno decisioni anche sulle strutture e sul funzionamento della Curia Romana, ma la prima riforma iniziata fin dai primi giorni mira a cambiare il cuore degli uomini e delle donne. È questo infatti il primo cammino che egli intende percorrere per rendere la Chiesa più fraterna e più solidale, aiutando tutti a camminare verso un futuro di speranza.

Card. Giovanni Battista Re



La Luce della Fede: Enciclica a 4 mani

La prima Enciclica di Papa Francesco, in un certo senso, è tutta sua perché è lui a fare proprio l’intero testo, a firmarla ed a consegnarcela nel suo ruolo di Vicario di Cristo, che ha il compito di confermare i fratelli nella fede.

In pari tempo, nell’Enciclica c’è molto di Papa Benedetto, perché – come scrive Papa Francesco – Benedetto XVI aveva quasi completato una prima stesura di Lettera Enciclica sulla fede, e il nuovo Papa ha assunto con gratitudine il suo prezioso lavoro, aggiungendo al testo “alcuni ulteriori contributi” (n.7).

È veramente un’Enciclica a quattro mani, ma in senso tecnico è da considerarsi tutta di Papa Francesco, perché non abbiamo due Papi, ma uno solo. Essa è testimonianza di fraternità, di comunione ecclesiale e di una collaborazione che è ad un tempo il testamento di Papa Benedetto ed il programma inaugurale di Papa Francesco sulla fede come fondamento della vita cristiana.

Il contenuto dell’Enciclica è anche espressione della piena continuità fra due pontificati, anche se caratterizzati da stili diversi. Apre il testo dell’enciclica un appello a riscoprire la fede come luce che illumina tutta l’esistenza. L’Enciclica infatti inizia con le parole “La luce della fede” (in latino: Lumen fidei). La scelta di questo “incipit” vuole mettere in rilievo che la fede è una luce che illumina la strada della vita e che orienta il nostro cammino nel tempo, dischiudendo “davanti a noi orizzonti grandi”. La luce della fede in Cristo permette inoltre ad ogni persona di ritrovare il senso della propria vita.

Il primo capitolo si apre con un percorso biblico che parte dalla chiamata di Abramo (nostro padre nella fede, il quale credette ed ebbe “speranza contro ogni speranza”) e passa poi alla figura di Mosè (che parlò con Dio sulla montagna e poi riferì a tutti il volere del Signore) per giungere a Gesù Cristo, affermando che la fede è partecipazione al modo di vedere di Cristo e fidarsi di lui. In tanti ambiti della vita ci affidiamo ad altre persone che conoscono le cose meglio di noi: per esempio, abbiamo fiducia nell’architetto che costruisce la nostra casa, nel farmacista che ci dà una medicina, nell’avvocato che ci difende in tribunale, ecc… Abbiamo bisogno anche di qualcuno che sia affidabile ed esperto nelle cose di Dio. E questo qualcuno è Cristo che ha assunto la nostra carne e che, per nostro amore, si è fatto uno di noi. La nostra fede è centrata su Cristo e noi siamo salvati mediante la fede in Lui.

Nel secondo capitolo viene approfondito il rapporto tra fede, verità e amore. Noi esseri umani abbiamo bisogno di verità perché senza di essa i nostri passi non sono resi sicuri. Ma proprio per il suo nesso intrinseco con la verità, la fede è capace di offrire una luce superiore che ci fa vedere il senso della strada e la meta. Il tipo di conoscenza proprio della fede porta all’amore: la fede trasforma la persona in quanto si apre all’amore. San Paolo afferma: “Con il cuore si crede” (Rm. 10,10). La struttura di queste pagine ruota tutta attorno all’amore che genera la fede e alla fede che sostiene l’amore.

Il terzo capitolo è dedicato alla trasmissione della fede, che è diventata un compito particolarmente difficile in questo nostro tempo in cui la fede sembra avere poca importanza nella vita delle persone ed incide poco nelle scelte di vita.

La fede si trasmette da persona a persona, come una fiamma che si accende da un’altra fiamma e ci inserisce nella lunga lista di uomini e di donne che nel corso dei secoli hanno affidato la loro vita a Dio.

Luogo privilegiato per la trasmissione della fede è la famiglia ed anche la formazione catechistica che la Chiesa ha sempre conosciuto. Credere è fare parte della Chiesa, che è “madre della nostra fede”.

Chi crede non è mai solo, perché l’atto personale della fede si innesta in un atto comunitario, che è garanzia della certezza della fede di sempre. Per sorreggere, animare e guidare la nostra fede, Cristo ha istituito la Chiesa, la quale, nonostante i limiti umani, ha la garanzia che le forze dell’errore e della malvagità non prevarranno contro di essa (Mt. 16,18). La nostra fede è sempre una fede ecclesiale.

Nel quarto capitolo la riflessione è portata sulle “ricadute sociali” della fede ed affronta il rapporto fra la fede ed il bene comune, la fede e la famiglia, la fede e la vita in società, la fede e la sofferenza.

La fede è luce e forza per l’impegno del cristiano nel mondo ed illumina il vivere sociale con una “luce creativa per ogni momento nuovo della storia” (n.55).

La fede non allontana i cristiani dal loro impegno di costruire una “città affidabile”, ma essa è importante per l’edificazione di una città terrena nella giustizia, nella solidarietà e nella pace. La fede diventa così servizio al bene comune. “Le mani della fede s’innalzano verso il cielo, ma nello stesso tempo, nella carità, edificano una città sulla base dei rapporti che hanno a fondamento l’amore di Dio” (n.51). Se togliamo la fede in Dio dalle nostre città, si affievolisce anche la fiducia tra di noi e diventa più difficile trovare il consenso sui valori sui quali costruire il futuro.

Verso la conclusione, Papa Francesco, dopo aver rilevato che nella Chiesa tutto poggia sulla fede, ripete un invito che ha già più volte espresso in questi mesi, rivolgendosi ai ragazzi ed ai giovani: “Non facciamoci rubare la speranza” (n.52).

Con questo appello e col ricordo della testimonianza di fede della Madonna, che ha ascoltato la parola di Dio e l’ha meditata nel suo cuore, il Papa ci invita a non confinare la fede nella sfera privata, ma a testimoniarla nella vita con coraggio, ben sapendo che soltanto la luce che viene da Dio mediante la fede è in grado di offrirci una speranza sulla quale possiamo contare.

Card. Giovanni Battista



Genesi: la creazione è cosa buona

Ha incontrato molto favore l'iniziativa proposta dai parroci della nostra unità pastorale di organizzare un corso biblico in cinque serate durante la Quaresima: non solo insegnati, catechisti e religiosi, ma anche gente comune, come la sottoscritta, hanno colto quest'occasione per riflettere su un libro che si trova in tutte le case, da molti ritenuto difficile e da pochi letto.

Il corso, tenuto da don Luigi Bontempi, docente di Sacra Scrittura presso il Seminario Diocesano di Brescia, ha preso in esame i primi quattro capitoli della Genesi introdotti, durante la prima serata, da una panoramica per la contestualizzazione del testo sacro dal punto di vista storico e letterario.

Curioso - a mio parere - l'approccio scelto dal docente di porre l'accento sui numerosi spunti di riflessione catechetica partendo dall'analisi strettamente linguistica di parole chiave evidenziate durante la lettura del testo biblico.

Come dicevo, nel primo incontro don Luigi ha lavorato principalmente sull'approccio al testo e sulla sua collocazione storico-linguistica. La Bibbia (in generale) e la Genesi (in particolare) non sono libri di storia nel senso comune del termine, dal momento che in principio non c'era nessuno a vedere e a raccontare quel che accadeva, ne si tratta di testi di scienze naturali, non essendovi riportate ipotesi di modelli scientifici con relativi processi di verifica. La Genesi è semplicemente una professione di fede in Dio. Don Luigi vi è ritornato spesso durante il corso. Analizzando i testi, in effetti, viene spontaneo domandarsi cosa vuole dirci l'autore con il suo racconto. Rispondere a questa domanda significa possedere la chiave interpretativa della Bibbia.

Nel primo racconto della Creazione che troviamo nel libro della Genesi, scritto all'inizio del V secolo a.C. da un redattore che conosceva bene le tradizioni sacerdotali, verosimilmente catechista e poeta, non vi è la pretesa di fornire una spiegazione scientifica delle origini del mondo, bensì l'intento è quello di condurre chi legge ad ammirare la creazione e a ringraziare Dio per un mondo tanto bello. L'azione potente di Dio mette ordine nel caos iniziale, introduce pace e armonia, luce e bontà. Egli chiama all'esistenza le cose che non esistono: questo si intende quando si afferma che tutto ciò che esiste è stato fatto dalla parola divina. Dio è Creatore del mondo e Signore della storia. Gravissimo l'errore di voler porre questo piano in contrapposizione con quello scientifico: i modelli scientifici hanno la loro importanza, ma nulla hanno a che vedere con la dimensione di fede in cui si snoda il messaggio biblico.

Stabilito ciò, lavorando sulle parole, don Luigi ha evidenziato alcuni degli aspetti più importanti del messaggio religioso racchiuso nei diversi capitoli: la creazione, l'origine dell'uomo, la comparsa del male -quando l'uomo sceglie di mangiare del frutto dell'albero- da cui deriva l'odio omicida di Caino e infine la vendetta, la giustizia dell'uomo senza speranza in contrapposizione alla misericordia di Dio.

Sarebbe evidentemente troppo lungo riportare nella sua completezza l'analisi presentata da don Luigi. Riporto dunque soltanto alcuni spunti di riflessione legati alla creazione e al peccato originale.

La creazione
La creazione è "cosa buona". Lo è perché Dio è buono, ama le sue creature e vuole il loro bene non la loro distruzione. Il Signore ci ha affidato la creazione lasciando a noi il compito di custodirla. Su questo tema ha posto l'accento nella sua prima omelia anche papa Francesco: «Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato!»
L'uomo è re del creato. Il testo sottolinea da un lato la profonda diversità tra l'uomo e il resto del creato, dall'altro la sua superiorità. In effetti l'uomo, in quanto immagine di Dio, è in grado di conoscere e di amare. In ciò è racchiusa la dignità dell'essere umano e per questo salvaguardare i diritti dell'uomo è ineludibile e dona gloria a Dio. Così anche la coppia umana -"maschio e femmina li creò”- come l'immagine compiuta di Dio, grazie all'amore fecondo che li pervade, riflettono il mistero d'amore che caratterizza il Creatore. Sono temi forti quelli che scaturiscono da quest'immagine. Mi viene da pensare al relativismo del nostro mondo che, con la scusa del rispetto delle differenze, omogeneizza nella trasgressione e nella demagogia. Consente tutto...
Infine l'uomo domina sul resto della creazione. Dio vuole che tutto ciò che esiste sulla terra sia riferito all'uomo. In questo senso, lo sviluppo della scienza, la conquista dello spazio, i progressi della tecnica possono e devono essere una risposta a questo atavico invito del Creatore.
“La chiesa legge solennemente il primo capitolo della Genesi durante la Veglia Pasquale. Alla luce del Cristo Risorto si comprende in maniera definitiva il mistero della Parola creatrice: il mondo è stato creato per mezzo di questa Parola (il “Verbo”), che si è fatta “carne” in Gesù perché l'universo terreno e celeste potesse trovare in lui l'unità ed essere riconciliato con Dio.” (fonte: Bibbia per la formazione cristiana)

Il peccato originale
Nel terzo capitolo della Genesi si trova la descrizione del dramma del peccato. L'autore introduce nel racconto la figura del serpente, e non casualmente. Gli israeliti, che hanno esperienza del deserto, lo conoscono come un animale insidioso, astuto e pericoloso che scompare dopo aver provocato con il suo morso la morte. In effetti, nell'antica religione cananea, il serpente era un idolo molto comune e vedeva in esso il simbolo della fecondità e della sapienza. L'autore sottolinea al contrario che le sue parole ingannano, promettono vita e danno la morte! Esso offre all'uomo l'opportunità di diventare come Dio, per godere di una situazione di vita in cui tutti i suoi desideri si possano realizzare. Ed ecco che Dio interviene pronunciando il suo giudizio di condanna. Prima sul serpente, che viene maledetto per essere riuscito a introdurre nel cuore dell'uomo il male. Poi sulla donna e sull'uomo. Il castigo della donna di partorire nel dolore e il castigo dell'uomo della dolorosa fatica del lavoro, la rottura del rapporto paritario con cui Dio li aveva creati, definiscono il triste quadro in cui è venuto a trovarsi l'uomo. Ma Dio, nella sua infinita misericordia, rivela all'uomo la sua situazione di peccato: "Chi ti ha fatto sapere che eri nudo?". Se l'uomo riconosce la sua triste condizione, Dio potrà dispiegare la sua salvezza. Così la nostra vita, grazie all'amore di Dio, acquista di nuovo senso.

"Sappiamo che questi racconti, così come non intendono dare risposte alle nostre curiosità scientifiche, così non intendono fornire una risposta completa al problema della sofferenza e del male. Ma queste prime pagine della Genesi ci dicono già con chiarezza che Dio non solo non è responsabile del male, ma vuole la nostra salvezza, ci perdona e ci salva. Forse è questo il motivo per cui la chiesa, quando all'inizio della veglia pasquale canta con gioia la luce del Cristo risorto, proclama senza esitazione: "Felice colpa, che meritò di avere così grande redentore" (fonte: Bibbia per la formazione cristiana)

Emilia Pennacchio



Abramo l'uomo degli altari

Abramo è una delle figure dominante di tutta la tradizione biblica. Nel primo articolo ho presentato una sintesi sulle sue migrazioni, sugli spostamenti suoi. Abramo fu un errante, uno straniero sulla terra, come ogni uomo. Nel secondo, ho presentato come Abramo ospitò il progetto di Dio. Secondo il primo testamento, Abramo è l'assoluto modello di disponibilità a Dio. Con questo terzo articolo vorrei presentare la dimensione contemplativa di Abramo. Egli è l'uomo di preghiera, personaggio degli altari.

Prima di proseguire con nostro articolo, rileggiamo la testimonianza di Siracide 44,1, (che è un riassunto della storia del patriarca) per capire meglio la sua grandezza nella storia della fede biblica.

«facciamo dunque l'elogio degli uomini illustri, dei nostri padri. Abramo fu grande antenato di molti popoli, nessuno ci fu simile a lui nella gloria. Egli custodì la legge dell'Altissimo, con lui entrò in alleanza. Stabilì questa alleanza nella propria carne e nella prova fu trovato fedele. Per questo Dio gli promise con giuramento di benedire i popoli della sua discendenza, di moltiplicarlo come la polvere della terra, di innalzare la sua discendenza come gli astri e di dar loro un'eredità da un all'altro mare, dal fiume fino all'estremità della terra».

I discendenti di Abramo hanno custodito e tramandato quei ricordi generazione dopo generazione. Egli è divenuto quasi un riferimento incontrovertibile, una guida per il passato e il futuro di Israele. Ora vi presento uno degli atteggiamenti più rilevanti della sua lunghissima vita: la contemplazione, l'adorazione.

Abramo è l'uomo degli altari. Nei suoi molteplici spostamenti, Egli ha saputo dedicare tempo e spazio al Signore. Egli ha sempre invocato Dio. Dio è l'appoggio fedele di Abramo. Dio è l'unica garanzia e la vera sicurezza di Abramo. Abramo è niente senza Dio. È per quello che Abramo è in permanenza dinanzi al Signore, fermandosi davanti a lui. Presso la Quercia di More Abramo costruì un altare al Signore (cfr. Gen 12,6-6). Poi tra Betel e Ai, costruì un altare al Signore e invocò il nome de Signore (cfr. Gen 12,8). Inseguito, dopo il suo soggiorno in Egitto e la sua separazione con il suo nipote Lot, Abramo si stabilì alle Querce di Mamre e vi costruì un altare al Signore (Gen 13,1.8. 18). Abramo è l'uomo che intercede presso Dio in favore del Re Abilmelk per la salute e la sterilità di sua moglie (Gen 20,17-18).

Le intenzioni di preghiera di Abramo sono: il ringraziamento, la lode per i beni ricevuti dal Signore: la terra, l'acqua, il figlio Isacco, una vita lunga, cento settantacinque anni (Cfr.Gen 25,7). Tutta la vita di Abramo è preghiera. Le sue ansie, gli insuccessi, i suoi progetti, il suoi desideri (avere un figlio), la vittoria sui nemici (che hanno rapito suo nipote Lot) tutti gli eventi della vita quotidiana sono vissuti sul prisma della fiducia in Dio. Abramo non nasconde niente a Dio. Non fa niente senza Dio. Egli riconosce i suoi limiti, la sua fragilità. Solo Dio è tutto, fa tutto, sa tutto.

Don Ilario



I documenti del Concilio Vaticano: La Dei Verbum.

In questo terzo articolo dedicato ai documenti del Concilio Vaticano II presenterò, cercando di essere breve, la seconda Costituzione Apostolica, dopo che nello scorso numero ho parlato della Lumen Gentium.

La Dei Verbum fu promulgata da Papa Paolo VI il 18 novembre 1965 e tratta due temi fondamentali: la Sacra Rivelazione e la Sacra Scrittura. Il titolo appunto è un rimando sia alla Sacra Scrittura (letteralmente, la “Parola di Dio”), sia allo stesso Gesù Cristo (il Verbo di Dio).

“Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelarsi in persona e manifestare il mistero della sua volontà, mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, hanno accesso al Padre nello Spirito Santo e sono resi partecipi della divina natura. Con questa Rivelazione infatti Dio invisibile nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi, per invitarli e ammetterli alla comunione con sé.”

Eccola la grande novità del cristianesimo: è Dio che si è rivelato. Tutte le religioni sono il nobile tentativo umano di cercare Dio, di scoprirlo, e di instaurare una relazione con Lui. Sono lo sforzo umano di salire dalla terra al cielo. Il cristianesimo, invece non è un modo umano di cercare Dio, ma è il modo divino di cercare l’uomo. Non dobbiamo salire noi, è sceso Lui, ecco perché il cristianesimo è la pienezza della verità e la vera religione. Anzi, il cristianesimo non è neppure una religione, è una fede nel Dio che si rivela, fatto che non si dà nelle altre religioni.

Il documento continua illustrando come la Rivelazione è arrivata a noi.

Dio Padre per amore degli uomini ha mandato Suo Figlio nel mondo per amore verso gli uomini; Cristo ha parlato agli uomini, portando l'annuncio che Dio è Padre e fondando la Chiesa, la comunità dei suoi discepoli; Cristo ha scelto gli Apostoli, e, dopo la sua risurrezione, li ha inviati a diffondere la sua Parola in tutto il mondo e a fare discepole tutte le nazioni; gli Apostoli hanno eseguito il mandato di Cristo e, perché l'opera loro affidata dal Signore continuasse, hanno imposto le mani a dei fedeli, facendoli loro successori, ed essi sono i Vescovi: essi continuano a far conoscere nel mondo l'insegnamento di Gesù, e custodiscono la Chiesa nella fedeltà a quanto egli ha rivelato.

Al Numero 19 la Dei Verbum pone l’attenzione sull’importanza dei Vangeli: “Gli apostoli poi, dopo l'Ascensione del Signore, trasmisero ai loro ascoltatori ciò che egli aveva detto e fatto, con quella più completa intelligenza delle cose, di cui essi, ammaestrati dagli eventi gloriosi di Cristo e illuminati dallo Spirito di verità, godevano. E gli autori sacri scrissero i quattro Vangeli, scegliendo alcune cose tra le molte che erano tramandate a voce o già per iscritto, redigendo un riassunto di altre, o spiegandole con riguardo alla situazione delle Chiese, conservando infine il carattere di predicazione, sempre però in modo tale da riferire su Gesù cose vere e sincere. Essi infatti, attingendo sia ai propri ricordi sia alla testimonianza di coloro i quali «fin dal principio furono testimoni oculari e ministri della parola», scrissero con l'intenzione di farci conoscere la «verità» degli insegnamenti che abbiamo ricevuto”.

Credo sia importante notare che qui viene spiegato come si formano i Vangeli, ma non solo; si afferma anche con decisione il loro carattere storico, non siamo di fronte a delle favole o a dei miti, essi riportano la verità di quanto Gesù Cristo ha insegnato.

Nell’ultima parte il documento sottolinea l’importanza che la Sacra Scrittura(la Bibbia) diventi il pane quotidiano della Chiesa e di ogni fedele.

Si parla di una duplice mensa, quella del Corpo e Sangue di Cristo e quella della Parola di Dio: entrambe sono importantissime; la Parola di Dio è venerata nella Chiesa quasi come l'Eucaristia dal momento che essa è “la regola suprema della propria fede”.

Se prima la si leggeva in latino, dopo il Concilio si è iniziato a proclamarla in italiano, in maniera che tutti la possano capire, e i sacerdoti la spiegano con più dettaglio e frequenza.

Concludo con una considerazione personale: credo che per accrescere la nostra vita di fede siano necessari tre elementi fondamentali: l’ascolto della parola di Dio, la partecipazione all’Eucaristia e la lettura personale della Bibbia.

Luca Dalla Palma



… però i laici vanno formati

Sono ormai 25 anni – tanti quanti ne compie il nostro Oratorio Arcobaleno – che frequento parrocchia, gruppo dei catechisti, consigli pastorali, incontri all'Eremo di Bienno e diverse riflessioni e proposte si concludono, immancabilmente, con una frase simile. In molti contesti si ricorda come la vita e la crescita di una comunità cristiana non possano più dipendere dall'esclusivo impegno di preti e suore con qualche collaboratore che devotamente esegue le loro direttive. Citando i soliti documenti del Concilio Vaticano II vengono ricordate tante belle parole circa il fatto che ogni battezzato è sacerdote, re e profeta, che ogni persona deve sentirsi pietra viva nella Chiesa, essere corresponsabile e prendersi a cuore la comunità in cui vive.

Quando, poi, si passa dal dire al fare il mare si riempie di perplessità. Noi laici dichiariamo subito che appunto non abbiamo preparazione e competenze per ricoprire determinati ruoli, facciamo presente la ritrosia della gente a partecipare ad incontri che non siano guidati da un sacerdote. Da parte dei preti, invece, a volte si ha l'impressione che in fondo un po' si compiacciano, pur se a parole affermano il contrario, della scarsa preparazione dei laici per sentirsi ancora saldi e indispensabili nell'assolvere molti servizi all'interno delle comunità, aiutati da persone che danno loro una mano senza discutere o ragionare troppo con la propria testa.

Buona parte delle perplessità probabilmente nascono dall'equivoco di considerare spesso fede ed educazione religiosa come una mera materia scolastica, nozioni e formule da insegnare a chi non le conosce. Se è accettabile “fare catechismo” ai bambini in quanto si presume che una persona anagraficamente maggiorenne ne sappia comunque più di loro, anche solo come esperienza di vita, e quindi in qualche modo risulta sostenibile il ruolo di educatore, solo immaginare di animare un gruppo di adulti appare una cosa fuori da ogni buon senso.

Ma occorre davvero essere degli specialisti per ravvivare la fede religiosa negli altri? È proprio necessario, oltre a vescovi, preti e religiosi, aggiungere la nuova categoria dei laici formati al popolo di Dio, scalando di un ulteriore gradino i poveri e semplici cristiani? Negli Atti degli Apostoli leggiamo che le prime comunità affascinavano e trasmettevano la fede non perché i suoi componenti erano istruiti, debitamente formati, ma perché con la loro vita quotidiana lasciavano trasparire il loro volersi bene, l'amore e la speranza che li animava, pur con tutti i pasticci e le debolezze personali che c'erano allora come adesso.

Pensando a chi sono stati i miei reali catechisti la prima persona che ricordo è mia zia Tecla che mi ha abituato (più che insegnato) a dire un Pater, Ave Gloria alla mattina e alla sera, che ogni sabato mi portava con se alla Messa prefestiva perché la domenica mattina doveva gestire il bar. Da adulto, poi, più che le cosiddette proposte formative (che ovviamente non guastano), sono stati gli incontri con alcuni amici, sacerdoti e non, l'aver goduto della loro amicizia, l'aver respirato il loro entusiasmo, il loro crederci davvero che mi hanno formato e continuano a sostenere la mia fede in Gesù Cristo e nella vita da Lui scaturita.

Magari in alcuni ambiti servirà anche una preparazione specifica; avrà pure ragione un altro mio amico - lui sì vero laico formato da quattro anni di studi religiosi all'università - nel ricordarmi che catechismi, sussidi e progetti pastorali non sono orpelli inutili.

Tuttavia, a mio avviso, frasi come appunto “prima però i laici vanno formati” rischiano solo di farci rimanere bloccati nelle nostre paure e perplessità. Come dice una canzone, la vera formazione per un cristiano è “vivere la vita con le gioie e i dolori di ogni giorno” camminando, se proprio non riusciamo a correre, con i nostri fratelli, individuando insieme a loro, spazi e momenti in cui pregare, ascoltare e condividere esperienze di vita e di fede. In tali momenti, magari, può essere necessario qualcuno che animi il gruppo, che inizi a parlare, a provocare domande e possibili risposte, non per insegnare – ci ricorda il Vangelo che uno solo è il Maestro – ma per essere segno ed incoraggiare chi è presente ad essere a sua volta segno per gli altri, mettendo semplicemente in gioco sensibilità, convinzioni, modi di vivere, di amare e di sperare. E questo qualcuno che anima, non deve essere necessariamente un prete.

Un'altra occasione per maturare nella vita e nella fede, almeno per quanto mi riguarda, è coltivare la preghiera personale e la semplice lettura quotidiana della Bibbia. I catechismi e i compendi della fede avranno il loro valore e la loro utilità, ma nella mia esperienza manuali e f.a.q. (frequently asked questions, ossia informazioni a domande e risposte preconfezionate) sono ottimi per apprendere l'uso della ferraglia elettronica e dei programmi che in essa ci girano. Solo lo stile narrativo, l'ascolto più o meno poetico di storie vive, può balbettarci qualcosa delle realtà, umane e divine, più profonde, più vere e più belle. Realtà che sono dentro di noi e che dovrebbero spingerci ad aprirci, a metterci a servizio degli altri, con le nostre risorse e le nostre povertà, non per fare un favore al parroco o al curato come ricordava don Francesco in uno degli ultimi consigli pastorali, ma per crescere ogni giorno e sperimentare nel nostro cuore un qualcosa troppo bello e troppo grande per essere trattenuto solo per noi.

Franco



Un anno in Teologia

Mercoledì 19 giugno ho ufficialmente concluso il mio primo anno di Teologia.

Spesso, quando torno a Borno, incontro qualcuno che mi ha conosciuto già da prima che entrassi in seminario e che, chiedendomi come prosegue il mio cammino, mi ricorda come ero da bambino e com’è stata precoce la mia scelta verso l’ingresso in seminario. Infatti, sei anni fa, nel 2006,sono entrato nel Seminario Minore in cui, nelle comunità prima del Biennio e poi del Triennio, ho vissuto esperienze intense di studio, di preghiera e di vita comunitaria e dove ho frequentato il liceo. Nello scorso settembre, invece, sono stato accettato nella comunità del Seminario Maggiore, ovvero, in breve, in Teologia.

È uno stacco significativo dal cammino del Seminario Minore: la vita comunitaria non è più una priorità, ma può essere vissuta solo se desiderata davvero, e ciò richiede sforzo e costanza; la preghiera richiede una maggiore responsabilità e autonomia soprattutto per la preghiera personale; lo studio è centrato su materie teologiche e filosofiche, più interessanti e coinvolgenti, rispetto al liceo.

Anche le relazioni di classe hanno assunto un sapore diverso: se al liceo avevo in classe compagni che non frequentavano il Seminario, ora siamo tutti insieme in classe e in comunità, motivo in più per essere uniti. Per la nostra classe, però, quest’anno è stato un po’ un travaglio: infatti, all’inizio dell’anno, siamo entrati in otto e ora siamo rimasti in quattro.

seminaristi

Con tutto questo per me il passo più difficile è il maggior distacco dalla parrocchia d’origine: il mio caro Borno. Certo non sono andato via, ma per me non tornare all’oratorio il sabato sera e rivedere solo ogni tanto i volti noti di ragazzi e ragazze che hanno condiviso con me le belle esperienze dell’oratorio è stato, sin dall’inizio, una grossa fatica, ma soprattutto una bella sfida. Tuttavia in tal modo mi sono accorto di quanto sia vero il Vangelo, che dice: “Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto” (Mt.19,29): infatti, pur avendo parzialmente lasciato la parrocchia d’origine, sono stato accolto con generosità dai preti dell’Unità Pastorale della Valgrigna, composta da Esine, Berzo, Bienno, Prestine e Plemo, in cui quest’anno ho prestato servizio il sabato e la domenica. È stata per me motivo di crescita spirituale e pastorale, nonostante le grandi corse da una parrocchia all’altra, soprattutto grazie al parroco Don Aldo e al curato Don Pietro, e ai tre preti collaboratori: Don Arturo, Don Giacomo e Don Giuseppe.

Gli obiettivi di questo e del prossimo anno, per noi, sono quelli di imparare a conoscere sé stessi e a capire con maggior certezza la propria vocazione, in vista della prima grande tappa che potrei già raggiungere l’anno prossimo: l’ammissione. È la prima e più importante perché sigla, davanti al vescovo e alla Chiesa, la validità del cammino spirituale e l’accesso agli ordini del diaconato e del presbiterato.

So che molti miei compaesani non dimenticano il Seminario e i seminaristi nelle loro preghiere, perciò chiedo ancora una preghiera per tutti i nostri singoli cammini. Grazie!

Alex Recami



Padre Giacomo coinvolto nella danza della vita

Manila: 26 giugno 2013

Carissimi Reverendi e amici tutti di Borno,
saluti dalle Filippine!

Sono sempre in salute e felice anche se mi trovo come “un nonno coinvolto nella danza della vita e della storia con tante svolte, cambi di ritmo e sorprese.” Il rischio di cantonate o di scivolate è quotidiano. Prego il Signore che mi tenga la testa e il cuore a posto in modo da vivere il bel tutto con serenità, responsabilità e coraggio. Dopo tutto è Lui che dirige la danza e porta le cose a compimento nel Suo regno.

La missione sta cambiando volto velocemente. Tra pochi anni i missionari saranno in gran parte provenienti dai paesi che noi chiamavamo “di missione”: dall’Africa, dall’Indonesia, dal Bangladesh, dal Brasile, dal Messico, dalle Filippine e dalla Cina stessa.

Padre Giacomo
La benedizione a P. Thierry, africano, partente per la Tailandia

I due nuovi giovani padri che verranno a darci una mano provengono uno dall’Indonesia e uno dal Brasile. Tra gli studenti di teologia la maggioranza è africana e indonesiana. Nemmeno uno italiano. I quattro padri italiani “considerati giovani” sono ormai cinquantenni. Io sono il “nonno”. Si tratta ora di passare il futuro della missione a questi nuovi missionari preparandoli il meglio possibile. Avventura non facile!

Manila sta poi diventando per noi saveriani il “crocevia” per le missioni in Asia, per cui è anche il posto in cui vengono per lo studio dell’Inglese o per corsi di aggiornamento anche missionari di altre missioni. Anche a loro bisogna prestare aiuto e attenzione.

Tra padri, studenti di teologia e di filosofia e padri ospiti per i loro studi siamo ora quarantadue! Una discreta e movimentata famiglia per il nonnetto! Questa è l’avventura che sto vivendo, la sorprendente danza che sto cercando di danzare. Ancora per un anno... poi qualcun altro si prenderà la responsabilità. E il “nonno”, dopo un po’ di vacanze a Borno, ritornerà qui per fare ancora quel poco che può tra la povera gente.

I contatti quotidiani con la gente, fuori da programmazioni e complicazioni, sono quelli che mi aiutano a gustare la vita e quello che il Signore sta facendo con tutta questa gente. Oltre che caposquadra, nel quotidiano faccio il missionario “tappabuchi” rimpiazzando i confratelli che vanno a casa per un periodo di riposo: tre mesi ogni tre anni. Ogni anno tre o quattro vanno in vacanze per cui io posso essere “missionario tappabuchi” a tempo pieno e nelle situazioni più diverse. Anche questo fa parte della “danza” di cui parlavo sopra. Bello, no?

La gente rifugiata nel campo di pallacanestro
La gente rifugiata nel campo di pallacanestro

Qui siamo nella stagione delle piogge per cui la lavata quotidiana non manca mai e i frequenti tifoni con allagamenti di strade e di interi quartieri sono normali compagni di vita. Quanto vedete nella foto allegata è una scena comune in questi tempi: scappando dalle case allagate la gente si rifugia nelle palestre o nei campi coperti di pallacanestro, aspettando che l’allagamento finisca. C’è tanta pazienza e tanta solidarietà e tanta capacità di non arrendersi. Non si finisce mai di stupirsi.

Continuate a ricordarci nella vostra generosità e nella vostra preghiera perché rimaniamo pieni di speranza ed impegnati. Noi, i nostri studenti e la nostra gente vi ricordiamo presso il Signore perché ricambi la vostra generosità con tante grazie e benedizioni.

Con tanto affetto e riconoscenza vi auguro felici vacanze!

Vostro P. Giacomo.



Padre Narciso: cercherò ancora di resistere

Padre narcisoCarissimi, senz'altro avrete saputo della triste notizia della situazione del nostro confratello: frei Defendente... La notizia mi ha fatto sentire un po’ orfano. Si, perché siamo nati nella medesima via, solo due case ci separavano. Insieme abbiamo studiato, e lui era più bravo di me. Siccome siamo entrati in seminari differenti, io ho perso un anno perché la mia squadra ha fatto il 4º anno di filosofia e così sono rimasto indietro, ma sempre a rimorchio. Sono due anni di vita missionaria in meno, ma sempre abbiamo scambiato gli stessi interessi per la vita missionaria.

Riguardo alla salute sono ormai più rotto di lui, ma cerco di resistere per sentirmi ancora più motivato nella mia vita missionaria di donazione e di servizio, almeno come testimone, perché penso si possa fare molto anche con la preghiera e l'intenzione. Tra qualche giorno Padre Defendente sarà con voi. Sappiate accoglierlo con gratitudine per tutto quello che lui ha fatto per il regno dei cieli. Un grande saluto al gruppo missionario di Borno, che senz'altro saprà onorare questo testimone e apostolo di Gesù.

Vi saluto con tanta nostalgia perché io non potrò essere presente e se frei Defendente avrà terminato la sua vita missionaria qui in Brasile, io cercherò ancora di resistere anche per lui, nonostante il corpo reclami. Ciao a tutti dal vostro missionario (ancora per qualche mese o annetto) frei Narciso.

Frei Narciso Baisini



Progettare e cercare i mezzi per metter su casa

Cari amici di Borno,
è proprio mentre sono qui tra voi, sull’altopiano del sole, per il meritato riposo che mi metto a scrivervi qualche riga per salutarvi tutti, ringraziarvi e parlarvi delle novità della nostra missione.

Anche quest’anno sono venuta a Borno una prima volta con Grazia, l’amica con cui condivido la missione, e Vera, il tesoro di bimba che sempre ci segue ed ha trovato in noi una mamma e una nonna. Purtroppo faceva freddo e continuava a piovere per cui non ci siamo incontrati molto in paese, si stava volentieri in casa al caldo. Questa seconda volta sono venuta con Yacouba, un ragazzino di 11 anni che, ancora convalescente dopo un’operazione al cuore, ha bisogno di aria di montagna e che di giorno in giorno riprende forza e si rinvigorisce. Ringraziate con noi il Signore per tanti benefici ed ora ascoltate le altre novità.

Se vi ricordate vi avevo parlato della necessità di una casa per i nostri bambini e da due o tre anni cercavamo un posto, una casa per stare coi nostri piccoli come in una famiglia ma senza trovarne una che facesse al caso nostro. Ora però i bambini crescono in età e in numero, sono infatti 19 i bambini che ci sono affidati, e l’urgenza ci ha fatto riflettere e prendere una decisione coraggiosa per noi e per loro (coraggiosa perché saremo in campagna, a 35 km dalla città, senza elettricità e senza acqua corrente). Abbiamo pensato che nel luogo dove c’è la fattoria abbiamo la bellezza di 20 ettari di terreno: perché non prenderne 2 ettari per farci la casa? Detto, fatto. Ci siamo messe d’impegno per progettare e cercare i mezzi per metter su casa. La Provvidenza ci ha aiutati e, dopo aver spianato col bulldozer, abbiamo posto le fondamenta e costruito la casa. In realtà il tutto è iniziato in nostra presenza ma quando siamo venute in patria molto rimaneva ancora da fare. I lavori stanno continuando e quando ritorneremo in agosto speriamo di poter fare trasloco. Come potete immaginare, tutti i nostri risparmi ora andranno a CASA SARA, cosi si chiama la nuova casa-famiglia.

Casa di Accoglienza di Solidarietà e di Accompagnamento
Sentirsi Amati Ridona Amore

Tra breve siamo di nuovo in partenza ed il lavoro che ci aspetta non è poco. Mettere su casa richiede molto impegno e molti mezzi: prima di tutto dovremo pensare ad un gruppo elettrogeno per avere un minimo di luce due ore la sera, frigo a gas, una batteria di pentole, servizi da tavola, ecc. ecc. tutte cose che non possiamo trasportare e che compreremo in loco. Per questo avremo bisogno di denaro. La Provvidenza ci ha sempre aiutato ed anche questa volta, ne siamo sicure, i mezzi non ci mancheranno.

Fin da ora ringrazio chi, in un modo o nell’altro, ha voluto e vuole aiutare i nostri orfanelli e assicuro la nostra preghiera per tutti i benefattori. Mi sono ben resa conto che anche qui si vive un periodo di crisi e che la vita non è facile ma anche a voi, cari bornesi, dico di guardare al futuro con speranza e di ravvivare la fiducia in Dio che non ci abbandona mai, che sempre consola il suo popolo e lo guida nel deserto della prova.

E voi giovani dove siete? La missione vi aspetta! Giovani non abbiate paura di spendere la vostra vita per il prossimo e per il Vangelo e chiedete al Signore la forza di rispondergli con generosità.

Con affetto vi saluto e vi abbraccio.

Vostra Patrizia



La Chiesetta dei Lazzaretti o della Madonna Addolorata

Chiesetta Lazzaretti

Nel neolitico del turismo bornese, quando si viaggiava soprattutto col cavallo di S. Martino, cioè a piedi, tre erano le mète più gettonate: la pineta delle Ogne, la fonte dei Pizzoli e i Lazzaretti.
Alle Ogne si arrivava per l’unico percorso possibile, quasi tutto pianeggiante tranne lo strappo iniziale: l’attuale via omonima che ha inizio dalla santèlå de Ardés (la santella dedicata alla Madonna di Ardesio); Via Funivia infatti non esisteva! Oltre che richiamare alla devozione mariana, la santella invitava anche a rivolgere un pensiero a dei defunti lontani nel tempo: PREGATE PER I POVERI MORTI DEL LAZARETTO; ed era uno scheletro munito di falce ad impetrare preghiere per loro.
I Pizzoli erano per i più ardimentosi: richiedevano un po’ d’arrampicata, poi si spegneva l’arsura con l’acqua fresca e si tornava in paese ben disposti verso le pietanze del pranzo; i Pizzoli però erano preclusi alle mamme munite di pargoletti e mocciosi e, pertanto, si ripiegava sul percorso più breve e comodo: la pineta dei Lazzaretti. Per un po’ di tempo un recinto ospitò anche dei caprioli che non durarono molto perché malnutriti d’ogni porcheria.

I LAZZARETTI: questo toponimo mi ha sempre incuriosito per due motivi. Tutti i paesi dovrebbero avere una località dove venivano isolati gli appestati delle varie calamità: questi luoghi però hanno un nome proprio: Ossimo ha Pat, Breno la Val Morina, Losine le Téze, Esine Librinì…; solo Borno chiama questo luogo semplicemente “lazzaretto”, cioè non con un nome proprio ma con l’indicazione della sua funzione.
Ma perché i Lazzaretti? Forse a sottolineare che quel luogo ha svolto la sua mansione in più periodi? Di grandi epidemie ne sono state censite storicamente tante, a partire da quella iniziata nel 1347, conosciuta anche come “peste nera”, che forse dimezzò la popolazione europea ed è ricordata dal Boccaccio nel suo “Decamerone”; poi ci fu quella del 1576/77, conosciuta anche come peste di Carlo Borromeo, poi del 1630 detta “bubbonica” ma anche “manzoniana” perché magistralmente descritta nei “Promessi Sposi”… Fino ad arrivare al tifo petecchiale del 1817 che fulminò nella nostra zona biscentum vigintidue (222) persone, curate però nel piccolo ospedale ricavato presso l’Hospitale degli Esposti a Malegno e quindi non più nei lazzaretti dei singoli paesi.

Chiesetta Lazzaretti

L’ARCHITETTURA
L’ipotesi più probabile è che all’epoca delle pestilenze l’unica parte costruita della chiesetta fosse l’abside semicircolare: non avrebbe infatti avuto alcun senso un edificio così chiuso come l’attuale, mentre gli appestati se ne stavano sparsi sotto qualche riparo, se non accanto alla propria fossa, in attesa di esserci sepolti!
La facciata è racchiusa entro due lesene e conclusa da un timpano triangolare. Il portale è sormontato da una lunetta a tutto sesto con chiave modanata.
Tutto il primo ordine, compresi lesene, portale e fianchi, è coronato da cornicione modanato da tre gradini. Il secondo ordine invece si conclude con un architrave fortemente aggettato, sostenuto da lesene con leggero capitello tuscanico, anche nel semicerchio dell’abside. Due occhi laterali danno luce e aerazione all’interno, che risulta tuttavia molto umido.
La costruzione è collocata in epoca neoclassica, come la parrocchiale, col sospetto che nel restauro del 1956 sia stato perpetrato qualche sfracello sia all’esterno che nell’interno, appesantendo elementi che invece dovevano abbellire e alleggerire il tutto.
Nell’interno l’elemento più caratteristico è il coro, separato dalla piccola navata da due pilastri fortemente aggettanti che sorreggono un arco traverso abbassato.
L’altare è recente e non presenta elementi di particolare rilievo.

LA DECORAZIONE PITTORICA
La parte più interessante è posta nel coretto ove troviamo affreschi di Antonio Guadagnini; in alto: Padre Eterno con la Colomba, in forma di vecchio che regna tra le nubi ma guarda in basso per richiamare l’attenzione sul grande dipinto illustrante il tema della Pietà. Inoltre: a sinistra S. Carlo Borromeo e a destra S. Rocco.
Le iconografie sono piuttosto tradizionali ma con qualche variante interessante per accentuare il senso della loro presenza in quel luogo dedicato alle pesti.

LA PIETÀ
La Madre è in piedi e sorregge il tronco del Figlio abbandonato su una pietra modellata, coperta da un lenzuolo. Intorno un paesaggio montano con vallate, avvolto nella luce rossastra del tramonto. È sicuramente la parte più bella e, da sola, meriterebbe una visita alla chiesetta. Una piccola pignoleria: la croce è molto sotto dimensionata rispetto al Cristo!

Chiesetta Lazzaretti

S. CARLO BORROMEO
È raffigurato mentre porta la comunione ad una donna allettata, che si immagina ammalata di peste, esplosa proprio durante la vita di quel grande personaggio che si espose continuamente, con spregio del pericolo del contagio.
Il nipote Federico, anch’egli cardinale, opererà invece durante il periodo delle vicende narrate nel grande capolavoro manzoniano: anch’egli soccorrendo gli appestati. Bello il gioco della luce che entra dietro la figura cardinalizia illuminando la donna e la parete retrostante.

Chiesetta Lazzaretti

S. ROCCO
Anche l’iconografia di questo Santo è abbastanza originale rispetto alle tante che si incontrano in Valle Camonica, dove egli è semplicemente rappresentato ritto in piedi ad accennare alla piaga che racconterebbe del morbo da cui era stato colpito, ma dal quale era guarito; successivamente aveva dedicato la sua esistenza alla cura degli ammalati.
In questa raffigurazione invece sembrerebbe rappresentato nel periodo della malattia ma già quando gli recano ammalati da guarire. Gli altri elementi sono tipici della figura del pellegrino; Rocco infatti viaggiò moltissimo: mantello, conchiglia, cappello, bastone. Non manca il cagnolino che gli portava da mangiare!
Di tutte le icone presenti nella chiesetta, la figura di Rocca è però la più debole e devozionale!
Nella devozione e nell’iconografia san Rocco finirà per soppiantare S. Sebastiano che, per secoli, era stato il grande guaritore contro la peste, dal momento che le ferite inferte dalle frecce che dovevano ucciderlo, venivano identificate con quelle procurate dalla pestilenze. A Borno Rocco era già stato raffigurato nel bellissimo affresco di Callisto Piazza in S. Antonio, nel 1528/29.

Chiesetta LazzarettiChiesetta Lazzaretti

I PROFETI
La parte alta della piccola navata è decorata dalle figure di quattro profeti. La loro individuazione, in assenza di cartigli o didascalie, ha posto qualche problema ma credo di non essere andato molto lontano dalla loro identità, sulla base di alcuni semi che richiamano le loro biografie o i loro scritti.
Partendo dalla sinistra in fondo, sopra il portale: Davide e Isaia; nell’altra parete, sempre continuando in senso orario: Geremia e Elia.
L’iconografia di DAVIDE, secondo re d’Israele, per quanto non caratterizzato dalla corona, non presenta difficoltà: la presenza della cetra lo dichiara grande cantore e poeta quale egli fu realmente.
Chiesetta LazzarettiChiesetta Lazzaretti

Qualche difficoltà in più ha presentato invece la seconda figura che dovrebbe essere del profeta ISAIA: è lui infatti, più di ogni altro, che ha annunciato in visione la “morte salvifica del Servo”: qui il profeta indica con la mano destra una croce, momento supremo del martirio del Salvatore. È sicuramente una delle figure più belle!
La terza: poteva essere Abramo che uccide il capro, dopo che l’angelo l’aveva fermato mentre stava per sacrificare il figlio Isacco? O poteva essere Isaia che annuncia del Salvatore: “Era come agnello condotto al macello”?
Invece dovrebbe essere GEREMIA che talvolta è accompagnato proprio all’agnello nel quale egli si identificava: “Quasi agnus innocens ad immolandum…”. È proprio il grande pittore Moretto da Brescia a rappresentarlo col cartiglio contenente questa scritta.
L’ultimo potrebbe essere il profeta ELIA, di cui si narra che più volte ha avuto a che fare con un angelo.

Francesco Inversini



Disuguaglianza e solidarietà

Il noto pensatore Zygmund Bauman, in un recentissimo saggio “La ricchezza di pochi avvantaggia tutti” (affermazione falsa) scrive: “La nostra situazione è la conseguenza ultima dell’aver sostituito la competizione e la rivalità all’anelito umano, troppo umano, a una coabitazione basata sulla operazione amichevole, la reciprocità, la condivisione, la fiducia, il riconoscimento ed il rispetto vicendevole”.

Vivendo da vicino la realtà dell’AVIS, con il suo forte senso dell’umano, il discorso è ancora più sconcertante, perché poi si conclude con l’amara constatazione che “i ricchi e soprattutto i molto ricchi, diventano più ricchi, mentre i poveri, e soprattutto i molto poveri, diventano più poveri”.

Certo l’analisi è su un piano planetario, ma non possiamo non ritornare in casa nostra per pensare almeno ad una società diversa, con la ricchezza di quei valori che sono segno dell’autentica civiltà.

Che cosa non si immagina in ogni sede avisina per contribuire a rendere i rapporti tra persone più veri ed operativi con un’attenzione prioritaria a chi si trova nella difficoltà?

Ecco uno stile, semplice ed efficace – come anche per le altre realtà di volontariato costruttivo – per fare della “condivisione”, nello Spirito dell’autore citato, il percorso ideale verso traguardi di una maggiore sensibilizzazione umana, la sola che aiuti a superare condizioni di inquietante solitudine. Marco Garzonio, psicanalista e psicoterapeuta milanese, in un libro da non dimenticare del 2007, dal titolo significativo “La vita come amicizia” scriveva che “è fondamentale il valore di solidarietà e consapevolezza del comune destino: la fratellanza, la sororità, il divenire delle generazioni. “Adotta il tuo futuro”: è lo slogan efficacissimo che un gruppo di volontari ha coniato per sostenere la campagna di adozione a distanza dei bambini. Fare il bene di quei piccoli nel loro paese è assicurare un avvenire ad essi, disinnescare le ragioni dei conflitti, creare aree in cui siano possibili incontri, cooperazione, pace. Un progetto di vita, di fronte alla volontà di creare grandi divisioni.

Carlo Moretti



Il Sacramento della Cresima

Cresimati Borno
Cresimati di Borno



Maggio mese Mariano

gruppo a sotto il monte
26 maggio 2013 - Borno in pellegrinaggio ad Ardesio e Sotto il Monte



Tornei dell’Altopiano, tempo di pagelle

Nuovo anno, nuova edizione dei tornei dell’Altopiano Borno – Ossimo. Per chi non conoscesse ancora questo evento lo si può riassumere come: «l’evento più importante ed atteso dal mondo calcistico e pallavolistico dell’altopiano al pari di un mondiale, un europeo o di una manifestazione olimpica». Non esiste giocatore o giocatrice di Borno ed Ossimo che non attenda il mese di giugno con trepidazione, non sia in ansia per le estrazioni dei gironi e dei calendari, non si muova per tempo alla ricerca di un posto in squadra o alla creazione della rosa vincente definitiva.

Tornei sportivi Borno-OssimoLa manifestazione sportiva anche quest’anno è cresciuta, non ha introdotto nuove competizioni ma il calcio ha continuato sulla già ottima strada intrapresa gli anni precedenti, aggiungendo una formazione in più alle classiche otto squadre, e la pallavolo è sicuramente aumentata come appeal e come competitività creando quel sapore di sfida che ci si aspettava.

Inoltre, da quest’anno il “Circolo Sportivo Parrocchiale degli Oratori dell’Altopiano Borno – Ossimo”, che oramai da due anni porta avanti l’organizzazione dell’evento sportivo, amplia il proprio impegno con l’organizzazione della fondamentale festa finale a Borno, avvalendosi del supporto dei volontari e del gruppo “gli amici di Federico ed Alessio”, contributo imprescindibile per portare avanti la festa.

Ma non solo, grazie alla collaborazione con l’ “Oratorio di Ossimo Inferiore” e la “Polisportiva Ossimo” l’evento ha aggiunto delle ulteriori iniziative. È stato organizzato dalla Polisportiva un intenso pomeriggio di giochi e dimostrazioni, in cui bambini e ragazzi hanno potuto sperimentare sport ed attività meno conosciute e praticate, come il dodgeball, lo chiaccia sette, il paintball, il tiro alla fune, il karate, la danza, ecc… E sempre presso il campetto dell’oratorio, in concomitanza con le finali di pallavolo e le conseguenti premiazioni, è stata organizzata una serata con stand gastronomici e concerto dei nostri amici “Antidoto”.

Sicuramente alcune cose non sono andate per il meglio, ma noi ce l’abbiamo comunque messa tutta, siamo sicuri che l’anno prossimo miglioreremo e…… abbiamo già in cantiere succose novità.

Ora ricapitoliamo il mesetto di tornei appena trascorso con una classifica di voti inedita, nella speranza di strappare qualche sorriso, qualcuno un po’ amaro ma anche qualcuno più gustoso.

Tornei sportivi Borno-Ossimo

VOTO 1
Alla parziale incapacità da parte di atleti, responsabili ed organizzatori di ricordarsi che ciò che prevale su ogni contestazione e rigidità regolamentare è, e dev’essere sempre, la finalità che il torneo ed il circolo sportivo organizzante si sono da sempre prefissi: privilegiare sempre e comunque lo sport, la partecipazione comunitaria, il divertirsi insieme. E crediamo di esserci riusciti, nonostante qualche piccolo intoppo, anche quest’anno.

VOTO 2
Allo stilista che ha creato le divise sciancate ed attillate per gli statuari giocatori della squadra di calcio dell' ”Oratorio”, squadra più unica che rara che si distingue dalle altre per la capacità di superare abbondantemente la tonnellata di peso specifico complessivo. E se non ci bastava la perfetta aderenza della divisa al corpo, in grado di mettere in risalto ogni singolo muscolo, o evidenziare ogni “eventuale” rotolino di grasso, il colore fluorescente consentiva, grazie anche al girovita degli atleti, di godersi ogni partita pure dallo spazio. Un consiglio per l'anno prossimo: o si cambia stilista o si mette tutti i giocatori ad un estenuante dieta ferrea. Propendiamo per la seconda, dato che stiamo parlando di sport…

VOTO 3
Ai soliti scarpolini capaci di disperdere decine e decine di palloni in prati, boschi, giardini, cantieri... Non saranno mica tutte reminiscenze da campo a 11??? sicura novità per la prossima edizione sarà la tecnologia in campo. Basta con gli arbitri di porta, basta con le diatribe in campo. Esattamente come la FIFA anche noi ci adegueremo ai tempi che corrono. Tutti i palloni saranno dotati di GPS per non aver più dubbi. Si saprà esattamente se la palla ha varcano o meno i confine dell’orto del signor Tone o sarà ritenuto proprietà del signor Bortol.

VOTO 4
Ai vecchi che insistono a voler ancora giocare coi ragazzini, insistono a volersi sentire giovani, a credere di poter saltare e correre ancora come quando erano agili e scattanti ai bei tempi. E poi magari andar in giro a dire «se avessi io la vostra età vi farei vedere come si gioca…». Il pensionamento alla fine viene per tutti, e l’ora di appendere la scarpa al chiodo prima o poi arriva… Ascoltate noi: «non mollate!!!», state con noi, continuate a giocare, continuate a darci buoni e saggi consigli, insegnateci come si gioca, ma soprattutto fatelo insieme a noi. C’è sempre da imparare da chi di tornei, vinti e persi, ne ha vissuti. Grazie cari “vecchi” vi vogliamo sempre più numerosi.

Tornei sportivi Borno-Ossimo

VOTO 5
Alle potenti tecnologie messe a disposizione da Sky e Mediaset Premium che, novità di quest’anno, dovevano consentirci l’aggiornamento in “tempo reale” di risultati e classifiche su Internet. Ottima idea per informare il povero Danny costretto ai lavori forzati al bar ma, causa problemi tecnici, a volte è stato più veloce il buon Rocco ad arrivare tutto trafelato al Friends ed urlare «era rigore!!!».

VOTO 6
Voto appena sufficiente al pubblico. Sempre numeroso ed attento ad ogni azione, ogni palo sfiorato, ogni schiacciata, ogni muro, ogni fallo, … ma ci mancano le vuvuzelas, Rudy con la sirena ed il megafono, gli striscioni di incoraggiamento. Sappiamo che potete fare di meglio, e che sicuramente stavate tenendo a mano le energie per tifare al Palio di San Martino ma per l’anno prossimo vi vogliamo tutti come tanti piccoli Rudy che, armati di megafono e sirena, fanno un casino tale da far sembrare San Siro un’inezia.

Tornei sportivi Borno-Ossimo

Ora passiamo alle zone alte della classifica...

VOTO 7
Alla squadra di pallavolo dell' “Oratorio” che, anche se non è riuscita a passare alle fasi finali, grazie alla propria forza d'animo ha dimostrato di essere l'unica squadra capace di battere la squadra vincitrice, l' “Osteria il Cantinì”. Questo è lo spirito che ci piace. Forza ragazze e ragazzi, l'anno prossimo vi vogliamo ancora cosi. Anche più di così. Vogliamo il podio!!!

VOTO 8
Alle squadre del “Bar Taverna” e del “Bar Paninoteca Calamè”. Le uniche due squadre in grado di portare alla fase finale sia la propria squadra di calcio che di pallavolo. Una menzione speciale al Calamè che, non solo ha portato alle fasi finali le proprie squadre, ma addirittura alla finalissima per entrambe. Confidiamo che altre squadre seguano l’esempio e si organizzino per competere in entrambi i tornei. Pensate a come potrete vantarvi quel giorno che sul bancone del vostro locale potrete sfoggiare entrambi i trofei. Altro che “triplete”.

VOTO 9
Alle squadre vincitrici.
Alla squadra dell' “Osteria al Cantinì” che al secondo tentativo si aggiudica il trofeo. Ciò dimostra che i giovani atleti ed atlete dopo anni a giocare ed amalgamarsi insieme, sono cresciuti, hanno dato filo da torcere a tutti ed hanno strameritato il successo. Per l'anno prossimo urge diminuirne il potenziale o per le altre squadre non ci saranno ancora speranze.
Alla squadra del “Rock & Blues” che dopo il girone iniziale aveva mostrato segnali di debolezza. Ed invece no, ha mostrato i propri muscoli, superando ogni ostacolo è arrivata fino alla finale portandosi a casa il primo titolo della sua recente storia.
Stesso voto anche a "Gian Mario Gheza", votato miglior giocatore della finale soprattutto grazie alla freddezza con cui ha trafitto per due volte la porta avversaria.
Menzione speciale anche alla giocatrice dell’altra squadra finalista di calcio: “Angela Fracassi”, capace di ben figurare davanti a tutti quei maschietti. Mancava solo il goal e sarebbe venuto giù lo stadio.

VOTO 10
A tutti i ragazzi e le ragazze, giovani e non più giovani, che hanno dedicato il proprio tempo a rendere tutto possibile. Grazie ai fotografi, ai registi, ai guardalinee, ai raccattapalle, ai segnapunti, ai cuochi, ai camerieri, ai presentatori, ai cameramen, agli addetti luci, ai fonici, ai deejay, … ed in generale a tutti quelli che si sono impegnati e che si fanno “un mazzo così” ogni anno per la felicità di tutti. Grazie davvero!!!

Non resta che augurare a tutti una buona stagione sportiva ed un arrivederci alla prossima estate, sperando che sia un po’ più caldina…



Coscritti del 1943: tanti auguri!

coscritti 1943



Parrocchia di Borno

Hanno ricevuto il Battesimo

battesimo Borno
Giambi Poma
di Maurizio e Federica Orlandi
battezzata il 7 aprile 2013

battesimo Borno
Andreoli
di Mario e Zanaglio Laura
battezzata il 23 giugno 2013


Chiamati all'amore sponsale

matrimonio borno
Silvia Zerla e Omar Cominelli
Borno 16 marzo 2013

Anniversari

anniversario matrimonio borno
50° di Matrimonio auguri vivissimi a
Franca Fiora e Mario Arici


Chiamati alla vita eterna

defunto borno
Faustina Franzoni
02-07-1915 + 01-04-2013

defunto borno
Anna Marsigaglia
14-06-1935 + 15-04-2013

defunto borno
Margherita Venturelli
30-03-1924 + 15-04-2013

defunto borno
Francesco Bettineschi
19-11-1925 + 18-04-2013

defunto borno
Paolo Rivadossi
27-11-1949 + 28-04-2013

defunto borno
Guido Poma
23-03-1935 + 28-04-2013

defunto borno
Battista Sanzogni
19-10-1925 + 04-05-2013

defunto borno
Domenica Rivadossi
30-08-1934 + 05-05-2013

defunto borno
Pietro Andreoli
09-08-1934 + 10-05-2013

defunto borno
Caterina Poma
21-11-1919 + 15-02-2013

defunto borno
Firmino Venchiarutti
04-05-1922 + 25-05-2013

defunto borno
Maria Ghiroldi
13-04-1924 + 19-05-2013

defunto borno
Maddalena Baisini
23-11-1930 + 14-06-2013

defunto borno
Marianna Rivadossi
24-10-1921 + 07-12-2012

defunto borno
Luigi Miorini
10-08-1937 + 19-05-2013



Comunità parrocchiale di OSSIMO INFERIORE

Estate tempo di vacanze e di riposo...ma da cristiani!

Finalmente dopo un lungo e rigoroso inverno, ci siamo immersi nella tanto attesa e sospirata stagione estiva. Questo è il tempo privilegiato per il riposo e lo svago quindi per le ferie. È un giusto diritto per chi ha lavorato per tutto l'anno, ma anche un dovere, per mantenere il dono prezioso della salute e per riprendere meglio un nuovo anno di attività.

Ricordiamo da un antico film interpretato da Charlie Chaplin proiettato per la prima volta il 5 febbraio 1936, la scena di un operaio impersonato da Charlie Chaplin, addetto alla prova di un nuovo macchinario industriale che permetteva di lavorare anche mentre si consumava il pranzo, sostenendo la produzione in maniera più efficiente. Avviata la macchina, l'operaio doveva stringere i bulloni che passavano sul nastro trasportatore, ma non riuscendo a seguire la velocità della macchina, si è buttato sul nastro all'inseguimento dei bulloni che non era riuscito a stringere, trovandosi a girare in mezzo alle ruote dentate della macchina, quasi fosse diventato anche lui un ennesimo ingranaggio. Una volta uscito, era talmente ossessionato dal lavoro che vedeva al posto dei bottoni degli abiti delle sue colleghe di lavoro, altri bulloni da stringere.

lavoroÈ una immagine comica ma eloquente di come allora e ancora oggi l'uomo troppo attaccato al lavoro o costretto a rimanervi attaccato, può di diventare un ingranaggio della macchina del sistema economico, perdendo la consapevolezza di essere uomo con la dignità della libertà.

La chiesa come madre sapiente ha da sempre educato l'uomo, con la Parola di Dio, a percepire il lavoro come attività di servizio, che gli permette di trarre il giusto guadagno per vivere, e la soddisfazione di mettere a frutto le proprie attitudini operative e l'intelligenza che Dio gli ha donato. Dio ha affidato all'uomo, come dice il Libro della Genesi al capitolo 2 versetto 15, la gestione del Paradiso terrestre per coltivare e custodire il creato. Coltivare, con il lavoro, per migliorare il creato rendendolo sempre più accogliente e adatto alle proprie esigenze, e custodire per non sciupare e sprecare le risorse che Dio ha messo nelle sue mani.

Ma come apprendiamo dalla Sacra Scrittura il valore del lavoro, così dalla stessa impariamo anche il valore del riposo. Infatti anche Dio ha dedicato un giorno alla fine della creazione per riposare e contemplare tutto ciò che ha creato, “e vide che era cosa buona”. L'uomo ha bisogno del suo giorno settimanale per riposare dalla fatica del lavoro, per passare più tempo con i propri cari, per lodare e ringraziare insieme il buon Dio per tutti i doni che da lui riceve.

La Chiesa, saggiamente, ha collocato alcune festività anche durante la settimana, non solo per devozione ma anche per permettere all'uomo di non essere oppresso dal lavoro.

Il giorno della Domenica è per noi cristiani giorno dedicato al Signore (questo è il significato della Domenica) e quindi giorno dell'uomo. L'Eucarestia non basta certa da sola per essere cristiani, ma è necessaria per essere, pensare e agire da cristiani.

Il tempo delle vacanze allora è tempo di grazia perché è un periodo più lungo in cui è sospesa ogni fatica e preoccupazione, per far riposare il corpo e lo spirito.

Per il corpo di solito abbiamo molte attenzioni, ma per lo spirito? Non dimentichiamo che l'uomo non è solo materia, non siamo macchine da lavoro, (così i nazisti consideravano i prigionieri nei campi di sterminio) perché il Signore quando ci ha creati ci ha fatti diventare esseri viventi con il soffio dello Spirito della vita (Genesi 2,7) grazie al quale vivremo nell'eternità. Trascurare il riposo dello spirito è non riposare.

Quando abbiamo preoccupazioni, tensioni, subiamo torti e offese, non è una fatica o un dolore del corpo che percepiamo, ma è il nostro io spirituale che subisce tutto questo. Ci sono anche altre negatività che abbiamo in noi che non sono deficienze fisiche o solo psicologiche, pensiamo alla pigrizia, alla golosità, all'invidia, alla lussuria, egoismo ecc., che creano insoddisfazione e stanchezza. E queste cose non le risolviamo solo con il divertimento, con una buona passeggiata o altro, ma con la preghiera e la vita sacramentale, con la Parola del Signore. La S. Messa, la preghiera, i Sacramenti ci aiutano a vivere da uomini cristiani sereni sempre, anche nel riposo. Andiamo in vacanza, ma non mandiamo il Signore in vacanza.

Don Mauro



Comunità parrocchiale di OSSIMO INFERIORE

Din ,don, dan, perché suona la campana?

“Perché bel campanaro non suoni le campane,
è festa in tutto il piano anche qui sulle montagne...”

Iniziava con questi versi una canzone che le suore dell'asilo ci facevano imparare per il saggio finale della scuola materna. Il testo narrava un dialogo tra una bambina ed un anziano campanaro. La piccola invitava il vecchio custode a suonare a festa le campane della chiesa. A tal insistente desiderio il campanaro rispondeva che sulla cima del campanile non c'era più la campana ed i topi avevano rosicchiato pure la corda. Commossa la bambina offriva i suoi gioielli per fare una piccola campana e i suoi capelli per far una fine corda , perchè si potesse partecipare alla festa che unisce tutti suonando le campane.

Ognuno di noi conserva nel proprio cuore il suono delle campane del proprio paese. Un suono che riecheggia in noi ogni volta che sentiamo la voce d'un campanile. Pochi, però, si sono mai addentrati alla scoperta dei suoni delle campane, sul loro significato, sulla loro storia, e perché ognuno di noi le porta nel proprio cuore. Forse l'arrivo del moderno non concede più il “contatto fisico” con le campane e con i suoi suoni: difatti ormai quasi tutte le chiese anche della nostra unità pastorale hanno tutto computerizzato e per suonare le campane non servono più fatica ed impegno.

Le campane costruite in lega di bronzo, dal VII secolo sino ai giorni nostri producono il caratteristico ed inconfondibile suono e hanno scandito i vari momenti delle nostre giornate. È un richiamo collettivo quello del suono della campana, soprattutto un simbolo di appartenenza. Con il suono della campana si scandivano i ritmi della vita quotidiana di ogni comunità. Così si potevano ascoltare i rintocchi dell’alba alla nascita del sole (mattutino), del mezzogiorno (per segnalare la sospensione dei lavori agricoli per mangiare), del vespro all’imbrunire.

chiesa ossimo inferiore

I loro rintocchi annunciavano gli atti liturgici: la messa, il rosario, le confessioni, l’innalzamento dell’Ostia e del calice durante i Santus all’interno della stessa Messa. La campana festeggia la vita e annuncia la morte, con rintocchi lenti e profondi. E ancora regolavano la vita comune, avvertivano del fuoco e altri tipi di allarme, segnalavano la giusta via ai pellegrini in cammino. Esiste un’ampia antologia di aneddoti di campane che suonavano «a distesa», «a festa», «a doppio», di campane «a martello» e «a stormo», «a fuoco», «a scongiuro», «a tempesta»,o «ad acqua bona».

A tutto era legato il suono delle campane, e tutti conoscevano all’udito per qual motivo venissero suonate e con qual significato. Tutte le comunità, persino le più disperse tra i monti, vivevano e crescevano al suono delle campane.

Oltre alle Sante Messe, suonate normali o a gran festa, alla morte con i rintocchi diversificati in base a se il defunto era uomo o donna e a vari suoni usuali, le campane annunciavano con dolci melodie (si diceva in Allegrezza) il battesimo di un nuovo membro della comunità o l’arrivo d’un temporale: il loro suono, oltre ad innalzarsi al cielo a Pietà del Creatore, permetteva che si rompessero le nere nuvole con le loro onde, cosi da lenire il tremendo temporale.

La vita di ogni comunità iniziava col suono dell’ Maria. Il suono dell’ “Ave Maria” al mattino o dell' “Angelus” a mezzogiorno deriva la sua origine dall’ambiente francescano. Fu un certo Fra Benedetto Sinigardi, compagno di vita di S. Francesco, che fece cantare nel suo monastero di origine in Arezzo, l'antifona mariana “Angelus Domini” dopo il suo soggiorno in Terra Santa verso il 1241 . Nel 1251 il Capitolo Generale dell'Ordine decise che nella recita dopo la “Salve Regina” della sera, la strofa “Ave Maria” e l'orazione “Concede nos” dovevano essere recitare in ginocchio; versione che venne cambiata sempre dallo stesso Capitolo Generale, aumentando il numero delle Ave Marie a tre.

San Bonaventura da Bagnoregio, Ministro Generale dell'ordine Francescano, in occasione del Capitolo Generale a Pisa nel 1263 dà ai suoi confratelli questo consiglio: I fratelli devono insegnare ai fedeli a salutare tre volte la Vergine Maria, la sera, quando nel monastero è l’ora di andare a Compieta. Essi devono farlo con le stesse parole con le quali l’Angelo Gabriele salutò Maria, cioè con l’ ‘Ave Maria’ (cf. Lc 1,38). S. Bonaventura aggiunse alle tre Ave Maria già in uso fin dal 1096 per disposizione di Papa Urbano II (1040 - 1099) al mattino e alla sera al fine di implorare il materno aiuto della Vergine ai Crociati, la recita dell’Angelus Domini. Dalla rappresentazione largamente diffusa nel Medioevo, era esattamente la sera che “l’Angelo del Signore aveva portato l’annuncio a Maria”. Nel 1221 Papa Gregorio IX (1170 - 1241) nel 1221 raccomandò le tre Ave Maria anche al mezzogiorno.

Nel 1294 il Capitolo Generale dell'ordine Francescano che si tenne nel 1294 ordinava ai confratelli: “In tutti i conventi la sera si suoneranno le campane tre volte brevemente per onorare la Madre di Dio. Tutti i confratelli in quel momento dovranno inginocchiarsi e pregare per tre volte: ‘Ave Maria, gratia plena’ .

All’inizio del XIV° secolo, suonare l’Angelus era già una pratica usuale nelle diverse regioni d’Europa. Lo stesso suono di campane dell'Angelus suonate la sera, oltre alla pratica religiosa ordinata, serviva pure per ragioni pratiche: era segno della “estinzione del fuoco” o “coprifuoco”, e della chiusura delle porte della città.

Nel 1318 papa Giovanni XXII° (1245-1334) diede ordine che ai tre rintocchi quotidiani della sera, Maria la Madre di Dio fosse salutata con tre “Ave Maria” in ginocchio e accordò a tale preghiera una indulgenza. Del resto è solo nel XIV secolo (e in alcune regioni nel XVI secolo soltanto) che l’ “Ave Maria”, con l’aggiunta della seconda parte, prese la forma che oggi conosciamo.

Più tardi si impose il richiamo alla preghiera a mezzogiorno, e cioè soltanto nel XVI/XVII secolo. Nel 1456, papa Callisto III (1378-1458) comandò di suonare la campana quotidianamente, (a mezzogiorno) tra Nona e Vespri e di recitare un Padre Nostro e tre “Ave Maria” per la salvezza della cristianità.

Nel 1472, il re di Francia, Luigi XI (1423 - 1483) invitò a pregare a mezzogiorno con tre “Ave Maria” per l’unità e la pace del regno, invitando i suoi sudditi a ricordarsi della Vergine Madre di Dio, e lui stesso all'annuncio scendeva da cavallo e s'inginocchiava sulla nuda terra.

Nel 1518, papa Leone X (1475 - 1521) stabilì la preghiera dell’Angelus a mezzogiorno.

In un catechismo veneziano del 1560 sono citate per la prima volta le tre strofe che oggi recitiamo per la preghiera dell’Angelus: “L’Angelo del Signore portò l’annuncio a Maria ed ella concepì dallo Spirito Santo. Vi saluto Maria” – “Maria disse: sono la serva del Signore”. Nel Cerimoniale dei Vescovi del 1600 l’Angelus, per desiderio del papa Clemente VIII (1536 -1605), fu inserito nel testo definitivo. Il pontefice Clemente XII (1652 - 1740) oltre a confermare l’indulgenza per l’Angelus, concesse 11 agosto 1736 l’indulgenza di 100 giorni a tutti coloro che all'ora di notte avessero recitato “inginocchioni” al suono d’una campana il De profundis o un Pater, Ave, Requiem.

Papa Pio VII (1742 – 1823), oltre quelle indulgenze, ha concesso, a quanti vi avrebbero aggiunti tre Gloria Patri in onore della SS.ma Trinità, altri 100 giorni.

Il pontefice Benedetto XIII (1649 - 1730), domenicano, concesse l'indulgenza di 100 giorni e la plenaria una volta al mese alla recita della preghiera dell’Angelus Domini.

Nel 1742 papa Benedetto XIV (1675 -1758) stabilì che la domenica l’Angelus sarebbe recitato in piedi e che nel Tempo pasquale sarebbe sostituito dall’antifona “Regina caeli”. Il 3 aprile 1884 Papa Leone XIII (1810 - 1903) con Decreto “Urbis et Orbis”, confermando le medesime indulgenze (sia per l’Angelus che per la recita del De Profundis), benignamente tolse la condizione che la preghiera fosse recitata in ginocchio qualora si era impediti di farlo, e per coloro che non la sapevano concesse di sostituirla con la recita di Cinque Ave Maria.

Con l'arrivo dell'era moderna persino i suoni dei campanili sono cambiati. Sono stati variati per motivi non noti, gli antichi suoni e modi che conoscevamo. Essendo cresciuto all'ombra del campanile, mi perdo molte volte quando, al suono della Santa messa, attendo il rintocco del “bot” o ultimo richiamo per i fedeli che veniva eseguito circa dieci minuti prima dell'inizio delle celebrazioni. Mi perdo quando nell'atto dell'elevazione dell'Ostia consacrata e del calice le campane non eseguono gli antichi suoni che si fermavano per 3 volte. Mi perdo quando la sera, al calare del giorno, dopo il suono dell' “Ave Maria” non viene più eseguito il “De profundis” con i suoi 5,7,9 tocchi.

Non si sentono più le campane suonare a festa, anche se mentre un tempo bisognava tirar le corde, ora un motore elettrico le muove senza che l’anziano campanaro debba metterci fatica, forza ed impegno.

Forse si vogliono lasciar cadere anche questi antichi suoni? O forse, con l’arrivo del XXI secolo, si pensa che un suono della campana possa dar disturbo, o possa crear a molte coscienze, non l’impegno di recitar un De profundis o un Requiem al suono dell’annuncio di morte, ma il primario interesse di saper chi è passato a miglior vita?

Riprendendo le parole del caro Papa Paolo VI (1897 - 1978) in un suo discorso diceva: "Se le mutate condizioni dei tempi hanno oggi spento la voce ammonitrice di tanti nostri campanili, è pur vero che invariati rimangono, per la maggior parte degli uomini, quei momenti caratteristici della giornata: mattino, mezzogiorno e sera, i quali segnano i tempi della loro attività e costituiscono un invito ad una pausa di preghiera".



Comunità parrocchiale di OSSIMO INFERIORE

Ossimo Inferiore e le sue campane

Tutti sanno che ogni attimo di vita di un paese è legato anche al suono delle proprie campane. Infatti esse col loro suono annunciano la gioia, il dolore e i vari momenti che la comunità vive. Il campanile della Chiesa Parrocchiale di Ossimo Inferiore venne iniziato nel 1683 ed era a fianco dell'antica chiesa.

Nel 1777 il capomastro milanese Battista Gelpi prende l'incarico di terminarlo; lavoro che iniziò solo nel 1780 e venne concluso nel 1782. Subì un forte danno dovuto ad un fulmine, che lo colpì in un lato della cella campanaria, venne restaurato nel 2012. Le prime campane che ebbero sede sul nostro campanile risalgono al 1805. Di queste rimane ancora quella che troneggia ora sul campanile di S. Rocco che non venne fusa.

Nel 1877 sotto la direzione dell'allora Rettore Don Bernardo Contessi (Ceratello 1824 – Cemmo 1889), nel mese di luglio vennero fuse le nuove 5 campane dalla fonderia del Sig. Giovanni Crespi di Crema e suonate per la prima volta il 13 ottobre del suddetto anno. Il loro costo fu di Lire 4188. che venne pagato dalla popolazione della Contrada con gran sacrificio ma anche con molto orgoglio. Si ricorda che la campana maggiore, che pesa quintali 5,10, fu interamente pagata dalla Signora Franzoni Pietra detta Spagna (costava Lire 2000).

Con l'arrivo della seconda guerra mondiale furono tante le chiese depredate dalle loro campane. Don Raffaele Giudici (Clusone 1878 – Malegno 1962), Rettore di Ossimo Inferiore dal 1905 al 1946, annotava al lato di un registro: "26 GIUGNO 1943 - Oggi furono levate tre campane dai Signori Filippi di Chiari sono rimaste la seconda, la quarta e la campana di S. Rocco"

Sul campanile vennero lasciate le due campane sopra menzionate e, visto che la Chiesetta di S. Rocco in quel periodo era stata sconsacrata ed adibita a fienile, la campana venne aggiunta alle due ancor rimaste sulla torre campanaria.

Finita la guerra ritornarono in paese le 3 campane che erano state calate nel 1943, ma mentre si ricollocavano al loro posto originale, la campana dedicata a S. Eurosia che pesava quintali 2,80 subì un danno irreparabile.

In quel periodo, finita la seconda guerra mondiale, era impossibile per il paese accollarsi la spesa d'una nuova campana, allora lasciarono sul campanile la campana di S. Rocco, mentre la campana rotta venne lasciata da parte.

Nel 1953 l'allora Parroco Don Giovanni Maria Spiranti (Edolo 1915 – Ossimo 2001) fece fondere la campana e ne ricavò una che pose come campana più piccola. Questa campana venne nominata LA CAMPANA DEI RICORDI perché dedicata alla Vergine Immacolata per l' Anno Giubilare Mariano, e perché su di essa trovano posto i nomi dei caduti delle guerre, dei dispersi in Russia, caduti sul lavoro e maestri di bene. Un gesto dignitoso per ricordare il valore di molti figli di questa terra.

Ogni campana ha una dedica:
- S. ALOYSI FOVE JUVENES dedicata a S. Luigi;
- S. JOSEPH ECCL CATH ET REGNANTEM EJUSDEM PONTIFICEM PIUM IX TUERE dedicata a s. Giuseppe e al regnante Papa Pio IX;
- A FULGURE ET TEMPESTATE LIBERA NOS DOMINE campana che veniva fatta suonare per allontanare il brutto tempo e proteggere dai fulmini;
- APP. PETRE ET PAULER PROTECTORES HUJUS ECLESIAE INTERCIDITE PRO NOBIS dedicata ai Santi Apostoli Pietro e Paolo ed invocazione della loro protezione su questa chiesa.

chiesa ossimo inferiore

Il loro concerto magnificamente accordato è udibile dall'intera media Valcamonica per la accorta posizione ove è posta la Chiesa Parrocchiale.

Concludendo vorrei invitare le altre comunità che formano l'Unità Pastorale dell'Altopiano del Sole ha raccontare la storia dei loro campanili e delle loro campane. “Ritornino a suonar i nostri campanili. Al loro suono quotidiano dai nostri cuori si innalzi la nostra preghiera alla Vergine Celeste e il ricordo per i nostri defunti.”

Omar Zani



Comunità parrocchiale di OSSIMO INFERIORE

All’insegna del ricordo: Festa annuale degli Alpini

festa alpini ossimo inferioreRicordare. È questa la finalità principale dell’annuale Festa del Gruppo Alpini che si è svolta domenica 14 aprile ad Ossimo Inferiore, in una splendida giornata primaverile. Il tutto, grazie alla collaborazione delle insegnanti, con il coinvolgimento attivo dei bambini delle Scuole che, con il loro entusiasmo, hanno partecipato in massa alla nostra manifestazione sventolando il Tricolore. Con tutta probabilità in loro oggi prevale lo spirito della festa ed è giusto che sia così. Ma, un domani, da uomini maturi, ricordandosi del nostro impegno e dei nostri ideali, non potranno che “prendere il testimone” perpetuando nel tempo quello spirito di pace e di fratellanza che vogliamo trasmettere loro. In fin dei conti anche noi Alpini vogliamo che questa loro serenità continui per sempre. La pace, che ha comportato il sacrificio di tante vite, è un bene prezioso che va preservato, coltivandone il valore nelle nuove generazioni. Un valore conquistato anche con il sacrificio di tanta gioventù che dando la sua vita ha testimoniato il suo desiderio di pace. Un bene che responsabilmente va salvaguardato e proposto ai giovani, perché ne facciano tesoro.

festa alpini ossimo inferiore

festa alpini ossimo inferiore

festa alpini ossimo inferiore

festa alpini ossimo inferiore

Eccoli allora con uno striscione per il 70° Anniversario della Battaglia di Nikolajewka, in ricordo di chi è rimasto in Terra Russa e di chi ha vissuto la Ritirata.

Entusiasti hanno poi portato, per le vie del paese, lo striscione a ricordo del 20° anno della costruzione dell’Asilo/Museo di Rossosch, fortemente voluto dall’A.N.A e costruito da volontari Alpini italiani in Terra Russa. Un vero “Inno alla Vita” e testimonianza concreta del fatto che, dalle macerie, si può ripartire con esempi di fratellanza fra popoli un tempo contrapposti ed ora uniti nell’evitare gli errori del passato.

La nostra festa non poteva certo dimenticare i nostri Reduci e così, con un gesto simbolico ma ricco di significati, al Monumento dei Caduti, abbiamo vissuto uno dei momenti più suggestivi ed emozionanti della Cerimonia con la consegna degli Attestati di Benemerenza, sottoscritti dal Presidente della Sezione ANA di Vallecamonica Giacomo Cappellini, dal Sindaco di Ossimo Farisè Cristian e dal Capogruppo Zani Pierfranco.

Gli attestati, in un clima di forte orgoglio, misto a commozione, sono stati conferiti, dal Generale degli Alpini Santo Chichi, al Reduce Maggiori Giuseppe, ai famigliari del Reduce Zendra Giuseppe e dei Combattenti “Andati Avanti” Isonni Giovanni e Zendra Antonio (Campagna di Russia e Croce di Guerra), oltre che a quelli del compianto Capogruppo Onorario Isonni Angelo, che fu internato in Germania.

Come da consolidata tradizione alpina, non si è tralasciato di onorare, durante la funzione religiosa, anche i nostri cari “Andati Avanti”. I loro Cappelli, con gli Attestati appena consegnati, erano posti ai piedi dell’Altare, a testimoniare il loro vivo ricordo in tutti noi.

A conclusione della parte commemorativa non poteva certo mancare il classico “rancio alpino” presso la nostra sede. Una festa con gustose pietanze, buon vino, canti e saluti sinceri fra amici.

Anche questa è testimonianza dello stare bene in armonia e della tanto amata….Pace….

Il Gruppo Alpini di Ossimo Inferiore



Comunità parrocchiale di OSSIMO INFERIORE

Giornata dell’Anziano: un momento ricco di significati

In collaborazione il Gruppo Alpini di Ossimo Inferiore e l’Amministrazione Comunale anche quest’anno hanno voluto dedicare una giornata proprio ai nostri cari anziani, a dimostrazione della riconoscenza e del rispetto nutrito nei loro confronti.

festa anziano ossimo inferiore

È un dovere ricordarsi di loro, è un piacere organizzare momenti ricreativi in cui loro siano i veri protagonisti: questo il pensiero comune espresso dal Sindaco Farisè Cristian e dal Capogruppo Zani Pierfranco che si sono fatti portavoce di tutti. L’invito personalizzato è stato recapitato a tutti i residenti del Comune di Ossimo che avessero compiuto dai 75 anni in su (circa 150).

festa anziano ossimo inferiore

festa anziano ossimo inferiore

festa anziano ossimo inferiore

Domenica 2 giugno, giornata soleggiata, ricorre la Solennità del Corpus Domini; al termine della Processione per le Vie del Paese parate per l’occasione, la Comunità si è radunata per la S.Messa presso la Chiesa dei S.Cosma e Damiano. Durante la Celebrazione i bambini delle Scuole, guidati dalla Maestra Teresa Mancini, hanno dedicato delle poesie agli anziani, ai loro “nonni”, ed al termine della Funzione è stata recitata la toccante “Preghiera dell’anziano”.

A seguire aperitivo nel piazzale della Scuola dell’Infanzia S.Giuseppe dove gli invitati hanno potuto iniziare a scambiarsi saluti ed abbracci, ricordando magari con un filo di nostalgia la vita di un tempo, ma anche i tanti sacrifici fatti ed il duro lavoro… ma che piacere potersi incontrare ancora una volta e trascorrere un momento di festa insieme!

Poi l’invitante e gustoso pasto, preparato con tanta attenzione e cura dai volontari del Gruppo Alpini, a cui tutti hanno rivolto un doveroso apprezzamento ed un sentito grazie. Durante il pranzo non sono mancate divertenti gag con protagonisti gli anziani, i componenti del Gruppo Alpini, dell’Amministrazione Comunale ed i nostri cari Parroci, una simpatica lotteria, tanta animazione a cura della preziosa Assunta.

Sono stati ricordati anche i nostri anziani che hanno compiuto i 90 anni mediante la consegna diretta o ai famigliari di Attestati a cura dell’Assessore alla Famiglia ed ai Servizi Sociali Franzoni Francesca.

Il Coro di Lozio “L’Eco della Concarena” diretto dal Maestro Pedersoli ha infine allietato i festeggiati, con un repertorio di canti tradizionali risvegliando negli anziani molti bei ricordi; i presenti a loro volta hanno espresso il loro gradimento cantando ed applaudendo.

Bella giornata, non c’è che dire certo, ma cerchiamo di non avere troppi cali di attenzione nei confronti dei nostri anziani, ogni giorno, ogni momento è buono, ogni piccolo gesto può dimostrare che ci ricordiamo sempre di loro e di ciò che hanno fatto e fanno per noi.

Grazie... Anziani!!!

PREGHIERA DELL’ANZIANO

Grande è la nostra gioia, Signore,
perché da te ci sentiamo amati.
Tu ci doni la voglia di continuare a credere e sperare.
Benedetti quelli che stringono con calore le nostre mani.
Benedetti quelli che comprendono
il nostro camminare stanco e si interessano a noi.
Benedetti quelli che comprendono
il bisogno di affetto e si ricordano della nostra solitudine.
O Dio, amante della vita,
dona a tutti gli anziani serenità e giovinezza di spirito,
affinché possano trasmettere alle nuove generazioni,
un messaggio di fiducia e di pace.
Lascia o Signore che il tuo sole
entri in tutte le case dei nostri anziani
e donaci un cuore luminoso
che sappia offrire sempre una speranza.

AUGURI A TUTTI GLI ANZIANI!



Comunità parrocchiale di OSSIMO INFERIORE

Il Sacramento della Cresima

cresimati ossimo

I ragazzi di terza media di Ossimo il giorno 19 Maggio 2013 hanno ricevuto il sacramento della Cresima. Dopo essersi preparati per questo evento insieme a Don Ilario, abbiamo raccolto tra loro questi pensieri.

È stata una giornata speciale per tutti noi, inizialmente un po’ paurosi ma poi sempre più sereni abbiamo affrontato questo giorno di festa con felicità con la parrocchia di Ossimo e soprattutto con Don Ilario che ci ha accompagnati in questo anno di crescita. In questo giorno per noi comincia il cammino della testimonianza. - Noelle e Greta

Un grazie di cuore al Signore per questo anno passato insieme in cui abbiamo imparato alcuni rudimenti della vita cristiana e ci siamo divertiti. Il giorno della Cresima è stato molto emozionante per noi, peccato che si viva questa esperienza solo una volta nella vita. Ora dobbiamo essere dei veri cristiani presso i nostri, a scuola e con gli amici. - Marco e Nicolas

Grazie a Don Ilario per avermi accompagnato in questo viaggio verso il sacramento della Cresima. Ho imparato che è lo Spirito Santo che plasma la vita e la rende migliore. - Giovanni

È stata una giornata di spiritualità e anche di crescita umana e personale che ho condiviso con i miei compagni e anche con la Comunità Religiosa di Ossimo. - Luciano

“Durante questo anno catechistico ho imparato a conoscere Gesù nei sacramenti e mi sono preparato per la Cresima, ma mi sono anche divertito con tutti i miei compagni. Ringrazio Don Ilario per questa avventura che mi ha fatto conoscere. - Federico



Parrocchia di Ossimo Inf.

Ha ricevuto il Battesimo

battesimo Ossimo Inf.
Mattia Franzoni
di Severo e Longa Elena
battezzato il 25-05-2013


Chiamati all'amore sponsale

matrimonio Ossimo Inf.
Irene Zani con Alessandro Pedersoli
Ossimo I. 9 febbraio 2013

matrimonio Ossimo Inf.
Maria Mendeni con Gian Luigi Veraldi
Ossimo I. 18 aprile 2013

matrimonio Ossimo Inf.
Giuseppina Zani con Massimo Recaldini
Ossimo I. 15 giugno 2013



Comunità parrocchiale di OSSIMO SUPERIORE

SS. Gervasio e Protasio: alcune notizie

Le notizie sulla loro vita si perdono nel tempo e sono giunti a noi solo pochissimi documenti. Non si conoscono le loro date di nascita nemmeno con precisione il momento storico in cui vissero. Alcune fonti come la «Datiana historia ecclesiae Mediolanensis» raccontano che professarono la loro fede durante l'impero di Nerone e che furono convertiti al cristianesimo, assieme ai loro genitori, dal vescovo di Milano San Caio. Siamo in un momento storico caratterizzato dalle prime persecuzioni nei confronti dei cristiani.

Più probabile invece posizionare temporalmente le loro vite nella metà del III secolo, durante le persecuzioni nei confronti dei cristiani di Decio o Valeriano oppure qualche anno dopo, durante la persecuzione di Diocleziano. Durante il V secolo un autore anonimo ne ha composto la Passio, dalla quale è possibile ricavare alcune notizie sulla loro esistenza, rimanendo però sempre al limite tra leggenda e realtà. La Passio racconta che anche i loro genitori furono martiri della cristianità. Il padre Vitale venne ucciso mentre si trovava a Ravenna e la madre Valeria fu assassinata sulla via di ritorno per Milano. Appena venuti a conoscenza della morte dei genitori, Gervasio e Protasio non premeditarono nessuna vendetta, anzi decisero di vendere tutti i beni di famiglia per distribuire il ricavato ai poveri di Milano. Passarono poi dieci anni della loro vita a pregare, meditare e professare tutti i dettami della cristianità.

Quando il generale Anastaso passò con le sue truppe nella città li denunciò come cristiani e li additò come persone da punire e da redimere. I due fratelli furono arrestati, torturati ed umiliati. A Protasio fu tagliata la testa con un colpo di spada, mentre Gervasio morì a seguito dei numerosi colpi di flagello ricevuti.

Le reliquie
I loro corpi furono ritrovati il 17 giugno 386 nell'antica zona cimiteriale, che oggi è compresa tra la caserma Garibaldi della Polizia di Stato e l'Università Cattolica, grazie ad uno scavo commissionato dal vescovo Ambrogio di Milano. Nessuno conosceva l'identità delle due spoglie, il loro ricordo era andato quasi completamente perduto. Paolino da Milano, segretario e biografo di Ambrogio, narra che i due corpi furono riconosciuti grazie a una rivelazione che lo stesso Ambrogio ebbe; in realtà Ambrogio, nelle lettere alla sorella Marcellina, affermò di avere avuto un presentimento e non una vera e propria rivelazione.
Nel 386 la costruzione della basilica di Milano, intitolata attualmente a Sant'Ambrogio, era stata appena terminata. Il 19 giugno Ambrogio la consacrò ufficialmente con l'elezione a santi di Gervasio e Protasio e con la deposizione delle loro reliquie in un grande loculo sotto l'altare della Basilica stessa. Ambrogio racconta nei suoi scritti che alla traslazione delle reliquie partecipò una grande folla. Secondo altre fonti[senza fonte] la deposizione delle reliquie di Gervasio e Protasio fu un espediente che Ambrogio utilizzo per attirarsi il favore delle folle e per allontanare le pretese degli ariani che richiedevano l'assegnazione di una basilica milanese al loro culto.
Con la deposizione delle reliquie di Gervasio e Protasio nella nuova basilica, Ambrogio introdusse, per la prima volta nella tradizione della chiesa occidentale, la traslazione dei corpi dei martiri a scopo liturgico, secondo quanto già in uso in oriente. Attorno al VI secolo molto probabilmente venne effettuata una ricognizione dei loro corpi.
Nell'835 in occasione del rifacimento della Basilica di Sant'Ambrogio ad opera di Angilberto II le spoglie dei due fratelli e quelle di Ambrogio furono rimosse dai loculi e poste in un'unica urna di porfido.
Il 13 gennaio 1864 la Chiesa operò una attenta ricognizione delle zone sottostanti l'altare della Basilica di Sant'Ambrogio. Trovarono i due loculi vuoti, uno grande, dedicato ai due santi e uno più piccolo dedicato alle spoglie di sant'Ambrogio.
L'8 agosto 1871 l'urna di porfido venne aperta: risultava quasi completamente piena d'acqua stranamente limpidissima, sul fondo stavano adagiati 3 scheletri che furono attribuiti ad Ambrogio, Gervasio e Protasio. Il 14 maggio 1874 le reliquie dei santi furono deposte in una nuova urna più preziosa, in argento e cristallo.

Il culto
Dal ritrovamento dei corpi dei due santi iniziò a diffondersi il loro culto, inizialmente nelle città del nord: Brescia e Ravenna per poi giungere fino a Roma dove, durante il pontificato di Innocenzo I, venne eretta una chiesa in loro nome, ora intitolata a san Vitale. La loro popolarità si diffuse nel Mediterraneo.



Comunità parrocchiale di OSSIMO SUPERIORE

Il restauro del nostro organo: prosegue senza sosta e con alcune buone “sorprese”!

organo ossimo supAlcune settimane fa, alla fine del mese di Aprile, mi sono recato a Pedemonte, una piccola frazione del comune di San Pietro in Cariano, paese collinare immerso nei vigneti della Valpolicella alle porte di Verona. Qui, dallo scorso Agosto 2012 e smontato in tantissimi pezzi, proseguono senza sosta i lavori di restauro del nostro prezioso strumento. La prima sensazione che si prova entrando nel laboratorio di Formentelli e senza dubbio di stupore, sembra infatti di fare un salto nel passato. Il corpo principale è formato da diversi banchi di lavoro, mentre sulle pareti e dal soffitto pendono e sono catalogate dime e sagome in legno; la maggior parte degli attrezzi utilizzati risultano costruiti a mano, diverse parti catalogate in cassettiere in legno con pomelli per facilitarne la presa; l’utilizzo della tecnologia e dei macchinari moderni è limitatissimo ( o quasi assente), questo perché tutte le maestranze presenti hanno appreso le lavorazioni e le applicano secondo le tecniche dell’arte organaria antica. Per questa ragione il lavoro di recupero di tutte la parti che compongono lo strumento viene effettuato con interventi sempre reversibili e con lavorazioni all’identica; nessuna pezzo viene acquistato o prodotto all’esterno.

In questa parte del laboratorio si stanno effettuando gli interventi sul grosso mantice a lanterna e sui condotti di collegamento del vento (sostituendo la ricopertura di pelle d’agnello che consente di eliminare le perdite aria tra le varie parti e ripristinando il comando per l’azione manuale senza l’utilizzo dell’elettroventilatore per il caricamento dell’aria), mentre la parte più corposa riguarda il somiere (cassa in legno che riceve l’aria dai mantici e la distribuisce alle varie canne) ed i suoi componenti.

organo ossimo supÈ proprio durante questa fase delicata che l’Organaro ha trovato una importantissima testimonianza storica (la “sorpresa” a cui facevo riferimento nel titolo!) che ne durante lo smontaggio ne la ricerca all’interno del nostro archivio Parrocchiale aveva consentito di recuperare: la firma dell’opera e la sua datazione: “ Francesco Bossi di Bergamo Fasit Anno Dom. ni 1787”.

Proseguendo in altra stanza adiacente si trova la fucina delle canne di metallo che, dopo lo smontaggio, sono state tutte catalogate e accuratamente pulite, mentre per quelle più danneggiate sono serviti diversi interventi di saldatura e rimessa in dima.

In questi mesi poi verranno anche sistemate e bonificate dal tarlo tutte le altre canne di legno appartenenti al registro di Contrabbasso, e ricostruita la pedaliera in stile primo Ottocento (per questo intervento disponiamo anche di alcune assi ben stagionate di legno di noce donate e che provengono direttamente da Ossimo!).

L’ultima stanza del laboratorio è dedicata al rimontaggio provvisorio degli strumenti, il soffitto è molto alto perché qui vengono anche costruiti i nuovi strumenti di Fomentelli; e dove vengono montati provvisoriamente gli organi in restauro per i lavori di prima accordatura, prima di essere definitivamente trasferiti nelle rispettive chiese in attesa di Collaudo e di definitivo “impiego”! Nei prossimi mesi pertanto toccherà anche al nostro Organo Bossi-Manzoni, costruito ed ampliato da organari importanti nel panorama dell’organaria antica per uno strumento che da oltre 200 anni ha accompagnato le nostre celebrazioni liturgiche e che tornerà presto a svolgere il suo servizio.



Comunità parrocchiale di OSSIMO SUPERIORE

a proposito di “Don Raffaele Giudici: un doveroso ricordo”

All’interno dello scorso numero di “Cùntòmela” di Pasqua 2013, mi sono soffermato sullo scritto di Omar Zani, relativo al cinquantesimo della morte del Reverendo Don Raffaele Giudici, Rettore di Ossimo Inferiore dall’inizio dello scorso secolo e fino al 1946. Con il suo ministero condivise ed accompagnò gli abitanti di Ossimo (quella comunità di poche anime in un’economia dedita prevalentemente alla campagna ed all’allevamento del bestiame) e fino ai difficili momenti del secondo conflitto mondiale.

Mi era capitato, come forse anche ad altri che non lo hanno conosciuto per ovvie ragioni anagrafiche, di sentir parlare magari distrattamente di questo sacerdote… ma dopo aver letto lo scritto di Omar e soprattutto leggendo della testimonianza lasciata con “scrittura tremante” dell’anziano sacerdote durante il pomeriggio di Sabato 7 Aprile del 1945 dopo lo sgancio di un ordigno bellico che distrusse quasi interamente la Chiesa di S. Rocco, mi sono ricordato che molto recentemente, proprio mentre sfogliavo alcuni antichi documenti presso il nostro archivio Parrocchiale, avevo avuto modo di leggere alcune righe molto appassionate a proposito di alcuni fatti accaduti nel Giugno del 1943, in piena guerra…Che l’autore fosse lo stesso?! Incuriosito dalla mia precedente distrazione ho pertanto recuperato la lettera.

lettera don Giudici ossimo

Nelle scorse settimane infatti mi sono occupato di una piccola ricerca storica per la Sovrintendenza per i beni culturali al fine di ritrovare alcuni elementi circa la paternità del nostro Organo che si trova presso il Laboratorio artigiano di Formentelli in Pedemonte (VR), smontato ed in corso di laborioso restauro…

All’interno di un piccolo fascicolo denominato “Campane”, ho ritrovato una testimonianza toccante che vorrei raccontarvi, approfittando della ricorrenza di questo periodo accaduto in questi mesi primaverili ma di 70 anni fa, e perché penso sia giusto ripercorrere questo avvenimento di storia della nostra parrocchia intrecciato con le sorti dell’allora Regno d’Italia del periodo bellico… La lettera è indirizzata ai “Conterranei di Ossimo”, e porta la firma di Don Raffaele!

I fatti antecedenti: Solo da poco tempo prima alla Parrocchia è stata recapitata una lettera da parte del “Sottosegretario di Stato per le fabbricazioni di Guerra. Oggetto: raccolta campane di edifici di culto”. L ’ordine è perentorio ed è stabilito da Regio Decreto 23/4/1942 che viene allegato in copia. Lo sforzo richiesto alla comunità di Ossimo, come anche ad altri piccoli comuni della Valle è alto. Impone la consegna del 60% del peso complessivo dei bronzi, che verranno caricati su carri appositi e destinati alla fusione per essere trasformati in armi da guerra.

È la mattina del 25 Giugno del 1943, Don Raffaele dal Sagrato della Chiesa Parrocchiale assiste impotente con i molti compaesani accorsi e sbigottiti al lento calare delle due più grosse campane dalla torre, cercando di mantenere un po’ di calma e rassicurazione tra i presenti, come indicato dal Vescovo: “i parroci usino la massima prudenza in questa contingenza delicata e esortino le popolazioni ad un volenteroso atto di ubbidienza…”

Poi scriverà “Oggi 25 Giugno 1943 dopo 67 anni il nostro magnifico concerto di 5 campane, uno dei più belli della Valle Camonica, e del peso di q.li 36, viene diminuito di 22 per esigenze di guerra.

I più anziani ricordano quel primo avvenimento: gli ammirabili e incomiabili sacrifici della popolazione che volle contribuire con generose offerte e con trasporti gratuiti su carri trainati da buoi lungo la Via Cogno-Ossimo.

La vigilia di Natale del 1877, alle ore 21 il concerto faceva sentire per la prima volta l’imponente suono fra la letizia di un popolo esultante. Per 67 anni esse furono il dolce richiamo di Dio: le fedeli interpreti delle nostre gioie e dei nostri dolori, la vita e l’orgoglio del nostro popolo. …” Terminando con “Salutiamole con commosso animo e con loro i venerandi sacerdoti e Benefattori e pieghiamo la nostra fronte davanti al duro sacrificio”…

Sono passati 70 anni esatti da questa testimonianza e 65 anni dal voto fatto dalla popolazione di Ossimo alla Madonna per preservare il nostro comune dagli orrori della guerra. Credo proprio che a Don Raffaele (ed agli ossimesi) spiacesse principalmente che uno strumento definito “il dolce richiamo di Dio” venisse sottratto per essere fuso e trasformato in strumento bellico, ricordando anche gli ingenti sacrifici fatti nel 1877 dagli anziani del paese per il loro acquisto.

Oggi i più giovani non possono forse capire quali sforzi siano stati fatti in quei tempi passati e tanto lontani dalle nostre comodità e dalla nostra “frenesia quotidiana”. Più che mai oggi in una società che sta progressivamente perdendo di vista i valori importanti serve ricordare queste semplici persone e ringraziarle per cio’ che ci hanno lasciato...



Comunità parrocchiale di OSSIMO SUPERIORE

Uscita con i bambini delle locali Scuole Materne e Primarie in località Cassì

uscita bambini con alpiniL’annuale uscita con i bimbi delle scuole dell’altopiano, organizzata dagli Alpini, è ormai diventata una bella tradizione. Infatti anche quest’anno i gruppi di Ossimo Superiore ed Inferiore, unitamente al neo ricostituito gruppo di Lozio l’hanno portata a termine con successo, sempre in compagnia ed allegria.

Era iniziata per caso qualche anno fa, come una semplice visita agli scavi archeologici in Pat, ma ora sembra prendere le forme di una manifestazione a calendario dei nostri Gruppi.

uscita bambini con alpiniInfatti quest’anno durante l’organizzazione è emersa l’intenzione di spostarsi in un luogo diverso dall’ormai già visitata località Pat, dando alla manifestazione un carattere itinerante, sempre mirato a portare i bimbi in quei luoghi di alto pregio ambientale ma che per ragioni collegate al vivere moderno rimangono sconosciuti ai piccoli e non più frequentati dai grandi. Dagli organizzatori è quindi emerso il desiderio di accedere anno per anno ai vari luoghi, alternando i paesi di appartenenza dei rispettivi gruppi, ed è appunto questo particolare che assicurerà il futuro a questa bella iniziativa alpina.

Quest’anno si è quindi deciso di accedere alla località Cassì, nei prati sopra Creelone, giusto per percorrere la strada agrosilvopastorale che nel corso del 2012 è stata oggetto di alcuni interventi di manutenzione ordinaria ad opera volontaria degli Alpini di Ossimo Superiore.

uscita bambini con alpiniAnche quest’anno sono stati coinvolti i bimbi delle scuole materne e primarie di tutti e tre i paesi, che già di buon mattino si sono radunati, accompagnati con entusiasmo dalle rispettive maestre, in Ossimo Superiore.

È stato quindi attraversato il centro del paese fino a raggiungere la via Belvedere per poi percorrere la strada di Cassì lungo la quale il nostro simpatico Zelindo ha spiegato le caratteristiche naturalistiche ed ambientali del bosco adiacente alla stradina medesima. La passeggiata è stata allo stesso modo accompagnata dai volontari della protezione civile di Ossimo che hanno fornito supporto logistico e di sicurezza nonché. Questi erano altresì accompagnati dal loro pick up attrezzato, pertanto hanno potuto mostrare ai bimbi il sistema antincendio boschivo, simulando uno spegnimento con la lanca ad acqua, a turno provata con gioia anche dai bambini.

uscita bambini con alpiniA metà mattinata è stata dunque raggiunta la località Cassì dove i coniugi Domenighini Giuseppe ed Andreoli Elena hanno messo a disposizione la propria cascina con l’adiacente prato ben tenuto sul quale è stata svolta l’intera manifestazione.

Si è quindi proceduto all’alzabandiera con l’Inno d’Italia ben partecipato da tutti i bambini.

È seguita la messa all’aperto concelebrata dai nostri cari Don Francesco e Don Ilario, una funzione che seppur all’aria libera è risultata molto toccante anche grazie ai modi con cui i sacerdoti hanno comunicato con i bimbi rendendoli costantemente attenti.

uscita bambini con alpiniUn saluto da parte dei rispettivi capogruppo ha terminato le cerimonie ufficiali ed accompagnato i bambini al rancio che nel frattempo veniva preparato dagli organizzatori.

È da ricordare che la manifestazione è stata partecipata da numerosi Alpini dei tre gruppi, nonché dei rispettivi Sindaci Farisè Cristian e Giorgi Antonio (Tone), ed anche dagli amici Franzoni Anselmo e Cobelli Alberto in rappresentanza della Sezione ANA di Vallecamonica, nonché dal Generale Ermete Venturi che ha fatto dono ai bimbi di un pieghevole contenente diverse illustrazioni alpine, nonché la preghiera dell’Alpino, il messaggio del ’68 di Papa Paolo VI sugli alpini, il santino di S. Maurizio patrono degli Alpini, l’encomio al cappello alpino e la preghiera del mulo.

uscita bambini con alpiniLa manifestazione è poi proseguita fino al suo termine con il gioco libero, e qua non si è capito se si siano divertiti di più grandi o i bimbi, il fatto sta che alla fine si leggeva grande gioia in viso agli adulti e questo ha suggellato nuovamente la buona riuscita della manifestazione.

Sembra che anche i bambini siano rimasti molto soddisfatti della giornata, ciò almeno da quanto hanno voluto rappresentare con i numerosi disegni che dopo un paio di giorni hanno recapitato nelle nostre sedi. Avremmo voluto pubblicarli tutti però sono stati veramente numerosi, ne pubblichiamo pertanto solo alcuni per ogni scuola, quindi i più rappresentativi di ogni singola attività che ha accompagnato il giorno conviviale.

uscita bambini con alpiniDisegni che rappresentano naturalmente gli Alpini con il loro cappello, le montagne con il sole, la cascina dove si sono svolte le attività, le tavole apparecchiate, la prova antincendio ed i bimbi che rotolano nel prato.

Sembra quindi essere andato tutto per il meglio, ecco perché si rinnova l’appuntamento all’anno prossimo con una ancora più entusiasmante edizione.

Aleandro Bottichio



Parrocchia di Ossimo Sup.

Hanno ricevuto il Battesimo

battesimo Ossimo Sup.
Leone Castellini
di Lorenzo e Anna Recaldini
battezzato il 5 maggio 2013

battesimo Ossimo Sup.
Linda Arici
di Valerio e Antonella Bonfadini
battezzata l'8 giugno 2013

battesimo Ossimo Sup.
Filippo Tilola
di Diego e Elena Zandonà
battezzato il 5 maggio 2013

battesimo Ossimo Sup.
Alessandro Poma
di Marco e Valentina Chiudinelli
battezzato il 30 giugno 2013

battesimo Ossimo Sup.
Sofia Bianchi
di Michele e Francesca Saviori
battezzata il 23 giugno 2013


Chiamati alla vita eterna

defunto Ossimo inf.
Giuseppina Miorini
07-11-1925 + 22-03-2013

defunto Ossimo inf.
Pietro Franzoni
30-06-1927 + 28-03-2013

defunto Ossimo inf.
Armanno Girelli
05-06-1937 + 16-04-2013

defunto Ossimo inf.
Giancarlo Ceresetti (Bortolo)
7-09-1930 - m. 19-04-2013

defunto Ossimo inf.
Francesca Levina Zanaglio
04-08-1921 - m. 02-07-2013

defunto Ossimo inf.
Margherita Albani
9-12-1938 + 16-5-2013



Le Comunità parrocchiali di LOZIO

Testimonianza viva dei nostri Patroni

Alla fine di giugno cade una festa molto importante, che è anche la festa patronale della parrocchia di Villa, la festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo. Questi due grandi santi ci portano a conoscere e ad accogliere il grande dono della Chiesa. Pietro infatti è colui sul quale Gesù ha inteso costruire la sua Chiesa quando gli disse “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa”. Egli che nel cortile del Pretorio rinnegò per tre volte Gesù divenne testimone con la sua stessa vita di questo mandato ad essere segno del Signore e guida della sua grande famiglia. Paolo è colui sul quale Gesù ha realizzato l’annuncio del Vangelo al mondo, aprendolo ai popoli esterni alla casa di Israele. Egli da persecutore divenne “Apostolo delle Genti” e subì il martirio a Roma. Le grandi difficoltà che incontrò, le persecuzioni, la prigionia, non gli impedirono tuttavia di vedere il frutto della sua opera con la nascita di nuove e fiorenti comunità cristiane nel mondo pagano in Grecia, in Asia, a Roma.

Oggi purtroppo dobbiamo constatare che la Chiesa sembra essere diventata motivo di scandalo (ostacolo) a credere nel Signore Gesù. Se molti casi confermano che chi appartiene alla Chiesa deve sempre convertirsi e vigilare sulle conseguenze del suo modo di vivere la fede e la morale, tuttavia non possiamo dimenticare che è attorno alla fede tramandataci dagli Apostoli che diveniamo noi stessi più Chiesa, che siamo veramente Chiesa di Cristo. Allora dobbiamo sempre credere “la Chiesa” e non solo “alla Chiesa”. Ecco dunque ciò che dobbiamo saper fare: credere la chiesa, accoglierla come dono di Dio, amarla, purificarla e riformarla nel comportamento degli uomini che la compongono, sentendola “nostra”, percependola come la creatura umano-divina a cui apparteniamo come membra vive. Molte volte questa fedeltà richiederà di soffrire per la Chiesa ed anche accettare di soffrire a causa della Chiesa senza perdere di vista mai Colui che l’ha voluta e la guida: Gesù Cristo nostro Signore.

I primi cristiani accettarono di essere martirizzati per fedeltà alla stessa Chiesa a cui noi apparteniamo. Racconta l’autore latino Tacito, nei suoi Annali, che a Roma nel 64 d.C. l’imperatore Nerone, per opporsi alle voci che lo accusavano dell’incendio della città, indicò come colpevoli coloro che dal popolo erano chiamati “cristiani”. Fu così arrestata una gran massa di gente, accusata non solo dell’incendio, ma anche di odio contro gli dei ed il genere umano, e quindi condannata. Furono tutti maltrattati, derisi, fatti oggetto di violenze fino nel momento della morte. Alcuni furono cuciti in pelli di animale e fatti sbranare dai cani. Altri furono bruciati vivi, servendo così, alla fine del giorno, per l’illuminazione della notte. Molti furono orribilmente crocifissi. Era talmente sanguinoso lo spettacolo, nei giardini di Nerone e nel Circo, che perfino la gente più esasperata si sentì scossa dalla commozione. Eppure dal sangue di quei martiri, la Chiesa invece di venire annientata ne uscì più forte e vigorosa di prima, capace di annuncio sostenuto dalla verità del sacrificio in nome di Gesù e del suo Vangelo.

Questo Spirito di offerta di sé per amore di Cristo e della Chiesa siamo chiamati a riscoprirlo anche oggi per il nostro vivere la fede. I primi cristiani, Pietro e Paolo ci manifestano come si risponde all’amore di Dio. Nella loro vita è Dio il protagonista, è Lui che li chiama, li perdona, li fortifica, li manda in missione nel mondo. Allora mentre celebriamo la loro festa facciamo in modo che siano per noi non solo un ricordo, ma anche una provocazione che induca ad uno scatto insperato la coscienza e ad un moto di orgoglio cristiano, capace di farci offrire con limpidezza, la testimonianza della fede che il Signore si aspetta da noi.

Don Francesco



Le Comunità parrocchiali di LOZIO

Pesce piccolo... pasto dei grandi!

In questi tempi, un’insofferenza sociale sta diffondendosi a macchia d’olio, un po’ ovunque: basta pensare che se ne parla perfino in Italia e che è presente anche nello Stato di Amapá!. Purtroppo non è solo insofferenza, ma un vero e proprio malessere che aumenta ad ogni giorno nei/dai livelli più bassi della popolazione. È dai settori più poveri delle grandi città che tutto è iniziato. Ma graças a Deus, è arrivato un po’ ovunque. La goccia che ha fatto traboccare il bicchiere è l’aumento notevole dei trasporti: il Brasile è più di 28 volte l’Italia e trasporto è anima, è vita...!

Il malcontento però, è molto più ampio: è un vero grido di protesta contra un governo che, nato per essere “popolare” (=dalla parte dei più poveri), è degenerato, in poco più di 2 lustri, non solo in neoliberismo ma, horribili auditu, in sistema corrotto/corruttibile/corruttore! Ai detentori/padroni del potere, interessa di più il matrimonio fra gay (oltre, chiaro, ai propri benefici scandalosi) che il grido del popolo che, nonostante la “bolsa família”, spesso/sempre non arriva a fine mese... e se ti capita una malattia: libera nos Domine!

Senza dubbio il Brasile è cresciuto come grande nazione, ma la gente no! È vero: si sta un po’ meglio che negli anni 80, ma è altrettanto vero che sta diminuendo la classe media e aumentando il numero dei poveri... Che ben venga – come benedizione dal cielo - questa conscientização! Purtroppo l’azione distruttiva e distruggente di gruppuscoli di delinquenti, seguaci moderni del vecchio Attila (qualche voce maligna afferma mandati ad hoc) giustifica l’azione violenta delle forze dell’ordine che le hanno anche prese ed eroicamente, dicono taluni, han fatto il loro dovere difendendo il bene comune! Su questo bene comune plagiando il Manzoni: “Ai posteri l’ardua sentenza!”

Che bello che anche all’interno ci si muova! Perfino qui nel comune di Amapá, venerdì ci sarà una manifestazione, senza dubbio pacifica; chissà che chi di dovere incominci a tremare, magari anche solo per finta... sono veri specialisti come i nostri politicanti! Se arriverò in tempo dalla visita di una comunità dell’interno, non mancherò! Proibito impedirmelo: sou cidadão brasileiro!

Giocherellando con i bottoni della maglietta alla ricerca di un lume, mi ha chiamato l’attenzione la conversazione avvenuta fra il padre/Francisco e il figlioletto/Joãozinho, sul barcone che, il 30 giugno, portava a spasso sulle acque dell’Amapá Pequeno fino all’Amapa Grande la statua di S. Pietro, patrono dei pescatori.

Pena che non avessi meco il registratore! Il bello è sentirla raccontare. Visto che mi piacciono le storielle - anche se sono una frana al momento di raccontarle - arrivato a casa ho scarabocchiato qualcosa e, il giorno dopo, ho mostrato il tutto a Sr.Francisco: voto 8 per la fedeltà. Mi sono detto: “Don, non sei ancora del tutto rimbambìt!”. Ecco la conversazione:

Papà, quando sarò grande voglio essere anch’io pescatore. Voglio possedere la mia canoa, le reti e tutta l’arte che ci vuole!
Figlio, non dire stupidate! Lascia questo mestiere a tuo padre. Son nato sul fiume; conosco la direzione delle acque e ci abito dentro.
Ma in acqua c’è molto pesce, papà!
Questo è vero! C’è “muita nação de peixe” (molte nazioni di pesci)
Ma chi ha creato i pesci, tutti i pesci delle acque?
Fu Dio, figlio mio! Lui ha fatto il fiume, i ruscelli e il mare “goloso” che si beve tutte le acque! E le ha riempite di pesci come alimento per tutti.
E allora, papà, perché Dona Teresina, mangia solo pesce che le danno in elemosina?
All’inizio del mondo, la cosa era ben differente. La terra era un paradiso! Cera abbondanza per tutti. Ora è un inferno. È “cobra comendo preá” (mangiando porcellino d’india): la volpe mangia la gallina, i grandi mangiano i piccoli.
Ma, papà, anche nell’acqua è la stessa cosa?
Purtroppo sì; è la stessa cosa che sulla terra. Pesce piccolo è pasto dei grandi. Pensa, mio figlio, che ci sono pesci che mangiano cento, perfino mille di pesci piccoli.
Significa che “um peixão” tira la vita di cento o anche di mille! Ma allora è una vera guerra, papà!
Eh, figlio mio, è guerra! Il peggio è che i piccoli ancora non hanno imparato a mangiare i grandi. Squalo, piragna, pesce volante... Ce n’è uno che chiamano “pegador” (prenditore). Quando ne afferra uno, se lo mangia al volo... e ne mangia tanti! Che guerra schifosa!
Sarà sempre così, papà?
Si, mio figlio... fino al giorno in cui i piccoli non impareranno la lezione dei gatti: alleanza di gatto solo con gatto... piccolo con piccolo... Almeno così dovrebbe essere...

Aquele abraço pra todo mundo. Buone vacanze.
Ciao!

Don Lino
Amapá 08 de julho de 2013



Le Comunità parrocchiali di LOZIO

Scuola Materna di Lozio

“Finalmente è finito l’asilo!!” Questo è quello che staranno pensando in questo momento tanti bambini ma anche tante maestre! (Forse non sarà così per alcuni genitori….!). Ma la fine dell’anno scolastico rappresenta anche il punto di arrivo di un percorso fatto insieme, la crescita e la maturazione, la consapevolezza di aver scoperto ed imparato tante cose nuove e interessanti e di essere cresciuti un po’. Per noi bambini della scuola dell’infanzia di Lozio è stato un anno ricco di esperienze entusiasmanti che ci ha portati a scoprire l’importanza dello star bene con noi stessi, col nostro corpo, con gli altri e con l’ambiente!

scuola materna lozioAbbiamo imparato che bastano delle piccole cose per essere sereni, come ci ha insegnato il nostro amico Pezzettino… Lui credeva di essere un pezzetto di qualcuno che un giorno l’aveva perso, qualcuno che era forte, o che sapeva correre, nuotare o volare…. Ma poi si è accorto che in realtà lui è solo se stesso, un unico pezzo grande fatto di tanti pezzettini diversi! Proprio come noi! Che anche se siamo piccolini, siamo unici e irripetibili, con la nostra personalità, il nostro carattere, i nostri capricci e la nostra allegria! Abbiamo imparato anche quanto sia importante avere un corpo sano e forte e quale sia il segreto per mantenerlo in salute e ricco di vitamine… ve lo sveliamo.. ? Mangiare le verdure! “Bleah!” abbiamo detto, appena ce lo ha detto la nostra maestra…. Non eravamo entusiasti di imparare questa cosa nuova…

Alcuni di noi avevano certe facce…….! Ma poi una fatina simpatica, che si chiama Fata Verdura, ci ha fatto vivere delle avventure straordinarie, con un mago cattivissimo e una città tutta grigia… e ci ha fatto conoscere tante verdure. Noi le abbiamo anche cucinate! Abbiamo fatto la torta di carote, il sugo di pomodoro, la pasta alle barbabietole, il risotto alla zucca e anche al trevisano e abbiamo scoperto che le verdure sono buonissime! E anche di essere dei bravi cuochi! Ma non basta stare bene col il nostro corpo e con noi stessi, bisogna stare bene anche con gli altri! E così abbiamo scoperto quanto sia bello l’amore di mamma, papà, nonni e zii e quanto sia importante e divertente avere degli amici! Poi un giorno ci è venuta una curiosità strana: “Maestra” abbiamo chiesto “ma come si fa il sapone?”. Lei ha fatto una faccia che… Dovevate vederla…! Tipo… “ma che domande sono??” Però poi ci ha spiegato che il sapone si fa con delle sostanze chimiche e alcune di esse sono molto dannose per il nostro ambiente.

Allora abbiamo imparato a fare i detersivi ecologici; abbiamo fatto il detersivo per i piatti, quello per la lavatrice e lo sgrassatore per le superfici e abbiamo usato solo sostanze che non inquinano! Le nostre mamme erano felicissime, quasi come quando abbiamo imparato a mangiare le verdure! Questo è tutto quello che noi abbiamo fatto in questo divertentissimo anno scolastico! Chissà l’anno prossimo cosa ci aspetterà! Per ora ci rilassiamo qualche mese!

Buone vacanze a tutti!

I bambini dell’asilo di Lozio



Le Comunità parrocchiali di LOZIO

Il Sacramento della Cresima

cresime lozio
Cresimati di Lozio



Le Comunità parrocchiali di LOZIO

Onore a S. Giovanni Battista

“Venne per rendere testimonianza alla luce e preparare al Signore un popolo ben disposto”. È del Battista che si dicono queste cose. È del nostro patrono che si parla, di colui che rese testimonianza all’Altissimo, come dice un altro passo biblico: ”E tu bambino andrai innanzi al Signore a preparargli le strade”. Il nostro patrono S. Giovanni Battista è davvero un faro nella Chiesa, ma un faro che brilla però di luce riflessa, quella che viene dalla luce eterna di Cristo “Luce del mondo”. Un’altra testimonianza dimostra la grandezza del Battista quando dice “Io devo diminuire perché Lui cresca”. Il suo diminuire si concretizza nel realizzare la “preparazione dura” delle coscienze all’accoglienza del Salvatore.

Tanti ascoltavano la sua parola quando nel deserto di Giuda e al Giordano predicava di “preparare le vie e raddrizzare i suoi sentieri” per poter vedere la salvezza di Dio. E a quelli che chiedevano “cosa dobbiamo fare” diceva di allontanarsi dal peccato e cambiare vita, specialmente amando il prossimo. Fedele alla sua missione per tutta la vita, non si oppose quando, mandati da Erode, vennero a tagliargli la testa, pur di non tacere sulla legge di Dio trasgredita. Amò veramente il Signore donando la sua vita ed è un esempio senza tempo di come si segue il Signore.

Ha ispirato tanti cristiani ad essere santi e forti nella fede e nella coerenza della vita, in ogni tempo della Chiesa. Un esempio lontano di come S. Giovanni Battista abbia influenzato la vita di tante persone lo abbiamo nella vita di S. Giovanni Crisostomo, patriarca di Costantinopoli. Egli con molto ardore e coraggio difendeva il Vangelo di Gesù contro gli eretici. Tra questi, purtroppo c’era anche l’imperatore Arcadio che cercava in ogni maniera di vendicarsi. Gli consigliarono di mandare il patriarca in esilio, ma l’imperatore osservò che era inutile, tanto egli considerava il mondo la sua patria. Gli proposero di confiscargli tutti i beni. Si oppose l’imperatore perché il santo aveva già dato tutti i suoi beni ai poveri. Gli suggerirono di incarcerarlo, ma sarebbe stato inutile perché avrebbe avuto la gioia di essere considerato un martire. Gli dissero da ultimo di ucciderlo, ma sarebbe stato fare un piacere al patriarca che desiderava soltanto salire al cielo. Allora un consigliere propose un’ultima cosa per rovinare il Crisostomo: bisogna indurlo a compiere un peccato – disse – perché questo egli stima essere per sé il peggiore dei mali. Fu questa la lode migliore che i nemici del vescovo Giovanni potessero fargli, perché egli desiderava soltanto seguire il Signore come il Battista aveva fatto in vita. Tante sono anche oggi le storture morali, le infedeltà, le scelte disoneste, le negazioni dei dieci Comandamenti, legge di Dio, le superficialità nel vivere la fede, le sfide di superbia di fronte alla bontà e misericordia del Signore.

Molti non pensano che tutte queste cose scavano la terra sotto i nostri piedi precipitandoci lontano dalla salvezza di Dio. La predicazione del Battista è ancora attuale ed il rimprovero che Lui faceva ai suoi contemporanei dobbiamo sentirlo come rivolto anche a noi. Rimettiamo dunque i piedi nella giusta direzione, sulla via del Signore, come ci ha ammonito Giovanni Battista. È sempre possibile riorientare le nostre scelte in modo saggio e generoso. Niente paura dunque e coraggio nella saggezza della fede e nella generosa carità che ci hanno insegnato i santi.

Don Francesco



Le Comunità parrocchiali di LOZIO

Cantiamo e camminiamo

cori a lozioSabato 25 maggio ha avuto luogo la rassegna corale “FIOR di NOTE 2013” presso la parrocchiale dei SS. Nazzaro e Celso a Lozio. Nonostante il freddo, pur essendo maggio, la chiesa era affollata con grande soddisfazione dei cori che si sono esibiti: “Borno d’in…canto” diretti dalla M. Elisa Richini, “Lé orége dè hòi” di Bienno diretti dalla M. Lorena Avanzini, i “Hope Singers” di Darfo con la M. Margherita Chiminelli con la collaborazione di Alessandro Foresti, il coro A.N.A. “Monte Alto” di Rogno con il M. Duilio Delvecchio ed infine il coro di casa “L’Eco della Concarena” con il M. Bettino Pedersoli.

La serata è stata aperta dai padroni di casa con il brano “Dolce sentire” tratto dal cantico delle creature di S. Francesco dedicata al nostro Santo Padre ed anche al nostro parroco Francesco pure lui. Sono seguiti gli altri cori riscontrando grande consenso ed apprezzamenti dal pubblico presente.

È stato bello vedere, sottolineato anche da Don Francesco durante la manifestazione, come la passione per il canto unisce così tante persone, premiando i cori delle tante sere di prove e riprove: dall’esterno non sembrerebbe ma il risultato è frutto di costanza e voglia di mettersi alla prova.

cori a LozioCantare è bello, cantare insieme ancora di più. Si sta bene e ci si fa coraggio, ci si dà energia, si vincono le timidezze, si cela la stonatura nel gruppo e si finisce sempre con riceverne un senso di piacere.

“Canta e cammina” diceva S. Agostino alla sua comunità. Ci chiediamo se il nostro tempo, ridondante di musica a tutto volume ovunque, sia ancora capace di cantare: ascoltiamo canzoni, ma non cantiamo più, spesso siamo come statue mute nelle celebrazioni. Non cantiamo più, e forse camminiamo poco anche se ci muoviamo molto. Esorta S. Agostino, cammina nel bene, vai avanti nella santità, questo è camminare.

Camminiamo in comunione e cantiamo.

Alessia e Clelia per il Coro “L’Eco della Concarena”



Parrocchie di Villa e S. Nazzaro - Lozio

Hanno ricevuto il Battesimo

battesimo Lozio
Cristian Garattini (Villa)
di Stefano e Sabrina Massa
battezzato il 16 giugno 2013

battesimo Lozio
Mattia Pelamatti
di Lino e Norma Canossi (di Losine)
battezzato a Sommaprada il 7 luglio 2013


Chiamati alla vita eterna

San Nazzaro e Celso

defunto Lozio
Orsolina Linda Massa
07-10-1924 + 13-03-2013

defunto Lozio
Romano Mora
10-06-1941 + 13-04-2013


Cüntómela
Estate 2024

machina del triduo
"Machina" del Triduo dei Defunti

Frugando nel Sacco
Frugando nel Sacco

casa delle suoreCasa vacanze a Borno

casa sant`anna a palineCasa vacanze a Paline

casa vacanze a lozioCasa vacanze a Villa di Lozio

Chiesa  di s. Antonio Borno
Chiesa di s. Antonio


pardiborno@libero.it

Altri contatti

Dove siamo

Archivio

×