- Sono nato nel 1941 durante la seconda guerra mondiale.
- A dodici anni sono entrato nel seminario di Brescia e vi sono rimasto fino alla fine del primo anno di liceo.
- Deciso di farmi missionario nei Saveriani, dopo un anno di noviziato vicino a Ravenna ho finito gli studi di liceo a Desio. Poi sono andato a Roma per lo studio della teologia.
- il 15 ottobre 1967 diventai sacerdote missionario.
- Dopo aver vissuto alcuni anni come formatore degli studenti saveriani e un anno a Londra per apprendere l'inglese, nel 1975 partii per il Bangladesh.
- Dopo ancora un intero anno di studio della lingua Bangalese, lavorai con gioia per quattro anni nella parrocchia di Baniarchar dove il coinvolgimento diretto con la gente mi piaceva molto.
- Per cinque anni mi assegnarono la direzione del Centro Catechistico Nazionale e della rivista in bengalese che vi veniva pubblicata. Feci del mio meglio, impegnandomi a studiare e a qualificarmi sempre più, per poter aiutare catechisti, seminaristi, maestri e suore a svolgere la loro missione più efficacemente possibile.
- Nel 1984 il capitolo regionale dei Saveriani mi nominò superiore regionale della missione in Bangladesh. Cominciai a fare il pellegrino da una missione all’altra dove lavoravano i Saveriani per vedere, incoraggiare, dare un parere su come affrontare difficoltà e problemi. Mi sono sentito utile a loro e nello stesso tempo ho avuto l'opportunità di crescere io stesso, diventando più calmo e comprensivo.
- Nel 1989 un altro capitolo Generale dei Saveriani a Roma rivoluzionò di nuovo la mia vita. Fui eletto Consigliere Generale, mi trasferii a Roma e cominciai a fare il pellegrino del mondo, visitando le 20 missioni dei Saveriani nel mondo.
- Per sei anni fui vagabondo in Africa, America Latina, Stati Uniti, Europa e Asia. Sono stati anni difficili ma ricchi di esperienza. Quello che più mi colpì fu la vastità del lavoro che il Signore porta avanti ovunque, attraverso tante persone limitate e fragili che, sostenute e messe insieme da Lui, riescono a tener viva la speranza e la solidarietà nel mondo.
- All’inizio del 1996 potei ritornare alla mia missione in Bangladesh. Vi ritornai più invecchiato, vent’anni dopo il mio primo arrivo, ma mi sentivo ancora in forze per ricominciare di nuovo. Mi rimisi al lavoro con gioia, pensando che ormai le cose sarebbero continuate lì fino alla fine dei miei giorni.
- Nel Novembre 1998, invece, arrivò la Direzione Generale dei Saveriani in visita al Bangladesh; cercavano un superiore per la comunità di Teologia. Girai alla larga il più possibile dai superiori, ma quando vennero a trovarmi al Centro Catechistico mi dissero chiaro e tondo che dovevo prepararmi a partire per Manila, capitale delle Filippine.
- Dopo un paio di mesi di vacanze a Borno, nel marzo 1999 partii per la nuova missione.
- Passai sei bei e lunghi anni con gli studenti di teologia a Manila. Mi chiamavano “nonno” perché davvero potevo essere loro nonno. Non sono mancati problemi e difficoltà in quanto gli studenti venivano da diverse parti del mondo, ma ci siamo capiti e ci siamo veramente voluti bene. Per aiutarli a entrare in contatto con la gente ho dovuto io per primo cercare di imparare la lingua Filippina.
- Ora ho terminato il mio lavoro come superiore, ma nel frattempo mi sono affezionato al mondo delle Filippine, per cui ho chiesto ai miei superiori di poter fare il parroco in una parrocchia che sta per nascere qui vicino alla comunità degli studenti.
- Questa parrocchia conta circa 35.000 abitanti: pochi ricchi, alcuni benestanti e una grande maggioranza di veramente poveri, una zona di baraccati. Come chiesa c’è un capannone di lamiera che contiene circa 150 persone e tre cappelline nella periferia.
Dio ha bisogno di noi...
Dio vuol fare miracoli di bene, ma per mezzo nostro. Per quanto piccoli e fragili noi siamo, per quanti errori e asinate noi gli combiniamo, Dio vuole avere bisogno di noi, vuole lavorare con noi, e noi, lavorando con Lui, diventiamo migliori e il mondo diventa migliore con noi.
Dovunque ho girato nel mondo ho visto che il bene e la speranza sono fioriti là dove qualcuno ha lavorato e sudato insieme a Dio e Dio con lui...
Dio si fa uomo e si fa vicino a chi è nel bisogno ogni giorno per mezzo nostro. Se noi, per paura di perderci, ci tiriamo indietro... Dio non può che aspettare pazientemente fino a che qualcun altro si farà avanti e gli dirà: “Eccomi, ci sto a rischiare con Te”.
Fortunato lui: non perderà nulla di importante e troverà tutto, diventando strumento del bene di Dio.
Quaresima Missionaria 2006
DALLE COMUNITÀ - Lozio
Carissimi lettori,
siamo vicini alla Santa Pasqua che, speravamo, fosse una festa di pace per tutto il mondo. Purtroppo non sarà così: oltre al virus ancora in circolazione, diversi conflitti armati gravano su alcuni stati portando conseguenze terribili alle popolazioni. Tutto il mondo è in apprensione: se lo Spirito Santo non illumina le menti e i cuori dei responsabili corriamo il rischio di una terza guerra mondiale!
Noi anziani abbiamo già subito in passato gli effetti tremendi della seconda guerra mondiale: morti, feriti, città distrutte dai bombardamenti, sfollati , profughi costretti a lasciare le proprie case nella speranza di essere accolti con amore e misericordia da altre nazioni. La stessa cosa si sta ripetendo oggigiorno: preghiamo Dio che ci aiuti!
La nostra situazione sanitaria in RSA, merito anche delle vaccinazioni, è migliorata. Il Covid c’è ancora, ma non è più così terribile come gli anni scorsi, e quindi abbiamo potuto riprendere qualche attività di gruppo e festeggiare il Santo Natale con una messa solenne celebrata dal nostro Don Paolo, con canti e preghiere preparate da noi. Per l’occasione sono venuti a trovarci gli Alpini con i loro doni e la loro allegria: abbiamo festeggiato e cantato insieme.
Siamo anche riusciti a preparare la festa del carnevale: la nostra Mascia e alcuni operatori ci hanno travestiti con costumi, parrucche, maschere e festoni alle pareti fatti da noi, molto colorati e divertenti.
Speriamo, con l’arrivo della primavera, di ritornare alla normalità e di poter finalmente uscire in paese e in valle a ritrovare i nostri amici.
Affidiamo al Signore e alla Madonna i nostri malati più gravi, che diano a loro e a noi tanta forza nel momento della sofferenza e della maggiore vulnerabilità.
Ringraziamo i nostri operatori che ci sono sempre vicini, i sacerdoti e i volontari: che Dio li protegga e protegga le loro famiglie. Nella speranza che Gesù Risorto dia pace al mondo interi, auguriamo a tutti una buona e santa Pasqua.
“Resta con noi Signore nell’ora della prova”.
Per gli ospiti di Villa Mozart
Antonia Picinelli
(classe 1926)
Le tradizioni che si tramandano dalla notte dei tempi... Anche quest'anno non si è risparmiata. Sempre più vecchia ma con uno sprint invidiabile, il suo giretto a Lozio lo fa fatto. Bimbi e adulti curiosi che, meritatamente o no, hanno avuto un dono.
Un pomeriggio d'inverno spensierato e in allegria.
Pasqua 2020
Con i missionari
Abbiamo inviato alcune domande a Padre Giacomo Rigali. Ringraziandolo per la disponibilità, ecco le sue risposte.
Brevemente Padre Giacomo puoi presentarti?
Sono un padre missionario di Borno, ormai di 79 anni. Prete dal 1967, in missione praticamente dal 1975.
In quali paesi hai vissuto il tuo essere missionario?
Ho speso i miei primi anni di prete nella formazione dei giovani studenti missionari e nell’animazione missionaria nella diocesi di Como. Dopo un anno di lingua inglese a Londra sono andato in Bangladesh dove sono rimasto fino al 1989. Ho speso poi sei anni alla Direzione Generale dei Saveriani a Roma, viaggiando in continuazione per visitare le varie missioni dove lavorano i missionari saveriani in Asia, Africa, America Latina ed Europa.
Dopo questo periodo di lavoro come consigliere alla Direzione Generale sono tornato in Bangladesh nel 1986 per continuare la mia missione. Però, dopo tre anni in Bangladesh, mi è stato chiesto di venire nelle Filippine dove mi trovo da più di vent’anni.
Di questi, se c’è, qual’è quello a cui ti senti più legato o che ricordi più volentieri?
Dovunque sono stato mi sono trovato bene. La missione che mi ha marcato di più è stato il Bangladesh, perché in contatto con una realtà molto dura da affrontare sia nel lavoro diretto della missione, sia al centro catechistico e sia come superiore regionale del gruppo di Saveriani che lavorano in questo paese.
Le sfide sono state tante: la lingua, la cultura molto diversa, il fatto di essere piccola minoranza di poveri cristiani in mezzo ad una società mussulmana.
Per molti, di solito, i missionari sono quelli che aiutano i poveri. È essenzialmente questo o c’è anche qualcos’altro?
È un po’ per vocazione che i missionari vadano a finire in mezzo alla gente più povera. È quella che noi chiamiamo “la scelta degli ultimi”. Quando diamo inizio a qualcosa, a un centro, un’iniziativa, una diocesi anche, sappiamo già che appena potrà reggersi in piedi, la passeremo nelle mani del clero locale e noi andremo a ricominciare di nuovo da zero da un’altra parte, per dare vita ad un’altra iniziativa, per coprire un’altra necessità, per sviluppare una nuova dimensione della missione.
Dai tuoi primi anni ai giorni attuali, l’idea di missione e quello che fate sono rimasti più o meno uguali o sono cambiati?
La visione e la dinamica della missione sono cambiate abbastanza profondamente; si sono adeguate alle situazioni sociali e culturali diverse ed anche a una teologia nuova. Dall’aiutare i poveri e cercare di attirarne almeno alcuni alla fede cristiana in contrasto con le religioni da cui provenivano, ci si sta aprendo al dialogo con le religioni in mezzo alle quali ci si trova per cercare di fare qualcosa insieme per una pace più sicura, per la giustizia sociale, per il rispetto della dignità di ogni persona, per la sacralità delle famiglie, per un futuro comune. Vogliamo diventare luce, lievito ed ispirazione per l’amore ed il bene dovunque questo può crescere.
Quando torni qui in Italia, osservando la nostra realtà e confrontandola con quella in cui tu hai vissuto e tuttora vivi, quali sono i tuoi pensieri e le tue sensazioni?
La prima sensazione che provo è quella di trovarmi di fronte ad una comunità cristiana più matura ma, allo stesso tempo, invecchiata. Più matura perché la gente che continua a frequentare lo fa in quanto si è dovuta dare ragione del suo cammino di fede e del suo impegno di fronte alle tante provocazioni contrarie presentate dalla realtà sociale e culturale di oggi. Nello stesso tempo, però, siccome il mondo giovanile è abbastanza assente, la comunità praticante si trova invecchiata.
L’interrogativo che continuamente mi passa per la testa è che forse non siamo stati capaci di darci motivazioni profonde nel cammino di fede, per cui lo scontro con la problematica e gli interrogativi della realtà moderna ha fatto crollare in tanti la pratica tradizionale della fede. La sfida della vita non ha provocato nel profondo della coscienza interrogativi e ricerca per trovare risposte e soluzioni. Associazioni e movimenti di laici potrebbero offrire una svolta. Direi che per sostenersi nel cammino di fede, ogni cristiano dovrebbe trovare il modo di far parte di un gruppo o associazione parrocchiale, all’interno del quale poter discutere e condividere il cammino. La messa domenicale non basta più, non riesce ad offrire questo processo di motivazione e di impegno.
I banchi delle nostre chiese infatti sono sempre… meno pieni. Sei d’accordo con chi sostiene che il cristianesimo diventerà sempre più marginale in Europa, mentre si diffonderà in quello che una volta era chiamato terzo mondo?
Anche nelle missioni stiamo perdendo i giovani che saranno il nostro futuro. I mezzi di comunicazione sociale sono potentissimi. Seguiamo in questi giorni il dramma del coronavirus in Cina e Italia come se stesse avvenendo nei posti in cui ci troviamo a vivere. Oggi la gente ovunque nel mondo vive col cellulare in mano. Lo stile di vita e di futuro che si propone in Europa o negli USA è propagandato ovunque… in pochi anni non si faranno poi molte distinzioni. Non so se i “poveri del terzo mondo” saranno molto diversi dai “poveri del primo mondo”, Il cristianesimo per sopravvivere dovrà essere vissuto ad un’altra profondità, più profonda, personale e qualcuno dice “mistica”.
Quasi sempre nelle tue lettere ci parli dell’infinita fantasia di Dio, del suo desiderio di danzare sempre con gli uomini per inneggiare alla vita. Da dove viene questo tuo entusiasmo?
Mi sto convincendo sempre di più che Dio ci sta aspettando, con pazienza infinita, nella profondità delle nostre coscienze. Man mano che la gente si stancherà di correr dietro ai sogni, moltiplicati oggi dai media e dai telefonini, dimenticando il Dio che ne abita il cuore, comincerà a spegnere gli stessi telefonini per riascoltare la voce del cuore, per guardarsi dentro, guardarsi in faccia, guardare gli altri in faccia, comunicare con se stessi e con gli altri, col Dio che li abita e li attende. Le cose stanno già cambiando. Tanti genitori stanno già rendendosi conto e cominciano a pensare di più. Dio ci sta già prendendo da dentro e ce la farà a renderci più profondi, più in comunione, più mistici. La spiritualità non è solo per monaci nel convento, ma ancor di più per i vagabondi nel mondo connessi al Dio del loro cuore.
CON I MISSIONARI
Manila 8-11-2019
Carissimi Amici di Borno,
saluti da Manila. Sono ancora vivo anche se non scrivo spesso. Vi spero tutti bene e in un buon clima di preparazione al Natale. Io sto benone e ne ringrazio di cuore il Signore.
Qui la mia vita da “missionario in pensione” va avanti serenamente. Mi tengo impegnato attraverso un ministero di “aiuto” su richiesta delle grosse parrocchie vicine.
Vivo nella comunità dei nostri studenti di teologia, ma vicino anche alla casa parrocchiale, quindi in immediato contatto anche con la pastorale. Gli studenti missionari sono una ventina e vengono da sei nazionalità diverse. Una bella varietà con una grande confusione di mentalità e di lingue. Purtroppo studenti di teologia italiani non ce ne sono.
Il lavoro di missionario di emergenza che sto facendo mi mette in contatto situazioni difficili e sfidanti. Così mi trovo ad andare nelle baraccopoli più dimenticate come nei grandi supermercati, nelle scuole affollatissime. Le sorprese non finiscono mai. Ultimamente, per esempio, mi sono trovato con due settimane di confessioni per gli studenti che finiscono le scuole superiori... erano più di mille quelli dell’ultimo anno delle superiori. Anche confessando cinque ore al giorno mi ci sono volute due settimane. Ma sono stato veramente contento.
Per molti di loro era la seconda confessione... dopo la confessione della prima comunione nelle loro parrocchie. Due sezioni al giorno, con un’ora di ritiro, la confessione mentre continuavano le classi e poi messa e comunione. Penso che per molti sia stata una nuova tappa nella loro vita, prima che arrivi forse il giorno del loro matrimonio quando si confesseranno di nuovo per sposarsi... almeno quelli che si sposeranno in chiesa!!! È stata una bella esperienza e penso di proporla anche ad altre scuole dei dintorni perché i giovani nelle scuole sono migliaia, però in chiesa non ci vanno forse che il dieci per cento. Dare loro attraverso la scuola questa occasione di riavvicinamento a Dio mi sembra molto bello.
Continuo ad ascoltare confessioni davanti alla cappella nel supermercato dove vado ogni settimana al venerdì sera: è interessante trovarsi a udire le confessioni nel corridoio di un supermercato. Tra sabato sera e domenica vi celebriamo ora sette messe, sempre con tanta gente dentro la grande cappella e fuori nell’ampio corridoio. Fortunatamente abbiamo l’aiuto dei laici per le comunioni, le letture e i canti. Sono bravi e non mancano mai.
La gran parte della gente ha una vita difficile, specialmente le donne. Tante si trovano da sole a portar avanti la famiglia perché tante sono le ragazze madri, a volte ancora giovanissime. La cultura moderna facilita il libero frequentarsi di ragazzi e ragazze... poi a rimanere incinte naturalmente sono le ragazze e spesso i ragazzi scompaiono. Le donne devono prendersi tutte le responsabilità e portare avanti da sole la realtà di queste famiglie incomplete.
Sono felice di essere qui e di potermi rendere ancora utile a questa mia età. Trovo attorno a me tanta vita e tanta serenità nonostante i tanti problemi, sperimento la presenza del Dio della vita e della speranza in tutta questa gente e in me stesso.
Vi faccio i miei più cordiali auguri di Buon Natale! Un saluto cordiale ai Reverendi e a tutti voi!!! Ci rivedremo il prossimo anno a marzo!
Ricordiamoci al Signore perché riusciamo a fare del nostro meglio.
Cordialmente vostro
P. Giacomo
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