Estate 2022
Parola del parroco
eccoci giunti al tempo d’estate in cui il caldo - anche sull’altopiano - si fa sentire. Vi consegniamo questo numero di Cüntòmela con l’auspicio che ancora una volta sia occasione per riflettere e per sentirci sempre più comunità attraverso la conoscenza delle attività e delle iniziative delle nostre parrocchie.
Le storie, come sappiamo, aiutano ad aprire alla riflessione personale, a raccogliere e custodire perle preziose per la propria vita. Così ho pensato di condividere questo racconto che alcuni anni fa, ad un corso di esercizi spirituali, ci propose il predicatore per introdurci alla riflessione del giorno.
Un anziano professore venne contattato per tenere una lezione di formazione sulla “Pianificazione efficace del tempo” ad un gruppo di una quindicina di dirigenti di importanti aziende. Il corso faceva parte di una delle cinque sessioni della loro giornata di formazione, e il professore aveva a disposizione solamente un’ora “per fare lezione”.
In piedi, davanti a questo gruppo d’élite (pronto a prendere appunti su tutto ciò che l’esperto stava per insegnare), l’anziano professore li guardò ad uno ad uno, lentamente, e poi disse: “Adesso faremo un esperimento”.
Da sotto al tavolo che lo separava dagli allievi, il vecchio professore tirò fuori un grande recipiente di vetro da più di 4 litri, e lo posò delicatamente davanti a sé. Poi tirò fuori una dozzina di ciottoli grandi all’incirca come delle palle da tennis ed uno ad uno li mise delicatamente dentro il vaso. Quando questo fu riempito fino al bordo e fu impossibile aggiungere anche un solo sasso, alzò lentamente gli occhi verso i suoi allievi e domandò:
”Questo vaso è pieno?” Tutti risposero “Sì”.
Attese qualche secondo e aggiunse: “Davvero?” Allora si chinò di nuovo e tirò fuori da sotto al tavolo un secondo contenitore, questa volta pieno di ghiaia. Con attenzione versò questa ghiaia sui grossi sassi e poi scosse leggermente il vaso. I pezzettini di ghiaia si infiltrarono tra i sassi fino al fondo del recipiente. L’anziano professore alzò nuovamente lo sguardo verso il suo uditorio e ridomandò: “Questo vaso è pieno?” Questa volta i suoi brillanti allievi cominciavano a comprendere il suo armeggiare.
Uno di essi rispose: “Probabilmente no!”
“Bene” rispose l’anziano professore. Si piegò di nuovo e questa volta tirò fuori da sotto al tavolo un secchio di sabbia. Con delicatezza versò la sabbia nel vaso. La sabbia andò a riempire gli spazi tra i grossi ciottoli e la ghiaia. Ancora una volta domandò: “Questo vaso è pieno?” Questa volta, senza esitare e in coro, i suoi allievi risposero: “No!”
“Bene!” soggiunse il vecchio professore. E, come ormai si aspettavano i suoi prestigiosi allievi, prese la brocca dell’acqua che stava sul tavolo e riempì il vaso fino al bordo.
L’anziano professore alzò allora gli occhi verso il gruppo e domandò: “Quale grande verità ci dimostra questo esperimento?” Il più furbo, il più audace dei suoi allievi, ripensando all’argomento del corso rispose: “Dimostra che anche quando si crede che la nostra agenda sia completamente piena, ci si possono aggiungere altri appuntamenti, altre cose da fare”.
“No” rispose il vecchio professore “Non è questo. La grande verità che quest’esperimento ci dimostra è la seguente: se non si mettono per primi i sassi più grossi all’interno del vaso, non ci si potrà mettere tutto il resto in seguito”.
Ci fu un profondo silenzio, mentre ciascuno prendeva coscienza dell’evidenza di questa affermazione. L’anziano professore disse allora: “Quali sono i sassi più grossi nella vostra vita? La vostra salute? La vostra famiglia? I vostri amici e le vostre amiche? Realizzare i vostri sogni? Fare ciò che vi piace? Imparare? Difendere una causa? Essere rilassati? Darsi il tempo? O cose del tutto diverse? Quello che dobbiamo ricordarci è l’importanza di mettere per primi nella propria vita i sassi più grossi, e via via il resto. Se si dà priorità alle minuzie (la ghiaia, la sabbia) ci si riempirà la vita di inezie e non si avrà a sufficienza del tempo prezioso da consacrare alle cose importanti.
Allora non dimenticate di porvi la domanda: «Quali sono i sassi più grossi nella mia vita?» E poi metteteli per primi nel vostro vaso”. Con un cenno amichevole della mano l’anziano professore salutò il suo uditorio e lentamente uscì dall’aula.
A tutti noi l’augurio di fare le scelte partendo dai sassi più grossi, dalle cose più importanti. Ma prima di tutto proviamo a mettere nel nostro vaso il sasso più grande tutti: Dio! Lasciamo spazio e tempo a Lui, poi tutto il resto troverà senso e ordine nella nostra vita.
Dio vi benedica
Vostro don Paolo
PER RIFLETTERE
Andrea
Pennacchio
15 agosto, Ferragosto: pranzi di famiglia, vacanze per (quasi) tutti, e festa dell’Assunta (o festa dell’Assunzione). Ma quando nasce effettivamente questa festività così popolare? E in cosa consiste l’Assunzione?
Cominciamo dalla data, il 15 agosto: anticamente durante il mese di agosto si celebravano le Feriae Augusti, letteralmente “il riposo di Augusto”, un periodo appunto di sosta e ricreazione dopo il duro lavoro nei campi.
Nel corso dei secoli successivi subentra la componente religiosa cristiana: la nuova religione, riconosciuta come ufficiale dai decreti di Teodosio della fine del IV secolo, assorbe e riformula il calendario delle festività pagane, “innestandovi” celebrazioni liturgiche e ricorrenze cristiane. Le prime testimonianze relative alla celebrazione dell’Assunzione risalgono in effetti al IV secolo d.C.. A Roma, tuttavia, la festa vera e propria viene introdotta dal papa Sergio I nel VII sec., mentre l’ufficializzazione della data prescelta risale al IX secolo.
Il culto dell’Assunzione trova comunque riscontro e devozione già a partire dall’età tardo-antica: esso si mantiene vivo nei secoli, rinvigorito fra l’altro dal dibattito teologico intorno alla fondamentale questione della corporeità dell’ascesa, ossia se la Vergine sia assunta in cielo in anima e corpo, o meno. Mentre i Padri della Chiesa affrontano il tema, la devozione popolare non dubita della concretezza dell’evento.
Tanto forte e intatta si mantiene tale fede che, secolo dopo secolo, si giunge all’età pressoché contemporanea ancora forti della stessa certezza: il corpo di Maria c’è, la Vergine giunge davanti al Padre e al Figlio in tutta la sua integrità. Il 1º novembre 1950, papa Pio XII, avvalendosi dell'infallibilità papale, proclamò il dogma con la seguente formula: «La Vergine Maria, completato il corso della sua vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo. Perciò, se alcuno, che Dio non voglia, osasse negare o porre in dubbio volontariamente ciò che da Noi è stato definito, sappia che è venuto meno alla fede divina e cattolica».
Innumerevoli, in tutta Italia, i festeggiamenti collegati a questa festività con processioni, spettacoli pirotecnici e cavalcate. A Tusa, in Sicilia, il 13 agosto iniziano i festeggiamenti con la processione del simulacro della Dormizione della Madonna, adagiata in una bara di legno dorata. Il 14 agosto, dopo i vespri solenni e la santa messa, nella chiesa madre si mette in scena l'Assunzione con un complesso meccanismo risalente al '600, fatto di teli, luci, statue e veli che vedono la Madonna ascendere al cielo tra i canti dei fedeli.
L'episodio dell'Assunzione di Maria è un tema spesso trattato nelle opere d'arte; tra i dipinti con questo tema la tela dal titolo Assunta del Tiziano, è uno di quelli che preferisco. È un dipinto a olio su tavola, databile tra il 1516/1518 e conservato nella Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari a Venezia, dove decora, oggi come allora, l'altare centrale. Colpisce particolarmente lo squillante rosso della veste della Vergine e di alcune vesti degli apostoli che sembra riflettersi nei mattoni delle pareti, accendendoli. I tre piani sovrapposti (gli Apostoli in basso, Maria trasportata su una nube spinta da angeli al centro e Dio Padre tra angeli in alto) sono collegati da un continuo rimando di sguardi, gesti e linee di forza. Si crea così una sorta di movimento ascensionale a serpentina, di straordinario dinamismo.
Per chi si trovasse in vacanza a Venezia nel periodo di Ferragosto, non dovrebbe perdere l'occasione per andare a visitare questo capolavoro di Tiziano e rendere omaggio all'Assunta.
PER RIFLETTERE
Card.
Giovanni Battista Re
Il 4 settembre prossimo sarà beatificato Papa Luciani, che è rimasto nella memoria di tutti come il “Papa del sorriso”. La figura mite e dolce di Papa Giovanni Paolo I è passata come una meteora nel cielo della Chiesa, ma ci ha lasciato una traccia luminosa di bontà e un forte richiamo a dare spazio a Dio nella propria mente e nel proprio cuore.
Quando il 26 agosto 1978 dal balcone della Basilica Vaticana venne dato l’annuncio della sua elezione, dopo un attimo di sorpresa, perché il nome Albino Luciani non figurava in primo piano nei giorni antecedenti il Conclave, il mondo fu subito conquistato dal sorriso spontaneo e cordiale del Pontefice appena eletto. La simpatia crebbe ancor più all’Angelus della mattina successiva, domenica, quando con la semplicità della sua parola e col suo personale linguaggio con accento veneto, il nuovo Papa iniziò dicendo: “Ieri mattina sono andato alla Sistina a votare tranquillamente. Mai avrei immaginato quello che stava per succedere”. Terminò poi con le note parole: “Io non ho né la sapientia cordis di Papa Giovanni XXIII, né la preparazione e la cultura di Paolo VI, però mi trovo al loro posto, e devo cercare di servire la Chiesa. Spero che mi aiuterete con le vostre preghiere” (Insegnamenti di Giovanni Paolo I, pp.20-21). Lo scrosciante applauso che ne seguì manifestò l’empatia che si era creata col nuovo Pontefice.
I fatti hanno dimostrato che egli era all’altezza dei compiti di Successore di Pietro, nonostante la trepidazione causata in lui, al momento dell’elezione, dalla mole di problemi che avrebbe dovuto affrontare. Nel corso di quei brevi giorni seppe infatti risolvere con saggezza, chiarezza e pacatezza tutte le questioni di quel momento. Si notava in lui una grande preoccupazione per le vicende della Chiesa e per le sorti dell’umanità, che lo rendeva riflessivo e pensieroso, ma seppe sempre prendere le opportune decisioni con serenità e sapienza.
Dagli uffici della Segreteria di Stato ebbi poi modo di apprezzare alcune sue caratteristiche nei brevi giorni di quel pontificato, che ebbe solo i colori dell’aurora, in quanto terminò dopo 33 giorni.
Papa Luciani portò sul soglio pontificio il suo umile e semplice stile nell’operare, che aveva sempre caratterizzato la sua vita di sacerdote, di Vescovo e di Patriarca, cioè lo stile di governo e di servizio tipico del pastore d’anime vicino alla gente.
Colpiva la spontanea semplicità del tratto e della parola, attraeva quel luminoso sorriso stampato sul volto, colmo di fede e di bontà, che trasmetteva gioia e speranza.
Il suo sguardo rapido e penetrante, il suo atteggiamento traboccante di umanità facevano sentire il Papa vicino, come uno di famiglia, suscitando amore per lui nel mondo intero. La sua modestia e la sua immediatezza nei contatti personali rivelavano una grande padronanza di sé e una lucida chiarezza di idee e di visione.
Il suo parlare era semplice e schietto, scevro di retorica; il suo linguaggio vivo e popolare. Quando poi si rivolgeva ai bambini, il suo dire era colorito e pittoresco, accompagnato da immagini incisive. Aveva la passione del catechista.
Le idee ed i concetti difficili erano espressi in modo facile e concreto, arricchito sempre da un’immagine intonata o da un paragone suggestivo. Non mancavano mai stimolanti citazioni di un santo o di un personaggio famoso, o una battuta intelligente con un pizzico di umorismo. Lo aiutava in questo la sua memoria prodigiosa.
Impressionavano anche l’arguzia e la rara incisività nel raccontare episodi, la chiarezza di idee, la profondità di convinzioni, la solidità di dottrina.
Sapeva parlare al cuore perché attingeva le parole dal cuore. Il suo era un eloquio che non cercava le speculazioni dei filosofi o le analisi dei sociologi, e suscitava simpatia perché le sue parole manifestavano una grande bontà d’animo.
Apertura al dialogo, bontà con tutti e desiderio di incoraggiare l’impegno per il bene di tutti, furono per Papa Giovanni Paolo I la linea guida di tutto il suo ministero pastorale come sacerdote, come Vescovo, come Patriarca e poi come Papa.
Il mondo fu colpito dalle sue parole sull’amore di Dio, che considerava forte come quello di un Padre e, in pari tempo, tenero e pieno di delicatezza come quello di una madre.
Rimane infatti indimenticabile l’Angelus in cui disse che “noi siamo oggetto, da parte di Dio, di un amore intramontabile”; e che “Dio è papà; più ancora è madre” (Angelus del 10 settembre 1978)
Parole, queste, che di primo acchito sorpresero, ma in realtà trovavano fondamento in quelle di Dio nel Vecchio Testamento, pronunciate dal Profeta Isaia: “Si dimentica forse una mamma del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se essa si dimenticasse, io invece non ti dimenticherò mai” (Is.49,15).
L’accento della sua voce e la convinzione profonda che trasmetteva, diedero a quelle parole una vibrazione singolare, che colpì intelligenze e cuori, tanto da renderle memorabili. Era un esprimere la finezza dell’amore di Dio, che ci ama con un amore ricco di inventiva, di pienezza e di una intensità incomparabile, che include anche la tenerezza materna.
Nell’ultimo suo Angelus, domenica 24 settembre, disse, citando il libro “Dialoghi delle Carmelitane” di Georges Bernanos: “L’amore sarà sempre vittorioso, l’amore può tutto... Ecco la parola giusta, non la violenza, ma l’amore può tutto” (Insegnamenti, p.94). Queste parole, essendo le ultime da lui pronunciate dalla finestra del Palazzo Apostolico, possono essere considerate una tessera del suo testamento spirituale.
Rimangono indimenticabili le sue quattro catechesi delle Udienze Generali del mercoledì e rivelano le sue doti di impareggiabile catechista.
Nella prima (mercoledì 6 settembre) iniziò col tema più alto, Dio, sottolineando che davanti a Lui, nostro Creatore e Padre, “dobbiamo sentirci piccoli”. Passò quindi a palare dell’umiltà, virtù che costituiva anche il motto scelto (“Humilitas”) quando fu ordinato Vescovo. Dedicò poi la seconda parte della catechesi ai Dieci Comandamenti, rilevando che Dio ci li ha dati “unicamente per interesse nostro”. Concluse dicendo che “se fossimo capaci di osservare i Comandamenti, andremmo meglio noi e andrebbe molto meglio anche il mondo”.
Il mercoledì seguente (13 settembre) parlò della fede, che qualificò, riportando un’espressione di Papa Roncalli, “la prima lampada della santificazione”. Dopo aver citato a memoria la famosa poesia di Trilussa sulla “vecchietta cieca”, affermò che “la fede è arrendersi a Dio, trasformando la propria vita”.
Precisò che “non si tratta solo di credere alle cose che Dio ha rivelato, ma di credere a Lui, credere in Lui, che ci ha tanto amato e che tanto ha fatto per amore nostro”. Illustrò poi che la fede deve essere alimentata e rafforzata col ricorso ai Sacramenti e con la preghiera costante. Al riguardo indicò anche una bella preghiera che lui era solito recitare: “Signore, prendimi come sono, con i miei difetti, con le mie mancanze, ma fammi diventare come Tu mi desideri”.
Il successivo mercoledì (20 settembre) lo dedicò alla virtù della speranza e iniziò citando Dante, quando alla porta del Paradiso viene esaminato da una “commissione con i fiocchi (San Pietro, San Giacomo e San Giovanni)”, che gli chiede, prima di lascialo entrare: “Hai la fede?… hai la speranza? …. hai la carità?”
Riferendosi ad Abramo, che “credette sperando contro ogni speranza”, spiegò che la nostra speranza si basa su tre verità: Dio è onnipotente, Dio mi ama immensamente, Dio è fedele alle promesse.
Illustrò che la speranza cristiana è innanzi tutto sperare nella vita eterna, nell’immensità dell’amor di Dio, e riportò, citando il catechismo, la seguente preghiera: “Mio Dio, spero dalla bontà vostra… la vita eterna e le grazie per meritarla con le buone opere, che io debbo e voglio fare. Mio Dio, che io non resti confuso in eterno”.
L’ultimo mercoledì (27 settembre), giorno prima della sua morte, la catechesi fu dedicata alla virtù della carità e prese spunto da una preghiera appresa dalla mamma: “Mio Dio, amo con tutto il cuore sopra ogni cosa Voi, bene infinito e nostra eterna felicità, e per amor vostro amo il prossimo mio come me stesso e perdono le offese ricevute. O Signore, ch’io Vi ami sempre più”. Sottolineò il “dovere di amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze”, affermando che l’amore per Dio ci porta anche ad amare il prossimo.
“Si deve amare – disse – Dio e si deve amare l’uomo; quest’ultimo però mai più di Dio o contro Dio o alla pari di Dio”.
Dio deve avere sempre il primo posto in tutto nella nostra vita. Se vogliamo essere buoni cristiani, dobbiamo sforzarci di progredire sia nell’amore di Dio sia nell’amore del prossimo.
Il suo Pontificato fu breve, ma ha segnato il cielo del suo tempo di un bagliore grande e resta nella millenaria storia della Chiesa come una luce che indica la direzione verso la quale camminare; una luce che mostra la strada che porta alla felicità eterna nell’immensità dell’amore di Dio. Ancor più che il “Papa del sorriso” è stato il Papa del servizio e della bontà, che si è donato senza risparmio, trascurando la sua salute.
La brevità del suo pontificato non fu certamente una “svista” dello Spirito Santo, ma fa certamente parte di un disegno di Dio, che per noi resta misterioso e di cui Dio solo ha la chiave. Fu un pontificato che, col nuovo stile così vicino al vangelo, anche se conobbe solo l’alba, rese la Chiesa più umana e più attenta al momento storico.
In un certo senso possiamo anche dire che quel breve pontificato ha spianato la strada all’arrivo del grande Papa Giovanni Paolo II. Dato che lo Spirito Santo agisce attraverso gli uomini, sarebbe stata possibile, umanamente parlando, l’elezione del Cardinale Karol Wojtyla senza quel breve pontificato?
A questo riguardo, vi è una coincidenza che induce a riflettere. Papa Luciani fu eletto il 26 agosto. Ebbene, proprio quel giorno ricorreva la solenne festa annuale della Madonna di Czestochowa, venerata nel Santuario mariano nazionale della Polonia. Questa coincidenza polacca passò inosservata nel mondo, ma non in Polonia. Il Cardinale Wojtyla le diede risalto nella Lettera pastorale del 6 settembre di quell’anno, sottolineando che grazie al fatto che l’elezione era caduta nel giorno della festa della Madonna di Czestochowa, il nuovo Papa Albino Luciani “era legato – scrisse – con la Madre della Chiesa mediante la Chiesa di Polonia”. Neppure lui, il Cardinale Wojtyla, poteva immaginare che quel filo ideale del 26 agosto che univa Roma con la Polonia avrebbe ricevuto il 16 ottobre seguente una “saldatura” con l’elezione al soglio pontificio di un Pastore della Chiesa polacca (Cfr. Mons. Giulio Nicolini, Papa Giovanni Paolo I, Ed. Velar).
Sant’Agostino invita a prestare attenzione alle coincidenze. Quel breve pontificato, iniziato nel giorno della festa della Madonna di Czestochowa, preparò ed aprì le porte al lungo e straordinario pontificato di Giovanni Paolo II.
Papa Giovanni Paolo I, la cui scomparsa suscitò vasto rimpianto non solo nei cattolici, è rimasto sempre vivo nei nostri cuori col suo insegnamento, col suo esempio e col suo sorriso.
Ecco perché è motivo di grande gioia la sua beatificazione, che lo presenta alla Chiesa come una luce per i nostri passi e come un luminoso testimone di amore per Dio e per il prossimo a cui possiamo ispirarci.
PER RIFLETTERE
In rete (www.vaticannews.va) abbiamo trovato questa intervista a mons. Renato Marangoni, vescovo Belluno-Feltre, sull'amore di Papa Luciani per le montagne. Vi abbiamo letto spunti interessanti che volentieri condividiamo con i lettori di Cüntòmela.
La figura di Albino Luciani è molto legata alla montagna, dal punto di vista spirituale, pastorale, ma anche umano.
Sì, e credo che la montagna sia il luogo dell'umanità. Di un'umanità che ha bisogno di rafforzare i propri aspetti di vita buona, di vita bella. Chi ama la montagna percepisce la bontà e la bellezza della vita, la cerca, anche se ciò comporta fatica, coraggio, capacità di resistere. Albino Luciani, da come anch'io l'ho conosciuto, aveva questa caratteristica. Non credo che il suo sorriso fosse solo una superficialità del suo volto, ma il racconto della percezione della bellezza che lui portava dentro. Dell'incontro con le persone che lui viveva sempre con molto trasporto, stimandole.
La montagna invita a salire, ma poi si scende. La sensazione è che Luciani valorizzasse la salita in modo particolare...
Penso che la salita porta con sé l'esigenza del discendere. Il salire per Luciani era questo elevare lo spirito, questa ricerca di una umanità più formata a rispondere alle sfide della vita, ma anche un salire verso il mistero di Dio. Questo Dio che lui ha fatto diventare molto materno e umano. In Luciani questo salire comporta anche lo scendere, a livello delle situazioni più umili, della vita di tutti i giorni. In montagna chi sale porta con sé la discesa e viceversa, ma porta sempre la misura perché sa cosa lo attende. Questo rincorrersi di discesa e salita è molto interessante anche per capire il mistero di Cristo che è disceso dal Cielo per farci poi salire con Lui.
Giovanni Paolo I è stato il Papa dell'umiltà, una delle sue caratteristiche più conosciute. Anche l'umiltà è legata alle montagne, l'uomo dinanzi a queste vette incredibili si sente più piccolo, ma al tempo stesso si abitua a volgere lo sguardo verso l'alto?
Sì, penso che sia la verità di tutta la vita questo doppio aspetto. Mi colpisce di Luciani un suo testo di approfondimento e di meditazione in cui, rivolgendosi ai sacerdoti, dice come lui personalmente abbia dovuto lottare perché lui si riprometteva l'umiltà, ma poi succedevano situazioni in cui dava spazio al far sì che le cose andassero bene, alla cosiddetta bella figura finendo allora con l'interrogarsi se quella fosse vera umiltà o una forma di orgoglio. Allora credo che l'umiltà comporti questa doppia dinamica che chiede di liberarsi di alcune tendenze che sono connaturate alla nostra umanità, ma senza sfuggire dalla realtà e dunque relazionandosi senza travisarla attraverso alcune mediazioni. Questo era l'intento di Luciani e l'umiltà dunque interessa tutta la sua vita! Non è per lui una delle virtù, ma quella che connota, che caratterizza, che colora tutte le virtù.
Il paesaggio montano che cosa ha rappresentato nella sua pastorale?
Proprio Canale d'Agordo è un interessantissimo laboratorio. Qui nasce la prima latteria sociale d'Italia, in un contesto tipico dell'ambiente di montagna del tempo, dove la comunità religiosa, parrocchiale si identifica con la comunità civile. In questa combinazione molto fruttuosa si è formato l'ambiente dove lui è cresciuto. Fu un laboratorio molto frizzante dal punto di vista culturale. Il suo parroco era all'avanguardia anche nell'utilizzo dei mezzi di comunicazione, con i primi tentativi di mostrare delle immagini in video. C'è, mi piace chiamarla così, una sapienza di vita molto profonda, seppur a volte risulti velata, non ancora pienamente manifestata e per certi versi trattenuta.
Papa Luciani era molto vicino ai lavoratori, alle loro battaglie per la tutela dei diritti. Anche questa sua attenzione ai diritti sociali era in parte frutto dei luoghi di montagna in cui è cresciuto?
Sì, penso che lo sia per quanto conta moltissimo in queste comunità di montagna: la condivisione e la solidarietà. Questa è la legge di vita delle persone che vivono in montagna. Noi lo abbiamo visto più volte, di recente dopo la tempesta di Vaia del 2018, quando nessuno ha aspettato gli aiuti, ma tutti si sono messi a lavorare per una rinascita. Ho visitato quei luoghi, c'era da piangere, il territorio era stravolto, non c'era più la conformazione. Non c'erano più neanche le strade. A me sembra che lì la vita sia ripresa per questa grande condivisione, questo sapersi aiutare. Da qui nasce la sua grande attenzione ai diritti dei lavoratori.
Oggi Papa Luciani sarebbe contento di come si sta vivendo la montagna?
Penso che sono tante le attenzioni da avere. Sono del parere che soprattutto la cura non sia semplicemente intervenire per fare qualcosa, ma un rapporto di intimità, conoscenza, passione. Questo, secondo me, Luciani oggi ce lo indicherebbe come essenziale per essere persone vere, sincere, reali e umili nell'ambiente di montagna.
PER RIFLETTERE
Penso ai genitori e, ancor più, ai nonni, ma anche ai nostri parroci e catechisti. Molti di noi hanno appreso la potenza dei gesti della liturgia – come ad esempio il segno della croce, lo stare in ginocchio, le formule della nostra fede – proprio da loro. Forse non ne abbiamo il ricordo vivo, ma facilmente possiamo immaginare il gesto di una mano più grande che prende la piccola mano di un bambino e la accompagna lentamente nel tracciare per la prima volta il segno della nostra salvezza. Al movimento si accompagnano le parole, anch’esse lente, quasi a voler prendere possesso di ogni istante di quel gesto, di tutto il corpo: «Nel nome del Padre… e del Figlio… e dello Spirito Santo… Amen». Per poi lasciare la mano del bambino e guardarlo ripetere da solo, pronti a venire in suo aiuto, quel gesto ormai consegnato, come un abito che crescerà con Lui, vestendolo nel modo che solo lo Spirito conosce. Da quel momento quel gesto, la sua forza simbolica, ci appartiene o, sarebbe meglio dire, noi apparteniamo a quel gesto, ci dà forma, siamo da esso formati. Non servono troppi discorsi, non è necessario aver compreso tutto di quel gesto: occorre essere piccoli sia nel consegnarlo sia nel riceverlo. Il resto è opera dello Spirito.
Franco Peci
Così scrive Papa Francesco al n. 47 dei 65 paragrafi che compongono questa sua lettera sulla liturgia. In questo esempio molto concreto, come ci ha ormai abituato questo Papa, possiamo scorgere tante indicazioni proposte nel documento; indicazioni e contenuti che, risalendo un po’ come i salmoni dalla fine all’inizio, possiamo provare a riassumere in quattro parole: artista, simbolo, stupore, desiderio.
ARTISTA – Ai seminaristi e ai preti, oltre alla doverosa preparazione teologica e alla conoscenza delle rubriche della liturgia, suggerisce di non essere solo dei bravi artigiani che conoscono la tecnica (p. 50), ma di diventare proprio come un vero artista che, preso dall’ispirazione, ad un certo punto avverte di non possedere ma di lasciarsi possedere (in senso positivo) dall’arte.
Come i bambini che, continuando a fare il segno di croce, crescono (o almeno dovrebbero crescere) nell’amicizia con Gesù, gli stessi seminaristi e preti continuando a vivere e celebrare la liturgia – evitando la ricerca di un estetismo rituale che si compiace solo nella cura della formalità esteriore di un rito o si appaga di una scrupolosa osservanza rubricale e, all’estremo opposto, di confondere la semplicità con una sciatta banalità, l’essenzialità con una ignorante superficialità, la concretezza dell’agire rituale con un esasperato funzionalismo pratico (p. 22) – dovrebbero trovarsi sempre più immersi nel mistero Pasquale di Gesù morto e risorto. Se la liturgia è un’arte, questa dev’essere ammirata e vissuta da tutti. Ecco che mediante la Sacrosanctum Concilium – costituzione del Concilio Vaticano II continuamente citata nella lettera – viene ribadito che tutti i battezzati, tutto il popolo di Dio è chiamato a partecipare attivamente alla liturgia con parole, gesti, canti e atteggiamenti consapevoli. In particolare vengono raccomandati quei momenti di silenzio che, forse, nel passato erano temuti come momenti di vuoto. Questo silenzio non è “un rifugio nel quale nascondersi per un isolamento intimistico… è il simbolo della presenza e dell’azione dello Spirito Santo che anima tutta l’azione celebrativa…” (p. 52).
SIMBOLO - Citando anche il teologo italo-tedesco Romano Guardini, il Papa usa spesso espressioni come linguaggio simbolico, gesti simbolici, valori simbolici, forza simbolica e rileva che una certa cultura moderna e post-moderna tende alla frammentazione, alla continua separazione fra anima e corpo, spiritualità e concretezza, ciò che è ritenuto scientifico/vero e ciò che viene confinato perlopiù in fantasie romantiche/individuali (parole mie). Abbiamo più che mai bisogno di recuperare una visione, una capacità simbolica, cioè – come indicano alcuni significati del termine simbolo – mettere insieme, far coincidere, evocare con un oggetto, un elemento sensibile un’idea, o meglio, una realtà a cui esso rimanda. Ed è proprio ciò che fa la liturgia, la celebrazione dei sacramenti: non mediante un spiritualismo astratto che contraddice la natura stessa dell’uomo, ma con pane, vino, olio, acqua, profumo, fuoco, cenere, pietra, stoffa, colori, corpo, parole, suoni, silenzi, gesti, spazio, movimento, azione, ordine, tempo, luce... tutta la creazione diviene simbolo, significato e manifestazione dell’amore di Dio (p. 42).
STUPORE – Questa capacità di trovare, gustare e celebrare il senso profondo del nostro esistere, di tutto ciò che ci circonda e che ci ha preceduto, dovrebbe aprirci alla meraviglia, allo stupore. Vivendo la liturgia abbiamo l’occasione di incontrare Gesù non in un vago ricordo di un evento del passato, ma sentendoci contemporanei a quella cena con gli apostoli, a tutte le persone che Gesù ha incontrato, amato, perdonato (p. 11); abbiamo l’occasione di vivere davvero lo stupore di quelli che lo incontrarono risorto dopo la morte.
A proposito di questo grande mistero pasquale il Papa sottolinea:“non intendo in nessun modo ciò che a volte mi pare si voglia esprimere con la fumosa espressione “senso del mistero”: a volte tra i presunti capi di imputazione contro la riforma liturgica vi è anche quello di averlo – si dice – eliminato dalla celebrazione. Lo stupore di cui parlo non è una sorta di smarrimento di fronte ad una realtà oscura o ad un rito enigmatico, ma è, al contrario, la meraviglia per il fatto che il piano salvifico di Dio ci è stato rivelato nella Pasqua di Gesù (cfr. Ef 1,3-14)”
È inevitabile non cogliere qui il tentativo di richiamare alla riflessione coloro che, anche mediante diversi siti in rete, non si stancano di inneggiare al latino e ad una presunta tradizione tradita, rischiando a mio avviso di distorcere, prima ancora del Concilio Vaticano II (di cui lo stesso Papa Francesco traccia un brevissimo ma esauriente schizzo al p. 29), l’essenza stessa del Vangelo.
DESIDERIO – Proprio nei primi paragrafi troviamo il motivo del titolo di questa lettera apostolica, tratto dal passo del Vangelo di Luca: “Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione” (Lc 22,15). Secondo Papa Francesco, a quella Cena nessuno si è guadagnato un posto, tutti sono stati invitati, o, meglio, attratti dal desiderio ardente che ha Gesù di mangiare quella Pasqua con loro e con ognuno di noi; un desiderio che deve alimentare lo stupore per questa sorprendente possibilità, che ci viene donata attraverso la liturgia, di intuire la profondità dell’amore delle Persone della Santissima Trinità verso di noi e di entrare a farne parte. «La nostra partecipazione al Corpo e al Sangue di Cristo non tende ad altro che a farci diventare quello che mangiamo», ricordava Leone Magno.
“Questa è l’assoluta novità di quella Cena, la sola vera novità della storia…” scrive ancora il Papa, e “tutti sono invitati al banchetto di nozze dell’Agnello (Ap 19,9). Per accedervi occorre solo l’abito nuziale della fede che viene dall’ascolto della sua Parola (cfr. Rm 10,17)”.
Se posso aggiungere un pensiero personale, ho sempre fatto fatica a restringere quel “Fate questo in memoria di me” alla sola liturgia, alla sola, seppur fondamentale, celebrazione Eucaristica. Dopo aver letto questa lettera mi sembra di aver intuito che la liturgia sia qualcosa di molto più ricco, di molto più vivo di un mero atto di culto, di uno show ben riuscito come dice un mio amico, e che a volte la mia ignoranza del suo grande valore, tende a far sconfinare in un rituale quasi magico.
Soprattutto, però, mi ha colpito leggere che secondo Papa Francesco «Una celebrazione che non evangelizza non è autentica, come non lo è un annuncio che non porta all’incontro con il Risorto nella celebrazione: entrambi, poi, senza la testimonianza della carità, sono come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita (cfr. 1Cor 13,1)». Come è ricordato sempre in questa lettera, infatti, “la fede cristiana o è incontro con Lui vivo o non è”.
PER RIFLETTERE
Don Raffaele
Questo il titolo della Lettera Pastorale 2022-2023 del nostro Vescovo Pierantonio, che con affetto ricordiamo e con fiducia raccomandiamo al Signore in questo momento di prova che sta vivendo e preghiamo perché possa tornare a guidare la nostra Diocesi in breve tempo e con impegno.
Il tema è ancora LA PAROLA: se l’anno scorso siamo stati invitati a riscoprire IL TESORO della Parola, quest’anno il Vescovo indica LE VIE, le strade per incontrare questo tesoro. Vedremo che sono quattro le vie indicate per fare nostro il tesoro del Vangelo.
È interessante anche la copertina della Lettera Pastorale: l’incontro di Gesù con i due discepoli di Emmaus che il Vescovo presenta proprio all’inizio della lettera. Emmaus è un piccolo villaggio di cui sappiamo poco o nulla, ma il suo nome è giunto fino a noi e resta nei secoli. I due discepoli rappresentano noi, delusi e affaticati sulle strade del mondo, con la mente ed il cuore pieni di domande a cui non riusciamo a rispondere, avvolti nella tristezza. Nei due discepoli di Emmaus è scomparsa la speranza. Pensano: “… noi speravamo fosse Gesù a liberare Israele, ma sono passati tre giorni… le nostre donne ci hanno confuso ancora di più dicendo di averlo visto ma nessuno l’ha incontrato”. E così domina la delusione e la tristezza. Ad un tratto si unisce loro un personaggio misterioso, li ascolta e poi prende la parola e spiega, attraverso le scritture, tutto quello che riguarda Gesù di Nazareth. La parola di questo sconosciuto, sappiamo che è Gesù, riscalda il loro cuore e poi quando spezza il pane nella locanda (“resta con noi Signore, ormai è sera”) lo riconoscono e tornano a Gerusalemme.
Ecco il potere vivificante della Parola: riscalda il nostro cuore, vince la tristezza e ci rende discepoli coraggiosi in Gesù.
La FEDE, come dice l’Apostolo Paolo, nasce dall’ascolto della Parola che, insieme alla lettura della Bibbia, è impegno di tutta la Comunità, della famiglia, punto fermo della nostra quotidianità. Siamo soliti pensare che la Bibbia sia una questione per i preti o per gli specialisti del settore: invece è un dono per tutti i cristiani. La riscoperta fatta con il Concilio Vaticano II, ci ricorda che la prima comunità cristiana era fedele all’insegnamento degli Apostoli (La Parola) e che per questo si riuniva nelle case dove celebravano l’Eucarestia ed erano nutriti dalla Parola.
Nella prima parte della lettera c’è l’invito all’accoglienza a fare nostro il Tesoro della Parola di Dio. Il Vescovo parla della Lectio Divina, la lettura in gruppo di una pagina della Bibbia e del Vangelo con l’indicazione che chi guida il gruppo non deve tanto spiegare ma aiutare a far risuonare dentro di sé quanto la Parola in quel momento dice a ciascuno e poi condividere le riflessioni. Non si tratta di studiare, bensì lasciare che il messaggio evangelico risuoni dentro di me, mi coinvolga e mi guidi sulla via della vita. Esso deve diventare LAMPADA per i miei passi, LUCE sulla mia strada.
Nella seconda parte il vescovo propone che la parola sia compagna di viaggio per ogni cristiano: questo deve avvenire ogni giorno, essa deve essere il pane quotidiano per ogni discepolo (laico o consacrato) per illuminare il suo cammino ed essere sostenuto nella testimonianza. Anche gli ambienti hanno la loro importanza per meditare la Parola: il Vescovo accenna agli Eremi di Montecastello e di Bienno come luoghi speciali per meditarla.
Nell’ultima parte, infine, il Vescovo indica le quattro vie da seguire:
La via maestra, Parola e Liturgia – La liturgia è senza dubbio l’ambiente dove più frequentemente s’incontra la Parola di Dio. È la via maestra! Ogni atto della liturgia, ogni sacramento celebrato, propone la lettura di un passo della scrittura che fa comprendere e illumina l’atto liturgico. Nella Parola di Dio che noi leggiamo durante l’anno liturgico contempliamo il mistero di Cristo. Ogni anno ripercorriamo il cammino della redenzione di Gesù e quello che l’anno liturgico celebra, la sacra scrittura lo racconta. La Parola di Dio raggiunge il suo vertice nei Sacramenti, soprattutto nell’Eucarestia della domenica. Per molti battezzati la celebrazione domenicale dell’Eucarestia è l’unica occasione di incontro con la Parola di Dio e nella Messa vediamo che Parola e Liturgia sono inseparabili: c’è la Mensa della Parola e del Pane, entrambi sono per noi cibo per la Vita Eterna. L’omelia del sacerdote illustra, presenta la Parola. Il Vescovo, come papa Francesco, fa alcune raccomandazioni ai sacerdoti che tengono l’omelia perché sia nutrimento per le anime e sia breve! Il Vescovo poi parla della Parola di Dio nella Famiglia, invita a pregare la Parola e rimeditare la Parola di Dio della domenica.
E poi conclude accennando alla Parola di Dio in occasione della morte di una persona cara e delle esequie. Ci sono le parole di condoglianze ma è opportuna, necessaria la Parola di Dio che è fonte di Speranza.
La via da rinnovare: Parola e Catechesi – Con la catechesi la Parola di Dio raggiunge la nostra vita. Sappiamo che la catechesi (il catechismo) è fondamentale nel cammino di fede del cristiano. Forse ci siamo concentrati solo sull’ICFR, la catechesi fatta ai ragazzi, dimenticando gli adulti.
Quella della catechesi agli adulti è una sfida da affrontare sempre più. La finalità della catechesi è iniziare un cammino di Fede e proseguirlo alla luce della figura di Gesù, sempre più da conoscere. Bibbia e Catechesi non sono separabili: la catechesi viene alimentata dalla Parola di Dio e aiuta ad approfondirla.
La via da riscoprire: Parola e Discernimento – Nel cammino di fede la Parola di Dio sempre ci deve accompagnare e guidare per interpretare i segni dei tempi, per farci comprendere che il Cristo Risorto ha cambiato la storia, ha vinto la morte, ci ha dato speranza. Certo, la nostra libertà crea tanti inferni qui sulla terra, ma il presente, il passato e il futuro sono in Cristo che ci abbraccia.
La via da osare: Parola e Cultura – La Parola di Dio deve sempre più illuminare il modo di pensare dell’Uomo. In un mondo che pensa che a guidare l’umanità siano l’economia e la tecnica con il dilagante fenomeno dello scarto in molti ambiti (i prodotti, lo spreco, le persone povere o malate, le armi) la Parola di Dio diventa lievito, un linguaggio diverso per una maggior condivisione dei beni destinati a tutti, una società più giusta, più attenta al bene delle persone, soprattutto verso i poveri.
Nella parte finale il Vescovo fa un riferimento esplicito alle sue condizioni di salute (deve sottoporsi al trapianto di midollo) e augura che la Chiesa bresciana sia raggiunta e conquistata dalla Parola di Dio. Che il nostro cuore venga riscaldato dalla lettura della Sacra Scrittura e dalla sua comprensione. Abbiamo il tesoro della Parola e, grazie anche alle indicazioni del nostro Vescovo, conosciamo la via per raggiungere questo tesoro.
Ogni giorno nutriamoci della Parola di Dio, sia essa il nostro cibo dell’anima insieme al Pane dell’Eucarestia.
PER RIFLETTERE
Emilia Pennacchio
Roberta Gheza
Nei mesi di maggio e giugno scorso sono stati organizzati dalla diocesi di Brescia dei tavoli di confronto e ascolto, divisi per le diverse zone pastorali, al fine di raccogliere “sul campo” indicazioni, suggerimenti nell’ambito del Progetto di rivisitazione del modello di ICFR.
Rispondere alle domande proposte è stata una occasione propizia per riflettere.
Il progetto ICFR, pur basato su un impianto pieno di tante buone intenzioni, non ha tenuto conto di un punto di partenza tanto banale quando imprescindibile: il venir meno di tutta quella serie di azioni e realtà comunitarie basate sulla fede che hanno accompagnato la crescita delle famiglie fino agli '90. Fra le altre cose, è venuto così a mancare anche l'accompagnamento dei figli nel cammino della fede. Un problema di ordine sociale evidentemente, di cui anche la Chiesa deve, a nostro avviso, tener conto.
Noi siamo convinte che il progetto di ripensamento oggetto di queste riflessioni, debba partire da questa criticità, da questo handicap.
Per ciò che riguarda la nostra piccola esperienza, l'approccio suggerito dal ICFR per affrontare l'annuncio del Vangelo e la vita di comunità non è efficace, ha una impostazione troppo scolastica, non aiuta i ragazzi a calarsi nel quotidiano, nella realtà e Dio sa quanto invece ve ne sia bisogno soprattutto ora, visti gli effetti lasciati dal lockdown e l’uso spropositato e incontrollato degli smartphone.
Anche la proposta di accostamento ai sacramenti andrebbe rivisto: proporre il sacramento della Cresima e dell’Eucarestia nello stesso anno non permette di far interiorizzare ai ragazzi il senso di ciò che stanno vivendo. L’introduzione nel 6° anno della Mistagogia, pensato proprio per approfondire, si è rivelato un flop, visto l’abbandono quasi totale dei ragazzi sia del catechismo sia della messa domenicale.
Possiamo invece affermare con gioia che l'affrontare il cammino di catechesi è stato bello per quanto concerne la nostra crescita e il senso della nostra chiamata: affrontare i ragazzi, tentare di far sorgere in loro domande, sono compiti che implicano necessariamente il doversi interrogare di continuo e tentare di trovare delle risposte alla nostra fede. Tanto più in questi tempi così carichi di cambiamenti.
Abbiamo trovato illuminanti, e per certi versi ci hanno piacevolmente stupito, le parole don Marco Compiani, uno dei componenti del Team del progetto di rivisitazione del ICFR: c'è bisogno di una visione.
E, ci permettiamo di aggiungere noi, una visione con i piedi ben piantati per terra! È necessario trovare il modo di insegnare alle famiglie e ai bambini ad “aver nostalgia per il mare vasto ed infinito” come propone lo stesso don Marco citando Saint-Exupéry. Avere nostalgia dell’amore infinito di Dio e della sua misericordia: sta tutto qui!
A questo proposito abbiamo chiesto ai componenti del tavolo: come veicolare la gioia di questo messaggio, che così spesso anche papa Francesco continua a ribadire se, per esempio, nell'Atto di dolore preghiamo “Mio Dio, mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati, perché peccando ho meritato i tuoi castighi [...]”. Siamo ancora ancorati al Dio vendicatore con cui si manipolava il popolino nel Medio Evo?
Dove abbiamo lasciato la gioia della nostra fede, la sua libertà? Noi cattolici veniamo tacciati di essere uomini e donne tristi, sempre chini sotto il giogo del giudizio finale. E la libertà che ci è stata donata, viene distortamente percepita come un groviglio di lacci e lacciuoli che ledono la nostra individualità.
Nello scrivere queste righe che abbiamo poi inviato al tavolo, abbiamo ripensato alle parole che il vescovo Pierantonio ci ha regalato nella lettera pastorale dello scorso luglio Il tesoro della Parola:
“Il tempo che stiamo vivendo potrebbe farci paura. Le sfide sono epocali. I cambiamenti radicali. L'impressione è che nell'occidente cristiano la Fede si stia spegnendo.
Un senso di rassegnato sconforto serpeggia anche nelle nostre comunità cristiane. Ma davvero non c'è altro modo di leggere le cose? Non potrebbe essere questa un'esperienza di povertà per la Chiesa che prelude ad un rinnovamento? Non potrebbe essere un doloroso invito ad una purificazione feconda? Non potrebbe essere il travaglio di un parto? Il Concilio Vaticano II ha invitato la Chiesa a leggere i segni dei tempi e a recepire l'appello che giunge dalla storia. Quando le sfide sono epocali accoglierle può essere appassionante. E qui interviene la parola di Dio: se la Chiesa è chiamata a rinnovarsi per rispondere alle mutate condizioni del mondo, la parola di Dio gli consentirà di farlo nel migliore dei modi, perché il rapporto con la vita è una delle sue caratteristiche essenziali.”
Noi non siamo in grado di suggerire il come tradurre in un proficuo progetto di crescita cristiana le provocazioni del vescovo. Però siamo convinte che partire da esse possa essere davvero un buon punto di partenza!
LA VOCE DEL CONVENTO
I Frati
dell'Annunciata
Dio vi benedica tutti fratelli e sorelle, specialmente in questo tempo di Grazia legato al Perdono di Assisi e ad una settimana speciale tutta dedicata al caro Beato Innocenzo.
Qui in Santuario siamo lieti di ospitarvi nella serata a voi dedicata ed anche per il Recital di sabato sera 6 agosto che ha lo scopo di farci scoprire, attraverso il canto e alcune riflessioni, un volto inedito del Beato Innocenzo.
Tutti ci sentiamo arricchiti dalla intercessione che il caro Beato continuamente vive per noi. Ora tra lui e Dio non ci sono più diaframmi ed anche lui è giunto a conoscerlo perfettamente: un Dio che ci ama infinitamente.
“Tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno” scrisse san Paolo ai Romani. Preferisco sottolineare la seconda frase dove prevale il fatto che Dio ami noi tutti e, secondo il suo disegno, chiama tutti alla comunione con Lui. La nostra fede si appoggia sulla sua santità, sulla sua carità e sulla sua benevolenza. Penso che senza questa carità, Dio non ci avrebbe neanche creato. L’esito delle nostre vite, quindi, è vivere eternamente in Lui, carità perfetta.
Lasciamoci guidare da questa infinita carità, sia questa a dirigere le nostre relazioni e le nostre scelte e sia questa a permetterci di approfondire sempre di più la conoscenza di Dio, rivelatosi pienamente in Gesù e nella comunità cristiana attraverso la luce e la forza del Suo Spirito.
Dio ci benedica tutti.
Buona e santa estate!
L'ABC DELLA FEDE
È uno dei salmi più conosciuti. Anche nei film americani (e quindi prevalentemente di confessione protestante) se vengono proposte scene di funzioni religiose o di funerali lo sentiamo spesso riecheggiare. La traduzione qui proposta è di P. Davide Maria Turoldo e coincide con quella che spesso cantiamo in chiesa durante le celebrazioni liturgiche. Sono sempre di Turoldo l’invocazione iniziale e le preghiere finali, mentre il commento è del biblista e oggi cardinale Gianfranco Ravasi.
Dio, o pastore di costellazioni, Spirito che apri il volo agli infiniti stormi di uccelli verso i terminali delle loro migrazioni; Spirito che spiri avanti tutti i pensieri degli uomini buoni e giusti; Spirito che conduci i pellegrini dello spirito negli incantati pascoli della santità, e gli erranti riconduci da sperduti deserti sulle vie della vita, e mai desisti, Divino mendicante, di cercare la pecorella smarrita: se il vederti con gli occhi del corpo è di troppo in questa valle oscura, che almeno sempre oda i tuoi passi mentre mi cammini accanto, o compagno di traversata; e ciò sia a tua gloria più ancora che il prestarti a guidare le stelle nella notte.
Amen.
1 Il Signore è il mio pastore:
nulla manca ad ogni attesa,
2 in verdissimi prati mi pasce,
mi disseta a placide acque.
3 È il ristoro dell'anima mia,
in sentieri diritti mi guida
per amore del santo suo nome,
dietro lui mi sento sicuro.
4 Pur se andassi per valle oscura
non avrò a temere alcun male:
perché sempre mi sei vicino,
mi sostieni col tuo vincastro.
5 Quale mensa per me tu prepari
sotto gli occhi dei tuoi nemici!
Del tuo olio profumi il mio capo,
il mio calice è colmo di ebbrezza!
6 Bontà e grazia mi sono compagne
quanto dura il mio cammino:
io starò nella casa di Dio
lungo tutto il migrare dei giorni.
«Le centinaia di libri che ho letto non mi hanno procurato tanta luce e tanto conforto quanto questi versi del salmo 23». Questa testimonianza del filosofo francese Henri Bergson esprime limpidamente il fascino costante esercitato sui lettori da questa lirica studiata, amata e continuamente echeggiante nelle liturgie cristiane. Due sono le unità simboliche che reggono la poesia: la prima è quella pastorale, tanto cara alla tradizione biblica e orientale in genere (vedi Ezechiele 34 e Giovanni 10), la seconda è quella dell’ospitalità (la mensa, l'olio profumato, il calice colmo), segno di intimità. Il pastore non è solo la guida, è anche il compagno di viaggio per il quale le ore del gregge sono le sue ore, stessi i rischi, stesse la sete e la fame, identica la calura implacabile. Il pasto dell'ospitalità evoca, invece, il sacrificio di comunione nel Tempio che comprendeva un banchetto sacro con le carni della vittima immolata. I due simboli parlano, quindi, di comunione e di intimità tra Dio e l'uomo: «sempre mi sei vicino» (v. 4) è, allora, la parola decisiva del Salmo e la fiducia l'atteggiamento di fondo.
Dossologia
Grazie al Padre che ci ha benedetti
fin dall'alba del mondo nel Cristo:
nello Spirito il solo pastore
che nei cieli ci fa camminare.
Preghiera
Gesù Cristo, pastore buono,
che ti sei fatto nostro compagno di cammino:
a causa delle nostre infedeltà
non lasciarci mai soli,
poiché ci perderemo in aridi pascoli
e ci smarriremo nella valle oscura;
ma continua a custodirci e a difenderci dai lupi;
a nutrirci di cibi purissimi
e a portarci tutti a libertà.
Amen.
L'ABC DELLA FEDE
Don Stefano
Ogni sacerdote ricorda con particolare gioia e calore la sua ordinazione sacerdotale, un momento di Chiesa e di grande Grazia. La chiesa diocesana è in festa quando viene comunicato l’annuncio delle ordinazioni sacerdotali e ogni anno si spera siano numerose. Lo sappiamo che le vocazioni di ogni tipo, ma specialmente quella sacerdotale, sono in netto calo. Questo non deve scoraggiarci a chiedere a Dio questo grande dono: sacerdoti buoni e santi per la sua Chiesa. Ricordare da parte di noi sacerdoti la nostra vocazione, vuol dire portare alla memoria tanti volti, tante esperienze e tanti grazie che non si dimenticheranno mai: sono stati tutti dono che hanno consentito che la nostra vocazione prendesse forma affinché poi un giorno fosse portata a compimento.
TESTIMONIANZA BIBLICA
Il sacramento dell’ordine è testimoniato nell’esperienza biblica fin dai primi istanti nella prima comunità cristiana, ma ancora prima nell’Antico testamento è raffigurato da persone che fungevano da mediatori fra Dio e il popolo: profeti, servi, anziani che avevano questo compito importante di comunicare, di farsi portavoce di Dio. In questo caso il sacerdote è colui che fa da ponte tra la terra e il cielo.
Gesù nel nuovo testamento colma ogni distanza e rende presente più che mai Dio tra gli uomini, perché lui è il Figlio di Dio. È in Gesù che ogni membro della Chiesa si riconosce vittima e sacerdote.
È nella Chiesa primitiva che, attraverso l’antico gesto dell’imposizione delle mani, il carisma sacerdotale viene consegnato agli eletti dagli apostoli, da Paolo e dai suoi collaboratori. Dopo la morte degli apostoli, si consolidano le figure dei vescovi come “capi” delle comunità che riconoscono e si fanno garanti dei vari ministeri citati nella lettera ai Romani: «abbiamo doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi: chi ha il dono della profezia la esercita secondo ciò che detta la fede; chi ha un ministero attenda al ministero; chi insegna si dedichi all’insegnamento; chi presiede, presieda con diligenza; chi fa opere di misericordia, le compia con gioia» (Rm 12, 6-8). Tanti sono i carismi che competono a colui che fa da “guida”: il carisma cristologico, ecclesiale e apostolico.
TESTIMONIANZA STORICA
È nei Padri della Chiesa che il processo di sacerdotalizzazione prende forma. Sant’Ireneo afferma che la successione degli apostoli avviene attraverso i vescovi e Cipriano sottolinea la corrispondenza tra vescovo e sacerdoti. Il vescovo è un battezzato ed è a sua volta sacerdote, ma vi è una differenza che nel culto occidentale è di stampo cultuale, mentre in quello orientale è sacramentale. Per Agostino il vescovo è il pastore che guida il gregge, perché ha una grazia diversa, più alta, più eccellente.
Per San Tommaso il ministero dell’ordine è un unico ministero diviso in gradi che fanno riferimento allo strumento. Si tratta di un potere spirituale che è sacramentale e giurisdizionale. Questo processo si concretizza nel periodo medioevale e della controriforma.
Lutero nella sua confessione rifiuta il sacramento dell’ordine sostenendo che è un invenzione della Chiesa, e propone ministri che con un rito di elezione possono annunciare il Vangelo. Sarà poi il Concilio di Trento che recupera il legame Sacerdozio-Eucarestia come grazia impressa nell’anima che permette di portare Cristo Eucaristico al centro della comunità.
Si tratta di un rinnovamento dettato in forma più chiara e decisiva nel Concilio Vaticano II che così si esprime per quanto concerne il sacramento dell’ordine sacro: «il vescovo è pastore della sua Chiesa, a lui è affidato il compito della presidenza, segno di comunione e di unità della Chiesa locale, è l’anello di comunione tra la Chiesa locale e universale con a capo il vescovo di Roma. Il presbitero è colui che riceve dal vescovo il compito di presiedere una parrocchia, una comunità sempre in comunione con il suo vescovo, come suo aiutante dal momento dell’incardinazione dove giura obbedienza al suo vescovo. Il diaconato ha una teologia meno sviluppata anche se la presenza di diaconi in diocesi è significativa. Il diacono per sua connotazione è regolato dal vescovo e nella Chiesa ha diversi servizi come annunciare la Parola, distribuire l’eucarestia e adoperarsi nello stile del servizio; all’altare, alla carità e alla predicazione.
Una delle questioni particolari che riguardano l’ordine sacro è il tema del celibato per il regno legato all’ordinazione e che questa può avviare per soli maschi. È pacifico nella Chiesa che il ruolo delle donne è molto importante, singolare e unico, ma ci sono alcuni elementi che impediscono un ordine femminile del sacerdozio: nella tradizione delle Chiesa non si hanno mai presbiteri e vescovi donne; altro motivo è la prassi di Gesù nel chiamare i dodici esclude le donne; ultimo motivo è che il ministro ordinato deve rappresentare Cristo, e il simbolismo sacramentale è importante anche nella celebrazione eucaristica.
CONCLUSIONI
Il tema del sacerdozio ministeriale affascina ancora oggi tanti ragazzi, ma non sempre questo viene compreso nella sua essenza più profonda; spaventano tante situazioni che si possono incrociare nel ministero e per di più si devono mettere in conto rinunce significative come il celibato. Ma non è questa la motivazione più evidente per quanto riguarda il calo delle vocazioni, forse dobbiamo imparare di più ad essere attenti alla preghiera e al ricordo dei nostri sacerdoti che sono un dono prezioso per tutte le comunità.
È arrivato il momento, come laici, di iniziare a farsi carico di alcune mansioni e di alcuni servizi che il sacerdote nelle nostre comunità non può più sostenere. È importate tenere presente questa nuova sfida della Chiesa per crescere nella fraternità, nella comunione e per far si che le comunità continuino a camminare nella grande storia che Dio ha tracciato per ciascuno di noi. Preghiamo per i nostri sacerdoti, per il nostro seminario, affinché non manchino ragazzi giovani che scommettano e donino la loro vita agli altri con un attenzione particolare, quella di essere guide per il regno dei cieli.
L'ABC DELLA FEDE
Luca
Dalla Palma
Continuiamo a presentare i profeti minori.
Giona viene introdotto nella Bibbia come collaboratore di Geroboamo II (2Re 14,23-29), che fu a lungo re d'Israele a Samaria (Regno del Nord).
Dio chiese a Giona di predicare ai pagani fuori dai confini di Israele, ed egli non fu il solo profeta a ricevere questo mandato, anche Naum e Abdia rivolsero le loro profezie agli stranieri. E prima di Giona altri due profeti avevano svolto parte del loro lavoro tra i popoli pagani: Elia a Sidone ed Eliseo in Siria.
Vediamo subito il quadro storico in cui si colloca la vicenda di Giona. Sono passati molti anni dalla predicazione del profeta Elia e del suo successore Eliseo. Il regno del Nord si è allontanato sempre più da Dio dandosi all’idolatria e si può già vedere in anticipo il dramma dell’esilio.
Ma nell’ottavo secolo a.C. Dio, nella sua misericordia, concede un momento di tregua a Israele. Durante il regno di Geroboamo II, Giona profetizza un periodo di stabilità politica per le dieci tribù che costituiscono il regno del Nord (2Re 14,25). In questo stesso periodo, Ninive, capitale dell’Assiria, è al massimo della sua potenza e i suoi re nutrono mire espansionistiche sui territori di Israele e di Giuda. La prospettiva di essere conquistati dagli Assiri terrorizzava i popoli di quella regione.
Il profeta Giona ricevette un preciso ordine dal Signore: andare a Ninive, la capitale dell’Assiria e predicare contro la sua malvagità, offrendo ai Niniviti la possibilità di riconciliarsi con Dio. Giona, però, non voleva andare a Ninive, né gli sembrava giusto che a quei barbari Dio potesse far grazia nel caso in cui si fossero pentiti: così decise di fuggire, spingendosi verso i più lontani confini del mondo allora conosciuto.
Ma non si può sfuggire a Dio. Il Signore scatenò una tempesta impetuosa e, mentre invocavano l’aiuto dei loro dèi, i marinai tirarono a sorte per capire a causa di chi capitava quella disgrazia. La sorte cadde su Giona ed egli spiegò che era in fuga per non eseguire un ordine del suo Dio.
Lui stesso suggerì all'equipaggio della nave di buttarlo in mare, era convinto che in tal modo la tempesta si sarebbe placata. Dopo qualche esitazione, i marinai fecero come Giona aveva loro suggerito. La tempesta si placò e il profeta fu inghiottito da un grosso pesce, nel cui ventre egli rimase per tre giorni e tre notti. Pregò con fervore e Dio lo esaudì ordinando al pesce di vomitarlo su una spiaggia. Dopo quegli avvenimenti, il Signore parlò ancora a Giona e questa volta il profeta ubbidì. Ninive era così estesa che ci vollero tre giorni per percorrerla, e in quei tre giorni Giona predicò un forte messaggio che invitava gli abitanti ad avvicinarsi a Dio e a convertirsi.
Colpiti dal messaggio, i Niniviti si pentirono dei loro peccati. Allora il Signore, nella sua misericordia, ebbe pietà di loro e decise di non punirli. Giona però ne fu irritato: non riteneva giusto che fosse concessa una opportunità di redenzione ad un popolo del genere, che comunque avrebbe continuato ad essere una minaccia per il popolo di Israele. La cosa più logica sarebbe stata che Dio li sterminasse e salvaguardasse il suo popolo. Eppure Dio ebbe compassione di quella popolazione, dimostrando a Giona che il suo amore è riservato a tutti gli uomini e che Egli ascolta chiunque si rivolga a lui con pentimento.
Michea era originario di Moroset, una città al confine con la Filistia, nelle vicinanze di Gat, a circa 48 km da Gerusalemme. Visse nell’VIII a.C., quasi duecento anni dopo la scissione fra le dieci tribù del nord, guidate da Geroboamo, e le due del sud, rimaste fedeli alla casa del re Davide.
Mentre il regno di Giuda, a vicende alterne, continuava a servire il Signore nel tempio di Gerusalemme, il regno del Nord, con capitale Samaria, era invece diventato un centro di sacerdoti idolatri e di pratiche pagane. Michea svolse la sua attività di profeta durante i regni di Iotam, Acaz ed Ezechia. Acaz fu un re particolarmente malvagio, dunque il nostro profeta fu testimone di un periodo di decadenza nel regno di Giuda, ma anche di un ritorno a Dio sotto il governo del re Ezechia, il quale sicuramente ricevette incoraggiamento e aiuto da Michea, con il quale collaborò strettamente. Nelle sue prediche, Michea si rivolge tanto al regno d’Israele, quanto al regno di Giuda, nel periodo in cui Israele era sotto la minaccia di un'invasione assira. Nel testo si rintracciano tre temi principali: i peccati del popolo, la punizione che ne sarebbe derivata e, infine, il suo recupero per Grazia di Dio. Nella sua predicazione, il profeta alterna alla desolazione visioni di gloria futura, all’ira divina, sentimenti di misericordia.
Dell'origine del profeta Naum si conosce poco, ad eccezione del fatto che fosse un “elcosita”, cioè nato o proveniente da Elkosh (1,1). Egli svolse la sua attività profetica tra il 663 e il 612 a.C.
Il libro di Naum può essere definito un poema. Si tratta di un cantico di trionfo che sottolinea poeticamente l'onnipotenza di Dio. Il testo è composto da tre capitoli e può essere suddiviso in due parti: il capitolo 1 descrive la maestà di Dio, i capitoli 2 e 3 contengono il giudizio su Ninive. Come abbiamo detto anche Giona era stato chiamato a profetizzare su Ninive e con lui il Signore aveva dato un avvertimento, mostrando la sua misericordia: infatti Giona predicò il ravvedimento che la città per un breve tempo accolse. Per mezzo di Naum invece, Dio fa vibrare una dichiarazione di condanna e annuncia il suo inevitabile giudizio. Il proposito di Dio questa volta non era mostrare la sua Grazia, ma il castigo verso una nazione malvagia. Entrambi i profeti mostrano i modi in cui il Signore agisce: prima prolunga il tempo della Grazia e poi punisce i peccati di coloro che non cambiano direzione.
Di Abacuc si ignora quasi tutto: oscuro è anche il significato del suo nome, che per alcuni potrebbe derivare da quello di una pianta in assiro, per altri da una parola in ebraico significante colui che abbraccia o colui che lotta.
Scrisse una profezia costituita di 56 versetti, suddivisi in tre capitoli. Il passo più popolare della sua opera si compone in ebraico di sole tre parole: saddfq be'emunatòjihjeh: “Il giusto vivrà per la sua fede” (2,4). Il senso inteso dal profeta è semplice: chi confida in Dio restandogli fedele, salverà la propria vita, mentre invece soccomberà chi non ha animo retto.
ORATORI DELL'ALTOPIANO
Don
Stefano
È il tema con cui gli oratori dell’Altopiano del Sole hanno voluto intitolare quest’estate 2022, all’insegna del rincontrarsi e del poter condividere tante esperienze e attività belle, perché all’insegna della comunione e della comunità. “Fratelli tutti” non è un titolo “spot”, ma è tratto dall’enciclica di Papa Francesco che pone al centro l’uomo che comunica la fratellanza e la pace. In questa estate abbiamo cercato di mettere al primo posto tutto quello che abbiamo di più caro: la nostra famiglia, i nostri amici, i nostri hobbies e non da ultimo Dio Padre creatore di ogni cosa. È bello poter condividere tante cose con chi ci sta accanto ogni giorno. La fraternità è questo: è sapere che si può contare sempre su qualcuno e questo qualcuno è Dio.
L’estate 2022 ha avuto inizio con la Festa dell’Oratorio di Borno, un momento tanto atteso, ma difficile da organizzare dopo qualche anno di chiusura. Tutti i volontari sono stati preziosi e insostituibili, quello che hanno fatto è per la comunità, è per l’oratorio, è per i bambini i ragazzi e giovani. Incontrarsi è sempre una festa! Nel contesto della festa dell’oratorio abbiamo concluso l’anno catechistico, tanti i momenti di fraternità in questo anno che, pur tra qualche difficoltà, hanno permesso di procedere all’attività primaria dell’oratorio: quella di educare alla fede! Speriamo che anche la famiglie siano di questo parare: educare alla fede è cosa del cuore e i catechisti hanno cercato di consegnare proprio questo ai nostri ragazzi. Grazie del profondo del cuore da parte dell’intera comunità.
L’esperienza del campo estivo presso il paesino di Barzesto di Schilpario, ci ha permesso di vivere da fratelli dal 20 al 24 di giugno. È stato un momento molto intenso perché vivo! I nostri ragazzi sono vivi e per questo non possiamo che ringraziare il Signore. Sicuramente hanno tanto da dare, quando saranno grandi si ricorderanno di queste esperienze che aiutano a crescere. Anche gli animatori sono stati capaci di crescere insieme ai ragazzi seguendo il tema del film Narnia, il leone, la strega e l’armadio: donare la vita per gli altri è il più grande valore del cristiano che si traduce nella carità.
Il Grest è un momento tanto atteso da molti bambini e ragazzi. Incontrarsi per giocare e per condividere insieme quattro settimane non ha prezzo: giochi e attività, uscite in montagna e in piscina, tutto sempre all’insegna del fratelli tutti! Il titolo del Grest, BEE-HEROES, voleva rigenerare una fraternità “contagiosa” tra le persone, affinché ognuno si senta riconosciuto e rispettato in quanto fratello. Questo è stato attuato attraverso la conoscenza di alcuni santi, anche vicino a noi, che hanno testimoniato con la vita un messaggio di pace e di amore verso Dio e verso gli uomini.
Grazie agli animatori di questa estate 2022 perché ci mettono cuore in quello che fanno, anche se c’è qualche fatica non si tirano indietro. Il compito della comunità è quello di spronarli a continuare questi preziosi servizi che rimarranno per sempre prezioso bagaglio nella loro vita.
La nostra estate non si concluderà subito, il campo al mare per i ragazzi a Pianella di Cervia dal 30 luglio al 6 agosto ci permetterà di essere insieme per un altra esperienza di vita e di vacanza. E anche con i ragazzi adolescenti dal 29 agosto al 3 settembre sempre al mare, staremo ancora in compagnia condividendo la nostra vita quotidiana e spirituale.
L’augurio è che tutto questo rimanga nella memoria e nel cuore perché un giorno possiamo essere consapevoli di quello che abbiamo vissuto e proporlo ad altri, senza tiraci indietro e, con gioia e positività, riviverlo anche negli incontri e nei momenti che si progettano e si propongono durante tutto l’anno. L’estate 2022 è un’estate da non dimenticare.
ORATORI DELL'ALTOPIANO
I ragazzi
di prima media
Il nostro curato ci ha comunicato che nel mese di aprile, noi della classe di prima media di Borno e di Ossimo avremmo effettuato un pellegrinaggio ad Assisi sulle orme di San Francesco e di altri testimoni del Vangelo. Eravamo entusiasti: chissà quante avventure, risate ed esperienze matte! Il 17 aprile dopo un movimentato viaggio in pullman, siamo arrivati nella magnifica città umbra. La nostra prima visita è stata la cattedrale di S. Rufino che, con il suo stile semplice ma bello, è ancora impressa nelle nostre menti.
Poi siamo naturalmente andati nella Basilica di san Francesco: che splendore! La facciata è in stile romanico coma pure la navata centrale, nella quale abbiamo celebrato la Santa Messa.
Verso sera ci siamo recati nella basilica di Santa Chiara, una della costruzioni più antiche della città. Naturalmente ciò che è avvenuto fino alle prime luci dell’alba non è di grande importanza.
Il giorno dopo siamo giunti a San Damiano. Non ci sono parole per descrivere questo gioiello! Nel pomeriggio ci siamo catapultati a La Verna, il luogo dove S. Francesco ha ricevuto le sacre stigmate; anche qui abbiamo celebrato la Santa Messa. Poi siamo tornati in hotel per la cena e il pernottamento.
Durante il viaggio di ritorno abbiamo fatto progetti sulle relazioni sociali per la nottata.
Il giorno seguente abbiamo animato la santa Messa a Rivotorto. Che emozione! Infatti una ragazza molto vivace del nostro gruppo si è rammaricata di non essere stata protagonista di questo evento.
L’ultima tappa del nostro percorso è stata Santa Maria degli Angeli, dove all’interno c’è una piccola chiesa: la Porziuncola. Questa è la prima chiesa ristrutturata e inaugurata da San Francesco.
È stata un’esperienza meravigliosa anche perché ci siamo arricchiti interiormente, sviluppando relazioni sociali proficue con altri ragazzi della Valle che facevano parte del pellegrinaggio.
Anja
Fedriga
Dal 3 al 5 giugno di quest’anno abbiamo avuto la possibilità di incontrarci per la festa dell’oratorio.
“Nulla di nuovo” direte voi, ma dopo due anni nei quali di feste se ne sono fatte poche o nessuna, dopo tanto tempo passato ad avere paura e a tenere la distanza da chi ci sta accanto, possiamo finalmente sentire l’emozione di rivedere le tavolate gremite delle famiglie della nostra comunità, sentire le risate dei bambini, ricevere di nuovo una pacca sulla spalla perché “sei stato bravo”.
Tutte queste cose sono sufficienti a farci capire come non sia tutto uguale, sono nuove molte facce che si sono aggiunte alla comunità, dal lato del bancone e non solo, tra new entry e ritorni. Sono nuovi i volti dei curati che ci hanno accompagnato in questa esperienza, come lo è lo spirito con cui, dopo gli ultimi due anni, abbiamo vissuto questa festa.
Per fortuna accompagnate alle cose “nuove” ci auguriamo ci saranno sempre quelle “vecchie”, la buona vecchia voglia di stare assieme e donare tempo per gli altri, le persone che da sempre ci dimostrano disponibilità e affetto a cui non smetteremo mai di dire grazie.
Abbiamo avuto la fortuna di aver raggiunto tutti con questa festa: dalle famiglie ai bambini, dagli anziani ai turisti e infine ai giovani che spesso sono i più restii all’ambiente del nostro oratorio.
Questa festa è stata l’occasione per riconfermare che l’oratorio c’è e spacca! C'è e continua a esistere grazie a tante persone che ancora ci credono. Sicuramente continueremo più motivati di prima!
S. Messa di fine anno scolastico
Nicolò Vielmi
Il campo estivo di quest'anno è stata per me la prima esperienza come animatore.
Una piccola avventura che può e deve aiutare i bambini a capire cosa vuol dire condividere e vivere in compagnia, imparando che per stare bene insieme, bisogna osservare piccole regole che ci aiutano nel gruppo e nella comunità.
Un'avventura anche per noi animatori durante la quale abbiamo imparato a stare con i più piccoli, soprattutto per chi al primo anno come me, e ad insegnare a loro come si vive e come si sta in un gruppo.
Noelle
Maggiori
“Bee Heroes” è questo il titolo del Grest di quest’anno.
Bambini e animatori si sono riuniti a partire dal 4 luglio, suddivisi negli oratori di Ossimo e Borno per vivere la consueta esperienza estiva. Fratellanza e rispetto dell’ambiente, queste erano le tematiche affrontate. Quattro settimane all’insegna della condivisione con gli altri e stringere amicizie nuove per rispettarsi a vicenda. Gite immerse nella natura con camminate al lago di Lova, percorsi avventurosi tra gli alberi dell’Adventurland e giochi insieme agli altri grest della Valle Camonica al Grest_insieme della Valle a Cevo e qui da noi a Borno.
A quanto dicono i bambini il divertimento non è mai mancato. Ma si sa, tutte le cose hanno un termine e il Grest si è concluso venerdì 29 luglio con la serata finale dove genitori e bambini si sono riuniti tra giochi e musica. Come ogni anno, faremo tesoro delle esperienze vissute cercando di migliorarci e ricordandoci che la qualità più elevata è quella di coltivare la fratellanza universale, di condividere e di riconoscere tutti simili a sé stessi.
ORATORI DELL'ALTOPIANO
Don
Stefano
Tanti parlano bene dell’oratorio, delle esperienze vissute in questo luogo simpatico e dinamico, ma anche serio e educativo.
Come deve essere l’oratorio? Come si deve impostare e come deve essere gestito?
Tante sono le domande che possiamo farci in questo tempo di ripartenza. Fra qualche settimana sarà il momento di imbastire e preparare un nuovo anno, ma come fare, come impostare le attività per i ragazzi e per i bambini?
Al centro di qualsivoglia decisione vi è un punto di partenza imprescindibile: la famiglia. Alla base delle scelte anche sociali c’è la famiglia, essa è il fulcro della società e su di essa si costruisce il futuro. L’oratorio non esisterebbe senza la presenza delle famiglie che sono di fatto il fulcro dell’educazione dei ragazzi.
Oggi, lo si avverte chiaramente, c’è tanto bisogno “di famiglia”! E l’oratorio è il luogo per eccellenza delle famiglie, dove esse si possono esprimere nella collaborazione, nella condivisione delle sfide educative, ma anche nei momenti di svago e di divertimento. L’oratorio è questo: un luogo di incontro e di formazione, non solo perché è la sede del catechismo, ma perché qui si cresce e non solo da “animati”, ma anche da futuri animatori.
L’oratorio accoglie tutti, anche le persone in difficoltà, i lontani dalla fede: tutti in esso devono e possono trovare casa, conforto ed accoglienza. Quello che più conta qui è ciò che rimane per sempre, e cioè quello che si è vissuto insieme alle altre famiglie!
Spesso i genitori di oggi ricordano con gioia gli anni bellissimi e spensierati passati in oratorio, le esperienze proposte, i campi estivi, i pellegrinaggi e tanto altro.
Insomma, il nostro obiettivo è di riportare al centro la famiglia: al singolare perché le comunità sono una grande famiglia che cammina insieme. Cercheremo allora di creare un progetto educativo all’altezza di questo delicato e stimolante compito in un percorso che si snodi su tutto l’anno.
Lo sappiamo bene: ci sono molte proposte di vario genere che arricchiscono l’offerta sportiva e culturale, ma all’oratorio c’è qualcosa di più, qui c’è un incontrarsi caratterizzato dall’amore di Gesù Cristo, un amore gratuito, coinvolgente ed esagerato che ci aspetta. È una sfida che le nostre comunità non possono assolutamente perdere!
COMUNITÀ IN CRONACA
Arici Isabel
Baccanelli Maurizio
Bellicini Francesca
Bettoni Martina
Callegari daniele
Chiappini Alice
Fedrighi Francesco
Fiora Lorenzo
Franzoni Giorgia
Isonni Cristian
Maugeri Beatrice
Pedersoli Mathias
Poma Alessandro
Rigali Riccardo
Rivadossi Federica
Savoldelli Manuel
Schiavini Emma
Tantini Gaia
Zaccarini Gabriele
Zendra Irene
Zerla Daniel
COMUNITÀ IN CRONACA
Aquini Thomas
Arici Francesco
Baisini Beatrice
Baldi Simone
Bellicini Luca
Bettineschi Cristian
Chiappini Mattia
Conca Alberto
Facchinetti Andrea
Formentelli Matteo
Gaffuri Rebecca
Gheza Alessandro
Oroz Edoardo
Poma Giambi
Rinetti Mauro
Tansini Fabio
Zani Lucia
Zendra Beatrice
Zerla Chiara
COMUNITÀ IN CRONACA
Lunedì 18 aprile a Ossimo Superiore
S. Messa solenne in onore della Beata Vergine Maria- A seguire processione e rinnovo del Voto in piazza Roma.
7 - 8 maggio
Don Roberto Rinetti, sacerdote a Parigi, con radici a Ossimo Superiore e a Borno ha celebrato i 60 anni di ordinazione
a Borno sabato 7 maggio nella S. Messa alle ore 17,00
a Ossimo Superiore domenica 8 maggio con una S. Messa alle ore 11,00.
Santo Rosario del mese di maggio
la sera presso le Santelle o le famiglie in tutto l’Altopiano
Martedì 31 maggio
Visitazione della B. V. M.
PELLEGRINAGGIO ALL'ANNUNCIATA
Ritrovo presso la Santella al ponte della Rocca, cammino verso l’Annunciata recitando il S. Rosario. S. Messa al santuario con tutte le parrocchie dell’Unità Pastorale e con le comunità di Cogno e Piamborno
23 - 27 maggio Borno - S. MESSA E ROGAZIONI
- Lunedì 23 maggio, presso il monumento a Papa S. Giovanni Paolo II alla Dassa Benedizione alle Acque.
- Martedì 24 maggio, chiesa di Santa Barbara Benedizione al Paese.
- Mercoledì 25 maggio, chiesa di San Fiorino Benedizione alla Campagna.
- Giovedì 26 maggio, chiesa Sant’Anna a Paline Benedizione ai Prati e ai Pascoli.
- Venerdì 27 maggio, alla Santella della Rocca Benedizione alle Famiglie.
Giovedì 2 giugno PELLEGRINAGGIO AD ARDESIO
I pellegrini - a piedi, in bicicletta e con mezzi propri - celebrando il S. Rosario e la S. Messa, hanno affidato tutte le comunità alla protezione della Madonna.
Sabato 18 giugno a Borno durante la giornata
ADORAZIONE EUCARISTICA
dopo la S. Messa delle ore 17.00 PROCESSIONE DEL “CORPUS DOMINI” Abbiamo portato Gesù Eucarestia per le vie del paese in mezzo alla gente, aiutati dagli Alpini e dalla Banda "S. Cecilia".
Domenica 19 giugno a Ossimo Superiore
FESTA PATRONALE DEI SS. GERVASIO E PROTASIO ore 11.00 – S. Messa solenne e Benedizione Eucaristica dal sagrato della chiesa.
Venerdì 24 giugno a Borno
SOLENNITÀ DEL SACRO CUORE DI GESÙ ore 20.00 – S. Messa al cimitero presieduta da don Giuseppe Maffi. Abbiamo pregato per tutti i defunti, in particolare per i bimbi mai nati. In seguito benedizione alla cappella dei sacerdoti, recentemente rinnovata.
Sabato 25 giugno a Borno
FESTA PATRONALE di S. Giovanni Battista ore 17.00 – S. Messa solenne presieduta da don Giovanni Isonni.
Domenica 26 giugno a Sommaprada di Lozio
FESTA PATRONALE di S. Giovanni Battista ore 9.45 – S. M. e processione con la statua di san Giovanni Battista.
Venerdì 1 luglio
PELLEGRINAGGIO ALLA MADONNINA DI COLERE
ore 17.45 – ritrovo a Paline per un momento di preghiera. A seguire partenza per il Santuario.
ore 20.15 – Incontro con la comunità di Colere al Dezzo.
A nome della comunità di Borno, durante la solenne liturgia, il sindaco ha offerto l'olio per la lampada.
Domenica 3 luglio a Villa di Lozio
FESTA PATRONALE dei Ss. Pietro e Paolo “San Piro” ore 11.00 – S. Messa Solenne animata dal coro “I Musicanti” di Lozio, a seguire processione per le vie di Villa con la statua di s. Pietro.
21 - 26 luglio
FESTA DI SANT’ANNA PALINE
giovedì 21 luglio – S. Messa in suffragio di tutti i defunti
sabato 23 luglio – S. Messa presieduta da e don Stefano, a seguire processione con la statua di Sant’Anna.
domenica 24 luglio – S. Messa presieduta da don Franco Rivadossi,
lunedì 25 luglio – S. Messa presieduta da don Angelo Marchetti, parroco delle comunità della Val Saviore.
martedì 26 luglio “Sant’Anna e Gioacchino” – S. Messa presieduta da mons. Tino Clementi.
Domenica 24 luglio a Lozio
Festa di S. Cristina – ore 10.00 S. Messa
Domenica 31 luglio a Lozio
FESTA PATRONALE dei Ss. Nazaro e Celso e FESTA DELL’ANZIANO – ore 11 S. Messa animata dal coro “I Musicanti”
1 - 2 agosto
PERDON D’ASSISI e FESTA DEL BEATO INNOCENZO
Lunedì 1 agosto – ore 20.30 S. Messa presso il Santuario dell’Annunciata per tutte le parrocchie dell’Unità Pastorale presieduta dal nostro parroco don Paolo Gregorini. PELLEGRINAGGIO a piedi all’Annunciata per i parrocchiani di Lozio.
Martedì 2 agosto – ore 16.00 S. Messa presieduta da S. E. Cardinale Giovanni Battista Re
DALLE COMUNITÀ - Borno
«In verità, in verità io vi dico:
se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo;
se invece muore, produce molto frutto». Gv 12,24
Emilia
Pennacchio
Il cinema Pineta - classe 1954 - ha segnato un passaggio fondamentale nella storia recente dei bornesi. Don Ernesto l’aveva voluto per donare ai giovani un sano svago nel tempo libero, ma anche per dotare il paese di un servizio per così dire “distintivo”, visto che proprio in quegli anni Borno stava cominciando a gettare le basi del suo futuro turistico.
Negli ultimi anni, nostalgicamente, ci è piaciuto ricordare, insieme naturalmente ai tanti momenti di svago, lo sforzo e i sacrifici profusi dai bornesi appena usciti dalla guerra per realizzarlo, ma non rammentiamo quanto don Ernesto sia stato lasciato solo in quell’impresa che solo pochissimi comprendevano. Scriveva infatti in una lettera all’ingegner Valerio Rivadossi:
«Vuoi sapere qualcosa del cinema che hai sentito magnificare? Siamo alle finiture, e ti posso dire che diventa ogni giorno più grazioso. È veramente una cosa imponente e rappresenterà un orgoglio del paese. Certo che abbiamo – come si suol dire – buttato via il cappello.
“Coraggio?”. Di coraggio ne ho parecchio per quanto a volte me lo senta venir meno, soprattutto quando sono stanco e mi vedo attorniato da indifferenza e incomprensione. Però ti devo dire, mio caro Valerio, che il diavolo non è poi così brutto come lo si dipinge. A Borno, si brontola come in tanti altri paesi: “Questi benedetti preti! Vediamo un po’ cosa vogliono fare. Siamo andati avanti anche noi senza cinema e diavolerie del genere. Crederanno mica di cambiare il mondo o di farci vedere bianco adesso quello che prima era nero!” Così dicono, ma nonostante questo sono costretto a dire che i Bornesi sono buoni, tanto buoni e generosi. È gente fatta su così».
Ebbene, sono passati decenni e la situazione, a ben pensarci, non è di molto cambiata.
Quando ha cominciato a profilarsi l’esigenza di dare una nuova veste al vecchio cinema Pineta – da decenni lasciato in balia dell’incuria del tempo e vittima inerme di atti vandalismo – tanti hanno mostrato contrarietà e disapprovazione, esattamente come accadde quasi 70 anni fa per la sua realizzazione.
E allo stesso modo posso dire, senza tema di essere smentita, che da quando si è cominciato a prendere in mano seriamente la “questione cinema” in tanti momenti sia don Francesco prima che don Paolo poi si sono trovati spesso soli, proprio come accadde a don Ernesto.
Nel corso degli ultimi 6 anni,la parrocchia ha con dovizia, impegno e rispetto delle tante sensibilità sondato, verificato e soppesato i diversi possibili interventi. Lo ha fatto anche cercando collaborazioni e sostegno. Ha ascoltato. Il tutto senza venir mai meno a quei sentimenti di prossimità, di attenzione e di cura per la comunità che avevano spinto don Ernesto a imbarcarsi nella realizzazione del cinema. Perché questo è il punto fondamentale, il nodo che ha guidato via via le scelte: scopo anche futuro del cinema deve essere, oggi come allora, il servizio alla comunità.
Con i nuovi interventi di bonifica e di nuova destinazione, non si andranno a vanificare i sacrifici del passato, non si cancelleranno i ricordi, tutt’altro! Sarà come il seme buono della famosa parabola citata all’inizio che muore per portare buoni frutti, nuove occasioni!
Il cortile della comunità sarà il frutto di questa trasformazione. Si pensi ad uno spazio polifunzionale nel centro del paese: un’area dove poter realizzare le diverse iniziative parrocchiali, dal cinema all’aperto ai giochi durante il grest, alla festa dell’oratorio; uno spazio da condividere con le tante associazioni che ne potranno fare richiesta per i loro eventi e momenti aggregativi. E nei periodi di inutilizzo lo si potrebbe rendere disponibile come parcheggio a pagamento, così da reperire le risorse per sostenere in parte i costi di gestione.
Il Cinema Pineta rivivrà!
Ci piace pensare che don Ernesto dal cielo sorriderà e manderà la sua benedizione. Cercare di rimanere fedeli allo scopo per cui lui ha voluto e caparbiamente realizzato il glorioso Cinema Pineta, fedeli ad una storia cara e tanto amata da molti bornesi, non significa necessariamente ostinarsi a mantenere in piedi quattro sassi ed un tetto, ma, come dicevamo, conservare un’area a servizio della comunità, un’area aperta alle occasioni e alle esigenze che il futuro magari ci richiederà.
DALLE COMUNITÀ - Borno
Annalisa
Baisotti
La nostalgia è di certo una brutta gatta da pelare, anche se si tratta della nostalgia per qualcosa che molti, come me, hanno goduto solo nei suoi momenti finali. Ricordo a malapena l’unica e ultima volta che mio fratello mi ha portato a vedere un cartone animato al Cinema Pineta alla vigilia di Santa Lucia! Che emozione! E poi… più nulla, cinema chiuso a tempo indefinito.
Ma ora ci siamo! Come scrive Emilia, finalmente il Cinema Pineta rivivrà! Per la gioia di chi come me chiede periodicamente al parroco di turno (da don Giuseppe in avanti…): “Ma del nostro caro vecchio Cinema Pineta, che ne facciamo? Mica ce lo siamo dimenticati, giusto?”
A questo proposito, poiché di recente ho un pochino perso le ultime notizie e per non perdere l’abitudine di stressare Il parroco, mi sono seduta con don Paolo, che ha pazientemente e seraficamente risposto ad alcune domande e dissipato dubbi e preoccupazioni, che credo non solo miei, ma della comunità tutta.
Che ne sarà del vecchio edificio che don Ernesto e i Bornesi hanno voluto prima e costruito poi a suon di uova e sudore?
Era assolutamente fondamentale per noi provare a conservare ciò che si poteva ancora utilizzare del vecchio edificio, proprio perché nato grazie al lavoro e al contributo di don Ernesto e dei Bornesi. Ecco perché piuttosto che parlare di ricostruzione, preferisco pensare a una “bonifica”, termine che meglio si addice a ciò che succederà. Le basi della struttura non verranno toccate, ma si provvederà a eliminare la parte superiore, carica di amianto e pericolosa, e a creare un cortile che tornerà ad essere spazio di aggregazione per la comunità di Borno, nel rispetto dello spirito stesso con cui era stato pensato nei primi anni del dopoguerra.
Quindi non sarà più un Cinema, come all’inizio?
No, non com’era quasi settant’anni fa. Per un cinema al chiuso, mancano alcune prerogative fondamentali, tra le altre un grande spazio adiacente dove poter parcheggiare (ndA: pare che sotto il cinema ci sia uno spesso strato roccioso, che renda estremamente difficile poter scavare e creare magari un parcheggio sotterraneo). Ci sarà comunque la possibilità di poter proiettare film all’aperto, sfruttando il cortile (per il quale si cercherà anche di trovare un’eventuale copertura) come platea. Lo stesso cortile potrà poi venire utilizzato per eventi culturali della comunità, oppure durante il Grest e per le varie attività oratoriali dei ragazzi durante tutto l’anno… Vogliamo davvero donare nuovamente ai Bornesi questo spazio aggregativo, anche se sarà in un’altra veste, rispetto a quella originale.
Quando possiamo aspettarci che inizino i lavori?
Innanzitutto mi preme dire che il contratto è firmato e che davvero inizierà presto l’avventura del Nuovo Cinema Pineta (ndA: malcelata citazione dal film Nuovo Cinema Paradiso, che mi pareva calzante). Il 15 settembre, a Dio piacendo, inizieranno i lavori. Dovrebbero durare all’incirca due mesi, nella speranza che già in tempo di Natale si possa godere del nuovo spazio.
Quali sono i problemi più grossi da risolvere prima di poter partire con i lavori? E cosa è già stato fatto?
L’edificio è in stato di abbandono e degrado da ormai quasi quarant’anni e, come potete aspettarvi, ci sono tanti lavori preliminari necessari prima di poter procedere ai lavori di muratura veri e propri. Qualcosa è già stato fatto, grazie al preziosissimo aiuto dei volontari e del Gruppo degli Alpini, che mai fanno mancare il loro contributo. Ringrazio tutti di cuore per questo! È stata portata via una grande quantità di materiale dall’interno della struttura, ferro e legno per lo più, ma ancora c’è tanto da sudare. Una ditta specializzata si occuperà della rimozione del tanto amianto presente, che va smaltito correttamente, prima di poter iniziare qualsiasi altra operazione. Inoltre sulla parete che dà su vicolo Creppi sono ancorate le staffe che portano le luci pubbliche, che andranno evidentemente riposizionate altrove. Grazie anche all’aiuto del Comune, che pure ringrazio, ci siamo già mossi a riguardo, ma non è una cosa subito fatta.
Ultimo ma non per ultimo… il vile denaro. Non sarà certo una spesa da poco.
È sempre un equilibrio delicato. La fortuna è che i Bornesi sono gente di cuore e generosa, che mai si tira indietro quando è ora di rimboccarsi le maniche e tirare la cinghia per il comunità. E non lo dico per captatio benevolentiae, ma parlo per esperienza. Abbiamo da poco terminato i lavori sulla nostra amata Chiesa Parrocchiale e pure quelli sul tetto della Casa Vecchia delle Suore (ndA: da alcuni mesi si ricorreva ai secchi per evitare che l’acqua piovana che si infiltrava tra i coppi andasse ad intaccare le strutture lignee sottostanti!), resi possibili anche grazie al generoso contributo economico della gente di Borno. È avanzato del denaro, che naturalmente verrà utilizzato per il Cinema Pineta, ma, inutile dirlo: Bornesi, serve un altro sforzo! Non so se ce la faremo con le uova, come ai tempi di Don Ernesto, ma sono certo che anche stavolta, ognuno nel proprio piccolo, contribuirà alla realizzazione di questo progetto, che sta per diventare realtà.
Me ne vado da casa di Don Paolo più serena, canticchiando e pensando tra me e me: “Chissà quale sarà la prima attività nel Nuovo Caro Vecchio Cinema Pineta?” Beh, anche se non lo so proprio, finalmente sono certa che lo scoprirò presto.
DALLE COMUNITÀ - Ossimo Inf.
Pierfranco
Zani
Il tempo trascorso in associazione serve anche per acquisire una migliore consapevolezza del proprio vissuto e degli obiettivi raggiunti insieme.
Questo lo si può pensare anche in riferimento alla vita di un Gruppo di persone motivate, come il nostro, che ha festeggiato i suoi primi quarant’anni.
Un lasso di tempo apparentemente breve, ma colmo di buone opere e di tanti bei ricordi, fissati in vecchie foto e qualche filmato, che testimoniano il tanto tempo impiegato in lavori utili alla comunità.
Quarant’anni che confermano quanto l’intuizione e la volontà dei padri fondatori sia ancora presente e non sia stata vana.
Ancor più emozionante rivedere le immagini, i volti e lo sguardo fiero dei nostri Alpini “Andati Avanti” ed il cui orgoglio è tutt’oggi palpabile nel rivedere il loro Gruppo ancora operativo ed in Festa, dopo 40 anni di attività… un bel regalo per loro… una bella soddisfazione per noi che ancora oggi percorriamo le loro orme.
È proprio questa la forza della nostra Associazione e dei nostri Gruppi, non ci inventiamo nulla, è tutto tracciato e basato su solidi principi “Onorare i Morti aiutando i Vivi”.
Il sabato è voluto esser un momento di incontro e di festa con la popolazione di Ossimo. Musica tradizionale e stand gastronomico, con proiezione di filmati storici sia sulla vita associativa, che sulle attività del Gruppo dal 1982 ad oggi.
La domenica Cerimonia Ufficiale con la partecipazione di numerosi Alfieri/Gagliardetti in rappresentanza di buona parte dei Gruppi Sezionali: Alzabandiera, Onore ai Caduti e discorsi delle Autorità intervenute.
Il portavoce del Gruppo Zani, a fianco del neo eletto Capo Gruppo Zendra Bortolo, ha voluto ricordare i Fondatori ed i Soci Andati Avanti; ha lodato l’impegno e la dedizione dei volontari che tutt’oggi operano nella nostra Associazione, ribadendo l’importanza del trasmettere i Valori Alpini alle nuove generazioni.
Numerosa la partecipazione degli alunni della Scuola dell’Infanzia San Giuseppe e della Scuola Primaria di Ossimo Inferiore, che ci hanno riempito di gioia ed hanno partecipato attivamente indossando una maglietta a tema alpino, dipinta, per l’occasione, da loro stessi con l’aiuto delle preziose insegnanti; hanno recitato poesie e cantato l’Inno d’Italia insieme alle Penne Nere presenti.
Il Sindaco Farisè ha rimarcato l’importanza di una realtà associativa come la nostra all’interno di una comunità. Ci ha ringraziato, a nome della popolazione, per quanto abbiamo fatto e stiamo facendo per il Paese.
Ha ribadito fermamente la vicinanza delle istituzioni alla nostra Associazione, in particolar modo, dopo gli attacchi subiti da parte dell’opinione pubblica in seguito ai recenti avvenimenti dell’Adunata Nazionale di Rimini.
Il Presidente dell’Ana di Valle Camonica, Ciro Ballardini, che ci ha onorato con la Sua presenza, accompagnato da una folta rappresentanza del Consiglio Sezionale, ha evidenziato il fatto che gli Alpini parlano poco ma a parlare sono i numeri della solidarietà… “nel libro verde”.
Anche un piccolo Gruppo come il nostro ha sempre dimostrato di essere attivo nel volontariato in perfetto stile alpino e ricollegandosi a quanto chiarito dal Sindaco Farisè, qualora ce ne fosse stato bisogno, che gli Alpini non sono quelli recentemente dipinti da fatti enfatizzati dai mass media, ma sono ben altro… un opificio di valori imprescindibili, di persone vere che indossando responsabilmente il Cappello Alpino ne riconoscono seriamente la Storia e ciò che rappresenta.
A seguire la Santa Messa presso la Chiesa Parrocchiale SS. Cosma e Damiano celebrata da don Cesare Isonni, resa solenne anche grazie alla partecipazione del coro “Amici del Canto” di Borno diretto dal maestro Tomaso Fenaroli.
Non poteva mancare un ottimo pranzo con più di 200 commensali servito presso la Struttura Polifunzionale Comunale di Ossimo Inferiore; struttura recentemente inaugurata e che ha rappresentato fin da subito un’importante risorsa per l’aggregazione in Paese.
Un sentito grazie a chi ha voluto accompagnarci in questa Festa… in questi 40 anni e a chi ha veramente capito il pensiero e le finalità di noi alpini.
Il Gruppo Alpini di Ossimo Inferiore, DALLE COMUNITÀ - Ossimo Sup. Tomaso Nel mese di maggio è rimasto per un mese tra noi, don Robert Yvan Rinetti, sacerdote della diocesi di Parigi, con origini tutte italiane. Assieme ai parenti e amici ha desiderato celebrare le nozze di diamante di presbiterato con tutti noi e in più parrocchie della nostra zona. Robert classe 1934, nasce in Francia da emigranti camuni, il padre Pietro Rinetti è di Borno e la mamma Caterina Tedeschi di Ossimo Superiore. Riceve il dono della vocazione al sacerdozio molto presto, e conseguiti gli studi, consacra per sempre la sua vita al ministero il giorno della vigilia delle Palme il 14 aprile 1962. Svolge il suo ministero in diverse comunità francesi sparse nel mondo, ma rimane forte il legame con le radici dei genitori e torna sovente a incontrare amici e parenti in Valle Camonica. Nel farci visita ha portato il suo libro autobiografico “Ricordi di un prete parigino”, dove racconta la sua vita ricca di sorprese, avventure, sventure, incontri e viaggi in missioni lontane, di come fa dono della sua fede, della sua storia, della sua gioia di prete cattolico e figlio di Dio. Il calendario delle celebrazioni giubilari vede accogliere don Robert a Borno, Ossimo superiore e Cogno. Questa felice ricorrenza richiama tutto il popolo di Dio a rendere grazie per il dono inestimabile del sacerdozio ministeriale. Nella quarta domenica di Pasqua, proprio nella giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, con don Robert Yvan Rinetti abbiamo celebrato a Ossimo superiore il suo sessantesimo di ordinazione sacerdotale. Rinnovare e ricordare questi anniversari sono l’occasione per il cristiano di rendere grazie al Signore per il ministero sacerdotale, vero dono di Dio al mondo. Dalle mani consacrate del sacerdote, il popolo fedele riceve i benefici della misericordia divina; stendendo le mani sul pane e sul vino rende reale e vera la presenza di Gesù Cristo, grazie alla madre Chiesa che nei sacramenti ci avvicina a Dio e ci fa sentire suoi figli. Abbiamo festeggiato don Robert anche con il pranzo, la torta e vino italiano, buono come quello francese. È rientrato in Francia con una pesante valigia trascinata a fatica sul treno, piena di doni, soprattutto di affetto e di ricordi. A noi ha donato affetto e simpatia, la gioia di essere prete che seppure in “pensione” continua a svolgere il suo ministero portando la Parola di Dio in ogni parte del mondo in cui Dio lo chiama. Ci lascia i suoi saluti: Rallegratevi nel Signore, sempre, Grazie Dio per questo giorno. Nella lettera di invito ai parenti, don Robert ha raccontato questa piacevole storia. In una bottega vedo un angelo dietro il bancone, meravigliato gli chiedo: L’importante è seminare, molto, appassionatamente, alla follia! Semina il tuo sorriso, perché tutto splenda attorno a te, semina il tuo entusiasmo per infiammare quello del tuo prossimo, semina ciò che è bello, semina con fiducia. “Facendo il bene non lasciamoci prendere dalla noia e stanchezza, a tempo debito mieteremo, se non allenteremo il nostro impegno”. (Gal. 6,7-9) DALLE COMUNITÀ - Ossimo Sup. Sara Giugno e luglio 2022: due mesi che hanno visto la Parrocchia di Ossimo Superiore celebrare due ricorrenze importanti. Domenica 19 giugno - Quest’anno coincidente con la festa del Corpus Domini, si è celebrata la festa patronale dei Santi Gervasio e Protasio. Delle figure di Gervasio e Protasio non si hanno molte notizie, sappiamo solo che furono due fratelli milanesi, martiri della chiesa cristiana il cui ricordo era andato completamente perduto fino a quando furono ritrovati i loro corpi durante uno scavo fatto eseguire dall’allora vescovo di Milano, Ambrogio, nel 386 d.C. Le loro reliquie sono tuttora conservate nella cripta della basilica di S. Ambrogio. Nella nostra chiesa parrocchiale li vediamo raffigurati sulla pala dell’altare, eseguita nel 1843 da Antonio Guadagnini. Sabato 9 luglio - I parrocchiani di Ossimo Superiore si sono nuovamente radunati per festeggiare. L’occasione è stato il cinquantesimo anno di sacerdozio di un ospite a loro molto caro: don Giovanni Mondini, per tutti don Gianni. DALLE COMUNITÀ - Lozio Domenica 26 giugno: S. Giovanni Battista a Sommaprda Domenica 3 luglio: Ss. Pietro e Paolo (San Piro) a Villa Sabato 23 e Domenica 23 luglio: S. Cristina Domenica 31 luglio: Ss. Nazaro e Celso - Festa dell'anziano CON I MISSIONARI Sokourani, 10 luglio 2022 Patrizia Carissimi amici di Borno, in questo giorno di grande pioggia mi siedo volentieri per scrivere e rendervi partecipi della mia vita qui in Burkina. Per ciò che riguarda i bambini che ci sono affidati stanno crescendo bene, hanno finito la scuola e durante le vacanze ci diamo al lavoro nei campi. Coltiviamo arachidi, fagioli e mais. La stagione delle piogge è iniziata tardi e non è regolare; se non piove abbastanza il terreno è molto duro essendo appena usciti dalla stagione secca durata circa otto-nove mesi. CASA SARA si trova a circa 35 km dalla città di Bobo Dioulasso e siamo in piena campagna dove abbiamo l'acqua dal pozzo, la legna dal bosco e la luce dal sistema solare. Il mese scorso ci siamo dovuti confrontare con un problema di acqua. La pompa del pozzo si è guastata ed abbiamo fatto vari tentativi di rimetterla ma alla fine abbiamo dovuto comprarne una nuova. In tutto questo tempo, 3 settimane circa, siamo andati ogni giorno al paese vicino col camion carico di bidoni per prendere l'acqua per la casa e per gli animali: mucche, montoni e pollame vario. Nel frattempo, poiché la Provvidenza non ci abbandona mai, degli amici italiani ci hanno fatto regalo di un nuovo dispositivo ed ora finalmente, ci siamo detti, non avremo più problema di acqua. Ieri una piccola pioggia a temporale, con tuoni e fulmini, ed ecco che, di colpo, salta la luce, salta tutto il sistema e quindi si staccano frigorifero, congelatore e incubatrici per le uova e restiamo senza possibilità di caricare manco il telefono. Chiamo quelli che ci hanno installato il sistema solare ma hanno un'altra missione in questi quattro giorni, quando potranno venire (dalla capitale 360 km) per vedere cosa è successo e ridarci la luce? Oggi la pioggia è continua ed è buio, il sole non accenna ad uscire, quanto resisterà il nostro congelatore e il frigo a conservarci quanto c'è dentro? Da ieri non si apre per nessun motivo. I bambini, ignari di tutto ciò, continuano a giocare anche al buio. Domani è domenica e ci prepariamo, come ogni settimana quando è possibile, a percorrere 20 km per arrivare alla parrocchia e celebrare con la comunità la S. Messa. Domani ci andremo? Domani potremo? Domani sarà calmo? Sono tutte domande che ci poniamo ogni volta fino all'ultimo minuto perché guardiamo il tempo, la salute, le necessità della casa e della fattoria, ma sopratutto la sicurezza, per quanto non si possa mai sapere fino in fondo ma basandoci sulle notizie del momento. Purtroppo in questi ultimi anni il Burkina ha conosciuto più colpi di Stato, ha conosciuto innumerevoli attacchi jihadisti ed ora anche il banditismo che approfitta della situazione di insicurezza: spostarsi diventa sempre più un problema. Questi estremisti hanno guadagnato sempre più terreno (zone dove si coltivava in gran parte) facendo stragi e obbligando la gente a migrare. Le grandi città sono diventate il rifugio per tutti questi sfollati ed anche al Centro I “Danse” ci chiediamo sempre come aiutarli. Vi lascio immaginare ad ogni semaforo questi piccoli che chiedono aiuto. Ora minacciano di isolare anche le grandi città per cui veramente spostarsi è diventato sempre più un rischio. Ad esempio in questi giorni deve tornare Grazia che è stata in Italia per curarsi e noi ci preparavamo per andare a prenderla all'aeroporto ma abbiamo cambiato programma, verrà a Bobo con il Bus di linea e noi la aspetteremo alla stazione per prudenza. Cari amici che dirvi ancora? Non ci vediamo da 3 anni in cui il Covid ci ha divisi e ci ha provati... si anche noi ne abbiamo avuto esperienza. Il 2021 è stato un anno di prove anche per le malattie, ma il Signore ci ha detto: restate perché avete ancora una missione da compiere. Ed eccoci qua, un po' invecchiate ma ci siamo. Spero che se viviamo, se ci siamo, ci vediamo nel 2023; ho voglia di vedervi, di incontrarvi e spero allora di potervi dire che va meglio, che la situazione è cambiata, che la terra degli uomini integri continua a vivere nella pace. In tutte le cose ci siamo sempre lasciate guidare dagli eventi e, se la Provvidenza ci vuole ancora qui a testimoniare della Sua grande Misericordia noi ci stiamo. Siamo al fianco dei nostri bambini, delle nostre ragazze, della nostra gente per condividere le loro difficoltà e sofferenze, perché anch'essi sappiano che possono contare su di noi, che ci siamo per loro, che Dio li ama e non li lascia soli. E questo è quello che sperimentiamo anche noi che possiamo sempre contare su di voi. Grazie per il vostro pensiero del cuore, grazie per il vostro sostegno multiforme. È importante sapere e sentire di non essere soli. La gioia delle nostre ragazze ci ricompensa di tutto. DI TUTTO UN PO' Emilia Nel mondo medievale era consuetudine trovare giustificazione alle carestie, alle guerre, alle pestilenze nell’ira di Dio che si scatenava quale punizione per le malefatte umane. Un escamotage perfetto ideato dagli uomini di potere, sia laico che religioso, che così prendevano due piccioni con una fava: tenevano per la collottola il popolo giustificati dal fatto che questo era il volere di Dio. È un retaggio che ha funzionato per secoli, anche in età moderna. Al punto che pure oggi, in un mondo che del timor di Dio poco si cura (anche qui il senso va spiegato, perché il termine, molto caro alla Bibbia, non intende aver timore-paura del Dio vendicatore, bensì evidenziare il rispetto e la devozione che gli dobbiamo a motivo del suo amore per tutti noi), spesso si sente dire da chi è afflitto dal male o da grossi problemi: che male ho fatto per meritare tutto questo? Perché Dio mi punisce? Sono domande che in questo periodo sentiamo rincorrersi piuttosto spesso. Mettiamo in fila il Covid, la guerra in Ucraina con la crisi energetica e i nuovi equilibri geopolitici che andranno delineandosi, la siccità, il governo italiano in piena crisi e ne esce un trenino tutt'altro che spensierato. Viene naturale domandarsi il perché di tante situazioni gravi e tutte insieme poi! L'esistenza del male ci fa compagnia dall'origine dei tempi. È tanto comprensibile quanto vano il tentativo di "spiegarlo" con l'umano modo di pensare o trovando presunti colpevoli. In effetti, molti fra i credenti ancora sono portati a vedervi la punizione di Dio per le nostre malefatte, anziché ricordare che noi uomini siamo molto abili a farci del male da soli, senza bisogno che il Padreterno si debba mettere di mezzo per punirci o per esercitare il suo potere. È semplicemente il rovescio della medaglia del libero arbitrio: Dio ci lascia scegliere di fare il male o di non farlo. Ci lascia scegliere di amare o di odiare. E lui, stante il grande amore per l'uomo, resta a guardare, forse attonito, davanti alle nostre tante stoltaggini. Poi, per fortuna, c'è chi ancora Lo prega. In particolare in questi giorni la Chiesa sta pregando per la siccità, per la guerra in Ucraina, per la pandemia che non dà requie. Forse, mi dico, dovremmo chiedergli, pregando, scusa. Lui certo ascolterà e magari grazie a queste preghiere ci metterà - stavolta sì - lo zampino, desideroso per il bene nostro che impariamo ad aver rispetto del Creato e dell'umanità. Ho letto qualche giorno fa il commento del nostro don Alex ad un post di Vatican News che dava conto della preghiera del vescovo di Parma Enrico Solmi sulle sponde assetate del Po e che esprime perfettamente il senso di ciò che intendo. Scrive don Alex: “La preghiera e l’invocazione della Misericordia di Dio non cambia il cuore di Dio, ma quello dell’uomo: ce n’è tanto bisogno. Si è chiesto a Dio che l’uomo si possa rendere conto dello sfruttamento esagerato della natura (parlo anche per me), per poter recuperare la giusta armonia con il creato”. Quindi sì, il Dio è interventista. Non per punirci, ma per cambiarci il cuore verso la bellezza! DI TUTTO UN PO' Nello stesso giorno, martedì 19 luglio, su Facebook sono stati pubblicati questi due posts. Oscar di Montigny Francesco Miorini Sarà pur vero che un “capitalismo verde” è solo una moda per consolidare, invece di mettere in discussione, il consumismo. Sarà pur vero che tutti, non solo i ragazzi e i giovani, facciamo sempre più fatica o, meglio, non vogliamo fare la fatica di leggere un testo più lungo di una didascalia o di cercare le parole giuste per esprimere ciò che pensiamo e proviamo. Spesso preferiamo girare un video di una decina di secondi – non di più altrimenti nessuno farà la fatica di guardarlo quando lo caricheremo sui social – o, più facile ancora, affidare una nostra emozione al sorriso o al broncio ebete di una faccina stilizzata. NOMI E VOLTIDON ROBERT YVAN RINETTI 60° di sacerdozio
Bottichio
ve lo ripeto ancora, rallegratevi. (Fil 4,44)
IL NEGOZIO DI DIO
- Cosa propone al cliente?
- Tutti i doni di Dio
- Costano molto?
- Niente qui è tutto gratis!
Incuriosito guardo verso gli scaffali: bottiglia di Fede, pacchetti di Speranza, confezioni di felicità. Mi faccio coraggio e gli dico:
- Mi dia per favore un po’ di Perdono e Amore, una bottiglia di Fede, abbastanza confezioni di felicità per assicurare la mia Salvezza e quella delle persone a me care.
Subito l’angelo mi prepara un bel pacchettino, così piccolo da stare nel palmo d’una mano. Meravigliato esclamo:
- Tutto qui?
Lui sorridendomi mi risponde:
- Amico di Dio, il nostro negozio non vende frutti ma semi!/p>
Ossimo Superiore
DUE RICORRENZE IMPORTANTI
Saviori
Dal 2019 la Parrocchia di Ossimo Superiore festeggia questa ricorrenza di domenica, con la S. Messa solenne celebrata nella chiesa parrocchiale seguita dal pranzo a base di spiedo e polenta.
Quest’anno, grazie all’allentamento delle restrizioni, la festa ha avuto un sapore tutto diverso rispetto alle ultime due celebrazioni: i preparativi sono iniziati alcuni giorni prima con la decorazione del sagrato della chiesa, dove è stato issato un arco adornato con rami di abete, tanti bei fiori di carta e con delle decorazioni realizzate dai bambini della Scuola Materna Parrocchiale “Sacro Cuore” appese alla staccionata del campetto parrocchiale. Alle 11.00 la S. Messa solenne, celebrata nella chiesa parrocchiale, è stata seguita dalla benedizione eucaristica per tutta la popolazione impartita dal sagrato della chiesa. La festa ha finalmente potuto poi continuare presso il Centro Anziani dove la comunità parrocchiale ha avuto l’occasione di incontrarsi e vivere un momento conviviale, spensierato e sereno, pranzando tutti assieme con l’ormai tradizionale “Spiedo del Patrono”.
Don Gianni è stato ordinato sacerdote il 10 giugno 1972 ed è stato parroco di Palazzolo S. Paolo in S. Rocco dal 2005 al 2019, dove ha conosciuto don Paolo che era curato in quella stessa Parrocchia.
Don Gianni frequenta la Parrocchia di Ossimo Superiore da molto tempo e negli ultimi anni, insieme all’inseparabile sorella, è un ospite fisso durante l’estate. In questo periodo accompagna i fedeli nella celebrazione delle S. Messe, dove non manca mai di recitare il S. Rosario durante l’attesa della celebrazione.
Era doveroso, quindi, come parrocchia di Ossimo Superiore, esprimergli la nostra più profonda riconoscenza organizzando per lui una celebrazione speciale durante la S. Messa delle 18.00. Don Gianni ha celebrato la funzione insieme a don Paolo e a don Angelo, alla quale ha partecipato anche una rappresentanza del gruppo alpini di Ossimo Superiore. Dopo la celebrazione, ad attenderlo sul sagrato, un buffet a sorpresa e il doveroso “taglio della torta”. Il 20 luglio don Gianni ha anche raggiunto il traguardo degli ottant’anni! Tanti auguri e grazie per il servizio che offre alla nostra parrocchia!LOZIO IN FESTA
DIO AMA E NON LASCIA SOLI
Notizie da Patrizia
ZerlaIL DIO INTERVENTISTA?
PennacchioFARÒ IL MASSIMO…
I giovani non sono poi così peggiori
In un’intervista su La Stampa, il filosofo francese Michel Onfray afferma che, secondo lui, siamo alla “fine della civilizzazione”. «Questa generazione è sempre più incolta e più imbrigliata fin dalla sua più giovane età, quella della scolarizzazione, in lotte riguardanti fenomeni sociali. Non conosce l'ortografia ma fa la raccolta differenziata; non sa chi sono Johann Sebastian Bach o Èmile Zola ma vuole cambiare sesso a sei anni. I ragazzi ignorano il fatto di essere gli idioti utili del capitalismo verde, che li ha trasformati in consumatori connessi. Il loro cervello è diventato facoltativo».
Tu che pensi della tua generazione?
E voi, …che ne pensate delle generazioni nostre eredi?
Spero che questi video li vedano tutti, sperando che arrivino alle persone più importanti, magari anche alla comunità montana, o al bacino 10 di Valle Camonica o anche al comune di Borno. oggi pomeriggio sono andato nei miei microtorrenti cercando di portare in salvo il maggior numero di pesci, nei tratti con meno acqua sono riuscito a salvare 10 trote fario, liberandole in un altro torrente. spero proprio che la gente vedendo questi video capisca di non sprecare l'acqua, perché anche in Valle Camonica la siccità c'è. Spero proprio che condividiate questo post e che il messaggio arrivi a più persone possibili. Amici pescatori io da pescatore farò il massimo per salvare questi pesci.
Da sempre le generazioni precedenti criticano quelle nuove, annunciando la fine del buon senso, delle cose passate che, appunto in quanto passate, non fanno più paura e vengono ricoperte dalla retorica dei bei tempi andati che non torneranno più. Ma se un quindicenne di Borno si prende la briga di andare nei suoi “microtorrenti” con un secchiello per mettere in salvo una decina di trote e, sempre mediante un social, invita a non sprecare quell’acqua preziosa, utile e casta come la definiva il santo d’Assisi di cui il nostro giovane amico porta il nome, forse la civilizzazione non è alla fine. Sì, anche questa è retorica, ma al rimpianto per le generazioni del passato, noi preferiamo guardare con speranza a quelle del futuro. Finché ci sarà qualcuno che desidera fare il massimo… nulla è perduto.Battesimi
Borno _____
Cora Maggiori
di Alberto e Brenda Bottichio
Borno 24 aprile 2022
Leonardo Zendra
di Demis e Roberta Brugali
Borno 29 aprile 2022
Kevin Damiola
di Daniele e Antonella Calcati
Borno 7 maggio 2022
Elisa Miorini
di Clemente e Paola Poli
Borno 15 maggio 2022
Marco Rivadossi
di Paolo e Claudia Richini
Borno 29 maggio 2022
Diego Rivadossi
di Luca e Annalisa Baisotti
Borno 29 maggio 2022
Giorgia Franzoni
di Cristian e Cristina Viviana Monteanu
Borno 5 giugno 2022Ossimo Inf. _____
Leonardo Lumina
di Enrico e Sabrina Isonni
Ossimo Inf. 22 maggio 2022Ossimo Sup. _____
Emma Michele Bettineschi
di Davide e Elisabeth Ashley Oliver
Ossimo Sup. 1 maggio 2022
Alex Poma
di Daniele e Debora Panteghini
Ossimo Sup. 15 maggio 2022
NOMI E VOLTI
Laura Miorotti e Stefano Saviori
Borno 28 maggio 2022
Francesca Gheza e Massimo Gheza
Borno 3 giugno 2022
Silvia Vianelli e Loris Ligabò
Borno 15 luglio 2022
Chiara Mazzoli e Enrico Gabossi
Borno 23 luglio 2022
NOMI E VOLTI
Franca Elvira Fiorini
29-4-1940 + 5-4-2022
Maddalena Arici
15-2-1937 + 8-4-2022
Maddalena Sarna
16-1-1934 + 8-4-2022
Maria Paola Re
1-8-1954 + 14-4-2022
Marta Miorini
4-11-1926 + 15-4-2022
Vigevano
Bortolina Gheza
1-12-1935 + 21-4-2022
Rachele Sarna
17-3-1938 + 11-5-2022
Sara Poma
10-5-1990 + 16-5-2022
Tullio Peci
29-5-1940 + 18-5-2022
Piancogno
Gabriella Baisotti
6-10-1948 + 7-6-2022
Francesca Rigali
26-3-1929 + 29-6-2022
Faustino Orlandi
15-1-1951 + 2-7-2022
Battista Dabeni
12-7-1930 + 15-7-2022
Donata Pezzoni
11-4-1961 + 9-7-2022
Amadio Vittorio Zerla
20-7-1938 + 23-5-2022
Angelo Cescato
16-9-1930 + 9-7-2022
Pietro Massa
16-10-1950 + 11-4-2022
Antonietta Morgani
9-9-1935 + 20-6-2022
NOMI E VOLTI
Luigi Altimari
per la laurea in Medicina e Chirurgia
Domenica 20 maggio a Villa di Lozio, insieme a famigliari e amici,
Marinella Guassoldi e Pancrazio Bonariva
hanno fatto festa per il loro 50° anniversario di matrimonio. Tanti auguri e felicitazioni
Anche quest'anno facciamo tanti auguri
a
Maria Franzoni
di Ossimo Inferiore
che con figli, nipoti e pronipoti (e il sindaco) il 21 maggio ha festeggiato i suoi 100 anni.
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